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Lettera del figlio di un operaio


dana74
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di Luca Mazzucco

Ero tornato da poche ore, l’ho visto, per la prima volta, era alto,
bello, forte e odorava di olio e lamiera.

Per anni l’ho visto alzarsi alle quattro del mattino, salire sulla sua
bicicletta e scomparire nella nebbia di Torino, in direzione della
Fabbrica.

L’ho visto addormentarsi sul divano, distrutto da ore di lavoro e
alienato dalla produzione di migliaia di pezzi, tutti uguali, imposti dal
cottimo.

L’ho visto felice passare il proprio tempo libero con i figli e la
moglie.

L’ho visto soffrire, quando mi ha detto che il suo stipendio non gli
permetteva di farmi frequentare l’università.

L’ho visto umiliato, quando gli hanno offerto un aumento di 100 lire per
ogni ora di lavoro.

L’ho visto distrutto, quando a 53 anni, un manager della Fabbrica gli ha
detto che era troppo vecchio per le loro esigenze.

Ho visto manager e industriali chiedere di alzare sempre più l’età
lavorativa, ho visto economisti incitare alla globalizzazione del denaro,
ma dimenticare la globalizzazione dei diritti, ho visto direttori di
giornali affermare che gli operai non esistevano più, ho visto politici
chiedere agli operai di fare sacrifici, per il bene del paese, ho visto
sindacalisti dire che la modernità richiede di tornare indietro.

Ma mi è mancata l’aria, quando lunedì 26 luglio 2010, su ” La Stampa” di
Torino, ho letto l’editoriale del Prof . Mario Deaglio. Nell’esposizione
del professore, i “diritti dei lavoratori” diventano “componenti non
monetarie della retribuzione”, la “difesa del posto di lavoro” doveva
essere sostituita da una volatile “garanzia della continuità delle
occasioni da lavoro”, ma soprattutto il lavoratore, i cui salari erano
ormai ridotti al minimo, non necessitava più del “tempo libero in cui
spendere quei salari”, ma doveva solo pensare a soddisfare le maggiori
richieste della controparte (teoria ripetuta dal Prof. Deaglio a Radio 24
tra le 17,30 e la 18,00 di Martedì 27 luglio 2010).

Pensare che un uomo di cultura, pur con tutte le argomentazioni di cui è
capace, arrivi a sostenere che il tempo libero di un operaio non abbia
alcun valore, perché non è correlato al denaro, mi ha tolto l’aria.

Sono salito sull’auto costruita dagli operai della Mirafiori di Torino.

Sono corso a casa dei miei genitori, l’ho visto per l’ennesima volta. Era
curvo, la labirintite, causata da milioni di colpi di pressa, lo faceva
barcollare, era debole a causa della cardiopatia, era mio padre, operaio al
reparto presse, per 35 anni, in cui aveva sacrificato tutto, tranne il
tempo libero con la sua famiglia, quello era gratis.

Odorava di dignità.
http://www.decrescitafelice.it/?p=1167


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bella...


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Maria Stella
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Una lettera che dovrebbe fare riflettere quanti in questi anni si sono arricchiti sulle spalle degli operai, a cominciare dagli industriai a seguire dai sindacati che sulla pelle di chi lavorava a morte ci hanno costruito fortune e potere, , eppure alcuni un pochino sia pure sulla carta, sono stati operai. o non hanno mai fatto una ora di lavoro comesospetto io e come avviene per altre professioni? chi lo sa, dei politici, non vale nemmeno fare menzione, se mai una di speciale demerito ai sinistri personaggi che erano presenti melliflui in ogni corteo e piazza per colpire poi quei poveri uomini e donne alle spalle, secondo tradizione, d'altra parte.


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mo adesso le leggi sul lavoro le scrivono i sindacati come l'ultima contro riforma delle leggi
sulla sicurezza nei luoghi di lavoro da quel che so sponsorizzata da confindustria e prontamente approvata da questo governo che per certi provvedimenti non si fa fermare ne dalla mitica BCE ne dalla famigerata CE che bloccherebbe la sovranità nazionale secondo alcuni filosofi...evidentemente non in certi specifici provvedimenti...veri e propri capolavori di legislazione e di efficenza nell' approvazione delle leggi...provvidenzialmente per il governo sta volta non si era messa di mezzo ne la BCE, ne tanto meno la CE che detto per inciso OSTACOLA O VIETA IL DUMPING SOCIALE !!!

COSA POTREBBE DIRE IL NOSTRO GOVERNO SUL DUMPING SOCIALE RISPETTO A FRANCIA E GERMANIA AD ESEMPIO ?

E Tremonti che così tranquillamente poco tempo fa ebbe l'ardire di sfidare financo la CE ,sempre quella che ci porta via sovranità nazionale ovviamente, dicendo per il bene dell'economia italiana, e quindi per il benessere di tutti gli italiani direi ( lapalissiano ...forse) che le leggi per la sicurezza sui luoghi di lavoro erano troppo costose...dimenticandosi accidentalmente di dire quali sono i suoi costi per la sicurezza del suo posto di lavoro ? Mi sembra che nella sua impavidità arrivò financo ad ipotizzare una riforma costituzionale a riguardo, in contrasto con quanto indicato dalla diabolica CE ...ah...quando si dice l'eroico sprezzo del pericolo...e la fermezza nel governare l'economia...


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Ecco un interessante articolo di Stefano Rodotà che ha attinenza con questo qui sopra:

La rivoluzione dell’eguaglianza
L'intervento di Stefano Rodotà al terzo Festival del diritto di Piacenza.

di Stefano Rodotà, la Repubblica, 22 settembre 2010

Quando, alla fine del Settecento, sulle due sponde del Lago Atlantico le dichiarazioni dei diritti pronunciano le parole «tutti gli uomini nascono liberi e eguali», si manifesta pubblicamente la fondazione di un'altra società e d'un altro diritto, e "la rivoluzione dell'eguaglianza" diviene un tratto caratteristico della modernità. Per l'eguaglianza comincia una nuova storia, nella quale si riconoscono riflessioni millenarie e diffidenze mai sopite, con una ritornante contrapposizione della libertà all'eguaglianza. È una vicenda che attraversa due secoli, non è conclusa, nel Novecento ha conosciuto tragedie, ma ha pure generato una promessa che ancora ci sfida e attende d'essere adempiuta.

Con questi dilemmi si misurano, nel momento fondativo della Repubblica, i costituenti italiani. Riconciliare libertà e eguaglianza è tra i loro obiettivi. E nasce un capolavoro istituzionale, l'art. 3 della Costituzione, frutto di un incontro tra consapevolezza politica e maturità culturale oggi impensabile. Muovendo da qui, si possono indicare sinteticamente alcuni itinerari da seguire perché davvero si possa essere liberi e eguali.

1) Un esercizio di memoria, anzitutto. La triade rivoluzionaria «libertà, eguaglianza, fraternità» vede precocemente dissolto il legame tra libertà e eguaglianza dal ruolo attribuito alla proprietà (Napoleone, nel proclama del 18 Brumaio, parlerà di «libertà, eguaglianza, proprietà»). La proprietà si presenta come presidio della libertà: solo il proprietario è davvero libero, e così torna il germe della diseguaglianza che sarà all'origine delle tensioni dei decenni successivi.

2) Proprio il tema delle diseguaglianze economiche, e più in generale "di fatto", caratterizza l'art. 3 della Costituzione, dove si prevede che compito della Repubblica sia quello di rimuoverle. In questo riconoscimento dell'eguaglianza sostanziale, che segue quello dell'eguaglianza formale, si sono visti «due modelli contrapposti di struttura socio-economica e socio-istituzionale», «l'uno per rifiutarlo, l'altro per instaurarlo». Ma non possiamo più dire che si tratta di una norma a due facce, l'una volta verso la conservazione dell'eredità, l'eguaglianza formale; l'altra rivolta alla costruzione del futuro, l'eguaglianza sostanziale. Già l'inizio dell'art. 3, che parla di dignità sociale, dà evidenza a un sistema di relazioni, al contesto in cui si trovano i soggetti dell'eguaglianza, poi esplicitamente considerato dalla seconda parte della norma. Questa lettura unitaria dell'articolo non ne depotenzia la forza "eversiva", ma dice che la stessa ricostruzione dell'eguaglianza formale non può essere condotta nell'indifferenza per la materialità della vita delle persone. E la concretezza dell'eguaglianza ha trovato riconoscimento nella versione finale della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, dove il riferimento astratto "tutti" è stato sostituito da "ogni persona".

3) Il riferimento alla dignità dà ulteriori indicazioni. Descrivendo il tragitto che ha portato all'emersione dell'eguaglianza come principio costituzionale, si è parlato di un passaggio dall'homo hierarchicus a quello aequalis. Ora quel tragitto si è allungato, ci ha portato all'homo dignus e la rilevanza assunta dalla dignità induce a proporne una lettura che la vede come sintesi di libertà e eguaglianza, rafforzate nel loro essere fondamento della democrazia. L'antica contrapposizione tra libertà e eguaglianza è respinta sullo sfondo dalla loro esplicita associazione nell'art. 3. A questo si deve aggiungere l'«esistenza libera e dignitosa» di cui parla l'art. 36. Dobbiamo concludere che l'ineliminabile associazione con la libertà è la via che immunizza dagli eccessi dell'eguaglianza e dalle ambiguità della dignità, che tanto avevano inquietato nel secolo passato e che proiettano ancora un'ombra sulle discussioni di oggi?

4) L'eguaglianza oggi è alla prova delle diversità, e più radicalmente della differenza di genere. La Carta dei diritti fondamentali «rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica» e stila l'elenco fino a oggi più completo dei divieti di discriminazione. Il rispetto delle diversità diventa così fondamento dell'eguaglianza, in palese connessione con il libero sviluppo della personalità, dunque con una rinnovata affermazione del nesso tra eguaglianza e libertà. E l'eguaglianza si dirama in due direzioni. Da una parte, si presenta come rimozione delle cause che producono diseguaglianza; dall'altra, come accettazione/legittimazione delle differenze, rendendo esplicita la sua vocazione dinamica, "inclusiva".

5) Si distingue tra eguaglianza delle opportunità o dei punti di partenza e eguaglianza dei punti di arrivo. Negli ultimi tempi, ponendo l'accento sulla difficoltà delle politiche redistributive, si è quasi cancellato il momento dei risultati con un riduzionismo improponibile. Un solo esempio: per la tutela della salute si può prescindere dall'effettiva disponibilità dei farmaci? Altrimenti si rischia di consegnare al cittadino "eguale" una chiave che apre solo una stanza vuota.

6) L'eguaglianza riguarda l'accesso ai beni della vita. Alla conoscenza, superando ogni "divario", e non solo quello digitale. Alla salute e al cibo, che non possono essere affidati alle disponibilità finanziarie. Al lavoro, che non può subire le esigenze della globalizzazione fino a cancellare la dignità della persona. Altrimenti, il peso delle diseguaglianze, associato alla pura logica di mercato, fa rinascere la cittadinanza censitaria. E la disponibilità crescente di opportunità tecnologiche, l'avvento del post-umano, impongono una attenzione forte per eguaglianza e dignità, insieme a una libertà declinata come autodeterminazione.

7) L'associazione di eguaglianza, libertà e dignità può metterci al riparo dal rischio dell'eguaglianza assoluta o estrema, che dissolve la società e attenta ai diritti delle persone. Ma le difficoltà antiche e nuove delle politiche egualitarie, la pressione delle identità possono indurre ad un pericoloso realismo che accantoni l'eguaglianza come inservibile. Errore politico e culturale clamoroso. La costruzione infinita della persona eguale rimane tema ineludibile. L'eguaglianza non significa solo divieto di leggi ad personam, ma garanzia del legame sociale. Proprio quando è negata, è lì ad ammonirci, a inquietare le coscienze. Rimane un potente strumento di azione culturale e lotta politica, "eversivo" rispetto a ogni tentativo di restaurare gerarchie sociali e di distorcere la democrazia.


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dana74
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Una lettera che dovrebbe fare riflettere quanti in questi anni si sono arricchiti sulle spalle degli operai, a cominciare dagli industriai a seguire dai sindacati che sulla pelle di chi lavorava a morte ci hanno costruito fortune e potere, , eppure alcuni un pochino sia pure sulla carta, sono stati operai. o non hanno mai fatto una ora di lavoro comesospetto io e come avviene per altre professioni? chi lo sa, dei politici, non vale nemmeno fare menzione, se mai una di speciale demerito ai sinistri personaggi che erano presenti melliflui in ogni corteo e piazza per colpire poi quei poveri uomini e donne alle spalle, secondo tradizione, d'altra parte.

straquoto marista....

wiki si vede che non hai capito come funziona il dumping sociale, studialo
Ti faccio un esempio, la libera circolazione di persone e capitali che la Ue altro non recepisce essendo solo una scrivania nel Tempio del Libero Mercato e WTO, per la UE è sacra ovviamente.

Scusa, se il tuo paese o città dove lavori, viene indondata di soggetti che si offrono di lavorare per la metà della tua paga, come lo chiami?
Il dumping sociale non è solo questo, lo si attua anche in altri modi...
a te scoprire come ma non sperare di leggerlo sul Fatto o Repubblica..

NO le leggi sul lavoro non le scrivono SOLO i sindacati, le scrivono le parti sociale ovvero sindacati E CONFINDUSTRIA INSIEME CHE LE FIRMANO AVALLANDOLE E RENDENDOLE QUINDI ATTUABILI.
La Biagi l'ha fatta il governo, quella che secondo la Fabbrica del Programma dell'Ulivo avrebbe dovuto "superare" (evidentemente era un sinonimo di menefrego) la legge Biagi è stata accettata dalle tre cornacchie


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Anonymous
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per inciso le leggi sulla sicurezza del lavoro compresa la controriforma rispetto alla riforma varata da Prodi e Damiano...sono varate spessissimo dal governo ( COME ULTIMAMENTE VOLEVA RICORDARCI CON ENFASI IL MINISTRO TREMONTI...) o in alternativa dalla maggioranza ( politica??) parlamentare...PER ORA NONOSTANTE LA MAL CELATA VELLEITÀ DI TALUNI GOVERNANTI ( o di loro simpatizzanti o militanti politici? ) DI SCARICARE LE PROPRIE RESPONSABILITA SU ENTITÀ ASTRATTE...IL POTERE LEGISLATIVO NON SPETTA ANCORA AI SINDACATI CHE CERTO NON HANNO NULLA DI FENOMENALE QUÌ IN ITALIA...MEN CHE MENO DETENGONO IL POTERE LEGISLATIVO OD ESECUTIVO ( o mediatico...) IN ITALIA...TI SUGGERIREI DI NON CONFONDERE LE RESPONSABILITÀ DEL SINDACATO CON QUELLE DEL NOSTRO GOVERNO DEL FARE...
INVITEREI IL LETTORI DI QUESTI COMMENTI AD INFORMARSI IN PROPOSITO...
Ma in fondo alcune cose che dico, sono cose che si sanno da circa 300 anni a questa parte...OVVIETÀ QUINDI...
Se vuoi dirmi che i nostri governanti sono poco attivi, che di fatto sembra che governino tutti tranne loro...è un'altro conto


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Anonymous
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