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Le nochi sono amare


GioCo
Noble Member
Registrato: 3 anni fa
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Non ci fermiamo mai abbastanza a comprendere come la realtà che viviamo sia alterata dentro di noi. Ad esempio, ogni volta che qualcuno manifesta sintomi di allergia ai pollini, mi viene in mente la frode della allergie. La faccenda è semplice, ormai è noto e stranoto che c'è una precisa interazione tra l'inquinamento atmosferico (soprattutto le miscele di gas di scarico urbane) e le proteine-glicoproteine che si trovano sulla superficie dei pollini, originariamente con una funzione molteplice e utile alle piante. Tale interazione non era ovviamente prevista nel progetto di milioni di anni che la natura ha faticosamente messo insieme quanto ha prodotto il polline. Ma per noi umani il problema non è l'inquinamento. Dovremmo infatti dire (per ciò che sappiamo) "malattie allergiche da inquinamento", ma no, diciamo "da polline" e così le piante (non l'inquinamento) diventano "il" nemico per una banale questione linguistica.

Qualcuno potrebbe obbiettare che il polline è l'agente irritogeno e sarebbe ampolloso ricordare che in realtà è l'equivalente di una pellicola oleosa sulla superficie del polline che cambia chimicamente al contatto con l'aerosol urbano a essere irritogeno per le mucose umane. Infatti è inutile insistere sull'aspetto tecnico dal momento che siamo tutti "tecnicamente deformati" a pensare come gli asini che il problema è il polline per un motivo semplice: le soluzioni non devono includere la riduzione del consumo di massa di carburanti fossili, per esempio con una disciplina legalizzata dei consumi, ma rimanere economicamente "liberi" dalle pastoie dello Stato e per ciò va benissimo l'intervento compensativo sanitario con antistaminici e il parallelo aumento della densità di gas tossici allergenici.

Questo mette in evidenza perché in altri interventi riguardanti la schematica cognitiva, ho sottolineato che la linguistica è un ostacolo alla comunicazione prima che uno strumento di comunicazione, cioè un freno all'adattamento che peggiora la già dolorosa frattura che ci separa dal nostro ambiente e all'interno di noi, un divaricatore dal precario equilibrio che tiene iniseme quell'altra dolorosa frattura tra la sfera emotiva e quella razionale.

Qualche giorno fa mi sono trovato a comperare delle noci fresche e nostrane che costavano poco, la metà almeno delle noci che consideravo da sempre tradizionali (almeno quarant'anni) di solito provenienti dal Cile o comunque paesi latino americani. Il pacchetto che le conteneva era di plastica rigida e questo non permetteva al frutto di "respirare", sicché ho trovato le noci sul fondo bagnate. Per fortuna quand'ero bambino ho avuto modo di fare esperienza della raccolta delle noci, sapevo quindi che quelle raccolte sulla pianta assomigliano a prugne e che la noce è praticamente il nocciolo del frutto. Come per la pesca anche la noce esce quindi dal frutto bagnata. All'interno del guscio legnoso, la noce è ancora umida e composta da una polpa bianca ricoperta da una cuticola spessa e gommosa: per ciò per evitare che marcisca è necessario distendere il nocciolo su una superficie asciutta e all'aria per farlo asciugare. Se si raccoglie di fretta e si mette in un pacchetto di plastica non fa a tempo a seccare permettendo a muffe e batteri di degradare rapidamente l'interno. Per ciò la prima operazione è stata distendere queste noci su un canovaccio per poi metterle in un contenitore più consono, cioè di panno.

Quando ne ho aperta una mi sono reso conto di due cose: non ricordavo più come fosse fatta una noce fresca e avevo dimenticato il sapore. Per me è stata una specie di "piccolo shock" constatare che le noci sono amare e ricordare che quel sapore ricorda quello della pellicina delle castagne fresche ma molto più sopportabile. Tant'è che a molti piace (mentre per le castagne è più difficile trovare quell'amaro gradevole) e questo evita la seccatura di levare la pellicina.

Quindi mi sono chiesto: ma se è così facile dimenticare un sapore e un esperienza intensa fatta da bambini come il rapporto con il frutto tipico dell'ambiente nativo, come possiamo difenderci da tutte le fregature e le alterazioni con cui ci dobbiamo misurare? Quale intervento divino potrà salvarci dall'idea che "sano" non ha niente a che fare con "buono"? Per esempio, come faccio a sapere di cosa sono fatte le noci che ho mangiato fin'ora? Quale diamine di metro posso usare per determinare una qualsivoglia "qualità" di un prodotto che di fatto è finto, creato apposta per essere venduto e non perchè funzionale al complesso della biosfera vitale terrestre?

Se non sei un agricoltore di noci del Cile o non coltivi noci comunque, difficilmente hai idea di come sia gestita la cultura e poi il processo di lavorazione o il conseguente trasporto. Per esempio a quali sostanze chimiche viene esposta la noce.

Poi, se cerchiamo qui che legame c'è tra il seme e il polline, troviamo che: "La cellula del polline, o granello di polline, è la cellula fecondante della pianta. Essa contiene due nuclei: uno formerà il frutto, l´altro il seme ...".

Non essendo un medico non voglio addentrarmi nel regno complesso della relazione chimica tra il polline e il corpo umano. Faccio però solo notare che anche la frutta secca come il polline può scatenare allergie e che c'è una relazione stretta tra il polline, il frutto e il seme.

Quindi, sarebbe carino studiare il comportamento dei pollini delle piante da frutto e il frutto nell'interazione con inquinanti oramai comuni nei nostri territori, dato che con molta probabilità parliamo di un impatto non trascurabile sugli antiossidanti, vitamine e proteine che poi ingeriamo. Ma tale studio (chiedo) non avrebbe dovuto essere scontato parlando di "aerosol che provocano allergie"?

Ovviamente tutto questo discorso non sostituirà l'analisi compita dei dati economici, cioè delle quantità prodotte e commerciate di noci nel mercato ortofrutticolo. Ne ci dirà quali trasformazioni chimiche il prodotto subisce quando trattato con sostanze durante la coltivazione, quando essicato, quando esposto per lungo tempo agli inquinogeni presenti nell'aria durante il trasporto. A questo proposito ricordo che il fattore di maggiore inquinamento aereo mondiale è dovuto ai motori delle navi container che bruciano -letteralmente- catrame e che il costo delle noci del Cile rimane competitivo perché esistono le navi container che migliorano il nostro rapporto con il mondo che ci circonda, ogni giorno.

Ma ovviamente stiamo parlando solo di "dettagli" nel panorama di un epoca in cui l'importante è salvaguardare l'economia, non il buon senso.

L'importante è sapere che le noci non sono amare, sono tutte uguali (come fatte in serie) e non marciscono, perchè sono "buone". Anche se forse, non dovremmo più chiamarle noci, ma illusioni di piacere, perfettamente congrue al resto di questo mondo dei pazzi squinternati.


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