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Tuor: il 2016 e' stato l'anno della svolta


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Il 2016, che si chiude nel sangue, è stato l’anno della svolta
Nel 2017 si allargherà la rivolta elettorale e si porranno le basi per una era politica ed economica

di Alfonso Tuor - 21 dicembre 2016

Si conclude nel sangue della barbarie terroristica un anno che forse verrà ricordato come l’inizio di una nuova era politica ed economica. Gli attentati di Berlino e di Ankara ci hanno riproposto il fallimento dell’ipocrita politica occidentale degli ultimi anni caratterizzata da una falsa lotta allo Stato islamico (in realtà sostenuto sia direttamente sia indirettamente), da un fiancheggiamento dell’Arabia Saudita e delle petromonarchie del Golfo (vere finanziatrici e sostenitrici del fondamentalismo sunnita in funzione anti iraniana), dal disastro provocato dalla scelta di appoggiare la primavera araba e ancor prima dalla guerra irachena, dalla russofobia imperante sia in negli Stati Uniti sia in Europa.

Questo continuo sforzo di acuire le tensioni internazionali è forse giunto al capolinea grazie al successo di Donald Trump e alla svolta che ha promesso di imprimere alla politica estera americana. Ora nella lotta al terrorismo bisogna passare dalla farsa inscenata dalla falsa lotta all’ISIS della coalizione internazionale a guida americana ad una vera battaglia contro i fanatici islamici. A tale scopo occorre che l’Occidente richiami all’ordine l’Arabia Saudita, che nel frattempo sta conducendo una guerra di sterminio in Yemen (su cui i media occidentali tacciono colpevolmente) e le altre petromonarchie del Golfo. Occorre pure ridare stabilità ai regimi di quei Paesi devastati dalla guerra civile, come quello siriano di Assad, senza arricciare il naso, poiché non corrisponde ai criteri democratici occidentali.

Occorre pure finirla con la politica buonista dell’accoglienza, in cui si mischiano ai profughi veri i terroristi e in base alla quale non si distingue più tra profughi ed immigrati economici. Insomma, l’Occidente deve difendersi e non deve più assecondare quelle politiche di stampo massonico volte a distruggere le identità nazionale per costruire un nuovo ordine mondiale. L’attuale classe politica europea non abbraccerà mai queste scelte, ma lo faranno i cittadini con il loro voto (l’anno prossimo si voterà in Olanda, Francia e Germania) destinato a provocare una svolta analoga a quella prodotta da Donald Trump negli Stati Uniti.

Questa rivolta elettorale non sarà solo originata dal ripetersi degli attentati terroristici, dall’arrivo di un numero crescente di migranti e da una politica estera che ha reso l’Europa indifesa e il mondo instabile, ma dal fallimento delle politiche economiche degli ultimi decenni. Si tratta di farla finita con le politiche liberiste, con la globalizzazione, con il primato della finanza e ritornare ad una politica che privilegia l’economia reale, la difesa dei mercati del lavoro nazionali e la riduzione delle diseguaglianze. Non sarà una battaglia facile: gli interessi in gioco sono enormi e non disposti ad arrendersi facilmente, come si è visto negli ultimi giorni negli Stati Uniti. Infatti, il fronte costituito dalla grande finanza e dalle grandi multinazionali ha stretto una specie di compromesso storico con la sinistra liberal e socialdemocratica e con il mondo dei vecchi media.

La sinistra ha dimenticato la sua ragione di essere, abbandonando la difesa dei deboli per impegnarsi in battaglie da radical chic, come quelle riguardanti il genere, la società cosmopolita, ecc.; il mondo della finanza e una parte di quello economico sono stati ben contenti di abbracciare queste istanze anche perché abbracciavano di fatto la globalizzazione e poiché in questo modo diminuiva l’attenzione sui disastri sociali ed economici di questo processo. Il tutto è stato “benedetto” e propagato dalla maggior parte dei media tradizionali che da organi di informazione si sono trasformati in strumenti di disinformazione e di propaganda.

Questi gruppi di potere non sono affatto vinti. Anzi, sperano in una rivincita. In Gran Bretagna si battono per rovesciare il voto popolare sulla Brexit oppure di svuotarne il significato attraverso un passaggio parlamentare. Negli Stati Uniti stanno cercando di raccogliere consensi tra deputati e senatori per svuotare le promesse elettorali di Donald Trump e stanno conducendo una campagna di disinformazione, cui immediatamente si sono accodati i media europei. E’ stato infatti impossibile leggere che il primo dicembre a Cincinnati nell’Ohio il Presidente eletto ha detto che “Uno dei motivi per cui oggi siamo così divisi è che il governo non è stato capace di proteggere gli interessi dei lavoratori americani e delle loro famiglie, facendo in modo che ci considerassimo come gruppi distinti e non come un tutto unito”. E ancora “Promuoveremo una nuova politica estera, che finalmente apprenda dagli errori del passato. La smetteremo di rovesciare regimi e governi. Il nostro obiettivo è la stabilità, non il caos”. E si potrebbe continuare.

A scanso di futuri equivoci desidero puntualizzare che personalmente ho visto e continuo a valutare Donald Trump con grande favore per due motivi: il primo è il rasserenamento delle relazioni con la Russia che avrebbe potuto sfociare in eventi molto pericolosi per l’intera umanità, il secondo è lo stop alla globalizzazione confermato dalla decisione di non ratificare l’accordo commerciale negoziato dall’amministrazione Obama con 12 Paesi asiatici e quindi di affossare le trattative analoghe tra Stati Uniti ed Unione Europea ce dovevano sfociare nel famoso Ttip. Penso anche che Donald Trump con il piano di investimenti infrastrutturali e la riforma fiscale accelererà la crescita americana. Nutro invece dei fieri dubbi sulla volontà e la capacità del Presidente eletto di rimettere in riga Wall Street.

La mia convinzione è che Donald Trump è il rappresentante di gruppi di potere (molto forti, come quello petrolifero, minerario e militare) che erano stati emarginati dal “compromesso storico” stretto tra democratici e liberal, da una parte, e finanza, società delle nuove tecnologie (Apple, Google, ecc.), dall’altra, con la benedizione del grosso dei media tradizionali. Comunque seguiremo con spirito critico (ma non fazioso) le mosse della nuova presidenza, che comunque anche solo attuando il riavvicinamento alla Russia e arrestando la globalizzazione attuerà una svolta molto positiva. In conclusione, il 2016 è stato l’anno della rivolta elettorale che probabilmente è destinata a proseguire anche l’anno prossimo. Il 2017 sarà (o potrebbe essere) l’anno dell’inizio di una nuova era. Quindi un anno cui bisogna guardare con fiducia e grande ottimismo

P.S.: Desidero ringraziare tutti quanti leggono questo blog, che sono molto più numerosi di quanto avessi mai sperato, e augurare a loro e alle loro famiglie i miei più cari auguri di Buon Natale e di Felice Anno Nuovo. Arrivederci all’inizio del 2017.

Alfonso Tuor | 21 dic 2016 05:30


Citazione
SeveroMagiusto
Estimable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 241
 

Senza andare a toccare altri aspetti di questo scritto che mi lasciano scettico riguardo alla validità del pensiero di Tuor, vorrei sottolineare questo passaggio: “ Occorre pure ridare stabilità ai regimi di quei Paesi devastati dalla guerra civile, come quello siriano di Assad, senza arricciare il naso, poiché non corrisponde ai criteri democratici occidentali.”, dal quale si evince che vi sono schiere di Siriani in rivolta contro il despota Assad, nella speranza di trasformare anche il loro Paese in una compiuta democrazia come quelle occidentali.
Mi sembra che sia fuori strada, anzi, che sia perfettamente allineato a quel pensiero unico ” propagato dalla maggior parte dei media tradizionali che da organi di informazione si sono trasformati in strumenti di disinformazione e di propaganda.” nonché, aggiungerei, complici del terrorismo.


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