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Non chiamatela democrazia


MatteoV
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La parola democrazia è usata e abusata nella pubblicistica politica come anche negli studi accademici. Con essa si è soliti riferirsi al sistema politico-istituzionale occidentale, cioè in particolare quello dell'Europa e del Nord America. Si tende a considerare un dato di fatto indiscutibile che nei paesi di quest'area esistano governi che mutano negli anni ma che permanga una democraticità di fondo delle istituzioni.
L'uso del lessico politico è spesso irriflessivo, non è mai sottoposto a una seria critica storica e filosofica e viene accettato per lo più in modo quasi del tutto inconsapevole. Basterebbe anche un'analisi appena più profonda dell'ordinario per scoprire come la parola “democrazia” sia usata del tutto a sproposito.
Dovrebbe risultare piuttosto evidente che il “potere del popolo” non esiste nell'attuale sistema politico occidentale. L'esistenza del suffragio universale, vero feticcio della politica occidentale, di per sé non garantisce il potere del popolo. Garantisce soltanto la rappresentanza, che è una forma di legittimazione del governo in carica, una delle tante possibili. Questa rappresentanza attraverso l'elezione non coincide col potere del popolo e nemmeno con una sua qualsivoglia influenza decisionale. Di democratico non c'è nulla, nemmeno sul piano formale. Sarebbe più corretto definire invece questo sistema un'oligarchia rappresentativa, dove oligarchia sta a indicare il potere dei pochi sui molti e rappresentativa sta per legittimazione dei pochi per mezzo dei molti attraverso un'elezione.
Un carattere originale delle pseudo-democrazie odierne è la separazione tra gruppo sociale dominante e governo politico. Il gruppo dominante può non esercitare direttamente il governo, ma ciò non toglie nulla al suo dominio sociale che ne può persino venire rafforzato. Il governo politico è esercitato da una classe nazionale di burocrati e politici di professione distinta (ma non per questo in contrasto) rispetto alla classe oligarchica internazionale. Proprio questa separazione permette di perpetrare la finzione del potere del popolo che elegge di volta in volta certi membri di questa classe invece che altri, credendo così di esercitare la sua sovranità, mentre l'élite dominante, che è economica e non politica, resta immutata e non scalfita dal rito delle elezioni.
La ragione di questa illusione e del successo della maschera democratica dell'oligarchia (un'oligarchia anche più potente di quelle del passato) sta nel retaggio liberale che non persegue il controllo politico della società, ma al contrario, lo scioglimento o l'indebolimento di questo controllo politico. Il fondamento del governo, secondo tale concezione, si esprime in procedure di tipo politico-istituzionale “chiuse”, che cioè delimitano una sfera di intervento del governo la quale resta pressoché immutata. La concezione liberale considera infatti che necessitino di disciplina soltanto i mezzi politico-normativi, ma non quelli materiali ed economici. È questo, tra l'altro, il motivo per cui le teorie politiche nelle pseudo-democrazie sono spesso normativistiche. Si crea così una sfasatura tra l'“ufficialità” della prassi istituzionale e la realtà dei conflitti sociali e materiali.
C'è da dire che questo orientamento è stato mitigato dal socialismo, che ha costretto in alcuni casi i governi a estendere in parte la zona di intervento. Resta però il fatto che i gruppi sociali dominanti dispongono di mezzi infinitamente superiori (che sono andati crescendo negli anni) rispetto a quelli dei governi “democratici” limitati per natura. La potenza di questi mezzi finisce inevitabilmente per influire anche sulle procedure normative (influenza che i teorici normativisti fingono di non vedere). Bisogna considerare infatti la reale procedura di deliberazione politica dei parlamenti e dei governi “democratici”. Riassumendo, si può dire quanto segue:... [CONTINUA]


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[Utente Cancellato]
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Quanta verità contiene questo post!!!! 😉


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