Una delle questioni centrali nelle disamine che ho temporaneamente sospeso per via dei recenti trascorsi, riguarda il delicato rapporto che c'è tra volontà e intelletto. Tuttavia considero di primaria importanza riprendere a ragionare sulla evidenza evidente che più di ogni altra ci può aiutare ad affrontare il nostro tempo.
In buona sinestesi la capacità di elaborare informazioni (tipica delle intelligenze artificiali) non prevede una volontà, ma al massimo una capacità decisionale. La volontà è di fatto "sottomessa" alle emozioni, esattamente come l'intelletto è "sottomesso" alla volontà.
Le emozioni sono per ciò "sottomesse" all'intelletto in un circolo di interdipendenze ma solo e solamente se l'intelletto rispetta il principio con cui le emozioni funzionano, se no il ciclo si spezza (va in disarmonia) e si attivano tutta una serie di conseguenze spiacevoli. Se tento di suonare il tamburo guardandolo e magari ne ho bisogno intensamente perché è il modo in cui comunico a distanza, evidentemente non otterrò grandi risultati e la mia comunicazione "distante" fallirà. Allo stesso modo se tento di controllare le emozioni, senza seguirne i principi, non otterrò grandi risultati e il tentativo di "comunicare" con ciò che si trova nell'ambiente (=distante) fallirà.
Questo non occorre con le altre interazioni, cioè ad esempio tra volontà e intelletto. Perché dipende da come ognuna di queste aree funziona "organicamente" alle altre. Il compito primario della volontà non è quello di prendere decisioni, ma di coordinare i risultati delle elaborazioni dell'intelletto con la motilità (cioè la posizione del corpo) che è principalmente una ragione emotiva.
Anche per questo insisto nel dire che non ragioniamo con il cervello, ma con l'intero corpo.
Detto in altre parole, prima noi avvertiamo l'emozione e poi elaboriamo le ragioni per "muoverci" in qualche direzione. Cioè prendere decisioni sulla base del coordinamento tra un elaborato e un vissuto emotivo. Facciamo un esempio. Sono in giro a fare la spesa, diciamo per comodità al supermercato. A un certo punto mi viene in mente che ho dimenticato qualcosa ma non ricordo cosa. Mi fermo tra le corsie a riflettere e cerco di ricostruire mentalmente l'elenco di cose che mancavano prima di uscire di casa. Aprendo il frigorifero avevo annotato mentalmente che mancava il latte fresco (già preso) e poi ... le uova. Ovviamente l'impulso emotivo tende ad essere "pre-caricato" come una molla e scatta nella condizione che avevamo programmato. Per noi era "importante" ricordare l'elenco degli acquisti, ma se sopraggiunge qualcosa che emotivamente è più importante, questa "disturba" l'azione emotiva. Infatti è noto come l'ansia (ad esempio) ha una azione tremenda di disturbo nei processi della memoria.
Ma ciò che ha coordinato l'intera azione è la volontà di fare la spesa, non la decisione di comperare le uova. Quella riguarda un singolo passaggio del processo che è a un livello superiore e appartiene alla volontà. Per ciò sapere come funzionano le emozioni, a cosa servono, come sono costituite è fondamentale per rendere il più possibile "pulito" l'intero processo.
Per concludere copio da Treccani alla voce "volontà e decisione" sotto il dizionario di medicina: "Ruolo delle emozioni nel processo decisionale. Le emozioni hanno un ruolo rilevante nel processo decisionale alla base delle azioni volontarie. Celebre è il caso, descritto da Antonio Damasio, del paziente Elliot. A seguito della rimozione di una piccola massa tumorale localizzata a livello della corteccia dei lobi frontali, Elliot perse in modo drammatico la capacità di prendere decisioni, trascorrendo intere ore a valutare, in modo inconcludente, azioni alternative quali usare una penna blu o nera o se parcheggiare l’automobile in un certo luogo piuttosto che in un altro. L’incertezza si acuiva nel caso di decisioni che coinvolgevano questioni personali o sociali. Dopo attente analisi, Damasio scoprì che Elliot era diventato del tutto incapace di provare emozioni. Questa osservazione portò a rivedere il concetto secondo cui le emozioni umane sono prevalentemente irrazionali, mettendo invece in luce l’importanza che esse rivestono nel dirigere le scelte. La rimozione della massa tumorale aveva interrotto, nel cervello di Elliot, le connessioni fra i lobi prefrontali e i nuclei profondi dell’emozione (come l’amigdala, una parte essenziale del sistema limbico), con il risultato che gli stati emotivi non potevano più influenzare le attività razionali coinvolte nel processo di scelta" [treccani.it]
A questo proposito vi consiglio quindi una lettura di questo articolo QUI tratto da "indiscreto.org" da dove ho tratto l'immagine.
Ho scorso 'indiscreto.org', hai per caso trovato altro, sullo specifico argomento del ruolo delle emozioni come emerge dall'esempio addotto nell'articolo della Treccani?
Ho scorso 'indiscreto.org', hai per caso trovato altro, sullo specifico argomento del ruolo delle emozioni come emerge dall'esempio addotto nell'articolo della Treccani?
Il problema @primadellesabbie é purtroppo una difficoltà enorme nel reperire info "pulite". Questa roba è pesantemente inquisita e vorrei pure vedere che non lo fosse: è un arma che rivolta contro chi ci opprime, ribalterebbe gli equilibri di forza in @GioCo. Pensa ad esempio a tutte le scuole di pensiero che parlano di "pro-attività" in campo lavorativo e fanno riferimento al mondo degli affari e del mercato. Tutte orientate per accontentare una certa visione del rapporto di potere tra chi comanda e chi esegue. Oppure all'ormai onnipresente colla mentale che è la programmazione neurolinguistica.
Non sono cazzate, ma concetti mescolati a schifezze che è davvero difficile controbattere. Forniscono una visione parziale e ostica da smontare. Pensa ai terrapiattisti e immagina di dover discutere con loro della assoluta implausibilità delle loro teorie vedendo che ti rispondono con sorrisetti saputi. Chi si addentra in questi meandri finisce da quella parte del coro.
Chi ha orecchie per intendere ...
Più approfondisci questi temi, più l'intrico che li rende confusi si fa fitto. Sembra di combattere con il roveto della bella addormentata. Il parallelo ti assicuro è più che azzeccato.
Quindi si, ce li ho, ma non li giro perché sarebbe come invitare un caro amico a fare un tuffo nelle paludi. Se lo vuoi morto potrebbe essere anche una buona soluzione, ma allora che amico sarebbe? Già quello che ho girato mi mette ansia, ma spero che con il mio incipit sia possibile almeno stare a galla e non affondare in ragionamenti troppo ingannevoli.
Lo dico perché non sai le sole che ho pigliato. In molti casi ci ho messo anni prima di riuscire a dare parola a sensazioni impalpabili che mi mettevano in guardia. Sono tutte ca%%ate evidentissime quando le scopri, ma il problema è proprio questo: scoprile. Poi spiegare a chi è a digiuno è tutto un altro cinema.
Più avanti forse quando mi sentirò sicuro posterò qualcos'altro con i dovuti crismi.
Capisco, grazie comunque.
PS - Nel finale (da 30' circa) del filmato di Galimberti, che ho messo qui accanto, emerge un'interessante considerazione che coinvolge il linguaggio, considerazione radicale quanto ovvia. Potrebbe interessarti.
É verissimo. Storicamente in vita ho preso le decisioni migliori e ottenuto i migliori benefici quando non me ne fregava niente del risultato finale. Segno che l´ansia non solo influisce sul processo decisionale (cosa é meglio e cosa é peggio) ma anche sull´esecuzione.