A volte, guardandomi indietro, ho la sensazione di essere venuto al Mondo come dentro una piccola e angusta stanza con una sola uscita e senza finestre. All'inizio, sentivo altri conversare amabilmente tra loro ma la porta per uscire era chiusa.
La stanza è il mio corpo e le porte erano quelle emotive. La conversazione degli altri dietro i muri era l'abilità a socializzare. Perché gli altri si riunivano, stavano insieme e apparentemente con sommario beneficio vicendevole al netto di tutti i conflitti immaginabili. Perché a me "era proibito" o quantomeno non mi riusciva allo stesso modo ?
Era come se il Mondo disponesse di chiavi che a me non erano state concesse. Tutto ciò che avevo era la mia piccola stanza e tutto sommato ero anche felice così, non coltivavo pretese e non avevo rivalse, la mia era una stanza magica e non mi sentivo affatto solo o soffocato perché ero creativamente "libero" di vivere tutti i Mondi che volevo, ma non potevo accontentarmi, non potevano lasciarmi in Pace. Non perché non ero felice, ma semplicemente per l'angoscia degli altri, una pressione esterna non ignorabile: a un certo punto "uscire" era diventato primariamente urgente, come ci fosse una questione di forza superiore, tipo la costante e irreversibile "fine del Mondo". Degli altri. Così vivevo due pressioni non conciliabili e aliene, quella di dover socializzare "a tutti i costi" con perfetti estranei irraggiungibili e quella che non esistevano le chiavi per riuscirci e in entrambi i casi "la palla" non era in mano mia.
In un certo senso mi sono quindi "svegliato al Mondo" nei panni di una specie di Alice. Tutto era perfettamente assurdo eppure non pareva che alcuno oltre me riuscisse ad accorgersi di nulla. Ovviamente non ero muto e potevo parlare con quelli dietro il muro eppure non aiutava. Insomma si comunicava ma non ci si intendeva. L'intendersi o l'intendimento pareva con gli altri, a me invisibili, puro "shopping". Cioè una specie di sport in cui l'interesse non era rivolto alla faccenda più generale, per esempio che la condizione era diffusa, ma alla vetrina e alla curiosità, alla superficie che poi era in sostanza sta porta chiusa. In altre parole non è che a qualcuno in fondo in fondo fottesse sega di farmi uscire, era una specie di "sfida" che per ciò diventava un "dovere" di gara, una norma, un @GioCo che per ciò era anche un "piacere" (breve ed entro certi limiti) che però si mescolava ad un obbligo istituzionale non meglio dichiarabile, quello di vincere il mongolino d'oro del primo che apriva la porta. Dire che per me tutto ciò suonasse non meno che bizzarro e paradossale, è poco.
Non conto nella mia vita le figure che si sono succedute nel ruolo di "amicizia" più o meno salvatrice. A volte con l'assunto esplicito di farmi accedere al Mondo del sociale "perché si". Per esempio procurandomi una ragazza che non avevo chiesto e che non stavo cercando. Intendiamoci, ho apprezzato e tutt'oggi sono grato per l'impegno e lo sforzo genuinamente profuso verso la mia persona, tuttavia "gli altri" e i loro buffi exploit hanno sempre per me rappresentato null'altro che "sacchetti di surrealtà" semoventi, più adatti ad essere studiati e compresi che emulati. Non temo di avere fatto ad altri lo stesso effetto specularmente.
Quando dico che gli altri sono oggetti di studio però vorrei essere chiaro: non è un atto "volontario" o "desiderato". Non c'è in me nessuna rivalsa interiore, non sento il bisogno di possedere "conoscienza" del mio prossimo per nessun motivo pratico, etico o d'altro genere. Sto benissimo anche da solo e sono in Pace con me stesso. Solo che non vengo lasciato in pace "dal Mondo" e vengo dagli accadimenti di continuo costretto a interagire con la surrealtà "obtorto collo". Non posso farne a meno.
Diversamente da Alice poi, non sono caduto in un Buco e non devo andare da nessuna parte a seguire nessun coniglio col ritardo nel cervello. Sto bene dove sto e non sento che fuggire abbia qualsivoglia senso compiuto. Fuggire per andare dove esattamente e a fare cosa ? Qui o lì (dove stai tu ora) per me ha esattamente lo stesso significato. Una merda.
Studiare gli altri per capire se stessi ha però un effetto avverso piuttosto spiacevole. Non piccolo. Cioè, non basta essere costretti a fare qualcosa che comunque non hai richiesto per esigenze che non senti tue, se lo fai non è gratis, DEVI pigliartela dolorosamente in culo, per forza. Tipo Cristo ma bruciato lentamente vivo sull'altare dell'impalamento sacro che il dogma ha deciso aprioristicamente. Sei condannato e ancora prima di nascere come gli albini un tempo. Vlad docet.
Chiaro che a questo punto le strade emotive che ti rimangono sono solo due, non molte: ami il prossimo e odi quello che sei costretto a fare per ricaduta constatando il tuo miserabile stato di succube degli eventi, oppure per non sentirti schiacciato e salvare quel che riesci della tua autostima, odi tutto e inizi ad amare l'odio stesso. Giustificandolo.
Nel primo caso limitare l'intervento al minimo indispensabile e allo stesso tempo lavorare per ridurre il danno generale è @GioCo forza. Nel secondo non farai che coltivare inutili pretese, verso te stesso e verso gli altri. Per logica. Ma se internamente alla mia vita le cose per lo meno si facevano mano a mano più chiare con l'età e con gli sforzi per migliorare i termini delle mie condizioni, con l'arrivo del mio demone le cose sono cambiate, diventando incredibilmente più complesse. Come se alla porta (chiusa) si fosse presentato a un certo punto qualcuno o meglio qualcosa, non meglio identificabile, che l'ha aperta come non fosse mai stata chiusa, ma questo lungi dal diventare un giorno di festa, ha solo esteso il panorama grottesco all'infinito. Come non bastasse è solo lui che la può aprire quando decide e gli va a genio. Con tutte le dovute conseguenze che ciò comporta.
Quando dico che non abbiamo scelta e che il libero arbitrio non esiste, non sto quindi parlando di un parere. Non è una mia opinione. Constato che le cose stanno così e basta. Per me, per te, per tutti.
Poi è evidente che quello che constato va inserito in una visione più generale che è un tentativo di mettere Ordine dove impera solo il caos. Ordine non significa poi ignorare o fare finta di non vedere per esercitare la follia dell'incoscienza che chiamo "ignoranza attiva". Cioé credere al posto che sapere, ignorare l'ignoranza per poterci convivere senza sentirsi costretti a colmarla. Quindi vivere la surrealtà facendo finta che sia tutto normale. Significa accettare l'inaccettabile e in primis la nostra condizione miserabile di viventi privati di scelta. Quindi guardare bene le catente che ci costringono a pensare e dipendere solo e unicamente in antitesi alla coerenza e iniziare a prenderne almeno atto. La follia che ci domina. Che è assenza di armonia, che è assenza di saggezza, che è Inferno, cioè dipendenza dalla nostre emozioni e quindi impotenza. Non mia o tua, generale e aprioristica. Come in una nursery dove a comandare sono i neonati inconsapevoli di tutto, non gli adulti.
Chiaro che in un ambientino del genere poi l'unica cosa che può essere desiderata da chi è più giovane (animicamente) è la sicurezza. La sicurezza di poter sfanculare chi ti pare quando ti pare. Cioè di poter continuare a smerdare e pisciare dentro il cervello del prossimo senza morire affogato subito a causa della tua stessa merda e piscio, dato che poi siamo (mi dispiace doverlo dire) tutti UNO e il rinculo è inevitabile. Tipo un Billo Cancelli o un Elon Muschio che spargono odio per i loro intrallazzi ad esempio. Chiaro che per farlo devi accusare l'altro di "la qualsivoglia" al fine di farlo sentire in colpa (come na merda spalmata sul selciato) così da poter continuare a spargere schifo senza freni.
Il pensiero militare e i servizi associati sono tutti compattamente coesi nel difendere esattamente la possibilità di pochi di poter continuare a spargere ignoranza attiva su tutti, senza essere coscienti di esserne dominati ma che è obbligatorio farlo per continuare a fare quello che stanno facendo: smerdare in santa pace e senza freni inibitori. Perché in un Mondo dove non comanda la Saggezza, non comanda nessuno. Quindi l'unico modo per generare consenso è dare l'illusione che la conoscienza sia a portata di mano di chiunque senza che ce l'abbia davvero nessuno. Per esempio affermando che "hai facoltà di scelta" oppure che dogmaticamente "lo dice la scienza" (l'Imperatrice assoluta dell'Ingnoranza autoeletta unilateralmente tale). Come al supermercato, scegli quello che un altro ha già scelto per te. Qualcosa che con certezza assoluta mai e poi mai penseresti anche solo possibile proporre a qualcuno o che possa esistere se non nelle fantasie malate di qualche demente da curare obbligatoriamente, se fossi consapevole.
Figuriamoci accettarlo !
Ora, qualcuno per piacere mi dica perché dovrei uscire dalla mia stanza. Perché dovrei trovare ciò che sta fuori più attraente o pensare che sia lecito "salvare" chiccessia da se stesso ? Perché dovrei "impegnarmi" per il mio prossimo: a che titolo ? Certo che non ho smesso di amare, ma qualsiasi cosa sia fatta non pare riuscire a fare comunque il bene. Quindi forse ha senso non fare nulla.
Il mio demone non ha risposte. Solo altre domande. Tipo: dato che qualsiasi tentativo di fare qualsiasi cosa per il Mondo che sta fuori dalla stanza e per l'unico fine di trovare disperatamente un ACCORDO indispensabile per vivere (apparentemente) impossibile fin da principio, messo e non concesso sia realizzato per essere comunque destinato ad essere inquisito subito dopo, come farai a metterci impegno in quello che sei costretto in ogni caso a fare ?
Perchè ogni tentativo efficace di portare Luce ove impera l'Ombra, cioè di portare Saggezza e Armonia (vitali) dove non ci sono, per forza è percepito dai portatori di incoscienza come un pericolosissimo attacco al cuore stesso di tutte le cose e per forza non può che scatenare le reazioni più vivaci e feroci. Tipo rabbia, paura o più spesso frustrazione (=perdita di autostima) e senso di colpa. Come per la Belva messa all'angolo. Tra l'altro più si procede e più la Luce porta danno indipendentemente dal suo ridursi al minimo.
Per ora non avendo risposte, mi limito a procedere per inerzia cercando di decifrare quanto accade, riducendo al minimo il danno che ciò procura. Per esempio, evitanto notorietà facile o peggio più generale e pubblica. Così che colui che viene raggiunto, non sia tanto raggiunto dal mezzo e nel merito, quanto dal fato e dagli strumenti di cui già dispone.