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Non è morto, ma Draghi vuole superarlo


Tao
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«Lo stato sociale europeo è morto». E chi lo dice? Mario Draghi, presidente della Bce. O meglio, lo ha scritto il sito del Corriere della sera che - a quanto ci hanno detto - ha ripreso un lancio dell'Ansa. Dopo una quarantina di minuti c'è stato un contrordine: l'Ansa aveva tradotto male una intervista di Draghi al Wall Street Journal e il Corrierone aveva abboccato. Insomma, lo stato sociale europeo non è morto, ma non è che se la passi troppo bene. E Draghi vuole dargli una bella botta. Perché, anche se l'ultima crisi ha dimostrato che lo stato sociale «è tutt'altro che morto» (questa la traduzione corretta) occorre ridimensionarlo tenendo conto del mondo che cambia.

Anche perché - sostiene Draghi - «è duro dire se la crisi è finita», ma anche perché cavalieri bianchi in vista (il riferimento è ai capitali cinesi) non se ne vedono. Risultato: l'Europa si deve salvare da sola. E la ricetta suggerita dal presidente delle Banca centrale europea non ammette equivoci: occorre un piano generalizzato di privatizzazioni/liberalizzazioni e un profondo riassetto del mercato del lavoro. Insomma, è tutto il sistema sociale europeo che deve cambiare adattandosi ai tempi.

Per Draghi l'Europa non è più il mondo di Bengodi, quello del welfare «dalla culla alla tomba», come si diceva un tempo con riferimento soprattutto ai paesi nordici. C'è una risposta di Draghi che illustra perfettamente questa posizione. Rivolgendosi all'intervistatore, Draghi afferma: «Come lei sa c'era un tempo nel quale l'economista Rudi Dornbusch era solito affermare che gli europei sono così ricchi che si possono permettere di mantenere chiunque per non lavorare». E conclude: «Questo tempo è finito». Sia ben chiaro, Draghi non è un forcaiolo, ma esprime (piuttosto bene) un concetto caro alla attuale classe dirigente europea: tutti devono lavorare e devono lavorare fin che morte non sopraggiunga. O quasi. Non a caso la riforma delle pensioni di Monti-Fornero si muove lunga questa direttrice e non è un caso che sia piaciuta tanto agli altri governanti europei.

Siamo di fronte a un progetto generale di cambiamento della vita di centinaia di milioni di persone. Il tutto secondo la logica di una piramide che vede al vertice gli intoccabili. Ovvero la finanza. Certo, Draghi ha fatto proposte per cercare di democratizzre un po' il settore finanziario, ma una volta al vertice della Bce è stato «costretto» a intervenire massicciamente per dare ossigeno (centinaia di miliardi di euro) alle banche. Ossigeno, invece, non ce n'è per le famiglie e per migliaia di imprese medio piccole, soffocate dalla mancanza di credito e soprattutto dalla mancanza di lavoro, da una disoccupazione dai numeri giganteschi in moltissimi paesi.

Pensare che basti la flessibilità assoluta nel mondo del lavoro, mandare i pensione la gente più tardi, privatizzare e liberalizzare ogni attività possa portare il sistema globale a una nuova epoca d'oro è errato. Draghi dovrebbe saperlo bene: l'unico periodo felice nel mondo fu (relativamente) nel dopoguerra quello dell'applicazione delle ricette keyesiane, della diffusione dello stato sociale che oggi vorrebbe ridimensionare.

Galapagos
Fonte: www.ilmanifesto.it
24.02.2012


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dana74
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Eugenio Orso ed altri han ben spiegato perché possono permettersi di farlo.....

sé....i valori umani e della dignità che rappresenterebbe la sinistra....
Con quanti zeri si scrive il valore "umano" incarnato dalla sinistra?

"«Lo stato sociale europeo è morto». E chi lo dice?"

Intanto i milioni di disoccupati che NON SONO COPERTI DALLO STATO SOCIALE, come i precari grazie alla legge del 2003 che i sindacati firmarono

E sempre grazie ai valori degli antagonisti che mai si son sognati di fare una battaglia per IL REDDITO MINIMO DI CITTADINANZA.

Come mai?

"E la ricetta suggerita dal presidente delle Banca centrale europea non ammette equivoci: occorre un piano generalizzato di privatizzazioni/liberalizzazioni e un profondo riassetto del mercato del lavoro. Insomma, è tutto il sistema sociale europeo che deve cambiare adattandosi ai tempi."

Ma l'avete mai letti i Trattati oltre ad incensare e festeggiare entusiasti la loro firma?
Dov'è che avete letto che l'Ue doveva essere una "culla protrettrice" dei popolo"??

Troppa Lsd...


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tania
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E sempre grazie ai valori degli antagonisti che mai si son sognati di fare una battaglia per IL REDDITO MINIMO DI CITTADINANZA.

Ma l'avete mai letti i Trattati oltre ad incensare e festeggiare entusiasti la loro firma?

Ma di chi ( e di che ) stai parlando ( si fa per dire ) ?
Precisamente , a chi è rivolto il tuo diffamante squadrismo ? Nomi e cognomi , con prove , please .

PS : ma sono sicura che eviterai di risponderai ... o meglio risponderai con un'altra domanda , con un altro generico e diffamante squadrismo ecc..ecc..


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Bubba
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«Lo stato sociale europeo è morto». E chi lo dice? Mario Draghi, presidente della Bce. O meglio, lo ha scritto il sito del Corriere della sera che - a quanto ci hanno detto - ha ripreso un lancio dell'Ansa. Dopo una quarantina di minuti c'è stato un contrordine: l'Ansa aveva tradotto male una intervista di Draghi al Wall Street Journal e il Corrierone aveva abboccato. Insomma, lo stato sociale europeo non è morto, ma non è che se la passi troppo bene. E Draghi vuole dargli una bella botta. Perché, anche se l'ultima crisi ha dimostrato che lo stato sociale «è tutt'altro che morto» (questa la traduzione corretta) occorre ridimensionarlo tenendo conto del mondo che cambia.

Mi chiedo quale sia il senso di queste supercazzole introduttive. La traduzione era corretta, poche balle:

WSJ: Do you think Europe will become less of the social model that has defined it?

Draghi: The European social model has already gone when we see the youth unemployment rates prevailing in some countries. These reforms are necessary to increase employment, especially youth employment, and therefore expenditure and consumption.

WSJ: Job for life…

Draghi: You know there was a time when (economist) Rudi Dornbusch used to say that the Europeans are so rich they can afford to pay everybody for not working. That’s gone.

http://www.ecb.int/press/key/date/2012/html/sp120224.en.html


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dana74
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E sempre grazie ai valori degli antagonisti che mai si son sognati di fare una battaglia per IL REDDITO MINIMO DI CITTADINANZA.

Ma l'avete mai letti i Trattati oltre ad incensare e festeggiare entusiasti la loro firma?

Ma di chi ( e di che ) stai parlando ( si fa per dire ) ?
Precisamente , a chi è rivolto il tuo diffamante squadrismo ? Nomi e cognomi , con prove , please .

PS : ma sono sicura che eviterai di risponderai ... o meglio risponderai con un'altra domanda , con un altro generico e diffamante squadrismo ecc..ecc..

ma a venduta?
A chi credi prendere per il culo???

Chi ha tradito?

Chi ha firmato la legge 30??????????????

Sindacati, tutta la sinistra radicale che era al governo in varie fasi.

MEMORIA CORTA????

TI DANNO FASTIDIO LE DOMANDE PERCHE' NON SAI RISPONDERE????

DIMMI QUANDO LA SINISTRA ANTAGONISTA SI E' SMAZZATA A FARE QUALCOSA PER GLI OPPRESSSI???

Elenchi le date E RISULTATI OTTENUTI?????

BUFFONI!


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dana74
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l'imerialista massonica filobanche tania collaborazionista dei poteri forti pensa di rimuovere il dodecalogo Prodi SOTTOSCRITTO DALLA SINISTRA RADICALE???

I dodici punti «non negoziabili»
Il piano del presidente del Consiglio per il rilancio dell'azione di governo

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ROMA - I dodici punti del documento presentati da Romano Prodi «sono prioritari e non negoziabili». Lo afferma lo stesso il premier nel documento diffuso ai segretari dell'Unione per il rilancio dell'azione di governo.
1. «Rispetto degli impegni internazionali e di pace. Sostegno costante alle iniziative di politica estera e di difesa stabilite in ambito Onu ed ai nostri impegni internazionali, derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea e all'Alleanza Atlantica, con riferimento anche al nostro attuale impegno nella missione in Afghanistan. Una incisiva azione per il sostegno e la valorizzazione del patrimonio rappresentato dalle comunità italiane all'estero».
2. «Impegno forte per la cultura, scuola, università, ricerca e innovazione».
3. «Rapida attuazione del piano infrastrutturale e in particolare ai corridoi europei (compresa la Torino-Lione). Impegno sulla mobilità sostenibile».
4. «Programma per l'efficienza e la diversificazione delle fonti energetiche: fonti rinnovabili e localizzazione e realizzazione rigassificatori».
5. «Prosecuzione dell'azione di liberalizzazioni e di tutela del cittadino consumatore nell'ambito dei servizi e delle professioni».
6. «Attenzione permanente e impegno concreto a favore del Mezzogiorno, a partire dalla sicurezza».
7. «Azione concreta e immediata di riduzione significativa della spesa pubblica e della spesa legata alle attività politiche e istituzionali (costi della politica)».
8. «Riordino del sistema previdenziale con grande attenzione alle compatibilità finanziarie e privilegiando le pensioni basse e i giovani. Con l'impegno a reperire una quota delle risorse necessarie attraverso una razionalizzazione della spesa che passa attraverso anche l'unificazione degli enti previdenziali».
9. «Rilancio delle politiche a sostegno della famiglia attraverso l'estensione universale di assegni familiari più corposi e un piano concreto di aumento significativo degli asili nido».
10. «Rapida soluzione della incompatibilità tra incarichi, di governo e parlamentari, secondo le modalità già concordate».
11. «Il portavoce del presidente, al fine di dare maggiore coerenza alla comunicazione, assume il ruolo di portavoce dell'esecutivo».
12. «In coerenza con tale principio, per assicurare piena efficacia all'azione di governo, al presidente del Consiglio è riconosciuta l'autorità di esprimere in maniera unitaria la posizione del governo stesso in caso di contrasto».
05 marzo 2007
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2007/02_Febbraio/22/punti.shtml

si tav,si dal molin, si privatizzazioni, si al rifinanziamento delle guerre.

CHI L'HA FIRMATO? Davvero non conosci la risposta?

La svendita del TFR con la riforma del 2007?
Chi l'ha firmata?

La truffa del TFR e il collaborazionismo dei sindacati confederali

(18 Novembre 2010)

Una storia venuta da lontano

Quando intorno al 1995 fu istituito per legge la facoltà di intraprendere la strada dei fondi previdenziali complementari, alcuni sindacalisti di base e forze politiche appartenenti alla sinistra più radicale, denunciarono in modo chiaro il pericolo di questa apertura.
Di quanto questa decisione avrebbe provocato, come una sorta di volano, una resa all’insolvenza per il futuro della previdenza obbligatoria. Furono avanzate proposte che partendo dal “mancato pagamento” dello stato nei confronti dell’INPS, causato da cassa integrazioni e prepensionamenti, chiedeva una forte e seria lotta all’evasione contributiva.

La risposta, sia dalle forze politiche che dai vertici sindacali, praticamente fu inesistente. Anzi, da subito, senza avviare nessuna lotta per contrastare tale smantellamento, si istituirono dei fondi in tutte le categorie contrattuali.Il motivo fu per “meglio tutelare” il futuro dei lavoratori. Una scusante che fu rafforzata attraverso l’uso strumentale dei dati di bassa natalità su proiezione trentennale.

I primi sindacati ad andare in questa direzione furono proprio la CISL e UIL che da subito cavalcarono questo nuovo possibile sistema. Non fu da meno però la CGIL. Tutti erano già pronti. Prova di questo fu che da li a pochissimi mesi a seguire, partì il fondo rivolto ai Metalmeccanici denominato “Cometa”. Un fondo che dopo soli tre anni accusò un pericoloso rischio di fallimento per cattiva gestione finanziaria.

In questo contesto, non dobbiamo sottovalutare le politiche dei vari governi, di destra e di sinistra che si sono susseguiti, rivolte nei confronti degli imprenditori. Una politica che negli anni a seguire sino ai giorni nostri, sono sempre andate nella direzione di un progressivo sgravio dei versamenti contributivi e una forte contrazione “per legge” dei salari.
Contrazione attuata grazie ad una consistente aumento della precarietà lavorativa (legge Treu + Legge Biagi). Se a questo si accompagna l’incentivo a non lasciare il proprio posto di lavoro, regalando ai lavoratori “pensionabili” la quota contributiva destinata all’INPS, non possiamo che arrivare all’attuale grave situazione pensionistica finanziaria.

Tutto questo è avvenuto sotto i nostri occhi, senza che nessuno abbia ne detto o fatto nulla. Il gioco era semplice, “se non volete aprirvi a una forma di mercato libero e senza regole, facciamo in modo di portarvi in quella direzione”.

Per comprendere la gravità di tale riforma bisogna ricordare che il TFR rappresentava, sino ad oggi, valore salariale aggiunto (stipendio non distribuito), accantonato e a disposizione dei lavoratori in caso di richieste di anticipi a norma di legge (70% per prima casa per se e figli e interventi sanitari) o come fondo in caso di licenziamento o fallimento. Il TFR in poche parole era un “cuscino” che nulla aveva a che fare con la nostra pensione.

Oggi, invece, pur rimanendo questi principi, si vuole trasformarlo in un “fondo” per il nostro futuro.

I fondi come cura dei mali

Quando i Fondi presero vita, fu il principio d’integrazione pensionistica a dominare la campagna di adesione e nessuno immaginava che a breve, si sarebbe progressivamente strutturato come futuro sostitutivo. Cosa che di fatto, sembra tra le righe, propone la riforma.

Trasformare il nostro TFR in fondo integrativo per la nostra pensione significa procedere, come progressivamente futuribile, nella trasformazione della previdenza integrativa come unica reale fonte primaria di finanziarizzazione individuale.

Un processo alle intenzioni? Non credo, anche perché non si spiegherebbe altresì la necessità obbligatoria del versamento del 100% del TFR di tutti i lavoratori assunti dopo il 29 aprile 1993.
Una scelta che ancora una volta, partendo dalle proiezioni prima elencate, non ha tenuto minimamente conto delle altre proposte avanzate e degli effetti reali che la riforma Dini, sull’età pensionabile, potrà portare. Una scelta che mira solo a ritrovare denaro fresco da collocare sul mercato finanziario, abbandonato dai piccoli risparmiatori dopo le truffe di questi ultimi anni.
Una scelta quindi, che non prova minimamente a rilanciare la previdenza obbligatoria ma procede verso un sistema di “Pensioni individuali” che hanno come base di rivalutazione gli investimenti borsistici.

Come negli Stati Uniti dove numerosi sono stati i fallimenti reali e “pilotati” che hanno provocato masse di nullatenenti e affamati. Un sistema che anche il Partito Democratico Americano, st
a studiando di sostituire.

Per non parlare poi del nostro paese, dove qualche anno fa fallirono due fondi pensionistici.
Quello del Teatro Carlo Felice di Genova (Un fallimento da 8,643 milioni di euro con 300 persone senza pensione) e quello ben più grave della Banca Commerciale Italiana dove sono ben 22.000 le persone coinvolte nel crack.

La riforma di oggi

Va specificato che "I FALCHI" Confindustria hanno accettato, facendo cattivo viso ma buon gioco,poiché tale riforma prevede un fondo che permetta loro di accedere a prestiti a tassi agevolati. Un fondo che, entro giugno, lo stato ha provveduto a stipulare per sopperire al loro mancato finanziamento causato dal versamento del TFR nelle casse dello stato.

Ci si vorrà contestare che anche per i lavoratori sarà garantito una sicurezza ai fallimenti grazie a un altro Fondo creato appositamente, ma va specificato però, che tale copertura riguarderà solo la quota del TFR versato e non le quote volontaristiche eventualmente aggiunte.

Ciò che fa ridere(si fa per dire) è che il medesimo trattamento è stato riservato sia al fondo “Chiuso” (quelli di categoria es. COMETA, FONDAPI etc.) che a quello tipo “Aperto” (proposti da enti assicurativi, bancari ecc.). Un’altro regalo agli speculatori di borsa!!!

In pratica, ci propongono oggi di destinare il nostro TFR maturando dal 1 Luglio 2007, scegliendo tra tre modalità: “Fondi Chiusi”, “Aperti” o “PIP”. Fondi questi che ovviamente presentano aspetti positivi e negativi.

Tralasciando quelli definiti Aperti perché fanno puramente riferimento al mercato azionistico, quelli di tipo Chiuso offrono indubbiamente minor reddito ma maggior garanzia.

Una garanzia che comunque lascia il tempo che trova anche perché i capitali versati verranno comunque gestiti “con consapevolezza” dai promotori finanziari. Credo infatti che non basti sapere che circa l’80% di questi verrà principalmente investito in titoli di stato europei e non e la differenza in “titoli sicuri”.

Se questo è lo scenario che ci attende, credo che oggi i lavoratori debbano fare una scelta precisa di ammutinamento. Una scelta che vada nella richiesta di rilanciare la previdenza ordinaria, affinché si attuino politiche di risanamento dell’INPS dissanguato dallo stato.

Una riorganizzazione della previdenza ordinaria attuata anche attraverso l’unificazione de vari enti previdenziali e la regolarizzazione dei lavoratori stranieri che sono sempre più impiegati in nero nelle nostre aziende.

Una scelta questa che si può solo concretizzarsi attraverso una forte mobilitazione sociale che deve cominciare con la destinazione del TFR futuro nei fondi INPS.

La denuncia di Roberto Scorzoni e il doppio gioco di certi comodo-sindacalisti

A proposito di Cometa e riforma del TFR, la giusta denuncia di Roberto Scorzoni

Care compagne e cari compagni,nella puntata di Anno Zero del 18 ottobre 2007 si evince che la previdenza complementare, anche quella ha detta di Cremaschi "sicura" come Cometa, è stata la penultima grande truffa a danno dei lavoratori, l'ultima considero sia l'accordo su welfare e pensioni.Di seguito posterò una lettera inviata al segretario nazionale del partito al quale sono iscritto nel giugno del 2005 e cioè 2 anni prima che la truffa del silenzio assenso mietesse innumerevoli vittime tra i lavoratori incoscienti.
Ricordo a tutti che la riforma del TFR è stata presentata da Maroni col governo Berlusconi il quale disse, nel perseguire il proprio tornaconto,che si stava facendo un regalo al sindacato.Lo scippo del TFR venne poi messo nella prima finanziaria dell'attuale governo Prodi con le O.S. cgil cisl e uil che operavano come società di marketing evangelizzando i lavoratori sulla moltiplicazione dei loro soldi attraverso i fondi complementari. Sono basito come politici che mirano ad una trasformazione socialista della società adottino il silenzio assenso su questioni che riguardano l'interesse generale dei lavoratori.

La risposta del segretario della FIOM Giorgio Cremaschi

Caro Scorzoni non so se stai facendo un saldo di fine stagione delle tue lettere visto che stai spaziando un poco su tutto ti prego pero' di non offendermi, non ho mai dichiarato che cometa e' sicura e come tutta la rete ho fatto la campagna contro le adesioni l' anno scorso. Anzi penso che la rete28,di cui non ho capito se tu ti ritieni parte, fara' nuove iniziative al riguardo.
Percio' ti chiedo rispetto e correttezza e ti consiglio anche di non pensarti l' unico puro tra tutti venduti, ciao
Giorgio Cremaschi

Quello che dice Cremaschi è vero,egli fece la campagna contro le adesioni assieme alla rete 28 Aprile e vi alleghiamo anche un documento audio che lo dimostra,il punto è che poi non ha dato chiare indicazioni ai lavoratori e in qualità di segretario FIOM ha deciso di fondare COMETA che tanto dolore ha creato agli sventurati che si sono bevuti la favola dei soldi facili .
Di certo qualcosa che non torna c'è ed evidentemente dei lavoratori come Roberto che hanno il coraggio di sputargli in faccia la verità e la colpa di essere onesti ..risultano scomodi
Considerando che "il signor" Giorgio Cremaschi recentemente è candidato premier per la federazione della sinistra per le elezioni del 2013..certe cose non devono venire a galla.

Lettera aperta al compagno segretario Oliviero Diliberto

Al partito dei Comunisti Italiani Dal preambolo dello statuto del partito

“Il partito dei comunisti italiani e’ un partito di donne e di uomini che opera per organizzare gli operai, i lavoratori,gli intellettuali,i cittadini che lottano riconoscendosi nei valori della resistenza, per l’estensione e il rafforzamento delle libertà sancite dalla costituzione repubblicana e antifascista ,per trasformare l’Italia in una società socialista fondata sulla democrazia politica, per affermare gli ideali della pace e del socialismo in Europa e nel mondo esso fa riferimento al marxismo e agli sviluppi della sua cultura, alla storia e all’esperienza dei comunisti italiani e persegue il superamento del capitalismo e la trasformazione socialista della società.

Dal preambolo dello statuto, da cui non si può e non si deve prescindere, per la coerenza di chiamarci ed essere comunisti e per gli obblighi morali che ne derivano noi della sezione della vigilanza privata chiediamo al partito di assumere una posizione netta e preventiva sulla legge che regolerà il TFR.

Chiediamo che il partito indichi la via più giusta ai lavoratori e cioè che il TFR rimanga nelle loro tasche, fermo restando la libera scelta di chi vorrà farsi “privatizzare” i propri soldi che sono parte del salario a favore di lobbie sindacali, politiche e bancarie.

La scelta giusta deve essere indicata con forza nell’ambito di politiche che siano dalla parte dei lavoratori senza se e senza ma, che ci distinguono dagli altri partiti e che vadano verso il bene comune facendo in prospettiva crescere il nostro partito.

Roma, 30 giugno 2005
Roberto Scorzoni sezione vigilanza privata del pdci

Che fare?

Prima di tutto dobbiamo valutare attentamente se davvero conviene,ragionando in termini economici,se destinare o meno il nostro TFR a dei fondi pensione.
Visto e considerato la difficoltà di trasparenza e l'onesta con cui vengono trattati i nostri TFR utilizzati come si è detto precedentemente per alimentare le già fin troppo dannose speculazioni finanziarie ,consigliamo a lavoratrici e lavoratori di lasciare il TFR in azienda,in attesa di tempi più "sereni".
Comunque se proprio non si vuole rinunciare all'ebrezza dell'investimento,si devono considerare molto attentamente alcuni fattori :

-l'età del lavoratore
-la tipologia di contratto (nel caso di lavoratori precari
è vivamente sconsigliato)
-l'anzianità di servizio
-il reddito percepito attualmente
-il livello di copertura del sistema previdenziale obbligatorio
http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o22308


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dana74
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Il governo italiano spinge verso la “riforma” delle pensioni
Prodi completa ciò che Berlusconi aveva iniziato
Di Marianne Arens
29 agosto 2007

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Dopo un rapido negoziato fra governo e sindacati, il 20 luglio scorso il premier Romano Prodi ha vinto l’accordo sulla cosiddetta “riforma” delle pensioni. La riforma Prodi è un passo importante verso l’abolizione di quel sistema pensionistico italiano relativamente generoso che fu introdotto negli anni 60.

Il sistema pensionistico italiano è d’importanza fondamentale per il sistema sociale del paese. Poiché la regolamentazione per la disoccupazione e il welfare è alquanto inadeguata, il sistema pensionistico assume un’importanza sociale cruciale. Almeno in teoria, fino ad oggi un individuo in Italia poteva ricevere una pensione intera all’età di 57 anni. Solo tre anni fa l’età media di pensionamento in Italia era di 59 anni.

Berlusconi prima di Prodi aveva già tentato di smantellare il sistema pensionistico nel 2004. Secondo quella proposta, gli italiani avrebbero dovuto lavorare almeno fino a 60 anni, con 40 anni di contributi versati, invece del sistema esistente che prevede 35 anni di contributi.

Una delle promesse principali di Prodi durante la sua campagna elettorale di un anno e mezzo fa fu proprio la cancellazione della riforma, soprannominata lo scalone. La proposta avanzata ora da Prodi non è altro che la stessa di Berlusconi, in una forma leggermente alterata

Invece di un aumento dell’età pensionabile da 57 a 60 anni entro il 1º gennaio 2008, il margine sarà innalzato a stadi fino ad arrivare all’età di 61 anni entro il 2013. All’inizio del 2008 l’età minima verrà aumentata a 58 anni, inoltre un aumento in anni di contributi verrà introdotto gradualmente. L’obiettivo del governo, parallelamente con altri paesi europei, è quello di stabilire un’età pensionabile fra i 65 e i 67 anni al fine di defalcare porzioni sostanziali di costi sociali dal bilancio dello stato.

Allo stesso tempo la nuova legge si propone di incoraggiare la privatizzazione dei fondi pensionistici. Spostando il metodo da statale a privato, la legge espone le pensioni ai rischi del mercato di borsa mentre promette ampi guadagni per i grandi investitori.

Il risultato inevitabile di questa manovra sarà un aumento della disuguaglianza sociale e la prospettiva di una vecchiaia vissuta in povertà per molti pensionati. In condizioni in cui la disoccupazione e il precariato del lavoro aumentano, per milioni di persone con basso reddito diventa sempre più difficile risparmiare parte del proprio salario per la pensione. I pensionati esistenti già stanno soffrendo le conseguenze di un’inflazione incalzante e di un aumento vertiginoso del costo della vita soprattutto dall’introduzione dell’euro. Secondo recenti statistiche, il 24 per cento dei pensionati in Italia (oltre tre milioni di cittadini) sopravvive con €500 al mese o meno. Un ulteriore 31 per cento riceve una pensione fra €500 e €1.000.

Negli ultimi anni il malcontento per il peggioramento delle condizioni dei pensionati è stato espresso in varie manifestazioni di massa. Ad ottobre del 2003 dieci milioni di italiani hanno partecipato ad uno sciopero generale. Alla fine di quell’anno più di un milione di persone hanno partecipato ad una manifestazione contro i programmi di Berlusconi. La protesta è stata condivisa da lavoratori di fabbrica e impiegati, oltre che pensionati, giovani, studenti e numerosi artisti e autori di rilevanza.

A metà giugno di quest’anno vaste masse hanno manifestato in molte città italiane contro il continuo deterioramento delle condizioni di vita dei pensionati. Tutti i sindacati principali hanno partecipato a tali proteste promettendo di usare la loro forza contrattuale al fine di difendere e migliorare il sistema pensionistico del paese.

Tuttavia, solo poche settimane dopo tutti i capi dei sindacati principali—Guglielmo Epifani (CGIL), Raffaele Bonanni (CISL) e Luigi Angeletti (UIL)—hanno avallato il piano del governo Prodi che a fine agosto sarà sottoposto al voto parlamentare nel contesto della finanziaria. Non è una coincidenza che tale manovra accada proprio durante il mese in cui la stragrande maggioranza dei lavoratori italiani si trova in ferie. Il fine è quello di evitare proteste di massa.

Il segretario generale della CGIL Epifani ha riportato alla stampa che l’incontro con il governo è stato “un confronto duro e difficile” e che i sindacati hanno insistito su una serie di concessioni al fine di giustificare la loro capitolazione. Epifani ha cercato di camuffare la sconfitta dichiarando che nel futuro le donne potranno pensionarsi a 60 anni. Resta il fatto che Epifani ha firmato la distruzione del sistema pensionistico precedente.

Esponenti di rilievo della coalizione di governo, soprattutto rappresentanti del DS, hanno mostrato con fermezza il loro supporto per la riforma pensionistica. Il 29 giugno, durante un’intervista televisiva, il sindaco di Roma Walter Veltroni (DS) dichiarava che “C’è uno squilibrio molto forte del sistema pensionistico e questo squilibrio deve essere fronteggiato con una ingente quantità di risorse. Queste risorse devono essere spostate sulla lotta alla precarietà. C’è una trattativa in corso con i sindacati, ma l’aumento dell’età pensionabile è assolutamente obiettivo”.

Veltroni è uno dei candidati più probabili alla leadership del nuovo Partito Democratico ed è stato rappresentato dalla stampa internazionale come possible alternativa a Prodi. La rivista statunitense Newsweek lo ha recentemente definito il “Bill Clinton italiano” lodando il suo supporto per un’economia di libero mercato e il suo entusiasmo per gli Stati Uniti.

Due partiti di sinistra nella coalizione di governo—Rifondazione Comunista (PRC) e i Comunisti Italiani (PdCI)—sono stati d’importanza cruciale nello spianare la strada a questa nuova legislazione pensionistica. I vertici di partito—per il PRC Fausto Bertinotti e il suo successore Franco Giordano; Oliviero Diliberto per il PdCI—avevano promesso ripetutamente di opporre lo scalone di Berlusconi e Prodi e di difendere il sistema delle pensioni con tutta la loro forza.

Tuttavia, dopo la firma dell’accordo fra governo e sindacati, Giordano ha cercato di giustificare il programma dichiarando che “Chi ha 40 anni di contributi è fuori. Ora va fatto un referendum tra i lavoratori.”

Fu altrettanto vago in un’altra sua dichiarazione del 28 luglio in cui asseriva che con l’accordo “si apre una stagione di mobilitazione politica e sociale delle sinistre in tutto il paese; una stagione di iniziativa unitaria intesa a ristabilire la connessione fondamentale tra popolo e politica, tra le aspettative riposte da milioni di persone nell’Unione e l’azione concreta della maggioranze e del governo. Dall’esito di quel conflitto dipenderà il nostro voto in Parlamento.”

Due giorni dopo il segretario dei Comunisti Italiani Diliberto dichiarava: “Devo ammetterlo, non mi aspettavo un accordo così, sono molto deluso, si era parlato di altre cose ...Se il governo ci avesse almeno consultati probabilmente la proposta sarebbe stata migliore.” Alla domanda se erano delusi al punto di votare contro l’accordo rispondeva: “Significherebbe votare contro la finanziaria... Vedremo quale sarà lo strumento parlamentare. Noi faremo come sempre una battaglia emendativa. ...Ma in autunno riprenderemo la battaglia sulle pensioni.”

In realtà queste organizzazioni hanno capitolato da tempo alla politica di Prodi. Sei mesi fa hanno acconsentito ad alcune richieste da parte del primo ministro con le quali quest’ultimo si attribuiva poteri incontrastati in materia di stesura del piano politico di governo.

A metà febbraio scorso Prodi aveva dato le dimission
i in seguito ad una mancata maggioranza sulla questione della partecipazione dell’esercito italiano all’occupazione dell’Afganistan. In tale occasione dichiarò di essere disposto a riprendere la carica di capo di governo solo se i nove partiti della sua coalizione avessero firmato un programma di dodici punti che stabiliva la partecipazione militare in Libano e Afganistan, l’estensione di basi militari statunitensi sul territorio italiano e il supporto per “riforme” neo-liberali, come appunto quella pensionistica. E’ stato esattamente a questo punto che Rifondazione e gli altri parti cosiddetti di sinistra hanno acconsentito a dare supporto alla proposta di Prodi di modificare il sistema pensionistico.

Due giorni prima dell’incontro con i sindacati a luglio, tutti i partiti della coalizione di governo avevano accettato in parlamento una serie di misure proposte da Prodi che di nuovo minacciava di dare le dimissioni—la sua ventesima minaccia quest’anno. Le misure vertivano su una serie di finanziamenti pubblici, visto l’attivo in bilancio, fra i quali un finanziamento per giovani senza lavoro fisso, per la partecipazione dell’Italia in Bosnia (100 milioni di euro) e un misero aumento di €33 al mese per pensionati che ricevono la pensione minima.

Con l’approvazione di tale pacchetto, i vari partiti della maggioranza implicitamente accettavano la “riforma” delle pensioni di Prodi.

La stampa italiana ha riportato che il ministro europeo Emma Bonino ha anche lei minacciato di dare le dimissioni nel caso Prodi cedesse alla pressione dei sindacati e posponesse la riforma pensionistica. L’Unione Europea e il Fondo Monetario Internazionale hanno avanzato la richiesta specifica che lo stato riduca drasticamente le spese destinate al fondo pensionistico.

In seguito all’incontro con i sindacati, il ministro dell’economia e finanze Tommaso Padoa Schioppa ha dichiarato di essere soddisfatto della riforma mentre si lamentava del “ritardo” nell’implementazione, un ritardo che il ministro ha quantificato in un costo di 10 miliardi di euro.

Esperti del mercato internazionale hanno espresso il loro scetticismo nei confronti del piano. Secondo loro non è sufficiente. Un rappresentante della Standard & Poor ha dichiarato che il nuovo schema pensionistico causerebbe perfino nuovi costi aggiuntivi: “Ciò crea molte preoccupazioni verso un paese la cui spesa pensionistica è la più alta d’Europa.”

Lo stesso tono è stato adottato da Berlusconi il quale ha altrettanto asserito che il programma non è sufficientemente profondo. Allo stesso tempo, i suoi alleati politici, i secessionisti della Lega Nord e i post-fascisti di Alleanza Nazionale, hanno assunto una posa demagogica come difensori delle pensioni e “del pesce piccolo”.

L’obiettivo di Berlusconi è quello di attrarre il supporto dei piccoli imprenditori i quali appoggiano tagli alle spese sociali quali i contributi pensionistici e riduzioni del peso fiscale. Allo stesso tempo dipinge Prodi come il rappresentante dell’Unione Europea, quest’ultima ritratta come la causa di molti problemi economici. Secondo Berlusconi, Prodi ha i giorni contati con una coalizione così instabile.

Infatti fu proprio la questione delle pensioni che causò la caduta del primo governo Berlusconi. In seguito a una serie di scioperi e proteste di massa nel 1994 contro la sua “riforma” delle pensioni, Berlusconi fu costretto a dimettersi in seguito al distacco temporaneo della Lega dalla sua coalizione. I due governi di centro-sinistra che lo succedettero proseguirono l’assalto alle pensioni, poi ripreso dal secondo governo Berlusconi. Ora Prodi sta completando il processo iniziato da Berlusconi.

I cosiddetti partiti di “sinistra” nella coalizione di Prodi, e in particolare Rifondazione, hanno ripetutamente confermato la loro subordinazione ad ogni svolta a destra del governo, giustificando il loro opportunismo politico come strategia necessaria per prevenire un ritorno al potere di Berlusconi. Ora, in base alla stessa logica, questi partiti si trovano nella posizione di imporre le stesse misure da essi criticate quando venivano proposte dai loro acerrimi “nemici” politici.

http://www.wsws.org/it/2007/aug2007/ital-a29.shtml


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Giancarlo54
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Ma cosa dici Dana? Quelli erano compagni che sbagliavano, i novelli compagni di Tania non commetteranno di nuovo questi errori. 😆


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tania
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come volevasi dimostrare , che pena…

Opinioni su Prodi , CISL , UIL … tutta gente di destra ( come quasi tutta la CGIL )...

Comunque EvaBraun , la legge 30 è una legge del governo Berlusconi , approvata anche grazie ai voti di Storace & camerati vari . La legge Treu , anticipatrice della legge 30 , è invece del governo d’Alema ( al quale non partecipavano le sinistre di allora , poichè avevano fatto cadere il precedente governo Prodi )
E , se è questo che ti interessa , di manifestazioni contro la legge 30 ce ne sono state a iosa , come contro il DalMolin , come tante altre … sempre represse dai manganelli di fascisti in divisa che conoscono a memoria faccetta nera .
Detto questo sono d’accordo sulla funzione reazionaria dei sindacati che concertano (il 99 %) e sul fatto che non esista una sinistra anticapitalista degna di questo nome ( fatta eccezione per le singole persone )

PS : so che continuerai con il tuo viscido metodo squadrista ( è la vostra unica cultura ) , ma non ho tempo per starti dietro .


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dana74
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Ma cosa dici Dana? Quelli erano compagni che sbagliavano, i novelli compagni di Tania non commetteranno di nuovo questi errori. 😆

infatti .....con i collusi non c'è niente da spartire, sono con il potere solo che vogliono l'aureola di bontà e perfezione.....che senso...


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tania
Honorable Member
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Dimenticavo . Non esiste una sinistra anticapitalista degna di questo nome ( fatta eccezione per le singole persone ) , ma gli ideali rimangono : deve essere costruita da zero .


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