Io non so se le ultime dichiarazioni di Mario Placanica rilasciate al Quotidiano di Calabria sulla morte di Carlo Giuliani siano sincere, o se non siano un tentativo di rivalsa per le delusioni subite successivamente (l'espulsione dai Carabinieri, una carriera politica nella destra finita prima ancora di cominciare). So però che Mario Placanica è oggi un ragazzo che mi fa pena, e mi sento in colpa per l'astio e l'animosità che ho provato per lui in questi ultimi anni. Io lo avevo sempre considerato come il perfetto emblema del teppista in divisa che le forze dell'ordine pinochettiane (espressione usata da Massimo D'Alema -- allora all'opposizione -- per descrivere i fatti del G8 di Genova) avevano liberato dalla catena per reprimere le contestazioni. Le parole che oggi usa per descrivere la sua esperienza rendono invece almeno verosimile che lui sia una vittima tanto quanto lo è stata Carlo Giuliani.
L'affermazione che lui ha sparato in aria e non può aver colpito nessuno, per quanto sia forse la più rilevante ai fini dell'epilogo tragico della storia, è quella che mi ha colpito di meno. Ho trovato più interessante la descrizione del bell'ambientino nel quale Placanica si è venuto a trovare dopo il fatto. Quello dei suoi colleghi che compongono canzoncine su Carlo Giuliani, che chiamano "killer" Placanica con compiaciute pacche sulle spalle, che gli regalano un basco del Tuscania con le parole "Benvenuto tra gli assassini"... (Questi bravi ragazzi non sono di quelli che gridano "10, 100, 1000 Nassirya", vero?) Placanica, oggi, dichiara non aver prestato alcuna complicità a queste oscenità, e potrebbe anche essere vero.
La morale ufficiale della morte di Carlo Giuliani, "se l'è andata a cercare", è sigillata nella foto che lo vuole mentre sta scagliando un estintore contro un Defender dei Carabinieri. E' un gesto profondamente sbagliato. Ma le parole che Mario Placanica dedica a quella brava gente dei suoi colleghi ci conferma quello che già sapevamo. E cioè che nella durezza di quello scontro l'idea che l'estintore potesse finire sul cranio di qualche tardo epigono della Brigata Nera Ettore Muti, che in circostanze diverse avrebbe potuto appendere un partigiano ad una gancio da macellaio, o che con zelo si sarebbe dedicato a scovare una famiglia d'ebrei in qualche soffitta, non era poi così fantasiosa. Libero ognuno di pensare che questi pezzi di storia appartengano ad un passato definitivamente trascorso. Libero ognuno di pensare che le nostre forze dell'ordine siano "profondamente democratiche".
Un pensiero che mi ha attraversato la mente ieri è stato: "Occhio Placanica, che a te ti fanno mangiare il polonio". Ma ovviamente non succederà niente del genere. Qualche sera fa Fassino ha detto in tv che in Italia c'era stato un "attentato alla democrazia", ma questo solo perché è saltata fuori l'intercettazione di una telefonata tra Guzzanti e Scaramella dalla quale risulterebbe che volevano fare un brutto scherzo a Prodi. In questi casi sì, si parla di "attentato alla democrazia" perché i cani si sono azzannati tra loro. Ma nel verminaio di Piazza Alimonda, della scuola Diaz o di Bolzaneto, nessuno ha voglia di andare a dare un'occhiata. Meno che mai questa sinistra codarda. E sarebbe bene che Placanica se ne rendesse conto. Le sue parole o non porteranno a niente o faranno sì che finisca stritolato anche più di quanto è successo finora.
Gianluca Bifolchi
Fonte: http://anzetteln.splinder.com/
2.12.06
VEDI ANCHE: LA RIVELAZIONE
I cori disgustosi dei carabinieri a Genova vi indignano come le grida su Nassiriya?
“Benvenuto tra gli assassini”, “ciao killer”, “morte sua vita mia”, e poi una bella canzoncina su Carlo, non è difficile immaginarne contenuto e ispirazione. Non è una visita al museo degli orrori, è l’accoglienza festosa ( e lugubre) che i colleghi hanno riservato a Mario Placanica al suo rientro in caserma, dopo che era stato ucciso Carlo Giuliani e a lui - Placanica - era stata attribuita la responsabilità. E’ Placanica stesso ad averlo ricordato nell’intervista rilasciata a ”Calabria Ora”, e lo ha ripetuto anche in diretta televisiva. Non si capisce perché avrebbe dovuto inventarselo. D’altra parte le frasi non sono molto diverse da quelle che, come riferirono le cronache di allora, furono costretti ad ascoltare i cittadini genovesi residenti alla Foce, di fronte all’acquartieramento dei carabinieri chiamati a Genova a difendere l’ordine pubblico. Ma una differenza c’è: oggi le ricorda un ex carabiniere.
Sono espressioni disgustose, denunciano un clima bestiale, inaccettabile. Non posso sottrarmi a un paragone. Qualche giorno fa, a Roma, alcuni individui gridano uno slogan orribile, truculento: 10, 100, 1000 Nassiriya. Giustamente si leva un coro unanime di indignazione, un coro bipartisan di sdegno e di condanna. Scende in capo anche il capo dello Stato. Sto aspettando pazientemente che qualche voce si levi forte e chiara, con la stessa indignazione, con lo stesso sdegno. Perché identicamente disgustose sono le parole che hanno accolto Placanica al suo rientro, identicamente inaccettabili. Con l’aggravante che sono state pronunciate da individui in divisa.
Chissà se si vorrà chiedere conto agli ufficiali sulla piazza, suoi superiori diretti, che, stando alle dichiarazioni di Placanica, sparano i lacrimogeni in faccia ai manifestanti (“io li sparavo a parabola, come mi hanno insegnato”, dice Placanica) o picchiano a sangue chi compie il reato di aver in mano una macchina fotografica (si è visto a che cosa possono servire le fotografie). Comportamenti da ordine pubblico o inaccettabili abusi di potere ed esercizio abusivo dei propri compiti?
Dall’opposizione, ma anche dall’interno dell’Unione, si levano strepiti quando si chiede il rispetto del programma e la costituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sui fatti di Genova che accerti le responsabilità politiche e della catena di comando. Dicono che non si possono processare le forze dell’ordine. Che sciocchezza! La grande maggioranza delle forze dell’ordine, composta da persone che svolgono con dignità e onorabilità il loro difficile compito, può solo desiderare che le cosiddette “mele marce” vengano individuate e messe nella condizione di non nuocere più al buon nome di polizia, guardia di finanza, carabinieri e polizia penitenziaria. Ma se continua questa intollerabile impunità verso comportamenti che sconfinano in atti delinquenziali, come si potrà ottenere da parte della società civile quel pieno riconoscimento valoriale della delicatissima funzione svolta, che è tra i fondamenti della democrazia?
Leggo che alte autorità dello Stato dichiarano che su Genova si sa già tutto, la Commissione non serve, c’era già stato un comitato d’indagine. No, per favore. Andiamo a rileggerci le carte. Ascoltiamo le testimonianze che le vittime della Diaz e di Bolzaneto riportano con indicibile sofferenza nei processi in corso (processi che si concluderanno, così purtroppo si commenta, con prescrizioni e nulla di fatto). Leggiamo le invenzioni scandalose dei periti, avallate da PM e GIP, sui proiettili che intercettano i sassi che volano, e guardiamo l’ingrandimento del filmato che mostra la posizione della pistola. Bastano pochi secondi, il tempo lo si può trovare facilmente, nulla in confronto al tempo della democrazia che la Commissione d’inchiesta deve salvaguardare.
Giuliano Giuliani
Fonte: www.liberazione.it
1.12.06
La storia delle "mele marce" può andare bene per i perbenisti Rifondaioli...
infatti...mele marce...bisognerebbe dissotterrare "l'ascia di guerra" che fu interrata forzatamente nel '45...una questione ancora aperta.... 8)
ma con il revionismo non si posa di certo l'ascia anzi.... 🙄 🙄
ma a parte quello non mi pare di vivere in un paese " avanzato" ! 😕 😕