Noi viviamo entro una realtà che ci appare inossidabile. Perché retta da un cuore di cristallo che non è altro che vetro... Silice drogata dicono i tecnici per una demenza artificiosa che ci introduce nei labirintici mondi virtuali, specchi del nostro desiderio: cos'altro c'è da aggiungere ?
Ho rivisto ultimamente Labyrinth dove tutto è possibile, il film di Hanson, insieme al docufilm dei backstage. Mi sorprende che la Connelly (di cui ero cotto da giovane) passi attraverso così tante evidenze senza accorgersi di nulla. Non penso ci sia una metafora migliore per le condizioni che viviamo: l'evidenza ci sommerge eppure non la notiamo. Per lei, come da intervista fatta a poco tempo dalle riprese, "era solo un film" e nemmeno si sentiva lanciata tra le star del cinema, nonostante aveva appena recitato accanto a David Bowie e avesse all'attivo già 4 film, di cui gli ultimi tre sempre da protagonista.
Secondo la sua biografia avrebbe poi con gli anni '90 preso una pausa dalla carriera e per capire cosa volesse dalla vita e se il cinema era tra i suoi obbiettivi. Infatti era stata lanciata verso il successo quando aveva appena 9 anni e per fare la modella non l'attrice. Cito questo passaggio solo perché è coerente con l'argomento, mentre non lo è che sia ebrea, come la madre d'altronde. Tuttavia ha senso che la sua ebraicità l'abbia lanciata così presto e con tanta facilità nell'olimpo patinato del successo, nonostante a detta sua, da giovane aveva idee molto più puritane e semplici. La corruzione dell'animo a quei livelli è più difficile da rigettare.
Labyrinth è un concentrato di riferimenti allegorici di una densità inusuale anche per la media dei film fantasy e surclassa di parecchie misure il suo predecessore, "Dark Crystal", che pure non ci andava giù leggero. D'altronde il bravo Brian Froud aveva ideato già molti dei pupazzi della precedente produzione Hanson con riscontro di pubblico, ed anche in questa ce ne ha donato altri ancora incredibili... E non solo, dato che il bambino (Toby, così si chiama nel film e nella realtà) con tanto di pannolini, cioè l'infante rapito dal Re degli Gnomi (alias David Bowie) è suo figlio appena nato.
Non si può capire nulla del film se ci si ferma alla superficie e le numerose critiche ricche solo di crassa ignoranza che ho letto me lo confermano. Ad esempio fermandosi alla storia, ai pupazzi e gli effetti speciali divertenti o alle canzoni composte da Bowie. Prima di tutto è obbligagorio iniziare a guardarlo avendo ben presente che fin da principio i reali protagonisti sono l'ambiguità e il fascino (o fascinazione) non i personaggi. Cioé gli assunti (seri) della magia nera. Così iniziamo a mettere qualche puntino a posto.
Facciamo un esempio: se osserviamo Bowie a un primo impatto non lo possiamo ritenere un valido e sensato "Re degli Gnomi" anche solo per confronto con i pupazzi che rappresentano i suoi accoliti. Non sarà George Clooney, anche se non nutro dubbi che può essere considerato per qualcuno un sex symbol, tuttavia il suo era un personaggio "bizzarro", appariva fuori contesto e all'epoca questo fu uno dei probabili motivi per il flop che fece alla sua prima uscita al botteghino. Certo, con il tempo quest'opera è diventata un cult ma all'epoca non abbe il riscontro che la produzione si aspettava.
Tuttavia se si riporta tutto alla densità di archetipi che vediamo e alle scene tanto ricche quanto varie (pensiamo solo al continuo e radicale cambio di ambientazione) ha senso che il pubblico ci abbia messo tempo per apprezzare la pellicola. Ragionando infatti è difficile pensare ad oggi un elemento più azzeccato e adatto per interpretare quel personaggio. Prima di tutto perché colpisce ed è in perfetta linea con l'ideale attraente di qualcuno che ha dimestichezza con la magia del fascino, sottolineata poi dalle esperte mani di Michael Moschen, inventore nientepopodimeno che della disciplina da giocolieria che vediamo nel film di manipolazione delle sfere trasparenti.
Praticamente ogni elemento presentato "urla" di metafora e simbolo a partire dal labirinto percorso dalla protagonista che ha un nome evocativo, Sarah, che significa "Signora" o "Principessa" e che ad ogni passaggio cade verso il basso e per raggiungere un ideale castello che secondo la prospettiva fin da principio ci appare invece posto più in alto.
E cosa vogliamo dire del primo pupazzo incontrato, il più "meccanicamente" complesso di tutti, il "Virgilio" che Sarah come Dante incrocia prima di entrare nel Labirinto, luogo che è IL regno di un individuo (Jareth, prob. una miscela di Jared e Gareth che si traduce "discesa dolce") palesemente androgino e votato all'oscurità, così come sottolineato nelle canzoni, chiaro riferimento agli inferi ?! Gogol non ha solo un ruolo e un nome interessante che sembra rimandare a google (che dovrebbe chiamarsi googol secondo il mito della sua fondazione) l'azienda di Mountain View fondata 11 anni più tardi, ma per tutta la durata del film non si fa altro che sbagliare il suo nome... Come infatti è accaduto alla registrazione del nome dell'azienda che doveva essere quella suggerita da un bambino di 9 anni... Sicuramante tutte coincidenze, ma dato che stiamo parlando di certi consessi che usano spesso questi trucchetti e che amano giocare con i doppi sensi e i numeri della cabala, oltre che con le parole, forse anche no.
Se dovessi indicare le millanta mila sfaccettature di quest'opera non mi basterebbero 10 enciclopedie a non esagero ! Fate se avete voglia voi i vostri approfondimenti ma tenete ben presente che più qualcosa ha vestigia di superficialità infantile, più si riferisce archetipicamente ai principi... Comunque questa non è una recensione per un film ma solo un modo per sottolineare come sotto ci siano sempre i soliti "padroni del discorso", Signori indiscussi e incontrastati di ogni discorso, aggiungerei, e si vede se si vuole vedere. Non c'è tanto altro da aggiungere in proposito.
In specie se poi il discorso è quello immaginifico e fantastico proprio della fiaba. Cioè quello dove poi "il discorso", cioè la semantica che usiamo per capire la realtà che ci circonda, nasce e si sviluppa.
Però non distinguiamoci al solito per la grezzitudine. Quando dico che l'immaginazione è usata per costruire semantica non intendo che debba essere tradotta in modo letterale. La traduzione letterale è la più immediata ma quasi sempre anche la più sbagliata.
In magia lo specchio non delude, ci fa sempre vedere quello che intendiamo. Se l'intento è quello di guardare la nostra immagine. Tuttavia quello che ci fa vedere non è mai una copia, ma un riflesso e la differenza è semplicemente Cosmica.
Tutto il film è un continuo richiamo alla potenza dell'identificazione, il cuore nero stesso del viaggio negli abissi inferici, dove la costante è la sicurezza accompagnata dall'incertezza (la protagonista accompagnata da Gogol). Sarah è una ragazza intraprendente, intelligente e carica delle migliori intenzioni, ma il mondo che la circonda non è semplicemente "folle" come quello di Alice. C'è una logica strutturale ed è quella indicata fin da principio: l'infante (simbolico e interiore di ogniuno, cioè l'ingenuità) preda del Re della Magia (nera) che è destinato a diventare il suo pupazzo, allo scoccare della tredicesima ora, un ora che non esiste in un quadrante di 12 ma che può essere anche intesa come "UNO" o tutt'uno (nella logica biforcuta del Jolly) come rinascita entro altri panni, entro un certo ciclo.
Come tutti noi d'altronde, qui nel regno delle Bolle Illusorie, dove il fascino ipnotico è IL dominio assoluto.
Oh no ?