Mister Taylor e il ...
 
Notifiche
Cancella tutti

Mister Taylor e il compagno Lenin

Pagina 24 / 24

tania
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 540
 

Mi dispiace sembrare antipatica , ma mi è appena arrivata addosso una gelata verticale . Il capitale finanziario non è “parassitario” , è capitale , è quella porcheria che estrae plusvalore dalla vita delle persone ; non è “parassitario” , è produttivo . Produttivo nel senso del capitale : produttore di profitto . So che i nazionalisti nostrani desiderano riproporre le condizioni , per la produzione di tale profitto , del WARfarestate coloniale e neocoloniale … Ma non esiste una distinzione tra capitale “parassitario” e capitale produttivo : esiste solo un capitale produttore di profitto ( e di sacrifici umani )


RispondiCitazione
Fafnir
Trusted Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 65
 

del WARfarestate coloniale e neocoloniale …

Ho appena detto la stessa cosa su un altro blog e dei soggetti presumibilmente dell'ARS (è una mia supposizione, ma ci scommetterei) mi hanno dato del "traditore", del "piddino", del "pesce Giuda" (cos'è?), del "tinto di rosso".
Ci aspettano gli squallidi tempi dei piccoli borghesi al potere e saranno "cosi" amari.


RispondiCitazione
Tonguessy
Membro
Registrato: 2 anni fa
Post: 2779
 

Ciao Tonguessy. Strano, inusuale questo tuo commento. Sembra che consideri tutti degli scemi: i capitalisti, i piccoli imprenditori, i lavoratori e pensionati e l'unica alternativa che rimarrebbe sarebbe quella di "arrangiarsi" a livello individuale come meglio si può.
...semplicemente, considerato il tradimento dei loro interessi da parte di partiti e sindacati, ancora non hanno gli strumenti organizzativi adatti per fare cose del genere. Diamo tempo al tempo e poi vedremo meglio se sono proprio tutti così scemi.

Caro gm, mi dispiace di avere reso così male il mio pensiero. In realtà ho solo sottolineato come il capitalismo abbia teso una trappola, con il fordismo, in cui sono cadute moltissime persone. Il che, obiettivamente, è stata una forma di intelligenza. Oggi, al contrario le persone cadute in quella trappola non possono vantare neanche i benefici di una volta. Il che significa che stanno portando analisi una volta impensabili. E anche questa è una forma di intelligenza. Fin qui siamo d'accordo, credo. Quello che intendo dire è che nel quadro attuale si comincia a puntare il dito accusatore verso quelle forme di capitalismo che stanno affamando gli Stati. Il capitalismo di Squinzi che denuncia il capitalismo parassitario dei banksters. Fino a ieri nessuno pensava di criticare le banche, giusto per dire. Questa mossa di uscire allo scoperto e rendersi responsabili di forti tensioni sociali attirandosi gli strali degli amici storici per te è una forma di intelligenza? Quello che potrebbe succedere è che ad un certo punto si passi dalla critica all'azione.

Quanto ai capitalisti io preferisco non sottovalutare le loro capacità di adattamento alle varie situazioni. Troppe volte hanno dimostrato di essere ben vivi mentre c'era chi li dava per spacciati. Non voglio certo fare l'apologia del capitalismo. Voglio solo dire che secondo me è sbagliato considerarlo stupido e darlo per morto. Oggi il capitalismo (parlo soprattutto di quello occidentale sotto il marchio Usa) si dimena come un animale ferito ma proprio per questo ancora più pericoloso e capace di attingere a energie insospettabili.

Qui non sono d'accordo. Come ho detto ho l'impressione fortissima che lorsignori facciano i comodacci loro convinti che possa durare in eterno. Ma ci sono almeno due rivoluzioni che dimostrano il contrario: mai tirare la corda oltre al limite di rottura. Sei proprio convinto che conoscano bene quel limite di rottura? Le molotov a piazza Sintagma li hanno forse convinti a più miti consigli?

Il vero punto debole del capitalismo è la sua aggressività nei confronti di tutto e di tutti. Questo ha sempre portato a guerre e ha creato le uniche occasioni (penso alla russia del '17) per l'entrata in scena dei popoli. Sarà così anche nel prossimo futuro per il quale già si vedono addensarsi le nubi di nuove guerre. Prepararsi fin d'ora per quel momento credo che sia il compito essenziale per ogni forza rivoluzionaria.

Qui sono d'accordissimo. Ma allora 'sti capitalisti sanno veramente quello che stanno facendo (hanno quindi il senso storico delle azioni attuali, in base a ciò che il passato ha insegnato) oppure guidano il treno a casaccio e alla massima velocità anche se hanno imparato che esistono dei binari morti dove ogni tanto altri treni si sono schiantati?
La mia risposta la conosci.

@Tania
Mi spiace, ma credo che dobbiamo accettare di non avere un vocabolario comune con cui possiamo sperare di confrontarci. Quando Squinzi denuncia la macelleria sociale in atto, cosa sta facendo se non denucniare gli ex soci di una volta che ieri lo finanziavano e oggi lo stanno strangolando? E questa cosa cos'è se non la chiarissima distinzione tra il capitalismo produttivo e quello speculativo o parassitario?
Bada bene che non sono dalla parte di Squinzi, non ho in alcuna simpatia il capitalismo. Però diamo a Cesare quel che è di Cesare: il fordismo (capitalismo industriale) ha creato la middle class, il totocapitalismo (capitalismo finanziario-parassitario) la ha distrutta. L'Eurispes parla di 8 milioni di italiani sotto la soglia della povertà e altrettanti appena sopra, e parla di proletarizzazione della classe media. Se non ci credi cosa ha combinato il turbocapitalismo guarda questi grafici
Questo è prima della crisi.

E questo invece si riferisce all'anno scorso

La differenza? il 20% che deteneva l'82% delle risorse ha lasciato il posto allo 0,1% che ne detiene l'81%.
Perchè continuare ad ignorare questi fatti? La middle class non significa proprio nulla?


RispondiCitazione
Anonymous
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 30947
Topic starter  

E questo invece si riferisce all'anno scorso

La differenza? il 20% che deteneva l'82% delle risorse ha lasciato il posto allo 0,1% che ne detiene l'81%.

permettimi, Tonguessy, di esprimere più di qualche dubbio sulla validità dei dati riportati in questo secondo grafico da te offerto.
Se fossero corretti dovremmo concluderne che la classe media è praticamente sparita e, quindi, la stragrande maggioranza della popolazione si sarebbe già proletarizzata.
Temo che le cose non stiano ancora a questo punto. Invece credo che almeno una buona fetta del 20% o anche più della popolazione possa ancora ascriversi a quella classe media che è sempre stata il miglior puntello per il capitalismo e, quando gli si è rivoltata contro, lo ha fatto solo con i nazismi e i fascismi, cioè per recuperare la fetta di potere e di soldi che il capitalismo minacciava di sottrargli.
Ci sono ancora troppi avvocati, notai, farmacisti, insegnanti, medici, piccoli imprenditori, ingegneri, architetti, geometri, burocrati, militari, poliziotti e quant'altro che o non se la passano troppo male oppure, anche se immiseriti (proletarizzati), a tutto pensano meno che a una rivoluzione comunista.
Per questi ultimi pesa ancora molto l'ideologia e il bagaglio culturale con cui sono cresciuti e che gli fa semplicemente rimpiangere la classe di provenienza in cui vogliono ardentemente ritornare ... magari anche affidandosi a personaggi che ripercorrano in qualche modo passate esperienze...diciamo scarsamente "democratiche".
Un'altra parte di questi ceti medi in crisi (credo ancora minoritaria) è invece di estrazione popolare e probabilmente è quella più sensibile anche a un processo popolare di rivoluzionamento.
Poi ci sono quelli (spesso presenti anche su questo blog) che, proletarizzati o meno, hanno cominciato a cogliere il carattere distruttivo del capitalismo: sono quelli che probabilmente animano le lotte anti tav o anti muos e quant'altro (poco altro ... a dire il vero). Direi che queste frazioni di ceti medi sono all'avanguardia anche rispetto ad alcuni ceti proletari forse troppo presi dai loro problemi quotidiani per preoccuparsi di Tav o non Tav.
Infine ci sono quelli che addebitano la crisi attuale non tanto al capitalismo in sé stesso quanto alla corruzione della classe politica. Si tratta in buona parte di altri "ceti medi" o ex-tali che attenuano il loro malumore sperando che un qualche movimento (tipo Lega nord o soprattutto tipo M5s o qualche altro magari in odore destrosso che dovesse comparire sulla scena) ripristini i "valori morali" decaduti...e il loro portafoglio.
Forse questa mia analisi è sociologicamente un pò rozza e non del tutto realistica ma il nocciolo del discorso è che c'è ancora troppa poca "carne a cuocere" per poter dire che il capitalismo è morto o che stia per sbattere contro qualche muro.
Quanto alle bombe(tte) molotov figuriamoci se i centri di potere se ne preoccupano più di tanto! Per loro, ne sono certo, si tratta poco più di petardi da festa di Fuorigrotta a napoli.
E questo non è affatto indice della loro stupidità anzi! è indice della lettura sostanzialmente realistica e corretta che sanno fare della situazione generale. Finché esisteva un paese come la ex URSS e finché le classi contrapposte disponevano di organizzazioni partitiche e sindacali abbastanza agguerrite, sapevano che dovevano cedere qualcosa per tenere buoni i buoi. Finita quell'epoca ora tracimano senza ritegno e paura alcuna nè di qualche molotov nè delle percentuali crescenti di poveri o simil tali.
Sicuramente hanno messo in conto lo scoppio di rivolte spontanee e sporadiche ma questo non turba certo i loro sonni finché i loro androidi in divisa saranno ben nutriti ed equipaggiati.
L'unica cosa che farà impantanare il capitalismo saranno le nuove guerre in cui quasi sicuramente andrà a ficcarsi per effetto della sua intrinseca, genetica struttura guerrafondaia. E quando questo accadrà non si troverà contro soltanto nemici esterni ma anche e, forse, soprattutto quelli interni fatti non più di proletari e contadini semianalfabeti (come nel '17) ma di persone ben più consapevoli e coscienti del loro valore e della loro forza.
Credo che questo avverrà soprattutto nei paesi occidentali perché negli altri, russia e cina compresi, non saranno ancora abbastanza delusi o schifati del capitalismo per pensare di travolgerlo nè saranno altrettanto avanzati come in occidente i processi di decomposizione delle loro classi medie. Inoltre succederà più nei paesi sconfitti o sul punto di esserlo (e tra questi paesi possiamo scommetterci che ci sarà anche l'italia).
Fantapolitica? può darsi...ma più che certi grafici saranno i prossimi futuri avvenimenti mondiali a indicarci le possibili direzioni della storia.
Quanto a squinzi, le sue esternazioni anti banksters più che sintomo della sua stupidità sono espressione di un conflitto tutto interno al capitalismo tra fazioni più o meno arretrate che vedono erodere i loro margini di profitto da altre (finanziarie e non) più avanzate e più legate ai centri di potere globale a marchio Usa.
Quello che squinzi non capisce o non vuol dire è che questa crisi non è affatto causata dalle banche e dai banksters ma dalla necessità tutta politica di un riassetto dei poteri a livello globale: riassetto tra il centro finora dominante (Usa ) e i nuovi centri di potere emersi o riemersi un pò dovunque (russia, cina, india, brasile, iran nel campo non occidentale; germania e forse qualche altro nel campo occidentale). La crisi, quindi, è politica più che economica e finanziaria. In questo credo che siano da far proprie le tesi di qualche studioso italiano che da tempo va denunciando un eccesso di economicismo nell'analisi delle cause autentiche della crisi attuale che sono politiche più che economiche e finanziarie. A maggior ragione queste tesi sono valide per l'italia che da ancella americana, dal '92 si va sempre più trasformando in vero e proprio protettorato degli Usa (in modo diretto o mediato dai centri di potere Ue) e dei suoi maggiori e migliori alleati (inghilterra , francia e germania ... sebbene quest'ultima sia a volte in tenue conflitto con gli Usa o su questioni economiche o di politica estera)


RispondiCitazione
Tonguessy
Membro
Registrato: 2 anni fa
Post: 2779
 

@gm,
il dato l'ho preso da wiki.
http://en.wikipedia.org/wiki/Distribution_of_wealth

In effetti è il più drammatico, altre fonti non vedono questa distribuzione, anche se il problema è ben grosso ed in continuo peggioramento (per noi poveracci).
https://www.commondreams.org/video/2013/04/09

Sulla classe media basta ascoltare quello che dice il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara. "Secondo le stime generalmente accettate sono 8 milioni gli italiani che vivono al di sotto della soglia di poverta' e altrettanti coloro che vivono appena al di sopra di questa soglia - continua -. A tutto cio' si aggiunge il fatto che una buona fetta dei ceti medi e' sulla via di una sostanziale proletarizzazione"
http://www.primapaginanews.it/dettaglio_articolo.asp?id=188687&ctg=12

Già nel 2007 l'Eurispes dava bollettini di guerra sulla classe media:
"un esercito di due milioni e mezzo di poveri "in giacca e cravatta" che fino a ieri erano considerati privilegiati, il cosiddetto ceto medio che oggi, già alla terza settimana dallo stipendio, si ritrova a dover contare il centesimo per arrivare a fine mese."
http://www.americaoggi.info/2007/07/13/128-classe-media-sempre-pi-povera-rapporto-eurispes

la classe media che è sempre stata il miglior puntello per il capitalismo e, quando gli si è rivoltata contro, lo ha fatto solo con i nazismi e i fascismi, cioè per recuperare la fetta di potere e di soldi che il capitalismo minacciava di sottrargli.

Non mi risulta che negli USA ci siano movimenti neonazisti che "tentino di ribellarsi" al capitalismo. In effetti sta succedendo l'esatto contrario: la middle class è sparita e non si odono voci diverse da quelle neoliberiste, storicamente di destra più o meno WASP, nei luoghi di potere. Il fascismo è ormai entrato a pieno titolo e merito (si fa per dire) in ogni parlamento che voglia imitare quello americano, e non c'è alcuna contrapposizione nè formale nè tantomeno sostanziale col corrente modello neoliberista. Anzi il neofascismo lobbistico è la quintessenza del neoliberismo che sta occupando i parlamenti occidentali. Questa è la tesi di Chris Hedge (già vincitore del Pulizer) nel suo libro "American Fascists".


RispondiCitazione
Anonymous
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 30947
Topic starter  

Sulla classe media basta ascoltare quello che dice il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara. "Secondo le stime generalmente accettate sono 8 milioni gli italiani che vivono al di sotto della soglia di poverta' e altrettanti coloro che vivono appena al di sopra di questa soglia - continua -. A tutto cio' si aggiunge il fatto che una buona fetta dei ceti medi e' sulla via di una sostanziale proletarizzazione"
http://www.primapaginanews.it/dettaglio_articolo.asp?id=188687&ctg=12

Già nel 2007 l'Eurispes dava bollettini di guerra sulla classe media:
"un esercito di due milioni e mezzo di poveri "in giacca e cravatta" che fino a ieri erano considerati privilegiati, il cosiddetto ceto medio che oggi, già alla terza settimana dallo stipendio, si ritrova a dover contare il centesimo per arrivare a fine mese."
http://www.americaoggi.info/2007/07/13/128-classe-media-sempre-pi-povera-rapporto-eurispes

Mi sembra che questo/a Eurispes che citi parli di "una buona fetta" di classe media" ma non dica che si tratta di tutta o quasi la classe media.
Io non so quanti milioni di persone venissero inseriti nella classe media prima della crisi, quindi posso solo dedurre che quella fetta di 2 milioni e mezzo di ceti medi proletarizzati citati dalla stessa Eurispes sia solo una quota, anche se significativa, dei ceti medi complessivi.
Siamo, si fa per dire, sulla buona strada a suo tempo indicata dal buon veccho Marx riguardo alla progressiva proletarizzazione di questi ceti medi ma numericamente siamo ancora abbastanza lontani, credo, dal poter dire che sono sostanzialmente spariti.
Inoltre direi che non sia affatto da trascurare che l'ideologia o il bagaglio culturale di cui questi ceti medi , quant'anche proletarizzati, sono portatori, in buona parte li rende facilmente manovrabili più da forze conservatrici o addirittura reazionarie che non da forze progressiste e rivoluzionarie.
Molti di questi ceti medi proletarizzati o in via di esserlo, grazie anche al maggior grado professionale che posseggono rispetto ai veri e propri proletari, se ne stanno scappando all'estero (al pari delle piccole e medie industrie che delocalizzano) andando così a infoltire le fila dei ceti medi di altri paesi. Quanto a quelli che rimangono, allo stato attuale, salvo sporadiche e lodevoli eccezioni, nel migliore dei casi vanno a infoltire più le fila di leghe e m5s che non quelle di forze comuniste. Ci vorrà tempo prima che questa parte di ceti medi proletarizzati si decida a buttare alle ortiche le pie illusioni che ancora nutre riguardo al capitalismo.
Poco o niente sappiamo invece riguardo all'altra parte di ceti medi proletarizzati o quasi (quelli "silenziosi") che invece probabilmente guardano con favore anche a soluzioni politiche estreme e con connotati di destra. Spero di sbagliare ma temo che questa fetta sia molto più consistente di tutte le altre messe assieme.
Poi ci sono i ceti medi, professionali o appartenenti alle burocrazie di tutti i tipi, ancora abbastanza al sicuro ma incerti sul loro destino. Questi molto probabilmente sono ancora più sensibili al richiamo di forze che promettono "legge e ordine".
Infine ci sono i ceti medi "intellettuali" (niente affatto proletarizzati) di vario tipo ed estrazione che anche quando si chiamano blondet, bagnai, barnard e quant'altro - salvo qualche lodevole eccezione - di proletariato e comunismo non vogliono neanche sentir parlare.
Insomma di acqua sotto i ponti ne deve ancora passare parecchia prima di poter conteggiare i ceti medi , proletarizzati o non, tra le fila delle truppe rivoluzionarie. Un aiuto in questo senso lo daranno i processi in corso di accelerata automatizzazione che rendono obsoleti buona parte dei vecchi ceti medi per i quali andranno sempre più chiudendosi anche le frontiere e, quindi, ogni residua speranza di riscossa.
Ma l'aiuto maggiore lo darà l'inestingubile spinta alla guerra che anima da sempre il capitalismo e che non farà che portare acqua al mulino della rivoluzione anticapitalistica.
Anche perché, mentre in passato le guerre potevano essere un modo come un altro per togliersi dai piedi milioni di proletari e contestatori fastidiosi, i processi di automatizzazione che investono sempre più anche le strategie belliche richiedono sempre meno la necessità di disporre di carne da cannone e sempre più la presenza di specialisti informatici e quant'altro che si limitano a premere qualche bottone o a giocare coi droni.
Io non credo, quindi, che la IIIa guerra mondiale sarà combattuta come le precedenti con dichiarazioni di guerra ed enormi schieramenti di uomini e cannoni da una parte e dall'altra. Anzi, forse la IIIa guerra mondiale è già iniziata da tempo senza neppure accorgercene perché, appunto, non dichiarata e non concretizzata con gli schieramenti di truppe di passata memoria. Sarà probabilmente una guerra molto più lunga e articolata delle precedenti, sarà come diluita nel tempo e nello spazio e diluiti saranno anche i contraccolpi interni alle singole nazioni che essa procurerà (o che sta già procurando) ma come tutte le guerre finirà con dei vinti e dei vincitori e questa volta non credo che il vincitore sarà il capitalismo a marchio Usa.
Ma la cosa più importante che mi interessa fare non sono tanto i pronostici di questo tipo quanto sottolineare il fatto che sarebbe sbagliato mettersi nell'attesa di una qualche catastrofica guerra mondiale prima di organizzare e prendere iniziative rivoluzionarie (così come credo che sarebbe sbagliato aspettare catastrofiche carenze energetiche che mettano in crisi il capitalismo) . I tempi e le condizioni sono già abbastanza maturi per muoversi fin d'ora nella direzione di un superamento del sistema capitalistico. Occorrerà solo che il capitalismo s'impantani ancora di più nelle sue guerre, occorrerà che i processi di decomposizione di certe classi sociali vadano avanti e si approfondiscano ancora meglio. Occorrerà che la crisi sistemica arrivi a un punto tale da non offrire altra alternativa che tagliare definitivamente la testa alla bestia capitalistica.


RispondiCitazione
Tonguessy
Membro
Registrato: 2 anni fa
Post: 2779
 

l'ideologia o il bagaglio culturale di cui questi ceti medi , quant'anche proletarizzati, sono portatori, in buona parte li rende facilmente manovrabili più da forze conservatrici o addirittura reazionarie che non da forze progressiste e rivoluzionarie.

E perchè quando lo dico io non ti piace? 😯

Ci vorrà tempo prima che questa parte di ceti medi proletarizzati si decida a buttare alle ortiche le pie illusioni che ancora nutre riguardo al capitalismo.
....occorrerà che i processi di decomposizione di certe classi sociali vadano avanti e si approfondiscano ancora meglio. Occorrerà che la crisi sistemica arrivi a un punto tale da non offrire altra alternativa che tagliare definitivamente la testa alla bestia capitalistica.

Lancio una provocazione: ma allora tutte le lotte sindacali per gli aumenti salariali che hanno creato i consumatori (principali alleati del capitalismo) sono state uno sbaglio?
E perchè un lavoratore dovrebbe


RispondiCitazione
Anonymous
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 30947
Topic starter  

E perchè un lavoratore dovrebbe

caro Tonguessy mi sembra che il tuo discorso si sia erroneamente arrestato. Aspetto di leggere il resto


RispondiCitazione
Tonguessy
Membro
Registrato: 2 anni fa
Post: 2779
 

Eh già, un qualche cyberbug mi ha divorato parte del testo.
La domanda rimane: tutti gli aumenti salariali vanno quindi visti in ottica "borghesizzante" in quanto fanno di noi dei consumatori, oppure si tratta di una redistribuzione delle risorse buona in quanto tale e basta?
E' quindi preferibile un'immiserimento generale che porta ad abbandonare (per necessità, non per scelta) il modello consumistico alla dura lotta che voglia egoisticamente (per i più deboli) tentare di pareggiare i conti tra i vari strati sociali?

Quello che noto è una contraddizione insanabile: tanto più si tenta di ridurre la differenza sociale, quanto più ci si avvicina alla mentalità del padrone.
Certo, ci sarebbe l'educazione culturale a fare da milieu. Ma il condizionale è d'obbligo, dato che “In una società divisa in classi la cultura dominante è la cultura della classe dominante” (K. Marx). Eppoi è da un pezzo che Pasolini è morto: chi ci è restato a fare cultura?
Auspicabile quindi la miseria come cura contro il consumo di merci e mercificazione della cultura?


RispondiCitazione
Anonymous
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 30947
Topic starter  

Scava scava, a me sembra che molti commentatori si avvicinano a ciò che sostengo: sarà la scarsità di risorse il motore del cambio sociale, economico e produttivo, non lo sviluppo o la produzione di beni, che insieme alla creazione di profitto, il consumismo e lo spreco sono i vettori del capitalismo.

Non mi piace usare il termine "decrescita", perchè credo che la filosofia creata da Latouche e poi ripresa da Pallante, neghi come base il conflitto di classe, ma la considero un punto di partenza. Purtroppo molti cadono nell'equivoco di credere che la "decrescita" sia quello che stiamo vivendo. E' falso. Quello che stiamo vivendo è l'ennesima crisi (forse quella definitiva) del ciclo di accumulazione del capitale, in cui però il dominio di classe rimane intatto.
La vera "decrescita" dovrà stabilirsi su un tipo di società diverso, probabilmente libertario e solidaristico, quasi "socialista". Ma fare previsioni in questo senso è impossibile.


RispondiCitazione
Anonymous
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 30947
Topic starter  

Eh già, un qualche cyberbug mi ha divorato parte del testo.
La domanda rimane: tutti gli aumenti salariali vanno quindi visti in ottica "borghesizzante" in quanto fanno di noi dei consumatori, oppure si tratta di una redistribuzione delle risorse buona in quanto tale e basta?
E' quindi preferibile un'immiserimento generale che porta ad abbandonare (per necessità, non per scelta) il modello consumistico alla dura lotta che voglia egoisticamente (per i più deboli) tentare di pareggiare i conti tra i vari strati sociali?

Quello che noto è una contraddizione insanabile: tanto più si tenta di ridurre la differenza sociale, quanto più ci si avvicina alla mentalità del padrone.
.... Auspicabile quindi la miseria come cura contro il consumo di merci e mercificazione della cultura?

La richiesta di aumenti salariali è sacrosanta anche se, almeno in parte, ci trasforma in maggiori consumatori e, quindi, ci porta addirittura a favorire proprio il nemico (il capitalismo consumistico) che invece si vorrebbe abbattere...purtroppo queste sono le attuali "contraddizioni" della realtà.
Il consumismo è servito proprio anche a questo: a coinvolgere nel sistema capitalistico la classe o le classi o i ceti dominati.
Ma sarebbe masochistico dire: "auguriamoci la crisi del capitalismo, l'immiserimento generale". Se per avventura il capitalismo fosse virtuoso come pretende di dirsi, al punto da consentire ai proletari di disporre sempre di adeguato salario, io per primo mi convertirei al capitalismo e ne diventerei un sostenitore.. anche se magari un pò critico sotto aspetti particolari. Ma così non è e chi più chi meno tutti i proletari hanno potuto sperimentare direttamente che a momenti di relativo benessere (parola da prendere con le pinze quando parliamo di quello proletario) seguono puntualmente momenti di crisi in cui il sistema praticamente si rimangia tutto e anche di più di quello che in precedenza aveva "offerto" .
Perciò non c'è bisogno di "augurarsi l'immiserimento generale" in quanto il capitalismo lo crea per proprio conto e se ne frega altamente se tu ed io ci auguriamo o no che la gente cada nella miseria più nera.
Io credo che il proletariato sia consapevole di quest'andamento altalenante del sistema economico attuale ma, almeno allo stato attuale, si sente sostanzialmente impotente per un cambiamento. Oltretutto è bombardato di messaggi secondo cui non ci sarebbe nessuna alternativa migliore a questo sistema di cose. Quando , invece, in tempi oramai tramontati c'è stato qualcuno che gli ha fatto vedere la concreta possibilità di cambiare (e non parlo solo della rivoluzione del '17 ma anche della situazione prerivoluzionaria esistente nell'immediato dopoguerra o almeno di grosso conflitto di classe durante gli stessi anni '70) il proletariato sempre (e ripeto sempre per tutti i borghesi intellettuali o meno che non fanno altro che spargere ai 4 venti il carattere non rivoluzionario della classe proletaria), è stato pronto a raccogliere la sfida dei tempi e a mettersi all'avanguardia delle lotte.
Ma da allora la situazione è profondamente cambiata anche grazie al tradimento e all'opportunismo di tutti quelli (partiti o organizzazioni sindacali) che in passato, almeno in parte, erano stati punti di riferimento e di aggregazione per il proletariato.
Abbandonato da tutti cosa potrebbe mai fare ora questo avvilito proletarito? un bel niente o quasi! Perciò oggi si rifugia magari nella lega, poi nel m5s, poi si astiene dal voto e quant'altro. Ma sono sicuro che anche in questo momento nelle viscere profonde del proletariato qualcosa stà ribollendo e sta solo cercando la via e il momento giusto per esplodere di nuovo.

Leggo poi in qualche altro commento che l'amico bdurruti, pur mantenendo fermo il punto di vista che la lotta di classe continua ad esserci, ritiene che non sarà affatto lo "sviluppo delle forze produttive" (di marxiana memoria) a mettere in crisi il capitalismo ma saranno le più o meno prossime carenze energetiche causate dalla sfrenata tendenza consumistica del capitalismo. Insomma si aspetta che finalmente arrivi la catastrofe (carenze petrolifere e quindi energetiche) che metta ko il capitalismo.
E nell'attesa di quest'evento cosa bisognerebbe fare? procurarsi fonti alternative di energia? fare proseliti e organizzarsi? come? su quali basi? raccontando che dobbiamo fare la rivoluzione ora e subito altrimenti forse tra una ventina di anni non avremo petrolio? Oppure dovremo chiedere che si produca di meno? Ma questo lo stanno già facendo i capitalisti con la crisi attuale!
La mia opinione è che, anche a voler credere che effettivamante ci saranno a breve-media scadenza, queste supposte crisi energetiche, un proletariato senza consapevolezza che la causa di tutti i suoi mali sta nell'attuale sistema e che un mondo diverso è possibile, continuerà semplicemente a svolgere l'antico ruolo di agnello sacrificale sull'altare del capitalismo. Potranno anche esserci sommovimenti più o meno estesi ma niente riuscirà a mettere seriamente in pericolo il capitalismo finché i popoli, le classi sociali più o meno assoggettate alle sue leggi, non prenderanno finalmente atto del fatto che il capitalismo è un sistema che rende impossibile una vita (materiale e spirituale) decente a milioni, anzi miliardi di persone e finché si penserà che non è possibile un sistema socio-economico diverso. Finché questo non accadrà probabilmente il capitalismo continuerà a dormire sonni tranquilli anche se la gente non avrà nè un pasto giornaliero sicuro nè il riscaldamento invernale per effetto della crisi energetica.
"Cosa pretendete - diranno i sicofanti del capitalismo ai proletari - se il petrolio è finito, il gas pure, l'acqua ne abbiamo un pò solo quando piove?" ecc. ecc.
E aggiungeranno: "ammesso pure che la colpa sia del consumismo capitalistico non è forse vero che voi stessi avete beneficiato di questo consumismo? e se la frittata oramai è fatta a cosa servirebbe mai la rivoluzione a cui alcuni pazzi tra di voi cercano malignamente di spingervi? servirebbe forse a far ritornare le viscere della terra rigonfie di petrolio o di gas o di acqua? niente affatto! quindi, l'unica soluzione sta nel fare (da tradurre: dovete fare) sacrifici in attesa che i nostri scienziati trovino i rimedi necessari".
Fine della rivoluzione proletaria! ecco l'esito finale della messianica attesa di una qualche catastrofica "crisi energetica".
Può darsi che marx abbia sbagliato o, quantomeno, che le sue idee sulla crisi del capitalismo indotta dall'impossibiltà di un ulteriore "sviluppo delle forze produttive" sia stata superata dall'evoluzione delle cose.
Ma di certo non credo proprio che si possa sostituire quell'idea con quella di una crisi del capitalismo per intervenuta "crisi energetica".
In realtà, nonostante anche autorevoli voci contrarie che ora non mi soffermo a contestare, io non credo che marx abbia sbagliato nel sostenere quella sua idea secondo cui , a un certo punto, inevitabilmente i "rapporti di produzione capitalistici" sono destinati ad entrare in conflitto con le "forze produttive" dando così l'avvio a una fase rivoluzionaria di quegli stessi rapporti di produzione oramai diventati un freno intollerabile per l'ulteriore sviluppo socio-economico.
Ed è inutile girarci attorno e arrampicarsi sugli specchi: se non c'è il vituperato "sviluppo" c'è solo sottosviluppo cioè arretramento con tutto quello che ne consegue in termini di scarso benessere economico e spirituale
Se, invece, l'idea marxiana è ancora valida a chi spetterà prendere in mano le redini di una nuova società capace di superare l'impasse e che tipo di società potrà (e dovrà) costruire per forza di cose? Spetterà ai mille burattini di turno a cui il capitalismo ricorrerà pur di distrarre il "popolo" e che continueranno a non dispiacere ai loro padroni mettendo in dubbio la bontà del loro sistema?
Spetterà cioè alle Leghe varie, ai m5s, ai monti, agli alfano, ai barnard, ai blondet, a qualche golpista con le stellette, ai cento altri che si fingono anche critici, magari addirittura ipercritici ma che non mettono mai in discussione le fondamenta stesse del sistema capitalistico? Oppure spetterà a chi quelle forze produttive soffocate dagli attuali rapporti di produzione le gestisce materialemente e quotidianamente? Mi sembra logico, ovvio e naturale rispondere che spetterà a questi ultimi, cioà alla classe operaia (non mi riferisco solo alle tute blu) nel senso lato del termine gestire in prima linea il passaggio a una nuova forma di organizzazione produttiva e sociale.
E che tipo di società potrà creare una for
za di questo genere se non una società in cui sia abolito il potere di ristrette cerchie di persone di dominare le forze produttive secondo i loro esclusivi interessi oligarchici?
E con che nome vogliamo definire una società di questo tipo se non con l'aborrito (da parte di borghesi piccoli e grandi) termine di "comunismo"?


RispondiCitazione
Tonguessy
Membro
Registrato: 2 anni fa
Post: 2779
 

la situazione è profondamente cambiata anche grazie al tradimento e all'opportunismo di tutti quelli (partiti o organizzazioni sindacali) che in passato, almeno in parte, erano stati punti di riferimento e di aggregazione per il proletariato.

La manovra a tenaglia è perfettamente riuscita: consumismo come cultura dominante e abbandono del campo della preesistente alternativa.
Tendo a dare il lasso di una generazione come reazione a fenomeni particolarmente importanti. Ogni trent'anni c'è un cambio epocale. Così è stato per l'Italia del dopoguerra o per il New Deal finito con l'assassinio di Kennedy (sto tagliando le cose con l'accetta...). Ma dopo tali forti reazioni c'è un periodo di relativa calma. Al punto che dal tradimento della sinistra (avvenuto attorno al crollo del muro, come data) al giorno d'oggi non è successo granchè: le politiche si sono assestate sulle proposte (sempre senza adeguato contraddittorio) del neoliberismo. Questo praticamente in qualsiasi nazione dell'opulento e narcolettico Occidente.
Le Rivoluzioni (o anche solo rivolte) sono prerogativa di periodi con estreme povertà e mancanza di diritti. Anche una guerra può funzionare da catalizzatore, ed in effetti la nostra Costituzione spiccatamente socialista è il frutto del troppo sangue versato.
Insomma sembra che ci voglia del dolore sociale enorme per togliere quel torpore che fa preferire lo status quo alle classi disagiate. Certamente la mancanza di adeguata "cultura alternativa" a quella padronale (in senso lato) sposta in là l'eventuale scontro.

l'unica soluzione sta nel fare (da tradurre: dovete fare) sacrifici in attesa che i nostri scienziati trovino i rimedi necessari".
Fine della rivoluzione proletaria! ecco l'esito finale della messianica attesa di una qualche catastrofica "crisi energetica".

Ecco in una frase semplice spiegato il ruolo di certa scienza.

Mi sembra logico, ovvio e naturale rispondere che spetterà a questi ultimi, cioà alla classe operaia (non mi riferisco solo alle tute blu) nel senso lato del termine gestire in prima linea il passaggio a una nuova forma di organizzazione produttiva e sociale.
E che tipo di società potrà creare una forza di questo genere se non una società in cui sia abolito il potere di ristrette cerchie di persone di dominare le forze produttive secondo i loro esclusivi interessi oligarchici?
E con che nome vogliamo definire una società di questo tipo se non con l'aborrito (da parte di borghesi piccoli e grandi) termine di "comunismo"?

Qui esiste una contraddizione insanabile: cosa ti fa pensare che un modello sociale diverso possa eliminare la struttura sociale? Voglio dire che se una società è a struttura piramidale, non c'è modo di cambiare tale struttura, che è indipendente dal sistema sociale adottato. E la struttura piramidale è la vera causa di tutti i malanni, con i vertici che decidono e la base che ubbidisce (indipendentemente da quanto sensate siano le decisioni). Non esiste, che io sappia, alcun meccanismo che permetta alla base di comandare i vertici. Nè la democrazia garantisce risultati sociali diversi dalle dittature, come l'invasione della Libia da parte delle democrazie ha ampiamente dimostrato.
Democrazia: non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto. (Blaise Pascal)
Insomma esiste un problema insanabile che sta alla base della struttura sociale attuale: nel momento in cui i vertici sono per definizione tali, non esiste modo di renderli inoffensivi nel caso partissero per la tangente (o per le tangenti, meglio), salvo i soliti metodi che funzionano sempre quando ormai la situazione scivola sotto la soglia minima: rivolte e rivoluzioni. L'oligarchia è necessariamente il metodo con cui i vertici della società gestiscono il potere. Questo anche nelle società ex comuniste, con gli apparatchik ed i sistemi repressivi (STASI) che contraddistinguono TUTTE le società stratificate.
Il comunismo, per me, non è una testa un voto o idee simili, ma nessun surplus. Senza surplus manca il movente dell'eccidio di massa, viene meno la ragione per cui si controllano i popoli. Questo espone questo tipo di società ad ogni attacco esterno, ed è la ragione per cui queste società sono rapidamente in via di estinzione.
Si tratta di scegliere tra l'estinzione o la stratificazione piramidale, parrebbe.
Tempo fa avevo scritto un articolo su com'è facile che una società egualitaria senza capi (e conseguentemente senza popolo da spolpare) possa facilmente cadere preda delle mire espansionistiche di una società stratificata.
http://www.appelloalpopolo.it/?p=3796


RispondiCitazione
Anonymous
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 30947
Topic starter  

Mi sembra logico, ovvio e naturale rispondere che spetterà a questi ultimi, cioà alla classe operaia (non mi riferisco solo alle tute blu) nel senso lato del termine gestire in prima linea il passaggio a una nuova forma di organizzazione produttiva e sociale.
E che tipo di società potrà creare una forza di questo genere se non una società in cui sia abolito il potere di ristrette cerchie di persone di dominare le forze produttive secondo i loro esclusivi interessi oligarchici?
E con che nome vogliamo definire una società di questo tipo se non con l'aborrito (da parte di borghesi piccoli e grandi) termine di "comunismo"?

Qui esiste una contraddizione insanabile: cosa ti fa pensare che un modello sociale diverso possa eliminare la struttura sociale? Voglio dire che se una società è a struttura piramidale, non c'è modo di cambiare tale struttura, che è indipendente dal sistema sociale adottato. E la struttura piramidale è la vera causa di tutti i malanni, con i vertici che decidono e la base che ubbidisce (indipendentemente da quanto sensate siano le decisioni). Non esiste, che io sappia, alcun meccanismo che permetta alla base di comandare i vertici.

Non credo affatto che l'eventuale, futuro cambiamento del modello economico (proprietà collettiva delle forze produttive anziché l'attuale proprietà privata o, comunque, l'attuale gestione economica riservata a ristrette cerchie di personaggi che apparentemente sono gestori pubblici o gestori per conto degli azionisti di un'impresa) lascerebbe inalterata la sovrastruttura piramidale che tu consideri "la causa di tutti i mali" mentre io considero tale il fatto che l'intera sfera economica oltre che politica , giuridica e ideologica sia in mano a una ristretta oligarchia (fatta sia di "privati" che di funzionari pubblici) che decide tutto.
E' ovvio che anche in un sistema di tipo comunista continuerebbero ad esistere delle "gerarchie" (a meno di voler cadere nell'anarchismo puro e semplice) ma la questione è : come e da chi sono formate queste "gerarchie"?
In secondo luogo: come si rapportano agli altri membri del sistema sociale?
Sicuramente non sarebbero gerarchie formate da "capitalisti" (privati o pubblici , singoli individui o collettivo di azionisti di maggioranza) ... e non mi sembra poco.
Inoltre sarebbero elettive anche quando si trattasse di gerarchie a cui affidare la direzione di una fabbrica.
Infine sarebbero a tempo determinato (salvo eventuali riconferme) per evitare la creazione di sfere di potere personale.
Ti sembra utopistico? Io non credo.
E perché mai una società del genere dovrebbe cadere vittima di altre ordinate gerarchicamente ma su basi autoritarie?
Perché mai questo dovrebbe essere il destino di una società gestita da una serie di comitati popolari che avessero il potere di nominare dei rappresentanti politici così come quello di nominare il capo di una fabbrica o il comandante di una guarnigione militare o il capo della polizia locale?
Insomma, il fatto che ampi poteri decisionali siano in mano a organismi di base (tipo i soviet, per intenderci) non significa che una sovrastruttura del genere sia inevitabilmente debole e facile preda di altri tipi di società...anzi io la vedo come una sovrastruttura addirittura più forte proprio perché animata in prima persona da quei "cittadini" di cui invece lamentiamo costantemente l'esclusione dal potere reale.
Il nocciolo vero del problema è invece: da chi sono formati questi comitati popolari depositari del potere di base? in che modo prendono le loro decisioni?
Non credo di avere neppure io le risposte sicure e probabilmente molto dipenderà anche dalla situazione concreta in cui nasceranno (se mai nasceranno).
Certo è che se si vorrà costruire una società davvero democratica e gestita dal basso, sarà indispensabile che il potere sia in mano a organismi del genere e non certo in mano a un qualsiasi parlamento o partito come nel sistema attuale.


RispondiCitazione
Pagina 24 / 24
Condividi: