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Sgrena - A morte anche Tareq Aziz


Tao
 Tao
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La vendetta del nuovo Iraq A morte anche Tareq Aziz

Tareq Aziz è stato condannato a morte da un tribunale iracheno per il ruolo svolto nella persecuzione dei partiti religiosi sciiti, in particolare il Dawa del premier Nuri al Maliki. Sebbene Tareq Aziz si presentasse come il «volto umano» del regime iracheno, non c'è dubbio che era anche uno degli uomini più fedeli dell'ex presidente Saddam, altrimenti non sarebbe sopravvissuto alle sue vendette. Di conseguenza, anche se l'avvocato nega le responsabilità attribuite a Tareq Aziz, questi avrà condiviso anche le scelte più criminali del raìs iracheno magari solo con un'alzata di mano.

Tuttavia il processo che ha portato alla condanna capitale di quello che, in varie fasi, è stato il numero due e ministro degli esteri di Saddam è stato sostanzialmente una farsa, perché non è stato rispettato il diritto alla difesa dell'imputato. È quello che sta accadendo con tutti i processi che vedono coinvolti gli esponenti più ricercati del regime abbattuto dagli americani e che erano stati raffigurati in un mazzo di 55 carte. Tareq Aziz era la numero 43 (otto di spade) e si era consegnato spontaneamente agli americani, probabilmente per salvare la famiglia che si è poi trasferita in Giordania. I termini dell'accordo non sono mai stati resi noti, ma la ventilata possibilità che testimoniasse contro Saddam è poi risultata infondata.
Pare che ora Aziz abbia la possibilità di fare ricorso, ma questo probabilmente non cambierà la sentenza visto che suona molto come una vendetta del premier sciita Nuri al Maliki. Aziz era già stato condannato nell'agosto scorso a sette anni di carcere per deportazione di popolazioni kurde nel nord dell'Iraq e nel 2009 a 15 anni per le sue responsabilità nell'esecuzione di 42 commercianti e uomini d'affari a Baghdad nel 1992 (erano i primi tempi dell'embargo e i commercianti avevano alzato i prezzi allora Saddam aveva fatto eliminare gli speculatori).
Nato a Mosul nel nord dell'Iraq nel 1936 da una famiglia cristiano-caldea aveva cambiato il suo nome originale di Mikhail Yuhanna in Tareq Aziz perché suonava più arabo e meglio si coniugava con il suo ruolo nel partito Baathista. Era l'esponente cristiano giunto ai più alti livelli nel governo iracheno. Dopo essersi laureato in letteratura inglese era diventato giornalista. Aveva conosciuto Saddam già negli anni '50 e ne aveva poi seguito tutta la traiettoria politica, quasi sempre nel ruolo di ministro degli esteri - la diplomazia era il suo forte - o ultimamente anche come vicepresidente. Vestiva con orgoglio l'uniforme baathista, fumava sigari cubani e amava bere wisky.

Siccome Saddam raramente lasciava l'Iraq, a Tareq Aziz era affidato il compito di rappresentare il paese negli incontri internazionali e anche di perorare la causa irachena nei momenti più cruciali per il paese. Aveva tentato invano anche di evitare la guerra nel 2003, incontrando a Roma papa Giovanni Paolo II per quasi un'ora e altri leader politici. Ma a nulla era valso questo estremo tentativo, la macchina bellica di Bush era già in moto.

Recentemente, in carcere, ha avuto problemi di salute e aveva dichiarato che probabilmente sarebbe morto prima che terminassero i processi contro di lui. Probabilmente non potrà uscire veramente dal carcere perché sarà eseguita la sentenza. Il figlio Ziyad ha definito la condanna «una vendetta per quanto avvenuto in passato nel paese e conferma la veridicità delle informazioni fornite da Wikileaks sull'Iraq». La pena di morte «non è accettabile» per l'Unione europea e l'Alto rappresentante della politica estera della Ue, Catherine Ashton, che chiederà di bloccare l'esecuzione. Sempre dal parlamento europeo arriva la protesta del leader dell'Alleanza dei socialisti e dei democratici, Martin Schulz: «La tirannia del cappio del boia getta un'ombra inaccettabile sul presente dell'Iraq. Chiediamo alle autorità irachene di commutare la condanna a morte di Tareq Aziz e di mandare un segnale chiaro che il ricorso ad ogni forma di pena capitale dovrà cessare immediatamente».

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in visita di stato in Cina e il ministro degli Esteri, Franco Frattini, sostengono la richiesta dell'Alto Rappresentante per la politica estera dell'Ue Catherine Ashton e annunciano la richiesta all'Iraq di bloccare l'esecuzione. In prima fila anche Marco Pannella che ha iniziato uno sciopero della fame.

La giustizia, quella nei confronti degli ex esponenti del regime, sembra l'unica azione che va avanti spedita nell'Iraq del dopo Saddam, anche perché non si va molto per il sottile. Dopo la raccapricciante esecuzione di Saddam anche questa condanna a morte pregiudicherà il futuro del paese.

Giuliana Sgrena
Fonte: www.ilmanifesto.it/
Link: http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20101027/pagina/08/pezzo/289917/
27.10.2010


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