[link immagine: istitutobeck.com, il lupo mascherato]
C'è una realtà nella realtà che è innominabile e inaccettabile e che supera tutte le più profonde paure umane e tutti gli orrori peggiori che l'immaginzione ci ha indotto a "rinchiudere" nella finzione dei film di hoolywood, così da marginalizzare questioni di natura anche ultraterrena e non indurci in preoccupazioni non adatte alle pecore.
La violenza, quando non è solo fisica, cioè anche del profondo, non è visibile. Magari può emergere qualche livido e se si fa un esame medico si scopre anche l'osceno nascosto di cui comunque rimane una traccia (come sempre) anche nel corpo.
Ma il punto non è MAI l'abuso fisico, quanto il rifiuto di accettare una realtà che si dispiega su più livelli e che poi qui al "piano terra" prende corpo e volto in una specie di Giano bifronte, uno che guarda a destra e l'altro che guarda a sinistra, per ciò sono sguardi che non si incrociano mai.
Così si giunge a una impasse, una difficoltà nata dall'impossibilità di trovare soluzioni o vie d'uscita "mentali", a parte la banale resa alla condizione sperimentata di estrema violenza e disagio.
Tutti ne siamo compartecipi quando non coinvolti.
L'autismo, come nella pedofilia, si avvolge attorno a un pensiero che tende ad essere reiterante in maniera incontrollata. In informatica ci sono particolari algoritmi detti "ricorsivi" estremamente efficienti in casi specifici. Ad esempio, se si deve percorrere dati organizzati ad albero, come delle cartelle con sottocartelle di un computer ove si vuole cercare uno specifico file, la ricorsione permette di ottenere l'algoritmo più efficiente con poche linee di codice, ma il suo funzionamento (cioè il risultato) è tutt'altro che intuitivo.
Un classico esempio di ricorsione matematica, che segue lo stesso principio "semplice alla base di un comportamento complesso", è la sequenza di Fibonacci che (non a caso) è forse la migliore rappresentazione dell'Ordine matematico espresso in moltissime parti della biologia, come in botanica la forma di molti fiori.
L'autismo, nel confronto tra la parte neuordiversa e quella neurotipica, "lotta" continuamente per arginare quello che chiamo "il loop". Cioè quella specifica condizione che mette la mente autistica in stallo, rendendogli impossibile trovare soluzioni o vie d'uscita "da se stessa". La soluzione è semplice, basterebbe non ripetere MAI lo stesso percorso nell'impostare un approccio con l'autismo. Per esempio insistendo quando nella divergenza si tende a ribadire sottolineando la "ragione" nello stesso identico modo e per imporre il proprio punto di vista da una posizione di relativa forza, per esempio "da adulto verso un bambino". Riflettere, significa trovare modi per arrivare all'obbiettivo dell'accordo che rimane essenziale, senza affidarsi alla ripetizione coatta.
L'errore che si commette è quello di confondere la reazione autistica con la ragione. Una reazione che può essere di fuga, accettazione passiva (resa totale) o rabbia, ma che pare eludere l'obbiettivo educativo. Tuttavia la reazione autistica è sempre una reazione interiore allo statto di stallo mentale, mai esteriore e di rifiuto a una logica di migliore adattamento.
Noi abbiamo lasciato che l'obbiettivo educativo di persone con disagio fosse lasciato nelle mani di chi ha interessi allo sviluppo di comportamenti pedofili verso persone con autismo, perché l'autismo designa vittime perfette per i pedofili, finendo per moltiplicare l'uno e l'altro problema. Il risultato è stato quello di normalizzare la violenza psicologica sulla popolazione infantile (di massa) in quando il disagio del bambino sarebbe da considerarsi transitorio (in quel caso). Poi da adulto (se sopravvive alla tentazione del suicidio) sarà egli stesso un pedofilo reiterante (cioè caratterizzato da un pensiero compulsivo pedofilo) e questo è un male che non può che espandersi a macchia d'olio ma che viene ostentatamente ignorato, perché ci terrorizza ammettere le proporzioni raggiunte e la natura devastante oltre che "sottile".
Non sappiamo cosa fare, così come con il pedofilo anche con l'autismo. Allora si reagisce dissimulando, mascherando, negando, proprio come indicava Pasolini, in via perbenista che sa essere peggiore proprio perché nega quella violenza estrema che commette mentre la commette solo perché non c'è riscontro immediato di quello che sta facendo.
Non abbiamo quindi idea di cosa stiamo facendo, ma lo facciamo lo stesso, legittimati ed anzi promossi a pieni vodi dal peggio del pensiero che possa esistere, per continuare sulla strada sbagliata.
Ora la schiuma di questo andazzo è tracimata. L'insistenza di intendere l'autismo come una "vittima sacrificale" di un processo molto più vasto che riguarda tutto st'accidente di occidente comandato da Moloch per tramite delle corna cattoaschenazi, ha finito per produrre la sua stessa nemesi.
Un occidente nato dalla scolastica che è il fondamento educativo il cui cuore nero pulsante è proprio l'insistenza vessatoria di un "adulto" sulla massa infantile. Lo "dico io", "lei non sa chi sono", "l'esperto dice che", sono tutti sottoprodotti della stessa origine che impone l'atteggiamento socialmente "autistico", cioè compiacente verso l'insistenza del pensiero reiterante insieme la necessità impellente di trovare un modo di renderlo "obbligatorio". Cioè non permettere che si possano "immaginare" alternative.
Come quando eravamo a scuola e non abbiamo potuto fare altro che subire l'insegnamento impartito dall'alto.
Chi era a presidiare la struttura scolasitica, come quelli che poi oggi sono diventati adulti passando per questo schifo di educazione, diventa incapace di capire. Non è più in grado di accettare, viene come spento dentro.
Come il pedofilo che ha subito la pedofilia, i suoi circuiti mentali lo inducono solo a reiterare il bisogno di intendersi in quel modo subdolamente violento, compulsivamente alla ricerca della ragione sull'innocenza. Anche la sua.
Perché le sue ragioni, anche giuste, devono essere però imposte con la violenza sottile dissimulata, non ammissibile, la stessa che nessuno vede o può ammettere, a meno che non si cominci a riflettere attentamente, ad approfondire, a Vedere oltre le barriere superficiali che ci sono state imposte surrettiziamente.
Noi siamo schiavi del pensiero molochiano. La pedofilia e l'autismo sono due architravi irrinunciabili per il mantenimento di quella schiavitù che ricorsivamente ci ammorba la psiche e che mettiamo in atto senza rendercene conto perché parte integrande del pensiero collettivo (malato) anche e soprattutto (tragicamente) quando crediamo di fare il bene del prossimo.
L'unico metro che ci rimane da adulti e che fa ancora un poco la differenza è l'esagerazione. Noi non coltivando un pensiero pedofilo estremo, ci diamo un limite. Lo schema rimane simmetrico ma il risultato "pubblico" rimane contenuto. Il disagio di chi ha subito troppo a lungo e in via esagerata sto schifo uscendone vivo, no.
Riflettiamoci, perché la risposta a questo orrore, non può essere altro disagio, anche se ci sarà battaglia e il fratello dovrà uccidere suo fratello.
Non possiamo evitarlo. Non è bene nemmeno "pensare" sia evitabile.
"Allora si reagisce dissimulando, mascherando, negando, proprio come indicava Pasolini, in via perbenista che sa essere peggiore proprio perché nega quella violenza estrema che commette mentre la commette solo perché non c'è riscontro immediato di quello che sta facendo." C'è un regista che mette a nudo questi meccanismi criminali di massa, esattamente questa negazione, dissimulazione dell' orrore evidente, come se li conoscesse in prima persona: Lars Von Trier in Dogville. Un film che mi ha infastidito a tal punto che non lo vedrò mai più.