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Il delirio (parte II)


GioCo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
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Topic starter  

Se non avete ancora letto la prima parte, al fine di capire questa seconda vi invito a farlo (QUI).
 
Entriamo adesso un poco nel vivo dell'argomento (anche se non potremo esaurirlo) che è il delirio. Come mi capita a volte, esplicito subito il punto e poi lo argomento, perché non mi piace creare un "effetto suspense" che potrebbe tradursi facilmente in noia, dato il contesto.
 
Prima di tutto, il delirio non interessa qualcuno attorno a noi o anche "il resto di noi", interessa chi prende corpo. Cioè tutti, indistintamente, ma per estensione anche tutta la Vita a noi nota e (aggiungo) anche buona parte genericamente ignota. Preciso che alcune frasi di questa condivisione potrebbero essere intese come eufemistiche (tipo batutta) o non essere intese affatto ed è normale e se avrete poi la pazienza di rileggere vedrete che sottendono invece una infinità di altri aspetti non banali.
 
Il perché il delirio interesa la vita a noi nota è presto detto, dipende (o è dovuto) al corpo e alla materia osservabile ai sensi o come dovrei dire per chiarire il concetto, il contenitore. La domanda quindi che "dovrebbe" essere spontanea è: "il contenitore di che?". Secondo questa ipotesi di lavoro, che sottolineo anche in questa seconda parte essere unicamente un argomento di riflessione e per un quadro di alta coerenza che comprenda tutto ciò che ci circonda (con noi dentro) il "riempitivo" sarebbe il pensiero. Tuttavia detta così, dal momento che noi non sappiamo cosa sia il pensiero e lo percepiamo più come un prodotto (tipo software di un computer biologico) che come ciò che produce (materia della materia) e quindi qualcosa che deriva dal corpo e dalla sua attività, più che il rovescio, dobbiamo aggiungere una parolina che ci indirizza a un diverso modo di intendere la realtà che ci circonda. Un modo totalmente rovesciato, diciamo speculare, in cui il pensero "è" la concreta materia dietro la materia (ma è difficile intenderla in questo modo dalla nostra prospettiva) mentre la materia nota ai sensi è la sua illusione, la sua Ombra. Putroppo anche qui c'è una "complicazione". Non posso chiamarla Ombra se no poi diventa difficile distinguerla da un altro tipo di ombra, ma andiamo per gradi che la questione è articolata.
 
Il "pensiero che è concreta materia" dietro la materia lo chiarmeremo quindi forma pensiero. Perché "forma pensiero"? Perché non ha una forma sua data ma ne può "acquisire una a piacere", tipo l'acqua per intenderci, solo che l'acqua acquista la forma del contenitore mentre qui si sta parlando di una "materia" esotica che acquista la forma che preferisce. Volutamente. Quindi al di sopra della "forma pensiero" dobbiamo porre (per ovvi motivi) una volontà che non è ovviamente quella che viviamo nel nostro quotidiano, dato che noi una forma fisica fissa prefissata ce l'abbiamo e non abbiamo bisogno di assumerne una. Questo configura una serie piuttosto articolata di conseguenze. Una è che noi, essendo nella materia abituati a riconoscere le cose tramite la forma, avremo a che fare con "cose" sempre difficili da riconoscere. In particolare tendiamo a dividere in "buono" o "cattivo", "vero" o "falso" proprio per tramite della espressione di forma. Capite che si apre una prospettiva di ambiguità (anche se "solo" per la Mente che mente) non indifferente.
 
Soprattutto diventa un vero pasticcio comunicare su questi argomenti, condividere cioé tramite parole e trovare un base comune (singnificativa) per intendersi. Quindi abbiate pazienza che da miserabile quale sono, faccio letteralmente i salti mortali per trovare i termini corretti e sono perfettamente cosciente che non sempre riesco a trovarli o a metterli insieme in un modo sufficientemente efficace. Abbiate quindi comprensione.
 
Quando parlo del corpo, dato che includo anche quello animale o vegetale, d'ora in poi intederemo solo quello umano, perché ha caratteristiche che lo rendono più permebile alla possessione e questo dipende in specifico proprio dal linguaggio. Cioé dal possedere i mezzi (nervosi) sufficientemente "potenti" da elaborare significati complessi del Mondo che ci circonda. Un meccanismo MOLTO delicato e affascinante e che nel momento in cui viene inquisito (cioé subisce un interferenza indebita da parte di forze non meglio precisate in questa sede, ma assimilabili a un disturbo del segnale, come il fruscio che senti quanto tenti di sintonizzarti su un canale radiofonico analogico) rappresenta la Mente che mente. Cioè l'uso improprio e soprattutto disarmonico del linguaggio (ad esempio confondendo continuamente contenuto e contenitore in via manipolatora, come in un @GioCo di prestigio, come fa la pubblicità ad esempio quando dice "...come natura crea") che rende particolarmente permeabile il corpo, come se praticassimo squarci alle pareti di un fortino che era inteso come "norma" difensiva per la nostra incolumità da ciò che si trova "fuori" rispetto il corpo. Cioé altre forme pensiero prive di corpo e che in quanto tali sfuggono alla nostra attenzione, diventano cioè "inosservabili", nella misura in cui ovviamente la Mente che mente risuona degli echi delle possessioni (cioé del disturbo su segnale che rende l'atto di osservare "disarmonico", dissociato a un qualche livello).
 
Facciamo attenzione che questo è anche un discorso MOLTO delicato e che sottende "il non visto". C'è un bel detto popolare, saggissimo in questo caso da tenere a mente, che è "occhio non vede cuore non duole" ed è proprio questo il punto: "vedere" quanto ci circonda ed esce dai nostri schemi è decisamente estremamente destabilizzante. Quindi tranquilli, nel caso consiglio di tenere a mente sempre che "il Mondo non è cambiato" se anche lo vedo diverso da come lo vedevo prima. E' sempre la stessa merda, solo che adesso si è aggiunto qualcosa che lo arricchisce... Inquietante magari, ma c'era anche prima e in fondo, inquietante o no è meglio sapere che c'è e vederlo che viverci accanto senza nemmeno "considerare" la sua esistenza. Proprio ed esattamente perché potrebbe (non dico che deve essere ma "potrebbe") anche rappresentare un rischio singnificativo per noi. Quindi se lo vedo poi posso anche affrontarlo, viceversa lo subisco e basta.
 
Mi rendo conto che sono tutti discorsi fumosi e sono certo che potrebbero rimanere tali a molti di voi. Non importa, come ho detto nel precedente POST, se vedo per la prima volta l'Oceano e poi devo descriverlo a chi non l'ha mai visto, faccio fatica. Ma se poi anche quest'ultimo lo vede e ne fa esperienza, farà meno fatica a riconoscerlo e a comportarsi di conseguenza. Soprattutto eviterà di ingnorare ciò che vive in quanto "prima" non aveva gli strumenti per accorgersi e accettare.
 
A proposito del precedente POST abbiamo introdotto il concetto di "moltitudine" (vi ricordate "legione" il demone che Gesù scacciò dal posseduto?) parlando di questo strano mostro, Ygramul e del suo ancora più curioso veleno dagli effetti "complessi" e interessanti, simbolicamente.
 
La domanda che vi pongo è: come si coordinano le entità di una moltitudine per generare un entità a se stante? Cioé qual'è il rapporto tra volontà del singolo componente e quella del suo complesso, perché un singolo componente dovrebbe "far parte" di un complesso con il rischio di subire conseguenze dai costi inaccettabili? Cosa in sostanza, "tiene insieme" uno sciame senziente?
 
In informatica è facile rispondere: il programma. Lo sciame è programmato apposta per cooperare. Basterebbe quindi un bug che tra l'altro sarebbe facile sfruttare in modo rapidamente diffuso per tutta la colonia dato che si tratta di elementi identici con identici punti di debolezza, sfruttato il bug "avremmo un arma potente" per abbattere tutto lo sciame in un colpo e facilmente. Ma in biologia? Se partiamo infatti dall'ipotesi che il mondo della "forma pensiero" è ciò da cui deriva questo che ne è lo specchio, ciò che vedo in questo non è altro che l'immagine di quell'altro. Quindi, se trovo i principi (comuni) da cui sorge l'immagine che mi rimane osservabile, posso trovare anche quelli dell'altro anche se non lo vedo direttamente.
 
In biologia le cose sono un "pochino" più complesse rispetto "la copia" o elemento dello sciame senziente, perché è il DNA a mantenere una quantità di informazioni straordinaria in uno spazio straordinariamente piccolo. Tante informazioni che non sono nemmeno stabili (apposta). Ad esempio in media ogni generazione tende ad avere almeno un piccolo numero di deviazioni "spontanee" rispetto la precendente. Se aggiungiamo l'ipotesi che "l'ambiente energetico" (le vibrazioni, il brodo detro cui quella biologia si evolte e prospera) influisce, è chiaro che qualsiasi turbamento ambientale a livello energetico (5G?!) diventa una pressione selettiva che aumenta le deviazioni "standard" già previste. Come eventuali agenti chimici "tossici" dispersi (diossine?!) e stili di vita non in armonia (troppo sedentari e ricchi di zuccheri e farine raffinate?) con l'eredità acquisita.
 
La deviazione consente quindi un certo grado di adattabilità plastica. Ma rende anche molto improbabile che uno sciame sia aggredibile tutto con lo stesso "trucco". Inoltre rende facile la dispersione dei compiti all'interno dello sciame. Cioé, la specializzazione organica. Come nelle cellule di un corpo.
 
Quando vediamo quindi Ygramul vediamo una semplificazione biologica di un concetto più generale che è il coordinamento organico delle parti intese come "tutte intercambiabili". Apparentemente qualcosa di potente, come la capacità della stella marina di ricrescere anche se rimane solo un pezzo del corpo, come fosse fatta tutta di cellule pluripotenti e per ciò indifferenziate, tanté che può riprodursi anche "per gemmazione". Ma qui abbiamo un mostro, Ygramul, inventanto che pur essendo "portato" a una riproduzione asessuata, non ci viene specificato come si riproduce e forse a noi interessa fino a un certo punto.
 
Tutto questo cosa centra poi con le forme pensiero? Ecco, sostituiamo gli insetti che compongono il corpo di Ygramul con forme pensiero. Iniziamo ad avere un quadro più articolato dentro cui muoverci. Diciamo che "il fascino" di Ygramul è che una forma sua non ce l'ha, ma che dal momento che le parti componenti si aggregano, assumono la "volontà" per comporne una, adatta al contesto e al momento, cioé "desiderata". Le parti cioè acquisiscono potere sufficiente ad alimentarsi di qualsiasi altra creatura, indipendentemente dalle sue caratteristiche e dalle dimensioni, garantendosi un parco potenziale predatorio praticamente infinito.
 
Per ciò sollevato il dubbio su come si riproduce una creatura del genere e osservato che si presenta a noi, narratologicamente, come creatura unica, indivisibile, possiamo dedurne che sono le sue sole parti a riprodursi presumibilmente, in quanto moltitudine. Poi che le singole parti ovunque si trovino, abbiamo la tendenza ad aggregarsi (e cercarsi per aggregarsi) comunque per aumentare a piacere la capacità offensiva (efficienza nella caccia) e il parco delle prede potenziali; possiamo conseguentemente ipotizzare che Ygramul sia unica, cioé non ci sono due Ygramul manifestanti in due spazi differenti, quando assume forma aggregata essa esprime in un certo senso "la stessa volontà" o eggregora. A questo aggiungiamo che in Fàntasia (il luogo ove si manifesta questo mostro) le cose sono più simili a un sogno o una fiaba che al mondo della materia a noi noto. Quindi esattamente di cosa si nutre Ygramul? Della immaginazione? Perché ci viene detto esplicitamente dall'autore (un filosofo ben conscio del potere dei simboli) che Fàntasia è il prodotto della immaginazione umana "collettiva".
 
A questo punto ci basta fare 1+1. Se la forma pensiero si aggrega e si esprime come sciame senziente, si riproduce (sempre) un "Abominazione" (un concetto che riprende nel suo ciclo Frank Herbert, "Dune", quando ci narra le vicende di Alia Atreides e della sua "possessione" da parte del Barone Vladimir Harkonnen da lei ucciso) cioè una colonia di forme pensiero che generalmente hanno "una regina", cioè un eletto alla loro guida. Quindi quando parliamo di "eletto" (o delegato) in un contesto di rapporti paritetici di una colonia qualsiasi di entità simiglianti, tendezialmente intendiamo sempre "il primus inter pares" di uno sciame senziente. Il boss di fine livello.
 
Se ci guardiamo attorno abbiamo abbondanti esempi di questo genere di rapporti "tra umani" che raramente (praticamente mai) sono intesi diversamente da una relazione predatoria ed estremamente vorace (=mai sazia) che degrada tutto e costruisce una rete di relazioni ridotte alla funzione di "sicurezza", piuttosto che a quelle armoniche di "costruzione" o arricchimento dell'immaginario. Ma questo è qualcosa che attiene il secondo argomento che tratteremo nel prossimo POST: la rete. Un concetto che ancora ci riporta a Ygramul (che non ha esaurito le sue funzioni di guida coerente all'esplorazione dell'ignoto) e alla sua espressione, cioè al tipo di forma che assume, quella aracnide. Una trappola quindi, la rete di Ygramul, per l'immaginazione.
 
Come internet. Pensatela come volete, ma è difficile con queste premesse che sia un caso... O no?

Teopratico hanno apprezzato
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