Ci sono dei momenti in cui bisogna lasciare da parte simpatie ed antipatie preconcette. L’Italia purtroppo è il Paese in cui si ama o si odia, e Berlusconi è l’emblema di questa caratteristica. C’è chi canta “Meno male che Silvio c’è” e c’è chi lo vorrebbe a San Vittore accusandolo di essere un mafioso, un ladro ed ora pure un adescatore di minorenni. Non è difficile essere terzi a questa diatriba, basta andare a guardare i fatti.
Partiamo dal Berlusconi politico, e rimaniamo solo in quest’ambito. Perché a me del Berlusconi padre di famiglia, del Berlusconi marito, della sua vita sessuale nulla importa. Certo, nei limiti di sforamento di quella che può essere la legge, ma le accuse fattegli sono tutte da dimostrare.
Berlusconi è sostanzialmente un liberale, un moderato, per sua stessa ammissione. Io non appartengo alla tradizione liberale, e devo quindi dire che politicamente posso benissimo criticarlo e affermare dei distinguo. Ma è un liberale che ha comunque delle “anomalie” di buon senso, dei colpi di genio che seppure istantanei (e spesso legato al cerchiobottismo) sono di buon senso (soprattutto negli ultimi suoi due anni di governo). Ad esempio la politica filorussa che mira a fare rientrare la Russia nell’Occidente e a creare una rete energetica europea che possa garantire una certa indipendenza, l’alleanza con la Lega Nord, l’assegnazione del dicastero dell’economia ad un uomo dalle buone idee come Tremonti.
Certo, Berlusconi ha anche un altro lato: quello di imprenditore televisivo ed editoriale. Come editore, sicuramente gli vanno riconosciuti dei meriti: la pubblicazione di testi storici di Renzo De Felice ad esempio. Lo stesso “Giornale”, testata di proprietà del fratello, sovente è uso pubblicare articoli e analisi che altrove mai si troverebbero (si pensi agli articoli di Ida Magli, scrittrice della quale la rivista ebraica “Shalom” ha chiesto il licenziamento). Come imprenditore televisivo invece il pensiero berlusconiano è quanto di più squallido possa esserci: penso che programmi come il Grande Fratello e quelli di Maria De Filippi rappresentino per un giovane gli esempi più degradanti che possano essere proposti.
Che probabilmente a Berlusconi piaccia la vita mondana è un fatto: lui stesso ha ammesso il suo piacere nel circondarsi di belle ragazze. Questo riguarda la sua sfera privata, e non può essere utilizzato come parametro del suo operato politico. Va invece detto però, che questo circondarsi di una corte di belle ragazze e di leccapiedi non dovrebbe determinare l’inserimento di queste persone nella politica, cosa che invece lui ha fatto. E’ clamoroso il caso della consigliera regionale Nicole Minetti, inserita nel listino senza mai avere fatto politica nella propria vita, fatto che giustamente scatenò le ire dei militanti del Pdl. E’ inammissibile questo criterio di selezione per due motivi. Il primo è che in un periodo di crisi come questo non è morale ed etico far passare il messaggio che basta un’amicizia con un personaggio come il premier per trovarsi uno stipendio, di fronte ad una disoccupazione giovanile a livelli preoccupanti, di fronte alle continue proroghe della cassa integrazione, ed a fronte di migliaia di laureati, di ricercatori, e di famiglie che pongono in essere immani sacrifici per avere un tenore di vita dignitoso. Il secondo motivo è che con questo metodo s’inseriscono nei partiti e nella classe politica del paese personaggi incapaci ai quali poi purtroppo viene affidata la gestione della cosa pubblica.
Fatta questa premessa arriviamo all’aggressione giudiziaria nei confronti del presidente. Che il caso Ruby finirà in una bolla di sapone è assai probabile, esattamente come quello della famosa Noemi Letizia. Che siano stati usati ingenti mezzi finanziari e tecnici per spiare dei festini privati è vergognoso, a fronte dell’esiguità di risorse di cui dispone la magistratura, risorse che andrebbero utilizzate per perseguire reati più importanti come quelli di criminalità organizzata dimostra come sia necessaria una seria riforma della giustizia. Però è da notare che sono spuntati ancora i soliti “pentiti” post-ventennali di mafia. Gente che si è macchiata di odiosi reati e che ora viene considerata la voce della verità. Ad esempio, Giuseppe Spatuzza (idolatrato dalla sinistra come eroe antiberlusconiano) fu membro del comando mafioso che sequestrò il tredicenne figlio di un pentito che poi fu sciolto nell’acido muriatico. Un nuovo rivelatore in questi giorni invece afferma che Berlusconi fu l’uomo che assicurò alla mafia l’abolizione del 41-bis nel 1994, anno in cui Forza Italia esordì nella politica vincendo le elezioni. La ricostruzione del pentito cozza con i fatti storici: il 41bis a ben 140 mafiosi fu levato nel 1993 (Berlusconi non era ancora in politica) dall’allora ministro della Giustizia Conso, sotto il governo Ciampi e con Scalfaro alla presidenza della Repubblica. Berlusconi non ha mai proposto di abolire il regime del carcere duro per i reati di mafia, non lo ha mai fatto ed anzi, sotto il suo governo è stato reso più duro. La lotta alla criminalità organizzata condotto nel governo Berlusconi dai ministri Maroni ed Alfano presenta cifre inequivocabili: settemila arresti, 28 dei 30 latitanti più pericolosi catturati, e 17 miliardi sequestrati (praticamente una finanziaria). Dichiarazioni come quelle di questi “pentiti” della mafia non rispondono ai fatti, e non dovrebbero ricevere tutta questa eco di fronte ad un riscontro simile. Invece contro Berlusconi anche un mafioso diventa un eroe per certi.
Sicuramente in Italia soffriamo di una patologica politicizzazione a sinistra della magistratura, oltre che dell’autoreferenzialità del potere giudiziario, oramai una vera e propria casta al di sopra della legge.
E’ anche vero questo assalto da parte delle procure è vertiginosamente aumentato negli ultimi due anni, ed è capitato in contemporanea a delle scelte politiche (catalogabili come “i colpi di genio” di cui ogni tanto il premier è soggetto) che difficilmente sembrano coincidenze.
Le carte rivelate da Wikileakes (a prescindere da chi può stare dietro ad un personaggio come Assange) hanno reso pubblico un fatto che in molti avevano già notato: agli Stati Uniti Berlusconi non piace, troppo amico di Putin, quegli accordi energetici che escludono le multinazionali americano non piacciono alla Casa Bianca.
Partiamo da una constatazione storica: nella storia della Repubblica Italiana, tutti i politici non allineati in toto ai diktat atlantisti sono stati eliminati dalla scena.
Si guardi Aldo Moro ad esempio. Il suo governo non fu per niente filoamericano e filoisraeliano. Ucciso materialmente dalle Brigate Rosse, ma oramai è provato che i servizi segreti italiani legati d quelli di oltreoceano tutto fecero fuorché impedirne l’uccisione. Il presidente dell’Eni Enrico Mattei, propugnatore di una politica energetica quasi autarchica, fatto morire in un incidente aereo. Poi venne Bettino Craxi. Sicuramente dentro fino al collo nel sistema delle tangenti, ma guarda a caso un politico che volle imporre all’Italia una sovranità nazionale esente dalle imposizioni statunitensi (famoso fu l’episodio di Sigonella), guarda a caso l’unico a pagare giudiziariamente Tangentopoli, che assordì non solo le colpe penali ma anche quelle politiche. Ed ora arriviamo a Silvio Berlusconi, reo probabilmente di non avere verso Obama lo stesso vassallaggio che aveva nei confronti di George W. Bush, e di perseguire sotto certi profili (come quello energetico) una politica d’indipendenza nazionale (e il caso dell’accordo Eni-Gazprom ne è la dimostrazione).
La tattica è sempre la stessa dal ‘92 ad oggi: l’uso di contraccolpi giudiziari per azzerare la classe politica (non certamente degna di essere idolatrata) per aprire le porte dell’Italia alla speculazione internazionale (che questa volta guarda con appetito al
settore energetico). Basti vedere anche le recenti inchieste su Eni e Finmeccanica, tra le ultime aziende che ancora vedono una partecipazione statale che a molti nei piani alti della finanza e delle multinazionali non piace.
Il ‘92 fu l’anno del panfilo Britannia, dove l’allora presidente dell’Iri Romano Prodi assieme all’attuale governatore della Banca d’Italia Mario Draghi ed al recentemente scomparso Tommaso Padoa Schioppa, decisero la svendita delle aziende di Stato ai pescecani della finanza internazionale. Quel poco che è rimasto se lo vogliono ancora prendere, e per farlo hanno bisogno di un governo amico, provo di politici e pieno di tecnici. Magari con Montezemolo, che continua a sbandierare la sua volontà di scendere in campo e ad attaccare il governo rimproverandogli di avere una politica ancora troppo statalista. Non vorremmo vedere Montezemolo e Draghi su un altro panfilo decidere a chi svendere l’Eni e Finmeccanica, ed alla guida di un governo che distruggerebbe anche gli ultimi residui della nostra sovranità politica ed economica.
Con queste alternative, ci teniamo volentieri Berlusconi, Bossi e Tremonti per altri cento anni.
Valerio Zinetti
Fonte: www.rinascita.eu
Link: http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=6286
3.02.2011
"Berlusconi è sostanzialmente un liberale, un moderato, per sua stessa ammissione"
😆 😆 😆 😆 😆 😆 😆
RICORDIAMOCI LA STORIA DELL' INGEGNER IPPOLITO ...CHE AVEVA PORTATO LA INDUSTRIA ITALIANA AD UN LIVELLO MONDIALE NELLA TECNOLOGIA DEL NUCLEARE.
E' STATO TRAVOLTO DA INCHIESTE GIUDIZIARIE POI RIVELATESI INSUSSISTENTI ...MA DURATE PER ANNI.
NEL FRATTEMPO LA NOSTRA INDUSTRIA NUCLEARE ED IL SUO KNOW-HOW SONO ANDATI A RAMENGO ...ED I PETROLIERI AMERICANI SI SONO FREGATI LE MANI.
ANCORA OGGI BASTA CHE SI CHIUDA IL CANALE DI SUEZ ...E SIAMO CON IL CULO PER TERRA.