La nazionalizzazione dell’Europa centrale e la rinascita dell’Intermarium
22 dicembre 2017 da Federico Dezzani
Si inasprisce lo scontro politico tra la Polonia e l’Unione Europea: con una decisione senza precedenti, Bruxelles ha avviato la procedura per sospendere i diritti di voto di Varsavia, rea di una riforma delle giustizia che subordinerebbe il potere giudiziario a quello politico. Parallela al braccio di ferro tutto continentale, si sviluppa la grande sintonia tra la Polonia e le potenze marittime: dopo l’accoglienza in pompa magna di Donald Trump della scorsa estate, è toccato a Theresa May volare a Varsavia dove, ignorando le critiche della UE, ha siglato un trattato di difesa comune. A Washington e Londra si ragiona ormai in ottica post-UE: la priorità è la formazione di un blocco nazionalista che separi la Russia dalla Germania. L’iniziativa “Tre mari” è la semplice riproposizione dell’Intermarium del maresciallo Jozef Piłsudski.
Una cortina nazionalista tra l’Europa Occidentale e la Russia
Il Ministero della Difesa tedesco ha recentemente contemplato, redigendo la linee strategiche al 2040, la possibilità che l’Unione Europea imploda(1), scombinando l’attuale geopolitica del Continente e spingendo alcuni Paesi ad uscire dal blocco atlantico (UE/NATO) per aderire a quello russo: lo scenario non è soltanto più concreto che mai, ma anche, a giudicare dalle dinamiche europee, molto vicino alla realizzazione.
Le due potenze che hanno sinora supervisionato ed incentivato il processo di integrazione europea, Stati Uniti e Regno Unito, hanno apertamente ritirato il loro sostegno all’Unione Europea, il cui fallimento è ormai dato per scontato, predisponendo le pedine per “il dopo”. L’obiettivo di fondo rimane lo stesso, ma si adottano (o meglio, si riadottano) strategie alternative per raggiungerlo: tenere Mosca separata dalle grandi capitali dell’Europa Occidentale, per conservare queste ultime nell’orbita atlantica.
Lo scontro in atto tra Bruxelles ed il Paesi dell’Europa Centrale, il vecchio Gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca) attorno a cui sia stanno coagulando nuovi Paesi (Austria, Croazia, Romania, etc.) verte formalmente su una diversa visione della società e degli affari esteri: tanto l’Europa Occidentale è ancorata ai principi “liberali” (porte aperte all’immigrazione, sdoganamento dell’omosessualità, femminismo, lotta al cambiamento climatico, etc. etc.) quanto l’Europa centrale si sta spostando su posizioni nazionaliste (rifiuto del piano europeo per la ripartizione degli immigrati, difesa della famiglia tradizionale, lotta ai media liberal, etc.). Lo scontro, acuitosi nel 2015 in occasione dell’apertura della “via balcanica”, ha raggiunto nuove vette in questi giorni, quando la Commissione Europea ha attivato, per la prima volta della sua storia, l’articolo 7 dei Trattati nei confronti della Polonia. Il governo di Varsavia, guidato dal 2015 dai nazionalisti di Diritto e Giustizia, sarebbe infatti colpevole di “una grave violazione dello stato diritto”, a causa della controversa riforma della giustizia che subordinerebbe il potere giudiziario a quello esecutivo.
In realtà, la divisione tra l’Europa occidentale e centrale, in apparenza basata sull’adesione o meno ai principi liberali, corrisponde ad un preciso disegno geopolitico degli angloamericani: creare, cioè, un grande “vallo nazionalista” a guida polacca che, collocato su posizioni sia anti-russe che anti-tedesche, impedisca il saldarsi della Germania e/o della Francia alla Russia.
Si tratta di un ripiegamento, il classico “piano B”, perché quello originario, come illustrato da Zbigniew Brzezinski nel suo “The Grand Chessboard” del 1997, era che l’integrazione economica e politica si estendesse dalla Francia all’Ucraina, passando per la Germania e la Polonia, formando così una grande “testa di ponte democratica” che consentisse a Washington e Londra di proiettarsi dall’Atlantico al Mar Nero.
Il “piano A” è fallito perché le nazioni europee si sono dimostrate ancora troppo vive per essere diluite in un organismo sovranazionale come gli Stati Uniti d’Europa. La priorità di ogni capitale è ancora la difesa dei propri spazi e della propria autorità: gli interessi dell’uno entrano poi quasi sempre in conflitto con quelli del vicino. In particolare, l’Unione Europea non è riuscita ad estinguere il richiamo della Germania per l’Est: persino il decennale cancellierato di Angela Merkel non ha impedito a Berlino di intensificare i suoi rapporti economici ed energetici con Mosca. L’alleanza tra Germania e Russia o, ancora peggio, tra la Russia e più capitali dell’Europa Occidentale, è da sempre l’incubo degli strateghi angloamericani, che si adoperano in qualsiasi modo per sabotarla (si vedano le enormi pressioni in corso sulla Germania perché rinunci al potenziamento del metanodotto North Stream(2) ).
Sfumato quindi il progetto di una grande “testa di ponte democratica” poggiante sulla UE/NATO, gli angloamericani hanno optato dal 2014 (il colpo di Stato in Ucraina può essere considerato l’inizio di questa strategia) per la “nazionalizzazione” dell’Europa centrale, buttando a destra i governi della regione: nel caso della Polonia, ad esempio, è sufficiente dire che i fondatori di “Diritto e Giustizia” sono stati i gemelli Kaczynski, in rapporti con gli angloamericani dai tempi di Solidarnosc. Per peso demografico, economico e militare, la Polonia è il leader naturale dell’Europa centro-orientale ed è il principale attore su cui puntano Washington e Londra: lo spostamento a destra di Varsavia, in occasione delle legislative dell’ottobre 2015, riveste un ruolo chiave nella costruzione della “cortina nazionalista” tra l’Europa occidentale “liberale” e la Russia. Il governo polacco attualmente in carica si contraddistingue, infatti, per un marcato filo-atlantismo, accompagnato da un acceso revisionismo anti-tedesco (si veda la richiesta di nuovi risarcimenti dalla Germania per i danni bellici(3) ) ed anti-russo (si veda la rimozione dei monumenti sovietici ed il progetto per abbattere il Palazzo della Cultura nel centro di Varsavia(4) ).
La nuova strategia angloamericana per il Continente, già ben delineata nel 2015, riceve lo slancio decisivo nel 2016 quando, nell’arco di pochi mesi, prima Londra sceglie di abbandonare l’Unione Europea tramite referendum e, poi, si insedia alla Casa Bianca il “populista” Donald Trump, schierato su posizioni euro-scettiche: da allora, Londra e Washington smettono di lavorare per l’integrazione europea e si adoperano per nuovo ordine europeo, che prevede la liquidazione dell’Unione Europea nella sua forma attuale e la nazionalizzazione dell’Europa centro-orientale.
Il primo Paese europeo visitato da Donald Trump è, non a caso, proprio la Polonia. In vista dell’imminente G20 di Amburgo, il neo-inquilino della Casa Bianca atterra a Varsavia ai primi di luglio e, davanti ad una piazza gremita di simpatizzanti di Diritto e Giustizia, pronuncia un discorso dagli accessi toni nazionalistici: l’Occidente è in grave pericolo, minacciato da molteplici insidie come il terrorismo islamico, la Russia, lo statalismo ed il secolarismo(5). Quasi in contemporanea, Trump partecipa e dà la propria benedizione ad un’iniziativa ad alto contenuto geopolitico: il summit dei “Tre Mari” che si apre a Varsavia il 6 luglio 2017.
L’iniziativa ha avuto pochissimo eco in Europa Occidentale, poiché si pone in aperta concorrenza con il vecchio disegno dell’Unione Europea: undici nazioni (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Bulgaria, Lituania, Lettona, Estonia, Croazia, Slovenia ed Austria) che affacciano nel complesso su tre mari (Mar Baltico, Mar Adriatico e Mar Nero), si riuniscono sotto la supervisione americana, per sviluppare alcune infrastrutture che integrino l’Europa Centrale (la “via Carpatia”, che dovrebbe tagliare il Continente in verticale, dalla Lituania alla Grecia) e svincolarsi dalle forniture energetiche russe (i rigassificatori in Polonia e Croazia da alimentare, in prospettiva, anche col metano americano).
Ora, chiunque mastichi un po’ di geopolitica noterà subito come il progetto dei “Tre mari” sia una banale riproposizione dell’Intermarium (Miedzymorze in polacco) più volte sognato dai politici polacchi, da ultimo il maresciallo Jozef Piłsudski negli anni ‘20 dello scorso secolo: un’entità slava estesa dal Mar Baltico al Mar Nero, alleata dell’Occidente (Francia, Regno Unito o Stati Uniti), popolosa ed economicamente forte abbastanza da contenere la Germania e la Russia. Una grande Polonia nazionalista, in sostanza, che eviti l’abbraccio tra Berlino e Mosca, per la felicità delle potenze marittime.
Partecipando al summit dei “Tre Mari”, Donald Trump esprime il sostegno americano a quest’ambizioso progetto geopolitico in chiave post-UE. Non resta, a questo punto, che la benedizione del Regno Unito. È cronaca di questi giorni il viaggio della premier Theresa May in Polonia, quasi in concomitanza alla durissima presa di posizione di Bruxelles contro il governo di Varsavia: incurante delle critiche dell’Unione Europea e delle accuse di autoritarismo (questioni di politica interna di cui Bruxelles non dovrebbe occuparsi, secondo la May(6) ), il primo ministro inglese rafforza i legami anglo-polacchi, siglando un trattato di difesa comune (il secondo firmato da Londra, dopo quello anglo-francese del 2010) ed impegnandosi a spendere congiuntamente 10 milioni di sterline per contrastare la propaganda russa e diffondere la propria (attraverso il canale bielorusso Belsat(7) ). Anche per il Regno Unito, il governo nazionalista di Varsavia assume così la funzione di contenere la Germania e la Russia, impedendo il sorgere di pericolosissime alleanze continentali sull’asse est-ovest.
L’Unione Europea è destinata ad un inevitabile collasso: gli strateghi angloamericani, perfettamente consapevoli di quanto sta avvenendo, stanno prendendo le contromisure.
Dopo aver puntato sui principi “liberali” e sulla “democrazia” per scavare un fossato tra l’Europa Occidentale e la Russia, ora puntano sul risorgere dei nazionalismi in Europa Centrale. Come nella prima metà del Novecento, le potenze marittime soffiano sul fuoco del nazionalismo per i propri disegni egemonici: le cancellerie continentali avranno imparato dai propri errori?
(1) https://www.theguardian.com/commentisfree/2017/nov/06/the-germans-are-making-contingency-plans-for-the-collapse-of-europe-lets-hope-we-are-too
(2) https://www.rferl.org/a/us-diplomat-nord-stream-2-wont-be-built/28886312.html
(3) http://it.euronews.com/2017/09/08/polonia-la-germania-risarcisca-i-danni-di-guerra
(4) http://www.repubblica.it/esteri/2017/11/16/news/varsavia_a_rischio_il_palazzo_della_cultura_simbolo_del_passato_staliniano-181231238/
(5) https://www.theguardian.com/us-news/2017/jul/06/donald-trump-warn-future-west-in-doubt-warsaw-speech
(6) http://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2017/12/21/may-ue-questioni-costituzionali-riguardano-polonia_3eed1029-51c9-4ee5-a564-4ae2501903e4.html
(7) https://www.gov.uk/government/news/pm-announces-landmark-new-package-of-defence-and-security-cooperation-with-poland