Come era prevedibile, un minuto dopo la vittoria dei sì nel referendum di Mirafiori, si erano già formati due partiti, entrambi convinti di aver vinto: i sostenitori del sì, contenti di averla spuntata (54% di sì), e quelli del no, contenti di essere stati sconfitti di misura (fra gli operai il sì è prevalso per appena 9 voti).
Ma è inutile chiedersi a questo punto che cosa sarebbe stato meglio, se una vittoria dei sì o una vittoria dei no (io ho tifato per il sì, ma è del tutto irrilevante). Quel che è importante adesso è fare i conti con la realtà, e la realtà è che i sì hanno vinto, e Marchionne dovrà mantenere l’impegno a investire su Mirafiori. L’interesse comune è che l’investimento si faccia, e dia i suoi frutti anche in termini di occupazione e di salari. Possibilmente, che inneschi un circolo virtuoso, aiutando l’Italia ad uscire da un decennio di stagnazione. E allora una cosa è bene dirla subito, in modo chiaro e forte: a questo punto sono gli altri, tutti gli altri, a dover fare la loro parte. Perché Marchionne la sua l’ha fatta. I sindacati anche (con la sola eccezione della Fiom). E, più di tutti, la loro parte l’hanno fatta gli operai e gli impiegati di Mirafiori, che hanno preso su di sé la responsabilità di una decisione difficile.
Andando a votare in massa, e a maggioranza hanno accettato la sfida.
È il resto del Paese, e innanzitutto la sua classe dirigente, che la sua parte non l’ha ancora fatta, o non l’ha fatta abbastanza. Ed è fondamentale che la faccia ora, per non vanificare né la scommessa della Fiat, né le speranze dei lavoratori che hanno votato sì. Perché il problema dell’Italia è di tornare a crescere, ma l’ostacolo che l’accordo Fiat si ripromette di rimuovere è solo uno dei quattro grandi ostacoli che, da ormai molti anni, ostruiscono il nostro cammino, scoraggiando imprenditorialità e investimenti. Marchionne ha agito sui turni, sulla pause, sugli straordinari, sull’assenteismo, sulle regole della conflittualità perché quelle cose si possono regolare con i contratti, indipendentemente da quanto pensano e decidono tutti gli altri soggetti in campo. Ma le relazioni industriali sono solo uno degli ostacoli, che non scalfisce l’enorme potere frenante degli altri tre. Quali sono gli altri tre? Il più importante, a mio parere, è costituito dai costi delle imprese. Sui bilanci delle imprese italiane, e quindi sulla loro competitività, gravano troppo tre voci di costo: il prezzo dell’energia, l’aliquota societaria (Ires e Irap), le tasse sul lavoro (contributi sociali e Irpef). E tutti e tre, anche i costi dell’energia, dipendono da un’imposizione fiscale eccessiva. È ora che gli sbandieratissimi successi della lotta all’evasione fiscale siano dirottati, almeno in parte, ad alleggerire la pressione sui ceti produttivi.
Il secondo ostacolo sono gli adempimenti burocratici, ossia scadenze continue, versamenti, certificazioni, scritture. Lo sanno i nostri politici che molte imprese italiane stanno delocalizzando non in Cina, non in Serbia, non in Romania ma in Svizzera (dove i salari non sono certo più bassi che da noi), perché quel governo promette tasse leggere per 5 o 10 anni, tariffe speciali per l’affitto dei terreni ma, soprattutto, garantisce di accollarsi interamente - e rapidamente: in 3 mesi - gli oneri burocratici connessi all’insediamento di un’impresa straniera su territorio elvetico? Dov’erano i nostri fautori di una rivoluzione liberale quando, giusto pochi mesi fa, il nostro governo varava una legge che obbliga tutte le imprese (anche piccole e piccolissime) a oneri di certificazione dello «stress lavoro-correlato», l’ennesimo adempimento che costerà tempo, denaro (e stress!), senza poter incidere né sulle situazioni in cui lo stress c’è davvero ma è ineliminabile, come alla catena di montaggio, né su quelle in cui il problema sono gli incidenti mortali, come in edilizia?
E infine, terzo ostacolo fondamentale, la giustizia, la sua inefficienza, la sua lentezza, la sua farraginosità, la sua incertezza. Quanti anni ci vogliono per un fallimento? Quanto costa, in tempo, denaro e arrabbiature, far valere le proprie ragioni in una causa civile? Quanta incertezza, nelle cause di lavoro, è connessa al potere discrezionale dei giudici? Quanti anni sono necessari per recuperare un credito? E quanti per far rispettare un contratto? Non per nulla l’Italia è in coda in tutte le classifiche internazionali che valutano competitività, libertà economica, e più in generale le condizioni per attrarre investimenti. Non per nulla siamo agli ultimi posti negli investimenti diretti esteri (Ide), un chiaro segnale che ci vuole molto coraggio per scegliere di produrre in Italia. Non per nulla i nostri giovani che possono permetterselo, perché hanno studiato più degli altri e hanno una famiglia agiata alle spalle, stanno prendendo sempre più la via dell’estero.
L’accordo Fiat ha richiamato, giustamente, l’attenzione di noi tutti sull’arretratezza delle relazioni industriali in Italia. La maggioranza dei lavoratori ha accettato l’accordo, ha raccolto la sfida, ha puntato sul futuro. Ora si tratta di non lasciarli soli. E il modo migliore per farlo è che chi ha le redini del Paese si decida, finalmente, a fare le altre cose che vanno fatte. A partire da quelle che sono necessarie, assolutamente necessarie, se vogliamo aiutare chi lavora e chi produce a interrompere il declino del nostro Paese.
Luca Ricolfi
Fonte: www.lastampa.it
Link; http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=8298&ID_sezione=&sezione=
16.01.2011
E' vero, sono diverse le ditte italiane che si stanno trasferendo in Svizzera.
Pero' e' meglio fare un appunto: i vantaggi non sono omogenei, ogni cantone compete con gli altri, ha regole, condizioni, burocrazia e giustizia sue. Il canton Vallese offre condizioni per certi punti di vista migliori del Ticino, che a sua volta ha altri atout.
Un atout che si cita raramente e' il costo dell'energia elettrica industriale, costa circa la meta' in Svizzera rispetto all'Italia (per ora).
Se i due paesi fossero piu' lungimiranti, avrebbero intavolato da tempo delle trattative per una politica industriale, fiscale e turistica comune lungo la fascia di frontiera, dunque degli accordi di mutuo interesse. Siccome la classe politica ticinese non e' delle piu' sveglie e quella italiana si sa' a che punto e', le cose languono da decenni.
Contemporaneamente lungo altre frontiere (che sono anche frontiere dell'UE) fra Svizzera e Austria, Germania, Lichtenstein e perfino Francia gli accordi su problemi locali comuni (traffico, ambiente, trasporti) funzionano assai bene.
Lancio un sasso nello stagno per una politica energetica comune Italo-Svizzera: lo sfruttamento delle nuove tecnologie. Non penso a quelle sbandierate ai quattro venti ma penso (fuori da ogni coro) al nucleare alternativo (esiste un nucleare alternativo semisconosciuto anche agli addetti e promette molto di piu' della fusione in plasma caldissimo tipo ITER, essendo infinitamente piu' alla mano):
1) centrali non piu' ad uranio con raffreddamento ad acqua ma centrali al torio con nucleo liquido. Il torio come combustibile nucleare per la fissione e' forse il piu' vicino all'ideale che si possa immaginare. Accantona quasi tutti i problemi classici sollevati dal nucleare civile e per lo meno garantisce un approvvigionamento per migliaia di anni e forse piu'. La Francia non ha interesse a lanciarsi in questa direzione per suoi ovvi motivi strategici. La Svizzera invece, che non ha interessi atomico-militari potrebbe forse sentirci da quest'orecchio. Gli orsi bernesi sono lenti da sempre. Pero' se gli si portano buone argomentazioni alla lunga capiscono e poi agiscono (popolo permettendo).
2) ricerca spinta del nucleare a bassa energia nello stato solido
Meglio muoversi prima che ci arrivino altri, per esempio Cechia o India, che pero' per motivi storici suoi punta su una soluzione molto piu' ostica: le centrali al torio con nucleo solido, molto difficili da mettere in atto.
Il dibattito sul nucleare civile e' sulla corsia di partenza sia in Italia che in Svizzera. Perche' non pensare a soluzioni veramente interessanti, completamente sganciate dalla filiera militare (niente piu' uranio impoverito ne' plutonio ne' scorie eternamente radioattive, anzi scorie industrialmente interessanti)? Il fatto che finora nessuno parli di queste vie al nucleare non significa affatto che non siano percorribili. Anzi, sono una specie di uovo di Colombo! Volendolo.
Vic scrive:
Contemporaneamente lungo altre frontiere (che sono anche frontiere dell'UE) fra Svizzera e Austria, Germania, Lichtenstein e perfino Francia gli accordi su problemi locali comuni (traffico, ambiente, trasporti) funzionano assai bene.
Gli accordi si fanno con chi risolve i problemi locali in modo uniforme al nostro.
L'Italia è un Monstrum unico nel mondo. Non possiamo accordarci con nessuno, nemmeno con l'ultima tribù dell'Ultimo Paese del mondo, rendetevene conto.
I ticinesi saranno apparentemente poco svegli, ma ogni cittadino sa COSA paga e PERCHE' paga , e sa che se qualcosa non va , il percorso per fare valere i suoi diritti è chiaro, preciso e molto molto molto meno truffaldino del nostro, ove lo si trovi .
Noi siamo servi che DEBBONO PAGARE E PURE CORNUTI E MAZZIATI, ma i cittadini Italiani sono tanto scemi che nemmeno se ne rendono conto, i furbi si limitano ad evadere, altri a supplicare questo o quel padrino, altri si rassegnano a vivacchiare, molti si salvano solo perchè se ne vanno da questo paese marcescente che addita il POTERE POLITICO come unica causa dei suoi mali, senza capire che chiunque governerà, resteranno quelli che il potere lo hanno ormai davvero e che ci stanno ammazzando: siamo come un corpo infestato da virus e topi, siamo un corpo in decomposizione e mentre moriamo, badiamo a vedere se i fiori sul comodino sono stati disposti bene. La fine è nelle cose.
Noi siamo servi che DEBBONO PAGARE E PURE CORNUTI E MAZZIATI, ma i cittadini Italiani sono tanto scemi che nemmeno se ne rendono conto, i furbi si limitano ad evadere, altri a supplicare questo o quel padrino, altri si rassegnano a vivacchiare, molti si salvano solo perchè se ne vanno da questo paese marcescente che addita il POTERE POLITICO come unica causa dei suoi mali, senza capire che chiunque governerà, resteranno quelli che il potere lo hanno ormai davvero e che ci stanno ammazzandO
************************************************************OOLTRE A DIRE COSE GIUSTE... INTENDI FARE QUALCOSA ...O TI LAMENTI SOLO ?
SE VUOI FARE QUALCOSA ...FAMMI SAPERE