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Massimo Fini: “Disconnettersi per ritrovarsi”


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Sabato scorso ho partecipato al Sum, la manifestazione che ogni anno l’Associazione Gianroberto Casaleggio dedica al fondatore, insieme a Grillo, del Movimento 5Stelle. L’intera manifestazione ruotava intorno all’”innovazione”, soprattutto tecnologica, da cui ci si attende un futuro meraviglioso, sempre che si sia capaci di orientarla e di governarla. Tutti coloro che sono intervenuti in questo senso si ispirano, chi consciamente, chi senza esserne consapevole, a una corrente di pensiero relativamente recente, il Transumanesimo, le cui fondamenta sono state poste nel 1957 da Julien Huxley che esalta “le possibilità aperte dalle nuove frontiere della scienza e della tecnica che porterebbero l’uomo a superare i propri limiti biologici”. L’idea non è nuova, a un’integrazione dell’uomo con la macchina avevano già pensato i futuristi, Marinetti e, sul piano artistico, la linea Boccioni-De Pero-Balla. Ma col Transumanesimo si va ben al di là. Grazie alle straordinarie scoperte e realizzazioni scientifico-tecnologiche degli ultimi decenni (rigenerazione cellulare, impianti cibernetici sottopelle, mutazioni genetiche controllate, ibridi macchina-animale e uomo-macchina, sospensione crionica, mind uploading, nanotecnologie, superintelligenze artificiali, robosapiens) si pensa a una fusione completa fra l’uomo e la macchina, a un uomo che va oltre l’uomo, che non è più un uomo come oggi lo conosciamo, ma un impasto fra tecnologia e ciò che ancora resterà della sua parte biologico-antropologica, naturale, destinata comunque, in questa visione, a cedere nel tempo sempre più spazio alla prima fino a scomparire. I ‘transumanisti’, forse per salvarsi un po’ la coscienza, non si considerano però degli anti-umanisti, in contrasto, per intenderci, con l’umanesimo rinascimentale, ma piuttosto dei suoi continuatori, un’evoluzione necessaria dell’uomo che altrimenti sarebbe destinato a scomparire (“Mutare o perire”).

Questo ‘oltreuomo’ transumanista non va confuso col “Superuomo” di Nietzsche che postula una fase superiore dell’umanità (“l’uomo è un arco teso fra la scimmia e il superuomo”), e che quindi non ha nulla a che fare con un’individuale ‘bestia bionda’ come lo interpretarono, a loro uso e consumo, i nazisti, ‘superumanità’ cui si arriva attraverso una sofferta ricerca interiore (Nietzsche, ritenuto il padre del nichilismo, in realtà non sfugge, nemmen lui, al suo secolo, l’Ottocento, e resta perciò un ottimista). Nel Transumanesimo, al contrario, non è l’uomo a governare la propria evoluzione, ma è la macchina a determinarla.
Io sono sull’altra sponda. Sto con Eraclito che riteneva che l’umanità fosse destinata a degenerare, dal punto di vista etico, progressivamente e costantemente. Se guardiamo la Storia dall’alto degli anni Duemila mi sembra difficile dargli torto. Sto con Lao-Tse che sottolinea che quando si passa dall’indifferenziato al differenziato (e qui la tecnica c’entra solo fino a un certo punto o non c’entra affatto) cioè, per intenderci, dal clan e la comunità a una forma di società apparentemente più progredita, nascono le classi sociali con i conflitti interni che si portano dietro,insieme alle conseguenti frustrazioni, alle invidie, agli odii. Sto con il Leopardi che, in piena euforia illuminista, irrideva alle “sorti meravigliose e progressive”.

Ma non voglio appoggiarmi a questi grandissimi. Troppo facile. Troppo comodo. Sarebbe come tirare un rigore a porta vuota. Noto solo che è vero che, come dice il filosofo Giulio Giorello, della tecnica, presi come singoli, possiamo fare “un uso euristico e intelligente”, ma a livello di massa, da quando, dopo la Rivoluzione industriale, è diventata appunto un fenomeno di massa, la tecnica ha sempre avuto effetti devastanti. Prendiamo la più recente, e per ora ultima, delle rivoluzioni tecnologiche: quella di Internet, informatica, digitale. Noi, attraverso Internet, siamo connessi con quasi tutto il mondo (e fra poco proprio con tutto se andrà in porto la sciagurata iniziativa dell’imprenditore Matteo Pertosa che vuole portare questo strumento dell’Inferno a coloro che, per il momento, ne sono indenni), ma sconnessi con chi ci vive vicino o addirittura accanto e, alla fine, sconnessi con noi stessi. Abbiamo sostituito il reale col virtuale, il concreto con l’astratto. Manca lo spazio per il pensiero, la riflessione, la contemplazione e per quello che Beppe Grillo ha chiamato “tempo liberato” che qualitativamente è diverso dal ‘tempo libero’ dedicato al consumo compulsivo.
Tuttavia sono convinto che i ‘transumanisti’, consci e inconsci, l’avranno vinta, almeno fino a quando, com’è fatale, non cadremo tutti vittima delle loro spettacolari ‘innovazioni’. Sostituiti dai topi che sono animali adattabili quanto noi, ma un po’ più intelligenti. Perché l’uomo, come mi disse Edoardo Amaldi, uno degli inventori dell’Atomica, “quando può fare una cosa, prima o poi la fa”.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 9 aprile 2019


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