La nevrotica campagna elettorale svoltasi prima delle elezioni politiche del 2006 e i commenti che è possibile vedere tuttora – mentre ancora attendiamo i risultati definitivi del Senato – su siti organizzatissimi ed efficienti come quello del quotidiano “La Repubblica” sembrano dimostrare all’unisono almeno una, e una sola, cosa: che l’ Italia - ammesso sempre sia un paese – è un paese involgarito dal denaro, dalla televisione, dalla colonizzazione esterna e dalla subcolonizzazione interna, dall’ormai evidentissima mancanza di senso pubblico e di etica civile di buona parte dei suoi abitanti.
Messaggi di supporters del centrodestra che oscillano fra il disprezzo livoroso per i coglioni antiberlusconiani e una forzata inefficiente ironia sulla mortadella, sui comunisti e sulla presunta breve durata di una coalizione così composita. Messaggi di supporters del centrosinistra che oscillano fra l’acritico ma comprensibile senso di sperata liberazione, il timore che i dati forniti non siano veri o possano ribaltarsi e il ridicolo autonominarsi coglioni per fregiarsi della definizione data dal premier: non pensando al fatto che anche questa è una dimostrazione della loro debolezza – ossessione nei confronti del Cavaliere – e della forza mediatica (bella forza, direbbe Totò) di cui questi dispone, avendo in qualche modo costretto i suoi avversari ad autodefinirsi con quel termine da lui non casualmente ma scientemente e provocatoriamente proposto. Sai che risate. Soprattutto, però, risalta ancora una volta l’assoluta incomunicabilità fra i due mondi politici in cui è divisa questa repubblica, che ha fra tante sue disgrazie e inefficienze la sfortuna di ripartire esattamente in due questa divisione. Non riescono a parlarsi se non attraverso il disprezzo o gli insulti, in verità più marcati da destra così come forse il primo è più marcato da sinistra. Altro che democrazia di tipo europeo, che destra liberale e intelligentemente conservatrice – durante gli ultimi cinque anni ha fatto vedere tutt’altro: un circo Barnum di leggi ad personam, intrallazzi, prevaricazioni – o che sinistra progressista, etica ed aperta senza compromessi: i suoi legami con un centro comunque almeno in parte retrogrado e certe ambiguità affaristico-comportamentali lo impediscono.
In un paese come questo – sempre ammesso che sia un paese – abituato non al rispetto, alle tasse giuste ed alla regola ma alla furbizia ed alla legge del più forte e del più lecchino, sperare in un futuro molto migliore è davvero difficile. Con venti persone su poco più di cento che nonostante tutto ciò che è successo – a Milano come al Sud – votano ancora per Berlusconi, c’è poco da stare allegri. Qualunque sia il risultato finale.
Eluard
10.4.06
Primo commento di Giulietto Chiesa su La7: “ Stiamo cauti sui dati finali, vediamo che succede al Senato . Quello che invece mi sembra chiaro è che Berlusconi ha recuperato un milione di voti nell’ultimo anno, grazie all’uso a pieno regime delle televisioni. Questo significa che il premier non esce di scena, anzi.
Rimarrà incombente nella politica e nell’economia di questo paese, rimarrà il padrone del centrodestra, e continuerà ad esercitare una grande influenza sulle decisioni vitali in tutti i campi. Perciò, adesso bisognerà fronteggiarlo sul serio sul terreno del conflitto d’interessi E della legge sulle telecomunicazioni.”
Fonte: www.megachip.info
10.04.06
Tutto quello che avevamo scritto, detto, gridato in questi anni era vero, esatto: la televisione berlusconiana ha modificato l'Italia. Per meglio dire una buona metà dell'Italia. L'ha modificata in peggio e in modo profondo.
Comunque vada la conta finale, sul filo di lana, dobbiamo sapere che il problema che abbiamo di fronte è quello di ricostruire l'Italia democratica. Non è un problema nostro, che siamo pochi, ma di tutti insieme i milioni di italiani che non sono stati intaccati, modificati nel loro dna, e che oggi sono costretti, attoniti, a constatare che mezza Italia ha votato contro se stessa, contro la civiltà del diritto, contro ogni criterio etico di gestione della cosa pubblica.
La sinistra tutto questo non solo non lo ha capito, ma lo ha favorito con la sua assenza di analisi, con il suo provincialismo, con il suo spirito bottegaio, che le ha impedito di unificarsi.
Penso che, fatti i conti, una sinistra unita sarebbe oggi il terzo partito, dietro Forza Italia e i DS, davanti alla Margherita e a Alleanza Nazionale.
Chi non ha voluto questo dovrà farsi l'autocritica
Ma anche nei settori più moderati e arrendevoli del centro sinistra – penso ai DS - e ai settori più aperti del mondo cattolico, s'impone una riflessione. A meno che si arrendano al risucchio ormai quasi inevitabile, di un inciucio centrista (a cui molti pensavano anche prima di questo risultato, e che ora rilanceranno come una necessità “per governare”) che la farà finita con ogni ipotesi di alternativa al disastro.
Voglio aggiungere solo una notazione, a futura memoria. Nella campagna elettorale non si è parlato del mondo, della politica estera. Che saranno invece proprio gli elementi che costringeranno tutti a un brusco risveglio.
La battaglia per un'altra sinistra, “invece di questa sinistra”, si farà in un contesto internazionale di grande drammaticità, che farà impallidire le discussioni sugli schieramenti, le alchimie provinciali che tutti voi ascolterete all'infinito nei prossimi giorni.
Noi dovremo invece partire proprio da questo per tentare una ricostruzione: dicendo quelle verità che il centro-sinistra non è stato capace di dire. E per questo non è stato capace di vincere, oppure di vincere in modo convincente.
Giulietto Chiesa
Fonte: www.megcahip.info
11.04.06
L'unione ha vinto di poco. Berlusconi il demone malefico è stato sconfitto. Il dittatore tremendo che cuciva la bocca alle menti illuminate di Biagi, Santoro e la Guzzanti ecc. ma che poi non riusciva a mettere in riga i suoi giornalisti dipendenti del TG5 non tormenterà più nessuno nel sonno. Ma, da oggi, i cupi sinistri avranno però un problema più grande. L'ectoplasma berlusconiano che aleggiava come spettro sulle loro teste non incarnerà più il male del mondo. Come riusciranno così a giustificare le manovre che attueranno contro il mondo del lavoro (autonomo e salariato)fortemente richieste dalla Confindustria? La Confidustria non ha votato a sinistra per nulla, i Dominanti non si schierano per odio (a dispetto di questi sicofanti che leggono la realtà con categorie moralistiche). La Confindustria è stata contro Berlusconi per motivi più strategici che non l'avanzare di una dittatura inesistente. I falsi fratelli si fanno la lotta senza esclusione di colpi per l'egemonia e la dominanza nelle varie sfere della società, è questa la natura del conflitto interdominanti che muove un sistema di riproduzione sociale chiamato capitalismo.
La sinistra è, invece, medioevale, crea mostri perchè solo spaventando sè stessa e la sua plebe può porre differenze con la parte avversa, il tutto condito con lo spauracchio del fascismo e della dittatura. (anche se, come dicono Lenin e La Grassa, la vera dittatura è quella democratica).
Adesso che l'esorcismo è compiuto e la plebe di sinistra è in preda all'estasi mistica come si affronteranno temi quali la guerra, l'imperialismo americano, il sionismo e la crisi sociale e politica vero cancro di questa fase policentrica? Le risposte a queste questioni stanno tutte nelle manovre che i leaders dell'Unione hanno in mente da molto tempo (questi sono i veri programmi di una parte dei dominanti italiani che muovono i fili sulle nostre teste). Si profilano tempi bui senza un minimo di opposizione sociale visto che il blocco in questione è un moloch sindacal-capitalistico. Nessuno chiamerà i pensionati o i lavoratori in piazza a protestare contro il governo. Do you remember la riforma della pensioni? La stessa legge che fece cadere il primo governo Berlusconi fu attuata in seguito dalla sinistra in nome della responsabilità di governo, mentre una miserevole richiesta sulle 35 ore causò la fine del governo di centro-sinistra stesso. Questo solo per dire cosa ci aspetta, visto che Bertinotti questa volta non chiederà nemmeno piccole riforme. Siamo convinti che ci asfissieranno con leggi e leggine sui diritti civili e su questioni morali per tenerci lontani dalle questioni serie dell'economia e della politica che sono, ovviamente, affar loro.
Avremo più teatri e più musei dove consolare il sonno della nostra ragione.
Fonte: http://ripensaremarx.splinder.com/
11.04.06
Quando si dice che questo paese ha bisogno di una svolta si è molto al di sotto di ogni verità. Questo paese ha bisogno di un governo che, con decisa pazienza, ricostruisca le strutture elementari della dignità civica, della cultura di base, della semplice funzionalità statale. A testimoniarlo è, se ce ne fosse bisogno, la giornata di attesa dei risultati elettorali:a cinque ore dalla chiusura dei seggi, con un sistema elettorale che in teoria rendeva semplicissimo e rapidissimo il conteggio, non avevamo neppure i risultati della metà dei seggi del senato; due società addette ai sondaggi davano i numeri come solo gli ubriachi, il Ministero degli Interni aveva l'aria di essere chiuso, per ferie o per altro, e l'opinione pubblica era in preda alle televisioni, come durante il Festival di San Remo.
La vergogna, questa volta, ha invaso anche le menti più sobrie tra coloro che hanno votato, semplicemente, per avere un governo più degno di questo nome.
Siamo come il Libano. Come i paesi più devastati del Terzo mondo. O come i paesi che hanno cambiato regime da poco. Con un'angoscia in più, però: in quei paesi l'irrompere della povertà anche in plaghe sociali che prima se ne salvavano e l'evidenza di un'amara ingiustizia sociale determinano spesso spostamenti politici più chiari che non da noi. Qui, in Italia, dove si è verificata una vergognosa concentrazione della ricchezza nelle mani di 250.000 persone, e dove la precarietà ha un volto infinitamente più devastato che nel resto dell'Europa occidentale ed è per giunta una formidabile fonte di illegalità ulteriore, nessuno più capisce in base a quali considerazioni elettori ed elettrici compiano la loro scelta di voto.
Dunque, il problema di questo paese è eminentemente e radicalmente culturale. Riflettano, per piacere, coloro che aspirano a dargli un governo: l'economicismo del quale i discorsi politici sono permeati, di destra o di sinistra che sia, non fa altro che incrementare un'opinione secondo cui bisogna fare i soldi, non produrre qualcosa; bisogna tenerseli e non pagare le tasse, bisogna educare figli "elastici", capaci di svolgere qualsiasi compito, non figli capaci di fare qualcosa di buono e dunque dotati di dignità. Quanto al richiamo ai "valori", blandire identità e tradizioni confessionali, "dottrine sociali" cardinalizie, ondate sentimentali circa la difesa degli embrioni dalle mamme cattive, non fa altro che alimentare l'ipocrisia nazionale secondo la quale basta sposarsi in chiesa, per il resto si può essere darwinisti come nessun liberista yankee riesce ad essere, almeno non con altrettanto selvaggio estremismo personale e politico.
Svolta? Questo paese ha bisogno di una rivoluzione, e che sia culturale. I governi di solito non fanno rivoluzioni, ma viviamo un'epoca particolarissima se è vero che, "spiritualmente" forse si sta meglio in America latina che in Italia. Si tratta di deprimere la giocosità nazionale che considera anche le elezioni come una hit parade da godere tra un intrattenimento televisivo e un po' di gioco in borsa, e di proporre strutture minime di ricostruzione personale e collettiva: dalle scuole ai partiti, dalle televisioni ai luoghi di lavoro. Con campagne di alfabetizzazione su due temi: lo Stato, che è Stato sociale, la ricchezza, che va prodotta e ridistribuita.
Tanto per cominciare. Su tutto il resto, valori, culture, relazioni umane: chi ha filo da tessere tesserà, se solo non gli viene impedito di pensare, se non lo si soffoca in un mare di stupidità.
Così forse diventeremo un paese latinoamericano, o mediorientale, o asiatico: sarebbe meglio.
Lidia Campagnano
http://www.altrenotizie.org
11.04.06Torna in cima
Prima riflessione. Chi ha vinto le elezioni? Nessuno. Berlusconi non ha perso, Prodi non ha vinto. Il Paese però è ingovernabile. L'Italia, nel suo insieme, come "realtà profonda" che preesiste ai giochi della politica politicante, esce dunque sconfitta dalle elezioni. Di chi è la colpa? Della legge elettorale fatta approvare da Berlusconi. Che si è preccupato (col senno di poi, in modo veramente suicida: il panpoliticismo spesso sconfina nell'impoliticismo kamikaze...) di intralciare il cammino del futuro vincitore, trascurando invece l'interesse del Paese in quanto tale. Va infatti charito che il proporzionale rispetta la rappresentanza delle singole forze ma non favorisce la governabilità. Il maggioritario non rispetta la rappresentanza ma favorisce la governabilità. Mentre la legge elettorale berlusconiana non favorisce la governabilità nè la rappresentanza... Va perciò cambiata. Ma da chi? Se non c'è alcuna maggioranza sicura al Senato...
Seconda riflessione. Ritornare al voto con una pessima legge elettorale rischia solo di far precipitare l'Italia nel caos. Andrebbe anche escluso un eventuale "governissimo". Che rafforzerebbe le estreme, An e Rifondazione, che ne resterebbero (volontariamente) fuori. Inoltre il "governissimo" sarebbe condannato, come i governi del Pentapartito degli anni Ottanta, alla "contrattazione" di ogni singolo provvedimento. Che accadrà allora nei prossimi giorni? Partirà la campagna acquisti al Senato del centrosinistra (perché più interessato ad avere una maggioranza anche nella "Seconda Camera"): un bruttissimo spettacolo. Che al massimo garantirà uno o due anni di sopravvivenza a governi di centrosinistra, debolissimi e ricattabili. E poi si tornerà a votare. Con quale legge? Probabilmente con legge elettorale berlusconiana... Quanto alla elezione del prossimo presidente delle Repubblica, prepariamoci ad assistere a una battaglia durissima (considerata la quasi parità delle forze in campo). E sicuramente, se alla fine un accordo si troverà, sarà raggiunto su una personalità politica incolore. Si sta perciò per aprire un periodo di grande instabilità politica, con un Quirinale debolissimo. In una congiuntura economica internazionale che non promette nulla di buono. E dove gli unici a disporre della necessaria coesione politica sono i grandi poteri economici e bancari.
Terza riflessione. Inutile piangere sul latte versato del paese diviso. La democrazia è divisione tra maggioranza e minoranza. Quindi il conflitto è nella natura delle "cose democratiche". Certo, in campagna elettorale si esagera sempre. E la "mobilitazione" dell'elettorato, una volta sollecitata, spesso riserva sorprese, come appunto è accaduto... Ma anche questa è democrazia. In realtà, il vero problema delle democrazie contemporanee, a fronte di un ciclo economico negativo, è quello di come assicurare la governabilità. Una stabilità che può essere conseguita solo attraverso buone leggi elettorali. Se, ad esempio, anche il Senato avesse goduto di una legge elettorale con premio di maggioranza "nazionale", non saremmo qui a discutere di ingovernabilità e paese diviso.., Non servono, insomma i "governissimi", ma maggioranze autonome e ben delineate, preferibilmente monopartitiche, come negli Usa e in Gran Bretagna, frutto di buone legge elettorali, e dunque in grado di governare da sole.
Insomma, non c'è di che essere allegri.
Carlo Gambescia
http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/
11.04.06
“Un paese normale”: ricordo quest’espressione come una delle più usate nei manifesti elettorali del centrosinistra di qualche anno fa. Sarebbe bello se l’Italia – sempre ammesso che sia un paese – fosse tale. Proponiamo alcune riflessioni, spigolando qua e là fra ciò ci viene in mente. Come fa ad essere normale un paese in cui:
1)La stessa esistenza dello stato unitario parte da radici quantomeno discutibili e malsane, come ampiamente dimostrano documentazione, ragionamento e prospettiva storica rinnovata sul cosiddetto “Risorgimento”. Alcuni si ostinano a chiamarlo “revisionismo storico” solo perché gli fa comodo rimanere nel proprio cortile.
2)Anche di conseguenza, l’effettiva partecipazione di gran parte dei cittadini alla vita dello stato – al di là di forzate dimostrazioni di facciata e di gigantesche grigliate davanti al televisore in occasione delle partite dei Mondiali di calcio – è sempre stata di infimo livello per motivi ideologici, di inconscia resistenza e di abitudine anche plurisecolare all’arrangiarsi.
3)Circa metà del cosiddetto paese languisce in una condizione semicoloniale e di sostanziale autolesionistico abbandono, in preda a forti disagi economici e sociali nonché alla presenza diffusa di una notabilità paesana di vecchio stampo clericale e di una potente criminalità organizzata che riesce nelle città anche a controllare parte del voto. Aggiungiamo la stupidità connaturata o indotta, le bustarelle – i bisognosi sono tanti – e la propaganda più o meno coatta.
4)Questa metà – non dimentichiamolo – elegge per popolazione molti deputati e senatori. Ricordiamo inoltre che per statistica buona parte della popolazione di questo felice paese non legge giornali o libri e si accontenta di idee e fedi acquisite rifiutandosi per principio di confrontarle con qualcosa che sia al di là del proprio piccolo orizzonte mentale. È pur vero però che alcuni illustri laureati spadroneggiano nelle istituzioni e nell’economia come varianti impazzite.
5)Ricordiamo poi che in questo strano paese c’è una certa capitale al centro della quale c’è la capitale di un altro stato ancora governato in maniera assoluta e teocratica, il cui sovrano un giorno sì e uno no personalmente o attraverso suoi collaboratori si preoccupa di dare ai cittadini indirizzi politico-comportamentali. Attraverso una serie di holding religiose più o meno collegate egli controlla una buona quota della proprietà terriera, immobiliare e del mondo delle assicurazioni e della finanza, dichiarando di ispirarsi ad una povertà evangelica costantemente smentita dai fatti. 6)Naturalmente, la parte del paese che si ritiene più ricca e progredita disprezza o tollera con aristocratica sufficienza le intemperanze di quella più debole: è ormai ben noto come, fin dalla sua costituzione, lo stato si basi su di uno squilibrio che in realtà – al di là delle ricorrenti dichiarazioni di facciata – va mantenuto, perché dalla povertà di una parte dipende la prosperità dell’altra. Come nel resto del mondo, sempre interpretando l’economia con spirito pienamente capitalistico, cioè di rapina. Tralascio per ora altre ipotesi: sono stanco, è tardi e i risultati elettorali non sono ancora chiari. Il paese normale non c’è e quello reale non si sente troppo bene.
Eluard
11.04.06
ma un commento intelligente riuscite a farlo?
Metto giù anch'io delle piccole riflessioni:
1. Nessuno ha vinto, non ha vinto l'Unione che è rimasta sotto al 50% e non ha vinto Berlusconi che è dietro all'Unione, invece è chiaro che gli Italiani hanno sicuramente perso.
2. Il paese per quanto mi riguarda non è, come si sono affrettati in tanti ad annunciare, diviso, bensì deluso; personalmente ritengo che il sostanziale pareggio derivi dall'incapacità della classe politica di proporre un'idea seria di governo. Prova ne è l'aumento delle percentuali di RC e AN, voto di protesta e comunque più inquadrabili in un'ideologia conosciuta.
3. FI e Ulivo sono pressochè alla pari perchè gli elettori non riescono a distinguerli bene. L'elettore medio, quello per intenderci che non legge i giornali e guarda La Posta del Cuore, non riesce ad identificarsi con questi partiti, fa fatica ad individuarne l'ideologia e quindi si divide all'incirca al 50%.
4. FI ha stravinto al Nord-Est zona dell'Italia dove ancora si sta bene, e dove la gente (anche e soprattutto per mancanza di cultura e malcostume tutto italiano) pensa agli affaracci suoi e ha una fifa blu delle tasse, e nonostante non creda realmente a Berlusconi, anzi molti ne sono delusi, lo vatano comunque nella speranza di salvare "i schei" dai Comunisti che mettono solo tasse. I temi riguardanti il sociale in questa zona contano come il 2 a briscola, i conti sul futuro non si fanno, l'unica preoccupazione è non farsi toccare i soldi adesso e lasciare le cose come stanno.
4.La mancata vittoria della sinistra viene, oltre che da un programma che non mi ha convinto, da un riuscitissimo tentativo di suicidio, figlio della presunta superiorità morale, e che non l'ha vista "abbassarsi" a comunicare con l'elettorato in modo semplice e diretto, ma ha creduto di essere tanto superiore da permettersi di parlare come voleva credendo di essere compresa da tutti ( "l'abbattimeto dell'ICI" e il "coglioni" li hanno capiti tutti, il programma della sinistra lo hanno capito in pochi).
Matteo ZAIA
I risultati delle elezioni hanno presentato uno scenario inedito ma non del tutto imprevedibile.
Il nostro paese, chiamato ad esprimersi sulla rappresentanza politica dei propri interessi, ha visto una netta spaccatura sociale che trasferisce sulla politica l’ipoteca della ingovernabilità.
Una analisi più approfondita conferma però che se tutti i dati oggettivi (la situazione economica negativa, lo schieramento ostile di alcuni poteri forti) erano contro Berlusconi, il “caimano” ha saputo mobilitare assai meglio del centro-sinistra la soggettività del suo blocco sociale di riferimento. Berlusconi ha mobilitato gli interessi materiali di un blocco reazionario assai ampio con forti basi sociali nel nostro paese. L’Unione – al contrario – ha continuato a tirare il freno a mano operando in modo diametralmente opposto, nascondendo e attenuando l’identificazione degli interessi sociali con una rappresentanza politica definita e soggettivamente forte e riconoscibile.
Il nostro continua ad essere un paese anomalo e maledetto ma nel quale il rapporto tra società e rappresentanza politica del centro-sinistra appare sempre più debole.
A questo punto il governo non può che farlo l’Unione assumendone la responsabilità e liquidando l’ipotesi di una “Grande Coalizione” che imbarchi qualche pezzo del centro-destra. In questo scenario i partiti della sinistra – che pure hanno avuto un buon risultato – si ritroveranno con le mani strettamente legate al governo Prodi.
I risultati dei partiti della sinistra dell’Unione confermano la tendenza che era già emersa nelle europee di due anni fa. Insieme PRC, PdCI e Verdi rappresentano più del 10% dei voti. Se avessero agito unitariamente – attraverso la coalizione Arcobaleno - il loro peso politico sarebbe oggi assai maggiore. La stessa Rifondazione da sola è rimasta al palo (il voto al Senato fa relativamente testo), a conferma che la “mezza Bolognina” bertinottiana non è in grado di procurare nessuna onda lunga positiva. I Verdi devono ringraziare il bacio leggerissimo della buona sorte e il PdCI vede ripagato il recentissimo guizzo di identità e coraggio. La sinistra insomma non cresce ma non crepa. Esce ridimensionata – per fortuna – l’operazione della Rosa nel Pugno che dietro petali accattivanti nascondeva spine velenosissime di carattere liberista e filostatunitense.
L’Italia dunque è spaccata socialmente e ingovernabile politicamente. Se a sinistra emergesse un progetto ed una soggettività politica forte, la situazione potrebbe essere eccellente.
Fonte: www.radiocittaaperta.it
Editoriale 11 Aprile 2006
Beh, giudicare l'esito delle elezioni mi pare inutile, no?
Nel senso che posso facilmente scommettere che, in queste ore, ci stiamo trovando tutti quanti d'accordo su com'è andata.
Penso però ci sia da chiedersi alcune cose e mi scuso in anticipo per la prolissità.
Ora, pare tutti concordino che Berlusconi abbia vinto - di sicuro sul piano morale, poi su quello politico staremo a vedere - perché ha incarnato l'anti-politica. Lo stesso motivo, d'altronde, che fu alla base delle sue vittorie precedenti. Bene, il punto è: che tipo di approccio bisogna avere rispetto all'anti-politica? La mentalità di sinistra considera quasi sempre l'anti-politica come populismo, circonvenzione d'incapaci, qualcosa che va arginato con i nobili ed apollinei ragionamenti della Politica.
Ora - se consideriamo che c'era una coalizione che partiva fortissimamente svantaggiata - la gente ha invece preferito l'anti-politica. Allora: perché? Provo a buttare là due ragioni:
a) All'inizio dei '90, in Italia, c'è stata la "crisi della rappresentanza". Fino ad oggi, non è successo nulla che abbia risolto tale crisi. I movimenti erano sembrati per un breve momento una risposta alle nuove esigenze. Ma essi mantennero e sclerotizzarono un
piano d'enunciazione totalmente politico, anche più esoterico di quello istituzionale (per capire le "manovre di corridoio" d'un social forum
bisognava aver fatto un master in decriptazione di messaggi in codice!). Nessuno si era reso conto del fatto che alle centinaia di migliaia in piazza non corrispondeva affatto una ri-politicizzazione giovanile. Dopodiché, dinanzi all'incapacità dei movimenti di incidere
- salvo determinati contesti locali -sulla vita quotidiana delle persone, i partiti hanno riassunto la tradizionale centralità. Ma si
trattava pur sempre dell'atto di riempimento d'un vuoto. Anch'essi potevano essere, in qualsiasi momento, scalzati da qualcosa di più
forte.
b)E cosa vuol dire qualcosa di più forte? Per rispondere, si potrebbe fare un'altra domanda: perché la gente guarda i reality show?
Affermare "per voyeurismo" è soltanto una tautologia. I reality vengono guardati perché - così come vi è abitudine al mescolamento di tempo di vita e tempo di lavoro - si ha propensione a mescolare il tempo codificato della rappresentazione con quello aleatorio della nuda vita.
Si tratta, cioè, di biopolitica applicata ai linguaggi culturali.
Quest'aleatorietà vitale, questa forza vibrante del bìos che eccede i codici, Berlusconi l'ha utilizzata in pieno: con il suo corpo, le sue
euforie, le sue visibilissime depressioni, la sua sessualità perennemente esternata. Berlusconi, come aveva già teorizzato Aldo Bonomi nel 2001, fa biopolitica.
Il punto è che la biopolitica racchiude più affetti che concetti. Non si cercano in essa ragionamenti, ma esperienze sensibili. La biopolitica, insomma, ha un rapporto di intimità con l'anti-politica.
Ebbene, io mi chiedo: perché mai noi dovremmo respingere l'anti-politica? O, almeno, perché respingerla in toto?
Io di dibattiti sulla precarietà ne ho fatti tanti: c'è un ceto politico di sinistra che non sa affatto che cos'è e com'è composto il precariato. Tra gli attivisti di movimento le cose stanno un po' meglio. Ma quanti di loro ancora affermano - per dire - che i lavoratori dipendenti sono poveri e quelli autonomi sono ricchi?
Quanti, cioè, non conoscono di cosa parlano? Voglio dire che la politica - tutta la politica - sta funzionando male anche sul piano che le dovrebbe esser proprio: quello dell'analisi e del ragionamento.
Inoltre, si potrà mai avere un rapporto quotidiano con la composizione del precariato a partire soltanto da dei ragionamenti? Io penso di no.
Ogni giovane è solo nel rapporto col lavoro e con il reddito. Solo.
Solo sul cuor della terra senza neanche un raggio di sole. Una solitudine immensa, che nessun corteo od occupazione può lenire. Il
linguaggio delle emozioni, degli affetti, se unito a rimandi alla vita quotidiana, invece, può restituire la speranza di nuovi legami umani e,
quindi, la speranza di minor precarietà. La retorica e gli slogan - tipici della politica - non sono linguaggio delle emozioni, bensì simulacri, espressioni di rapporti umani mediati. E poi i legami di cui la gente ha bisogno sono quelli gratuiti, desideranti, non quelli collegati ai bisogni.
Infatti Berlusconi ha acceso desideri, non astrazioni: dire di abolire l'Ici significa parlare ai desideri quotidiani di ciascuno, non fare astruse astrazioni sui "diritti".
Berlusconi ha acceso desideri ma altresì creato un concatenamento biopolitico esponendo i suoi entusiasmi e le sue tristezze. Con la
trasparenza piena della propria volubilità emotiva e, talvolta, della propria debolezza. Non ha comunicato ad un blocco sociale (che, secondo molti, non ha mai avuto, almeno non nel senso tecnico di quest'espressione), bensì a persone sole, a precarizzati della vita. Ha
usato la retorica, certo, ma dando atto a stati affettivi autentici che hanno traspirato palpabilmente dal suo sguardo, dal suo corpo.
I suoi avversari hanno svolto, invece, una comunicazione logo-centrica rivolta ai benestanti, ai benpensanti, ai Nanni Moretti, al ceto intellettuale.
Peggio ancora, hanno parlato a delle masse indistinte anziché a degli individui.
Perché si crei soggettività, abbiamo bisogno di spezzare la solitudine. Per spezzare la solitudine della precarietà, abbiamo bisogno d'un aumento enorme, smisurato, di relazioni umane quotidiane.
Abbiamo bisogno di anti-politica.
[email protected]
Fonte: http://www.rekombinant.org
Link: http://liste.rekombinant.org/wws/subrequest/rekombinant
11.04.06
La classe politica di sinistra, ma appieno anche l’opinione pubblica di sinistra, deve fare una profonda autocritica su vent’anni di pregiudizi e snobismo verso i cittadini italiani residenti all’estero e deve dare loro delle scuse frutto di tale autocritica.
Oggi, non solo il voto degli italiani all’estero risulta decisivo, ma ribalta perfino il risultato del senato. Per come il centrosinistra ha trattato gli italiani all’estero in questi anni ed ha continuato a trattarli durante tutta questa campagna elettorale, siamo di fronte ad un vero miracolo.
Ancora durante tutta la campagna elettorale -ma la storia dura da decenni- l’opinione pubblica di sinistra ha continuato ad offendere senza conoscere i cittadini italiani all’estero. Troppi a sinistra hanno discriminato tra italiano ed italiano sulla base del luogo di residenza. Chiunque ha sentito ripetere fino alla nausea pregiudizi ai limiti della xenofobia: gli italiani all’estero non conoscerebbero e non sarebbero interessati all’Italia, sarebbero tutti fascisti e tutti succubi dell’attivismo del repubblichino Mirco Tremaglia. Un centrosinistra indolente ha dato ai cittadini italiani all’estero l’impressione di essere benvoluti a destra e mal sopportati a sinistra. Si è impegnato poco o nulla nella campagna e perfino nella scelta dei candidati si è dimostrato insensibile alla vita politica locale scegliendo a volte candidati che si oppongono ai governi di sinistra del posto.
Oggi il centrosinistra scopre stupito che la lista Tremaglia prende nel mondo meno voti di Alleanza Nazionale in Italia e che l’Unione fa il pieno di consensi dappertutto, doppiando nella circoscrizione Europea i voti delle destre. A interessarsi degli italiani all’estero, si scoprirebbero altre anomalie. Decine, forse centinaia di migliaia di italiani in Europa posseggono parabole e decoder Sky con i quali non solo guardano le partite della squadra del cuore, ma vedono il TG1, TG2 e perfino il TG3. Tutti gli altri, dagli Appennini alle Ande, vedono quotidianamente Rai International, che oltre alla Giostra del Gol, trasmette programmi d’informazione, almeno quello che il convento passa: Porta a Porta. Tutte queste persone, sono state in campagna elettorale costantemente offese da decine di opinionisti spesso molto autorevoli come Sergio Romano o Francesco Cossiga. In realtà chi non era interessato a votare non ha votato e basta. Ma quel 42% che ha votato, non lo ha fatto con meno cognizione di causa degli italiani d’Italia.
In Germania e Svizzera si sono superati i 150.000 votanti, in Argentina i 200.000 (più del doppio della Val D’Aosta, gli stessi elettori del Molise e pari ad una media città italiana). Siamo di fronte alla necessità di considerare quei collegi elettorali come qualunque altro collegio. Oggi quei seggi ci sono venuti in regalo dagli italiani all’estero. La sinistra non li meritava e adesso le sono decisivi per governare. Gli emigrati si hanno salvati, come ci hanno salvati tante volte, con le rimesse che hanno alimentato il boom economico, e prima salvato dall’inedia durante la guerra senza chiedere e ricevere nulla in cambio. Adesso ci hanno salvati da Berlusconi.
Questo paese però guarda con fastidio a "quando eravamo povera gente". Nella contagiosa fobia xenofoba preferisce non guardare alla propria storia per non dover guardare a quella degli immigrati. È tempo di riscoprire gli italiani d’Australia o di Germania. Sono quegli italiani che ci aiuteranno ad integrare gli italiani che vengono dal Senegal o dal Perù. È infatti questa la sfida non più eludibile: il ripristino del suffragio universale in Italia con la conquista del diritto pieno di cittadinanza e di voto da parte di due milioni e mezzo d’immigrati. La sinistra pavida tende a spostare lontano nel tempo questo momento e ad evitare lo scontro con le destre. Non nega la necessità di giungervi ma ne ha elettoralmente terrore fino a rinunciare ai benefici che potrebbero derivargliene. E invece non è più tempo di sanatorie ma di cittadinanza! Questa legislatura non può essere sprecata.
Gennaro Carotenuto
Fonte: www.gennarocarotenuto.it
11.04.06
sapete questa questione degli italiani all'estero cosa rievoca alla mia mente? la tragedia dell' istria, di fiume e della dalmazia, la pulizia etnica subita dagli italiani di quelle terre da parte dei partigiani titini e rimasta sepolta per 50 anni sotto metri di omertà e complicità da parte dei politici e delle classi dirigenti italiane dal dopoguerra ai giorni nostri.
quante volte ho sentito l'odiosa frase "tanto erano fascisti"..
erano italiani. e dopo le sofferenze, le torture, gli espropri e l'esodo che hanno dovuto subire, il loro paese li ha accolti a calci in culo.
alla stazione di bologna donne, vecchi e bambini sono stati presi a sassate dai compagni.
no, non siete cambiati
non ho ancora capito x quali motivi strapparsi le vesti x la vittoria di misura dell'unione... tanto sapete benissimo tutti quanti che il centro sinistra non farà altro che portare avanti la stessa identica poltica filo-americana, filo-israeliana, anti-europa, mondialista, liberista e privatista della cdl
ma c'è qualcuno ancora così stolto da voler scegliere fra bush e kerry??
Il balletto ridicolo e vergognoso delle elezioni, anche questa volta ha messo a nudo il Re.
Un Re, che qualcuno ha il coraggio di chiamare politica, ma che in realtà è tutto tranne che l’Arte di governare le società.
Decine di milioni di persone hanno assistito a proiezioni, exit pool, continui ribaltamenti tra destra e sinistra e viceversa, per l’intera nottata.
Accompagnati per manina da personaggi come Emilio Fede, Enrico Mentana, Bruno Vespa e tutti gli altri commedianti televisivi che non sapevano come comportarsi mentre lo spoglio proseguiva altalenante: una volta tocca a Prodi e meno di un minuto a Berlusconi.
Per non parlare delle forbici sparate dalla ditta incaricata e pagata per i sondaggi: Nexus.
Questa, che ci piaccia oppure no, è la politica italiana del Terzo millennio. La cosa che fa specie è sapere che circa l’84% dei diritti al voto, sono andati al seggio a votare per la cosiddetta destra o per la cosiddetta sinistra.
Dando per veritieri questi dati, non è un po’ strano che così tante persone sono andate a votare e alla fine la maggioranza è stata di poche decine di migliaia di voti? Non ricorda qualche altra elezione?
Mi spiego meglio. Se tantissime persone, come dicono i dati ufficiali, sono andate a votare significa che:
- Hanno deciso di andare a votare in massa per cambiare una situazione devastante dal punto di vista politico-economico, e l’unica cosa era sperare nella coalizione alternativa: voto a sinistra!
oppure
- Hanno deciso di andare a votare in massa perché si sono trovati così bene negli ultimi cinque anni che hanno voluto premiare riconfermando il governo: voto a destra!
In entrambi i casi però, usando la semplice logica, la differenza tra i due schieramenti avrebbe dovuto essere molto più marcata di quella che apparentemente si è verificata.
Come mai, allora, nonostante così tanta gente sia andata a votare i risultati finali mostrano un’Italia divisa quasi esattamente in due?
Vediamo quali potrebbero essere le soluzioni all’arcano.
1) Forse i conti non tornano. L’oste o qualcuno per esso, potrebbe avere manipolato i dati confluiti elettronicamente al Viminale?
2) La nuova legge elettorale di puro stile anglosassone, dove a decidere sono alcune regioni (negli States sono alcuni Stati detti “grandi elettori”) o addirittura i voti di italiani che vivono all’estero, come è successo da noi.
Se i conti sono esatti, e parlo dell’affluenza, significa che il popolo italiano ha ancora le idee molto confuse sulla politica.
Dopo cinquant’anni e oltre di politica mafio-massonica crediamo ancora che mettendo una croce su una scheda colorata con una matita chimica si possa modificare e cambiare in meglio la nostra vita? Veramente pensiamo a questo? Siamo veramente convinti che votando per Romano Prodi & C. (uomo della Goldman Sachs e dei grandi poteri bancari) o per Berlusconi & C. (uomo dei poteri oscuri nostrani…) risolveremo i nostri problemi?
I veri vincitori sono, come sempre, i grandi banchieri internazionali, i grandi imperi economici. Mentre noi al bar bestemmiamo per le elezioni o per la partita di calcio andata male, questi signori se la ridono alla grande continuando a compiere fusioni e acquisizioni e controllando per intero le borse e le nostre vite.
«Se la ridono anche le agenzie di rating, alle quali non importa quale sarà il colore del governo che dovrà, in tempi brevi e tempestivi, ridurre il debito pubblico se vuole risparmiare all’Italia il declassamento e dunque il fallimento»[1]
Crescono le voci di corridoio che parlano di un probabile declassamento del debito italiano proprio delle agenzie di rating, tipo Moody’s, Standard & Poor’s. Sapete cosa significherà questo?
Semplice: chi andrà al potere, vuoi un governo di sinistra, un rimpasto o qualcosa di tecnico, si troverà tra le mani una patata non bollente, ma esplosiva: fare i conti con un debito che sta raggiungendo cifre da pre ‘29. E allora vedremo se sarà più importante non pagare l’ICI e il canone Rai, o salvare la propria casa e il proprio televisore dal baratro economico nel quale questi signori ci hanno lentamente fatto precipitare.
La Politica con la P maiuscola non è andare a votare la domenica col vestito da festa, e poi rifugiarsi in chiesa con la coscienza pulita di colui che ha manifestato un diritto (e un dovere) democratici. Questa non possiamo chiamarla democrazia. La “democrazia rappresentativa” NON è democrazia nel senso più alto del termine.
La Politica è fare qualcosa di concreto nel nostro mondo circostante: vuoi all’interno del condominio piuttosto che nel quartiere, piuttosto che in città. Come noi ci comportiamo e viviamo con il mondo esterno, questa è Politica.
Ciò che comperiamo al supermercato, quello che guardiamo in tivù è fare Politica.
Quindi smettiamola di delegare i politici deresponsabilizzandoci, e prendiamo una volta per tutte in mano le redini della nostra vita.
Se qualcuno ha ancora dei dubbi sul sistema elettorale e sulla politica in genere, concludo con una notizia appena giunta: l’arresto del superlatitante Bernardo Provenzano.
Ebbene sì, dopo quarantatre anni di latitanza, nei giorni - guarda caso - delle elezioni, è stato arrestato dalle forze dell’ordine a soli due chilometri di distanza da Corleone.
Avete capito come siamo messi? Sarebbe molto interessante sapere, e con questo mi rivolgo alla magistratura, se Provenzano ha svolto anche il suo diritto democratico di voto, e se sì, a quale coalizione l’ha dato.
Questo bizzarro, quanto inverosimile arresto, non assomiglia vagamente ad un avvertimento pesante per qualche politico nostrano? Della serie: «stai zitto altrimenti…»
Cribbio: chi ha orecchie per intendere intenda…
Marcello Pamio
Fonte: www.disinformazione.it
11.04.06
Note:
[1] Etleboro Italia http://etleboro.blogspot.com/2006/04/non-sempre-chi-ha-pi-voti-vince.html