La situazione politica, dunque, è questa: da un lato c’è l’ineleggibilità di Silvio Berlusconi, proposta dai grillini; dall’altra, quasi una nemesi, l’incandidabilità dei grillini, preparata dal Pd. Anna Finocchiaro e Luigi Zanda – rispettivamente capigruppo alla Camera e al Senato – hanno, infatti, presentato un disegno di legge detto “anti movimenti”. E’ un garbuglio attraverso il quale si potrà imporre alle varie organizzazioni, diciamo movimentiste, di attuare l’articolo 49 della Costituzione e determinare così delle regole che sono proprie dei partiti altrimenti, ciccia: niente elezioni.
A parte il delizioso dettaglio del Pd che s’incarica di vendicare il Cav., quella di voler imporre ai grillini la democrazia è proprio una fissazione più che una missione, è un argomento che solletica la vanità dei commentatori ma in tempi di società liquida e diarie risulta azzardato e inutile lo stratagemma costituzionale, quasi come voler svuotare il mare col cucchiaio. La restaurazione della partitocrazia, nientemeno. Quasi un’operazione vintage. Un sapore anni 70 del secolo scorso: il Regime. E, comunque, un cambio di registro se si pensa che, ancora venti anni fa, bastava far sequestrare dalla magistratura l’elenco degli iscritti di Forza Italia. E però venti anni fa, non c’era ancora un Pd che difendesse Berlusconi. Quando si dice il dettaglio.
Pierangelo Buttafuoco
Fonte: www.ilfoglio.it
Link; http://www.ilfoglio.it/riempitivo/370
21.05.2013
E' proprio un tutti contro tutti. Altro che collaborazione, altro che diamoci una mano per lavorare e far ripartire l'Italia.
C'è invero il desiderio poco inconscio di annichilazione dell'avversario.
Per il PD occorre annichilire Berlusconi e Grillo.
Per Grillo occorre annichilire Berlusconi e cacciare tutto il PD-L.
Per Berlusconi? tutto fa brodo, anche la Bonino e la Kienge, basta andare avanti con Mediaset, lasciando n po' di lavoro anche agli altri, giusto per pagare la TV.
E’ un garbuglio attraverso il quale si potrà imporre alle varie organizzazioni, diciamo movimentiste, di attuare l’articolo 49 della Costituzione e determinare così delle regole che sono proprie dei partiti altrimenti, ciccia: niente elezioni.
IL PD mente furiosamente e questo non è difficile da verificare. Basta consultare la Costituzione ed i verbali dell'assemblea costituente:
Art. 49. Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
Va notato per contrasto che per il sindacato la Costituzione prevede regole ben più severe, che comunque non risultano messe in pratica:
Art. 39. L'organizzazione sindacale è libera.
Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.
È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.
Insomma la Costituzione non prevede alcun vincolo particolare per il partito politico. E non può essere una dimenticanza, visto che invece per il sindacato è previsto esplicitamente "un ordinamento interno a base democratica".
Riprendo qualcosa da "La regolamentazione giuridica del partito politico in Italia" ( http://dirittoditutti.giuffre.it/psixsite/Archivio/Articoli%20gi_%20pubblicati/Rubriche/Il%20punto/default.aspx?id=186 )
Come vedremo in seguito, l'articolo 49 della Costituzione italiana, con la sua generica formulazione ("Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale"), segnerà una parziale sconfitta di chi aveva avvertito l'esigenza di una disciplina più puntuale. La Carta repubblicana del 1947, infatti, sembra configurare il "metodo democratico" più come una regola di condotta nelle relazioni fra i partiti che come un principio generale che valga anche al loro interno.
IL PROGETTO MORTATI
Il progetto di regolamentazione giuridica dei partiti è elaborato da Mortati ancor prima delle elezioni del 1946 e dello stesso referendum istituzionale. Composto da diciotto articoli, il testo delinea anzitutto i requisiti necessari perché il partito possa svolgere le sue attività. E' necessario avere "un ordinamento interno disciplinato con norme relative al numero, modo di formazione, competenza e funzionamento degli organi, nonchè alla modalità di ammissione dei soci", un minimo di 5.000 iscritti e "come scopo l'affermazione di indirizzi di politica generale".
LA COSTITUENTE
Con la vittoria della Repubblica nel referendum del 2 giugno 1946 e l'elezione dell'Assemblea Costituente, inizia il dibattito sulla nuova Carta Fondamentale degli italiani. Il ruolo del partito politico e la sua disciplina costituzionale sono al centro della discussione che si svolge nella Prima Sottocommissione per la Costituzione, il 19 e il 20 novembre 1946. In quella occasione, gli onorevoli Umberto Merlin (DC) e Pietro Mancini (PSI) propongono di inserire in Costituzione il seguente articolo: "I cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici che si formino con metodo democratico e rispettino la dignità e la personalità umana, secondo i princìpi di libertà ed uguaglianza. Le norme per tale organizzazione saranno dettate con legge particolare". Il deputato socialista Lelio Basso presenta, invece, un testo distinto in due parti: nella prima si ribadisce il "diritto di organizzarsi liberamente e democraticamente in partito politico, allo scopo di concorrere alla determinazione della politica del Paese"; nella seconda, invece, si delinea una regolamentazione molto più puntuale: "ai partiti politici che nelle votazioni pubbliche abbiano raccolto non meno di cinquecentomila voti sono riconosciute, fino a nuove votazioni, attribuzioni di carattere costituzionale a norma di questa Costituzione, delle leggi elettorali e sulla stampa e di altre leggi". Le diffidenze del PCI e dei demolaburisti rendono difficile accordarsi su un testo. Palmiro Togliatti teme che ogni limite alla libertà di autorganizzazione dei partiti possa condurre anche da parte di "un governo con basi democratiche" a mettere il partito comunista fuori legge.
In Aula giunge pertanto un articolo (nella numerazione originale è il 47), che riconosce la libertà di associarsi e formare partiti, ma resta vago sulla questione del metodo democratico interno.
In definitiva l'articolo 49 è così per opera del PCI.
Una regolamentazione dettagliata dei partiti politici era stata proposta da Costantino Mortati (democristiano) già da tempo, ma essa vincolava fortemente i partiti ed il controllo della loro democrazia non era affidato a strutture interne del partito, ma a organi dello Stato. Se si volesse fare una buona legge sarebbe il caso di riprendere in considerazione il suo testo, visto che è stato probabilmente il più grande costituzionalista italiano e giustamente evitava pagliacciate come le "primarie" del PD.