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Se Putin Cade


PietroGE
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Ecco un interessante articolo di geopolitica che riporta alla realtà tutti i sogni che si fanno, sui media e a Washington, sulla 'sistemazione' della Russia da ottenersi con la defenestrazione o l'uccisione di Putin, È lungo ma vale la pena di leggerlo.

https://it.insideover.com/politica/se-putin-cade.html?utm_source=ilGiornale&utm_medium=article&utm_campaign=article_redirect&_ga=2.133324746.557387756.1648241170-1601676273.1621627919

Dal quotidiano italiano La Stampa, che ha pubblicato il controverso articolo Se uccidere Putin è l’unica via d’uscita, al presidente statunitense Joe Biden, che dal palcoscenico di Varsavia ha invocato un cambio di regime, aumentano le voci a favore di un colpo di stato nella Federazione russa, cioè di un rovesciamento di Vladimir Putin.

I tempi, sostengono i teorici del golpe, non sono mai stati così propizi: il partito della diplomazia incardinato su figure-chiave come Sergej Lavrov, Sergej Shoigu e Valerij Gerasimov è stato de facto estromesso dal processo decisionale, e osserva con malumore lo sviluppo degli eventi, le colonne portanti di cemento armato del sistema putiniano, cioè gli oligarchi, stanno patendo a causa di sanzioni individuali senza precedenti storici, e l’opinione pubblica, checché ne dicano i sondaggi, è stata profondamente lacerata dalla questione ucraina – come dimostrano le mobilitazioni pacifiste a macchia d’olio esplose a poche ore di distanza dall’inizio della guerra.

Quello che sta accadendo, e che sulle nostre colonne era stato pronosticato con largo anticipo, è che il rischio calcolato (male) di Putin ha aperto delle crepe ai livelli bassi, di società, e alti, di stanze dei bottoni, che non sarà facile stuccare. Era inevitabile: lo stesso Russian International Affairs Council, il think tank ufficioso del Cremlino, si è eloquentemente spaccato sulla guerra, intravedendone molti più contro che pro e ritenendola un suicidio tecnico, tattico e strategico.

A questo punto, date le premesse di cui sopra, la domanda sorge in maniera spontanea: se il ritorno di fiamma della guerra in Ucraina dovesse condurre alla caduta di Putin, e a latere alla fine della Pax putiniana, per la Russia e per il mondo sarebbe un bene o un male?

Tutto secondo copione
Allo scoppio della guerra in Ucraina avevamo azzardato un’ipotesi corredata di pronostico: Putin avrebbe vinto soltanto non invadendo, perché facendolo è caduto nell’astuto tranello di Biden, un veterano della Guerra fredda. L’intransigenza come mezzo per un fine: indurre il rivale a commettere il passo falso, a superare il punto di non ritorno, a muovere una guerra per esasperazione.

Nel piatto degli Stati Uniti, qualora la linea dell’intransigenza avesse avuto successo, l’amministrazione Biden avrebbe potuto gustare una grande varietà di cibi prelibati: lo spegnimento del NS2, la fine del partito europeo della distensione e dell’autonomia strategica, l’introduzione di sanzioni tali da condurre al disaccoppiamento economico ed energetico delle due Europe, il potenziamento dell’Alleanza Atlantica – con tanto di possibile allargamento –, il ricompattamento dell’Unione Europea attorno agli Stati Uniti e la diffusione di un malcontento popolare ed elitario utile, poiché strumentalizzabile, tra Russia e spazio postsovietico. È accaduto tutto.

È accaduto tutto ciò che era stato pronosticato sulle nostre colonne, con il recupero del TTIP (curiosamente ma non sorprendentemente riesumato dai Verdi tedeschi, cappio stellastriscato al collo di Olaf Scholz) e lo scambio dati-per-gas a fare da ciliegina sulla torta. È accaduto che le sanzioni stiano danneggiando più Bruxelles di Mosca, aumentando la succubanza geoeconomica della prima a Washington e accelerando il ritmo dell’agenda autarchica globale e di diversificazione della seconda – dalla commercializzazione di surrogati come Zio Vanya alla popolarizzazione di innovazioni come il Mir, passando per l’azzardo del petrorublo. Ed è anche accaduto che la cricca attorno a Putin abbia cominciato a fare crac, a scricchiolare, mentre il fermento nelle strade sbugiarda la coesione dipinta dai sondaggi.

E se cadesse Putin?
Se Putin cadesse, la Russia non ne trarrebbe alcun giovamento e l’intero mondo piangerebbe. I propugnatori del rovesciamento e del tirannicidio dimenticano e/o ignorano che un regime fantoccio imposto dall’esterno e teleguidato avrebbe poche speranze di reggere nel medio periodo, come l’esperienza eltsiniana insegna, alla luce dell’inevitabile urto di rimando proveniente dallo stato profondo. E non reggerebbe anche perché, tolte le ingerenze del potere dietro il trono, non avrebbe un terreno fertile sul quale attecchire – dato che la Russia non ha mai avuto una tradizione liberal-democratica – e sarebbe incapace, molto probabilmente, di resistere alle pressioni centrifughe provenienti dalle periferie in fibrillazione estese dalla Ciscaucasia alla Siberia.

Pressioni ai margini dell’Impero, scriverne e parlarne è fondamentale. Perché trattasi di sommovimenti da sempre presenti, che riemergono ogniqualvolta all’ordine segue il caos – sin dal seicentesco Periodo dei Torbidi –, e che soltanto il pugno duro nel guanto di ferro dell’autocrazia ha saputo storicamente tenere a bada. Pressioni che, sì, farebbero sorridere Zbigniew Brzezinski, che sognava di frammentare il colosso russo in tanti pezzi, ma che nuocerebbero alla sicurezza dell’intera Eurasia – Ue inclusa –, la quale si ritroverebbe nottetempo costretta ad affrontare una primavera di separatismo etno-religioso, estesa dal Caucaso settentrionale ai meandri dell’Estremo Oriente russo, a base di scontri interetnici, battaglie asimmetriche, guerre civili e terrorismo.

Se Putin cadesse, trascinando con sé la Federazione, non è esagerato affermare che le conseguenze per il continente asiatico, inclusa la sua appendice europea, sarebbero apocalittiche. Perché fine della Pax putiniana, che lo si ignori o meno, equivale a fine dell’equilibrio in una catena di teatri legati a doppio filo al destino di Mosca: dalla Transnistria al Karabakh, passando per la già semi-distrutta Ucraina e la Georgia, senza dimenticare l’Asia centrale postsovietica.

Il sostituto che non c’è
Se Putin cadesse, come sperano le frange più oltranziste del movimento liberal e del partito neocon, gli Stati Uniti si troverebbero dinanzi ad una serie di dilemmi vitali per la pace mondiale e la stabilità dell’intera Eurasia: dalla gestione dei probabili conflitti etno-religiosi che riesploderebbero con la caduta del centro, cioè di Mosca, alla ricerca di un uomo abbastanza forte da sopravvivere allo stato profondo, abbastanza carismatico da unire l’opinione pubblica e abbastanza diplomatico da saper mediare tra i vari poteri in lotta per spartirsi la torta.

La domanda, delineata la complessità del teatro russo, è la seguente: esiste l’uomo di cui ha bisogno l’Occidente per sostituire Putin e simultaneamente evitare la pericolosa deflagrazione della Russia? La risposta è che no, non esiste. Non ancora, perlomeno. Non può essere Aleksei Naval’nyj, che piace ed è conosciuto più all’estero che in Russia – e che non ha alcuna capacità leaderistica –, e non può essere qualcuno di Jabloko, visto che l’unico partito liberale all’occidentale alle ultime parlamentari ha preso il 2%. Potrebbe essere qualcuno della cerchia di Putin, un silovik influente come Nikolai Patrushev, ma una tale figura porterebbe avanti le stesse politiche del precedessore su alcuni temi, perché le linee rosse non sono dettate dagli uomini ma dalla geografia, e verrebbe con elevata probabilità co-optata dalla Repubblica Popolare Cinese.

Putin, in sintesi, è il minore dei mali: un successore (attualmente) non c’è e anche se ci fosse, considerando la radicalizzazione del panorama politico russo, l’inamovibilità delle linee rosse e le sfide da fronteggiare a livello domestico, non è detto che si rivelerebbe un novello Eltsin.

Ripartire da zero
La soluzione ai problemi dell’attualità non è che una: iniziare una seria riflessione su come si è arrivati al 24.2.22, alla crisi geopolitica più grave del XXI secolo, e lavorare affinché ciò non si ripeta, ad un disgelo tra i blocchi. Una missione quasi impossibile, perché ormai le carte sul tavolo sono state rovesciate, le vecchie regole non valgono più ed eventi epocali dall’esito imprevedibile sono stati messi in moto – la catalisi della transizione multipolare e la rimodulazione dello globalizzazione –, ma che vale la pena di tentare.

Il dialogo tra i blocchi va riportato ai livelli del precrisi, perché la diplomazia dell’insulto non è diplomazia ed è un ostacolo tanto al ravvicinamento quanto alla comprensione, sullo sfondo di una presa di coscienza collettiva da parte della dirigenza europea: l’Ucraina è un capolinea, ma può anche essere un punto di (ri)partenza. Perché l’Ucraina è dove finisce e inizia tutto. È dove finisce il sogno di un’Europa estesa da Lisbona a Vladivostok. Ed è dove può e deve rinascere la Famiglia europea, ieri sorda alle grida del Donbas e oggi assente dal tavolo delle trattative – colpevolmente assente, perché lasciando ad altri la palla negoziale, dalla Turchia alla Cina, si ritroverà ad accettare dei termini di pace stabiliti da altri per lei e per la sicurezza del continente.

L’alternativa all’elaborazione di un nuovo Concerto europeo, coinvolgente la Russia – le cui garanzie di sicurezza non sono che un modo per chiedere una nuova Vienna o una nuova Jalta –, è l’esacerbazione della “terza guerra mondiale a pezzi”. L’alternativa al risveglio dal torpore poststorico è il dirigersi come zombi verso un’età di conflitti internazionalizzati, seguendo le orme e commettendo gli errori di quei “sonnambuli”, per citare Christopher Clark, che nel 1914 trascinarono il mondo verso l’inutile strage.

 


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absitiniuriaverbis
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Musicalmente parlando, direi che il concetto espresso 'mi suona'.

Forse un aggiunta in merito alla Cina.

La Cina ha investito moltissimo in immagine (e non solo) suula Russia di Putin.

Una caduta di Putin, così come un suo ridimensionamento, potrebbe essere un boomerang. Così si potrebbe cercare di spiegare il fatto che la Cina si stia 'adoperando' per trovare una mediazione che salvi Putin e non comprometta (troppo) la Cina.

Una bella camminata sulla classica lama di rasoio 


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PietroGE
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Una bella camminata sulla classica lama di rasoio 

Infatti, quello che l'articolo vuole dire è che la situazione è molto più complicata di quanto sembri. La Cina è contraria alla guerra perché ha interessi in Ucraina e quel Paese fa parte della via della seta verso i mercati dell'Europa. D'altra  parte la Cina non vorrebbe che il successore di Putin sia un filo occidentale o anche un nazionalista avverso al sodalizio russo-cinese. Nel peggiore dei casi i cinesi sono seduti sulla riva del fiume aspettando che russi e occidentali si distruggano a vicenda per restare l'unica superpotenza in grado di dominare quello che resta del mondo. Gli europei sono per la defenestrazione di Putin ma non a costo di avere un successore ancora più nazionalista di lui. La Turchia e Israele fanno solo i loro interessi nazionali e sono un po' di qua e un po' di la a seconda di dove tira il vento. Arabi e iraniani vorrebbero sostituire il gas russo (e lo faranno in parte) ma non vogliono fare un favore all'occidente. Una situazione più fluida e quindi più pericolosa (per tutti, ma in particolar modo per gli europei) di questa non si vedeva da quasi un secolo.


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oriundo2006
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sapete bene quella 'facezia' che girava a Mosca: se gli occidentali non vogliono star a sentire Putin, dovranno ascoltare Shoigù.

Come dire, è ben probabile che avvengano tentativi di assassinare Vladimir ( se già non sono avvenuti con esito positivo ) ma messi di fronte ai laboratori bio con le armi 'orientate' geneticamente, alle armi tradizionali dispiegate a profusione ai confini, agli embargo continui, alle prove evidenti di disprezzo verso tutto ciò che è russo, alle atomiche un pò dappertutto nelle basi militari ai confini, la società russa non avrà altra scelta che battersi fino all' ultimo uomo.

E lo farà. Vincendo.

N.B.: non vorrei sembrare polemico, ma ho assistito alla messa officiata per esponenti dei battaglioni ucronazi. Da quanto ho potuto capire, si facevano il segno della croce in modo 'cattolico' e non 'ortodosso' ( è differente ). Dunque a complicare ed invelenire le cose c'è anche questo aspetto religioso, completamente ignorato da tutti. I cattolici 'uniati' d' Ucraina da che parte stanno ? Direi dalla parte attualmente non occupata...e detto questo si capiscono alquanto i termini della questione che a questo punto non è 'politica' ma anche 'religiosa'. Del resto i più accaniti contro la Russia sono i Paesi da tempo dominati dai gesuiti & Affini: la Polonia, l' Italia, la Lituania ed oggi anche gli USA col cattolico Biden...Dunque torniamo al '600 ed alle lotte religiose, oggi occultate sotto il manto 'sovranista' come un tempo lo erano sotto quello 'economicista': troppo facilmente erano state attratte nella vulgata marxista, ed oggi troppo imprudentemente sono tenute in un angolo oscuro. Anche il papa ha le sue divisioni, mai dimenticarlo.


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PietroGE
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No, il fattore religioso, secondo me, è secondario. Conta più la dimensione internazionale extraeuropea, con particolare riguardo alla posizione della Cina, che non qualche revival religioso, cattolico, protestante o ortodosso, forse con l'unica eccezione del fattore  islamico se i Ceceni diranno : vogliamo anche noi l'indipendenza come le repubbliche di Donetz e Lubansk. Il Caucaso infatti è una polveriera sociale-religiosa e il  Kazachstan lo sta diventando.


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oriundo2006
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E se volessimo andare ancora più a fondo sul problema Ucraina che abbiamo davanti, esiste un aspetto 'razziale' o meglio 'genetico' che prima è stato taciuto con argomenti spinti dall' odio verso la conoscenza umana libera da pregiudizi ma oggi è incontestabile date le armi programmate biologicamente. 

Esistono diversi ceppi genetici attivi in Ucraina e nessuno di questi è immune dalle tensioni per quanto sta accadendo:

- ceppo slavo dell'est, molto amplificato numericamente dagli spostamenti di popolazioni che fece Stalin, specie nella parte attualmente occupata dalla Russia

- ceppo nord-indoeuropeo prevalente nel centro-nord e nell'ovest: sono i discendenti degli antichi 'Rus di Kiev: i 'pagaiatori' delle antiche cronache che venivano dalla Scandinavia giù per i fiumi e che costituirono il primo nucleo stabile di uno stato slavo unendosi a popoli che vivevano ancora allo stato tribale ( e pagano ). Residui di questa antica fondazione sono presenti sopratutto nell'aspetto culturale oggi ampiamente nazificato a sproposito: la classe 'alta' bionda dagli occhi azzurri era numericamente minuscola di fronte a quella slava...anch'essa con tratti indoeuropei marcati !

- ceppo semita-giudeo: alcuni amano presentarsi come legittimi discendenti dei kazari, ma questi erano assai più ad est. A carattere cittadino, si sono sempre differenziati costituendo la classe 'colta' anche se non si può escludere che i cosacchi, popolo nomade delle praterie, ne fossero legati sin nel nome. Parecchi di loro furono tenaci oppositori del comunismo sino a confluire nel nazismo e venire in larga parte sterminati alla fine della guerra ( furono 'venduti' dagli Alleati a Stalin che li distrusse ). C'è da chiedersi se connessi a loro non fossero gli 'Strelizzi' ( uomini della 'Stella': di David ? ), guardia speciale di uomini armati, che furono totalmente eliminati da Ivan il Terribile.

- ceppo norreno visigoto/ostrogoto: erano i goti dell' antichità che occuparono il DonBass e questo fino all'epoca stalianiana e oltre. Dopo la caduta del muro emigrarono in massa verso la Germania. I residui attuali non sono quantificabili, anche se evidentemente sono ancora presenti. Anche qui la non-conoscenza delle molteplici vicende storiche ha costituito la base per un nazismo anni '30 incapace di capire la ragione della diversità e della specificità dei ceppi genetici umani con la fallace idea di una presunta 'superiorità', evidente specie nei tratti somatici.

- ceppo slavo del sud, minoritario ma presente al confine della Romania ( guai però a dire loro così...! Si considerano discendenti delle legioni romane...).

- ceppo magiaro, presente nei territori un tempo ungheresi ed oggi rivendicati apertamente da Budapest e direi a ragione

- ceppo tataro, nell' alto medioevo ampiamente dominante in tutta la pianura tanaitica, residuo dell' Orda d' Oro, poi scomparso quasi ovunque come gruppo separato ancora numericamente forte in Crimea

Una babele dunque di popoli, razze, lingue e religioni. E' bene stare lontani da frettolose giustificazioni di questo e quello. Rinnovo il mio dolore nel vedere lo strazio di giovani uomini e donne mandati allo sbaraglio in guerre che invece di sanare le atrocità precedenti le amplificano volendo risolverle: rifare la Storia non è possibile se non a patto di tutto distruggere. E questo è un messaggio ai cabalisti ed a chi è da loro tratto nell' inganno mortale della guerra-che-tutto-risolve.

Più che essere la levatrice della Storia è Moira che attira nell'abisso della morte.


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oriundo2006
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In sintesi, mentre gli ucronazi si dilettano in esercizi razziali di un secolo e passa fa, mentre la stessa Russia in pieno remake delle tragedie storiche di un secolo fa perde uomini, mezzi e consenso nel tentativo di distruggerli, mentre l' Occidente al gran completo appoggia l' Ucraina di un comico Jewish cocainomane follemente ammalato di criptonazismo ( e dei suoi soldi ), mentre gli USA sono guidati da un presidente petomane nel pieno della demenza senile, mentre l' Europa si contorce nei sussulti mediatici di innominabili squinzie politiche e di uomini in falsetto, utile diversivo a far digerire alle sue opinioni pubbliche tutto ed il contrario di tutto in economia come nella società, ebbene altrove, in Asia si stanno determinando i pilastri del Mondo Nuovo fondati su una revisione intelligente delle vecchie linee guida degli interessi nazionali, non più ‘chiusi’ ma ‘aperti’ alle interazioni con altri stati.

L' Occidente ha abbandonato il suo bene più prezioso, la sua identità storica e culturale e ne ha consegnato le chiavi a Sion ed alla sua serva, la massoneria internazionale, che le gestisce in modo distruttivo per noi volendola resettare completamente, gli asiatici stanno invece capitalizzando il nucleo fondativo del benessere economico delle società, la 'vis' segreta: infrastrutture, scienza e tecnica interpretati e sviluppati secondo la propria cultura.

La Russia sta a metà ma una volta che si sarà liberata dal suo orpello occidentalista nella sua gestione corrente, con connessi sensi di inadeguatezza di fronte all' immagine 'luminosa' trascorsa dell' occidente, un residuo letterario d'altri tempi, avrà un posto d'onore in questo contesto. Noi ZERO. Saremo derisi come degli imbecilli che si sono fatti doppiamente fregare.

Dato che la questione ucraina si avvia verso il suo doloroso esito e noi ne siamo coinvolti come paese che sostiene apertamente uno dei belligeranti, alla sconfitta' dell' Ucraina prima o dopo le trattative di 'pace', che significa solo la vittoria diplomatica e militare del Kremlino, vale chiedersi che tipo di trattamento ci verrà riservato come Paese cobelligerante e PERDENTE. 

Si dirà che questo non è ancora dato per certo, che questo e che quello...e al termine del discorso generalmente si fa riferimento alle armi atomiche. Ancora peggio. Siamo nel pieno di atti di totale irresponsabilità da parte del nostro governo e del nostro parlamento e gli italiani paiono non curarsene più di tanto, anche se segni opposti cominciano a vedersi. Timidi, isolati ma che fanno intravvedere cosa ci sarà dopo la parentesi ucraina. Solo dolore e macerie e forse anche da noi distruzioni dopo movimenti insurrezionali ? Oppure verrà inaugurato uno statuto politico nuovo dall' 'alto', come da certi 'outing' di esponenti ben introdotti esotericamente pare di capire ?  

Non so felicitarmene. La Storia procede senza pietà. Affidarsi al male non può che condurre al peggio. E ne sono straziato vedendo la follia che non ha fine se non nella distruzione di tutto.

Questo post è stato modificato 2 anni fa 2 volte da oriundo2006

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PietroGE
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mentre la stessa Russia in pieno remake delle tragedie storiche di un secolo fa perde uomini, mezzi e consenso nel tentativo di distruggerli,

Quando Putin diceva : "siamo lo stesso popolo" aveva in parte ragione. Nella parte centrale e orientale dell'Ucraina la popolazione è mista nel senso che i russi (di etnia e cultura) sono una buona percentuale dei cittadini ucraini (percentuale che aumenta andando verso oriente). Putin quindi sta combattendo anche contro la sua stessa gente. Questo e il fatto che molti nella parte occidentale della Russia sono imparentati con gli ucraini, ha ridotto a zero  la motivazione dei soldati russi e la necessità per Putin di ricorrere a mercenari stranieri. Anche la storia del governo nazista (comandato da un ebreo) da abbattere è un espediente mediatico per motivare le truppe, e infatti di denazificazione ora non se ne parla più.

La prima vittima di questo nuovo capitolo storico sarà certamente la globalizzazione, economica e geopolitica. I confini, le etnie e l'autosufficienza energetica e alimentare ritorneranno a contare, così come la capacità di difesa. I politicanti (e gli scribacchini ) nostrani ancora non lo hanno capito. Finora si era andati avanti con l'Asia che produceva beni di consumo e tecnologia civile e noi che producevamo debiti e facevamo la predica a tutti sui diritti umani e l'accoglienza. Voglio vedere ora con il riscaldamento razionato e la crisi alimentare se l'Europa continuerà ad accettare quasi un milione di immigrati l'anno, e l'Italia 60 000 più la cifra in nero. 


oriundo2006 hanno apprezzato
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cedric
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Dopo aver riletto tre volte l'articolo  si puo' ragionevolmente affermare che l'autore non ha detto nulla, ma lo ha detto molto bene...

 


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PietroGE
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Poteva mancare il gossip? :

«Putin ha un tumore alla tiroide». Il media indipendente russo Proekt ha svelato l'indiscrezione che, se confermata, avrebbe del clamoroso. «Vi mostriamo l'elenco dei medici che accompagnano il presidente nei suoi viaggi», si legge nell'articolo.

I medici avrebbero visitato in passato Putin per un lungo periodo, quando «apparentemente aveva problemi alla schiena», e in tempi più recenti lo zar avrebbe chiesto il supporto di «uno specialista in cancro alla tiroide che è andato a trovarlo 35 volte a Sochi», nella sua villa.


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