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Tonguessy - Sovranità e capitalismo


radisol
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Tonguessy - Sovranità e capitalismo

C'era una volta la sovranità....inizia così la nostra favola odierna. Era tutto ciò che permetteva al capitale di crescere localmente, dando il via alle furibonde sgomitate tra Stati per accaparrarsi fette di mercato sempre più importanti. Tale competizione internazionale trascinava con sé valori sempre maggiori di contenuti tecnologici e scientifici, parcellizzazioni della conoscenza sempre più mirate e specifiche (quindi stratificazioni sociali ancora più complesse) oltre all'inevitabile questione del plusvalore.

Se si accetta questa premessa, non si può conseguentemente collocare la scienza nell'alveo di quella neutralità che viene da più parti sbandierata. Nossignori, senza il fortissimo impatto che scienza e tecnologia moderna hanno avuto nel nostro modo di vivere, il capitale non avrebbe potuto fare i passi da gigante che tutti noi riconosciamo. E' un binomio inscindibile, e lo è stato fin dalla nascita della Modernità, già dal lontano Rinascimento. Evito per il momento di approfondire la questione, e mi concentro piuttosto sui rapporti tra capitali e Stati. E' stato da più parti evidenziato come la crisi del '29 in realtà sia stata risolta solo attraverso la ricostruzione postbellica.

Il cosiddetto Occidente si doveva attrezzare per il nuovo compito: sparito (o quasi) il sistema coloniale che prevedeva pochi imperi saccheggiare tanti Paesi, si prospettava la divisione della torta non in base unicamente alla rapina dell'ecosistema altrui, ma anche in base ai contenuti tecnologici e scientifici aggiunti (chiamiamolo plusvalore tecnologico). Fu così che l'Italia, con scarsissime risorse autonome (povera autarchia mussoliniana...) balzò ai primi posti delle nazioni più industrializzate: il plusvalore tecnologico era in grado di trasformare le materie prime importate in manufatti di prim'ordine che venivano esportati in tutto il mondo. Il capitale vendeva le materie prime sul mercato, e lasciava gli Stati liberi di trasformarli seguendo le indicazioni del mercato del prodotto finito. Sicuramente è stato il Giappone a sapere coniugare al meglio il concetto del plusvalore tecnologico. Ma anche da noi non andò poi così male. Le condizioni necessarie e sufficienti affinché questa battaglia per la supremazia scientifica e tecnologica (legata con doppio filo al mercato) avesse luogo erano di sviluppare in loco una capacità di elaborazione dei materiali tale da competere sul piano internazionale. In parole povere: serviva la sovranità. Servivano frontiere chiuse, dazi doganali in grado di proteggere il prodotto nazionale dalla concorrenza internazionale, flussi migratori sotto controllo del capitale che decideva di volta in volta dove spostare e chi. Oltre ad un'infinità di cosucce non secondarie, come la concertazione tra vertici politici ed economici per far decollare lo Stato sul piano internazionale: aiuti di Stato, detassazioni, agevolazioni da una parte e dazi e balzelli dall'altra. In realtà era Confindustria a “suggerire” il modo migliore per far sviluppare il capitale sul suolo natio, e tali suggerimenti non trovavano alcuna seria contrapposizione né ideologica né tantomeno pratica. La coesione al modello di sviluppo capitalista postbellico era tale per cui le reali battaglie all'interno delle italiche aule parlamentari erano limitate, mentre esisteva di fatto una comunione di intenti sui criteri di sviluppo nazionale. In realtà né al PCI né a maggior ragione alla DC interessava contrastare la costante crescita del capitale nazionale. Cossiga si vide costretto a constatare come la FIAT fosse stata comprata 4 volte dallo Stato Italiano, e questo era sembrato un bene: se da una parte i padroni si fregavano le mani assaporando il piacere di vedere crescere il capitale a dismisura, i lavoratori ed i loro difensori non si lamentavano di certo se c'era lavoro per tutti.

Una parte consistente di italiani strappati dalle campagne venivano irregimentati nei quartieri-dormitorio adiacenti ai complessi industriali, e fatti crescere come consumatori che alla fine del mese possono disporre di denaro sufficiente a far girare il volano economico nazionale. L'Italia stava creando la sua classe media per far decollare il Paese, né più né meno che come la Cina del nuovo millennio.

L'avere acquistato 4 volte la FIAT rimaneva comunque la punta dell'iceberg. La parte sommersa era rappresentata da tutte le strutture che permettevano al capitale di organizzarsi ed espandersi secondo il proprio volere: istruzione destinata a formare i quadri dirigenti ed intermedi, via libera alla trasformazione del territorio in quel mostro di asfalto e cemento che è sotto gli occhi di tutti, creazione di vie di comunicazione che permettessero a merci e forza lavoro di collegare i centri di produzione alle periferie e via elencando.

Il tutto rigorosamente in chiave sovranista (pare che il piano Marshall fosse compatibile con essa): lo Stato veniva eletto a giudice dei processi sociali ed economici, così come l'etica del capitalismo produttivo richiedeva.

Magnificamente sintetizzate nel motto della fiera mondiale di Chicago del 1933 - Science finds, Industry applies, Man conforms - (la Scienza scova, l'industria crea l'applicazione e l'uomo vi si adegua), il disegno economico-scientifico di stampo industriale cominciava a porre le proprie basi, facendosi accogliere a braccia aperte dalle società. Vi stupiremo con effetti speciali, abbiate fiducia. L'uomo, in questa etica produttiva, è ridotto a mera figura di sostegno a progetti appartenenti a ontologie moderniste quali scienza e industria. O Stato. Un solo esempio: la strage di Marcinelle, dove morirono 262 minatori in buona parte italiani, fu possibile grazie ad “un accordo tra Italia e Belgio che prevedeva un gigantesco baratto: l’Italia doveva inviare in Belgio 2mila uomini a settimana e, in cambio dell’afflusso di braccia, Bruxelles si impegnava a fornire a Roma 200 chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore”. [1]

Merci (umane) in cambio di merci.

Gli Stati si mettono d'accordo per attuare i piani del capitale e l'uomo si adegua, appunto. L'alternativa sarebbe consistita nel rimanere un Paese legato all'agricoltura o giù di lì, come nella Cambogia del socialismo agrario. Non un grande competitor internazionale.....

Insomma l'affare consisteva nel far passare come inevitabile la trasformazione da società agricola a società industriale, accettando il capitale (ad esempio il piano Marshall e relativa Organization for European Economic Cooperation il cui scopo era porre le basi per i cambiamenti strutturali delle economie delle nazioni europee) e permettendo che si stabilizzasse all'interno dell'economia statale. Lo Stato, una volta avviato il processo, si sarebbe fatto carico di garantire la realizzazione delle infrastrutture necessarie per il pieno sviluppo del capitale. In altre parole mentre la FIAT incassava i soldi delle vendite, lo Stato italiano creava la rete stradale. Senza strade costruite dallo Stato non si capisce come si sarebbero potute vendere le auto ed i camion. Ecco, l'affare era grosso modo questo. La sovranità permetteva allo Stato di decidere in autonomia il miglior modo per realizzare la trasformazione. E ovviamente non poteva risultare invisa al capitale di allora, data la comunanza di intenti.

A ragionarci bene, poi, non ha fatto molta differenza il fatto che uno Stato avesse giocato a favore o contro gli USA: neanche l'URSS di Stalin si era sottratta al vincolo che voleva la modernità figlia di scienza e Stato, tant'è che quel processo storico viene ancora oggi additato come capitalismo di Stato. Ed i minatori di Marcinelle diventano poca cosa rispetto ai soli Kulaki. La grandezza della conquista dello spazio da parte di Gagarin piuttosto che gli onori tributati alla Ferrari passano per il Man conforms, e se lo fa con entusiasmo è tutto di guadagnato.

Se devo fare le somme le cose nell'era postbellica in Italia
sono andate così: grazie alla sovranità il Bel Paese è riuscito ad imporsi all'attenzione mondiale per i prodotti che è stato capace di inventare e produrre, trasformando materie prime in buona parte importate. I costi elevatissimi di tale trasformazione sociale sono facilmente individuabili nella devastazione ambientale (Seveso docet) e sociale (Pasolini di Scritti Corsari), mentre i benefici sono essenzialmente legati all'arricchimento di ampi strati di popolazione: umili contadini potevano vedere i propri figli diventare importanti medici, avvocati, ingegneri etc. rimescolando le carte delle appartenenze di censo e dando il via ad arrampicate sociali che oggi sono solo un lontano ricordo.

Purtroppo la fase capitalista legata alla produzione nazionale e quindi alla sovranità era destinata a non durare, compressa com'era tra crescita del capitale, crescita salariale e diminuzione dei costi delle merci (caduta tendenziale del saggio di profitto).

Se da una parte i contenuti tecnologici aumentavano a parità di costi (pensate a prezzo di acquisto rivalutati e prestazioni un'auto media degli anni 70 e confrontateli con un'auto di adesso) rendendo appetibili concetti come obsolescenza programmata ed il collaterale processo di svalutazione e rottamazione, la delocalizzazione rendeva possibile lo sfruttamento di risorse umane “vergini” (desindacalizzate) a costi irrisori, diventando il trampolino per il balzo in avanti del capitale postmoderno, passato da localista a globalista per propria convenienza. Il plusvalore, nell'Occidente ormai sindacalizzato e con una solida classe media, stava conoscendo la crisi del limite tra arricchire la middle class in quanto consumatrice dei beni prodotti, e aumento degli utili societari.

La ricetta del capitalismo postmoderno consiste nella drastica compressione della middle class grazie alla contrazione salariale da una parte, e all'affidarsi alla manodopera delle nazioni emergenti dall'altra. Questo per quanto riguarda l'aspetto produttivo. Ma è entrato in gioco anche l'aspetto speculativo, che permette enormi guadagni senza impegnare il capitale in lunghe progettazioni, ammodernamenti e pianificazioni. E con guadagni decisamente superiori.

La migliore sintesi che io abbia letto è questa:
«L’arricchimento mediante speculazione ha preso il posto dell’arricchimento produttivo.
L’investimento produttivo per bene che vada rende il 10-15 % l’anno, un investimento finanziario se le va male la porta al lastrico ma se le va bene le permette di triplicare il suo patrimonio» [2]
Non sono parole di un economista, ma di un fisico, il compianto Emilio Del Giudice che assieme a Giuliano Preparata aveva studiato la fusione fredda, ed in questa intervista denunciava le ragioni della sua mancata applicazione industriale.

Il capitale, per far funzionare delocalizzazione e speculazione finanziaria, deve però adottare modelli differenti (rispetto al passato) di relazioni internazionali. Vanno aboliti quegli ostacoli che impediscono al capitale di essere investito lì dove ha margini maggiori di guadagno. La sovranità, di conseguenza, diventa uno dei principali nodi da sciogliere.
«In Europa, l’emanazione della dir. 22/1993 CEE ha determinato un significativo mutamento delle borse valori... La tendenza alla privatizzazione si inserisce nell’ambito di un più ampio processo di internazionalizzazione dei mercati, favorito dalla rimozione degli ostacoli alla prestazione in forma transfrontaliera dei servizi finanziari e dall’applicazione della tecnologia telematica alle relative transazioni».” [3]
Così sintetizza la Treccani la necessità di internazionalizzazione. Da notare il necessario apporto di tecnologia telematica. Science finds, Industry applies, Man conforms.

La tecnologia telematica ci porta a Zbigniew Brezinsky, secondo il quale “l’America è una potenza egemone nel mondo perché produce l’86% delle comunicazioni mondiali”. Scienza e tecnologia sono ancora una volta al servizio del capitale secondo lo statista.

In effetti i padroni del vapore, una volta eliminato il “pericolo rosso”, si sono trovati nell'agevole compito di fregarsene tout court delle questioni nazionali, e rilanciare la produzione delocalizzata da una parte, e la speculazione finanziaria dall'altra. Che poi sono aspetti diversi della stessa politica economica: senza più sovranità sparisce la classe media ed i capitali sono concentrati nella mani di pochissime persone mentre la maggior parte della popolazione soffre di una progressiva erosione del proprio tenore di vita. Ecco la globalizzazione secondo Oxfam: oggi 85 super-ricchi possiedono l'equivalente di quanto detenuto da metà della popolazione mondiale, e ciò è possibile grazie ad “un sistema nel quale la ricchezza e il potere sono sempre più concentrati nelle mani di pochi, mentre il resto dei cittadini del mondo si spartisce le briciole”.[4]

Le cose nel passato stavano diversamente.

Il capitalismo postmoderno ha saputo valorizzare al massimo le caratteristiche tecnologiche capaci di radicarsi nell'inconscio collettivo, la più importante delle quali è la virtualità. Fateci caso: al giorno d'oggi le maggiori forme di comunicazione, e quindi di manipolazione del sentire comune, sono affidate al virtuale, quindi al digitale. Dai telefonini alla tivu, dai supporti musicali a quelli informatici, Brezinsky sembra avere colto perfettamente il significato di postmodernità vista come connubio tra tecnologia e politica.

Come la vecchia Organization for European Economic Cooperation legata al piano Marshall si interessava di modificare i piani economici delle nazioni europee, così le odierne direttive Ue si incaricano di regolamentare i nuovi assetti e garantire la libera circolazione di capitali, merci e lavoratori con l'evidente fine di realizzare quanto denunciato da Oxfam e da Del Giudice.
«In sintesi, oggi la borsa sembra avere appreso un mestiere perverso: premia chi distribuisce dividendi e chi riacquista le proprie azioni, affonda chi annuncia aumenti di capitale per finanziare sviluppi futuri o risanare gestioni compromesse dalle alte leve cui la vulgata abitua. In altre parole, si spinge la speculazione contro l’intraprendenza. V’è da chiedersi se questo comportamento abbia una qualche relazione con la produzione del benessere della nazione».
Non è l'analisi di parte di qualche gruppo anarcoinsurrezionalista, ma il segnale di allarme che si legge in un corposo documento della Consob. [5]

Il fatto è che non bastano né Confindustria né Consob (che pure qualche voce in capitolo ce l'hanno) a fermare il Moloch del capitalismo postmoderno, lanciato com'è nella realizzazione dei piani esposti. Al punto che Squinzi, in un'occasione, è arrivato addirittura a piangere per la “macelleria sociale” in atto. I vecchi padroni dell'era produttiva sono stati scalzati dai loro troni, questo ci dice Squinzi. Di conseguenza la sovranità, così importante ai tempi del capitalismo produttivo, è diventata un dannoso ostacolo per l'odierna valanga globalista.
«Ormai sono i mercati a influenzare l'economia e a determinare le politiche di Governi e aziende» scrive Il Sole 24 Ore.[6]
Secondo il quotidiano di Confindustria i derivati finanziari sono 7 volte il PIL mondiale. Ma c'è chi ipotizza rapporti ben maggiori. Cosa significa? Che per ogni euro investito nella produzione (ancora legata al vecchio capitalismo) ce ne sono 7 (o 10, o 15 a seconda delle stime) che sono investiti in ambiti non-produttivi, ovvero virtuali.

Wile Coyote dopo essere caduto da centinaia di metri di altezza si alza un po' ammaccato ma pronto a riprendere la sua vita di sempre grazie alla potenza della virtualità. La virtualità dei videogames permette possibilità e vite infinite. L'eterno ritorno di Nietzsche (“Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?” —La Gaia Scienza) ha infine trovato la possibilità concreta di realizzaz
ione grazie alle tecniche di virtualizzazione. Nietzsche ha quindi chiesto alla teutonica (quindi affidabilissima) Deutsche Bank se volesse investire ancora nei derivati. Ecco il risultato:
«Deutsche Bank ha un'esposizione in derivati di 54 trilioni di euro, per intenderci venti volte il Pil tedesco e 10 volte quello della zona euro».” [7]
L'eterno ritorno dei derivati.

Quando entriamo nell'ontologia della speculazione finanziaria i prodotti trattati non sono merci tangibili, dotate di fisicità propria, ma valori virtuali. Baudrillard li chiamerebbe simulacri. Ciò che ha reso possibile questo salto epocale è stata la creazione di sistemi di gestione della virtualità. Torniamo quindi al rapporto tra capitale e scienza, e ci ritroviamo il brutto deja vu del Science finds, Bank applies and Man conforms. Il capitale ha mantenuto inalterato il consigliere preferito, mentre ha cambiato l'interlocutore secondario. L'uomo, come previsto, si deve adattare comunque.

Ma cos'è che la scienza ha scovato, e che poi ha dato alle banche per la realizzazione pratica?

Beh, intanto i computer. Cioè i virtualizzatori per eccellenza. Dotati di linguaggio incomprensibile ai più, hanno conosciuto un'esplosione in termini di potenza di calcolo e di memoria disponibile. Cioè riescono a fare cose impensabili fino a poche decine di anni fa. E questo è un fattore tecnico indispensabile. I cartoni animati, mentre nei decenni passati venivano realizzati con migliaia di tavole disegnate a mano, oggi sono creati al computer tramite programmi appositi. Nel 1961 il più potente IBM riusciva a fare un megaFLOP (10^6 operazioni al secondo) mentre il migliore IBM cinquant'anni dopo riusciva a fare una decina di petaFLOPS (10^15).

Ma il fattore tecnico non basta, serve un'idea per far lavorare i potenti calcolatori moderni e raggiungere i risultati che i padroni del vapore si aspettano. Serve un piano Marshall e relativo think tank per impostare e realizzare i nuovi orizzonti capitalisti. Ecco che arrivano Merton e Scholes che si guadagnano il Nobel in economia per aver ideato "un nuovo metodo per determinare il valore di strumenti derivati" . Questi ultimi secondo Warren Buffet sono “armi finanziarie di distruzione di massa”, ma pazienza. Scholes fu tra i fondatori, nel 1994, dell'hedge fund Long Term Capital Management che garantì inizialmente rendimenti del 40% e alla fine venne salvato dal fallimento dalla Federal Reserve nel settembre 1998 per circa 3.6 miliardi di dollari. [8]

Il che mette in luce come i tax-payers abbiano finanziato gli speculatori. Chiaro il triangolo scienza-capitale-Stato? Chiaro come avviene la concentrazione di capitali sottraendoli ai cittadini?

Giusto per dare un'idea di come le cose stiano limitatamente al mercato USA, eccovi un grafico

Grazie ai cambiamenti epocali introdotti dai computer siamo così passati dalle 1000 lire “pagabili al portatore” (che garantivano cioè un controvalore fisico in oro) al trasferimento di bit da un computer ad un altro (o allo stesso), approdando alla quintessenza del virtuale monetario, ovvero il cashless: non esiste più nulla da pagare al portatore perché non esiste più il contante. Svezia, Danimarca, Norvegia e ultimamente anche Australia sono impegnate nell'eliminazione di quest'ultimo. Tutto tracciato dal Grande Fratello Digitale. Il cittadino non possiede più nulla di fisico, i suoi averi vengono amministrati tramite una gestione remota.

E cosa ha reso possibile tutto questo, se non la mai dichiarata dittatura del digitale che ha permesso il salto da concreto a virtuale? Flussi costanti di simulacri iperreali, frutto dell'osmosi postmoderna tra Sé e i bit, inesorabilmente stanno sgretolando il senso stesso di Realtà: il virtuale si fonde con il concreto e, dopo averne confuso senso e portata, prima lo confina nel limbo dell'improbabile e poi lo scaraventa nell'inferno dell'obsoleto. Sovranità inclusa. I confini diventano sempre meno solidi per permettere al capitale postmoderno di espandere il proprio mercato virtuale. La precarietà del virtuale che si basa sul relativismo assoluto (neanche la morte di Wile Coyote è reale, alla fine di ogni videogame si può ricominciare anche se siamo stati uccisi) viene mitigata dalla solidità del sistema di credenze: le banconote non sono più al portatore ma virtuali, disponibili da smartphone. Il fatto che tutti comprino smartphone toglie a questa traballante situazione la precarietà che le è propria, rendendola di fatto paragonabile (almeno in apparenza) all'oro depositato presso la banca centrale. Almeno in apparenza, dicevo. E nella Societé di Spectacle di Debord l'apparenza è tutto. Esiste solo ciò che appare. Basta farlo credere. Il Re nudo non è mai stato così ben vestito.

“Ci si avvicina alla verità solo di quanto il coraggio può avventurarsi avanti”
Nietzsche. Ecce Homo

“Non è il coraggio che ci manca, è la paura che ci frega!”
Totò

NOTE

[1] http://www.focus.it/cultura/curiosita/che-cosa-accadde-nella-miniera-di-carbone-di-marcinelle

[2] http://www.disinformazione.it/fusionefredda7.htm

[3] http://www.treccani.it/enciclopedia/borsa/

[4] http://www.oxfamitalia.org/oxfam-news/la-grande-disuguaglianza

[5] www.consob.it/documenti/Pubblicazioni/Italiaunita150/150borsa.pdf
(pg 94)

[6] http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-05-12/montagna-vale-volte-mondiale-081220.shtml?uuid=AbZevRbF

[7] http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=14390

[8] https://it.wikipedia.org/wiki/Myron_Scholes

Pubblicato in due puntate su http://sollevazione.blogspot.it/


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Famed Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 3719
 

Radisol,
definirla stucchevole è un eufemismo.
Ancora co' sta' storia della divisione comunisti e cattolici quando anche le pietre hanno consapevolizzato che DC + PCI = pidioti, non c'erano differenziazioni tra i due partiti già dall'inizio dello scorso secolo e sino ai giorni nostri, infatti si sono riuniti. Come lei faccia a distinguere due distinte concezioni politiche per me resta un mistero.
A monte di un ostacolo il flusso si divide a valle si riunisce ed è impossibile distinguerne le molecole che lo compongono.
Alla luce la invito caldamente ad affrontare la tematica sviluppata nella sua geremiade con una lente completamente diversa.


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mincuo
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 6059
 

Il trionfo dell'ignoranza.


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radisol
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 8261
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Non sarò certo io a rispondere ...

Ho solo trovato questa analisi di un antico utente di questo forum, da lunga pezza "desaparecido", come tanti altri, da queste pagine ...

E mi è parso carino riproporla nel forum ...

Dopodichè, in tutta franchezza, qualche elemento di perplessità su alcuni aspetti della medesima analisi, lo trovo anche io ... non a caso, sia pure sempre nel massimo rispetto tra interlocutori ... cosa che oggi sembra essersi persa irreparabilmente insieme a tanti utenti comunque di notevole valore intellettuale ed anche semplicemente "umano" ... all'epoca su questi temi capitava spesso che ci "scazzassimo" ...

Chi mi ha letto, anche solo qualche volta, sa che non è propriamente questa la mia "lettura" ...


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[Utente Cancellato]
Famed Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 3719
 

Non sarò certo io a rispondere ...

Ho solo trovato questa analisi di un antico utente di questo forum, da lunga pezza "desaparecido", come tanti altri, da queste pagine ...

E mi è parso carino riproporla nel forum ...

Dopodichè, in tutta franchezza, qualche elemento di perplessità su alcuni aspetti della medesima analisi, lo trovo anche io ... non a caso, sia pure sempre nel massimo rispetto tra interlocutori ... cosa che oggi sembra essersi persa irreparabilmente insieme a tanti utenti comunque di notevole valore intellettuale ed anche semplicemente "umano" ... all'epoca su questi tempi capitava spesso che ci "scazzassimo" ...

Lei sa che l'acqua passata non macina più?
E chi si volta indietro diventa di sale?
Chi abbandona il tavolo da gioco è sempre perdente.


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ohmygod
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 570
 

citatio: Ho solo trovato questa analisi di un antico utente di questo forum, da lunga pezza "desaparecido", come tanti altri, da queste pagine ...

unbelivable
by Nick's Name
by Home's House


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