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Lettera aperta all'Umanità


GioCo
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Gentile Umanità tutta,
nonostante sappia di essere meno di un granello di polvere nel deserto delle intenzioni umane, sento il bisogno di scrivere questo appello: è probabile non servirà a nulla, ma non posso mancare almeno il tentativo.

Noi dovremmo restare umani? Il nostro prossimo futuro ci pone con urgenza questa domanda che è vicina a un altra, anche se non è facile cogliere quella vicinanza: quando morirò, perchè morirò prima o dopo, che senso avrà questa mia morte?

Il vecchio non può non pensare alla morte e non può non chiedersi (se ancora lucido) quale sarà il significato della sua morte. Potrà dire "i figli", oppure se ha lasciato un eredità, quell'eredità, sia in beni materiali che intellettuali. Ma se non ha lasciato nulla? Se ha speso la sua vita "a godere" o a correre dietro al più "ai bisogni", che senso avrà quella sua morte?

L'Uomo agisce spesso sotto l'impulso di logiche "programmate", principalmente dalla società. In un altro luogo e in un altra epoca poteva sembrare giusto offrire la vita dei primogeniti ad un dio che poi era una statua sommata alla volontà di un sacerdote che "si faceva tramite" della volontà della statua. Ridicolo? Qui ed ora non c'è quella logica, ma ce ne sono altre e non per questo possiamo saperle meno feroci. Solo, sono diverse e siccome ci abitano, noi non riusciamo "a vederle" cioè a misurarne i contorni di ferocia, sia pure "ridicola". In altre parole, possiamo vedere bene nella distanza, del tempo e del luogo, ma quando tempo e luogo sono qui, sono i nostri, guardiamo senza vedere. La cosa più difficile è quindi "vedere dove ci troviamo". Partiamo da qualche indizio condivisibile.

Da sempre l'Uomo ha una caratteristica: prende ciò che gli piace e lo manipola perché sia vicino al suo intendimento. Anche gli animali fanno qualcosa di simile, ma in scale infinitamente più piccole. Per esempio molti volatili fanno con dei rametti un nido. Questo porta l'Uomo a non riflettere mai (voglio aggiunge "per principio") sulle conseguenze devastanti che le sue azioni hanno sull'ambiente. Vede una pianta da frutto, gli piacciono i suoi frutti e dice "questa pianta non fa frutti tutto l'anno", allora manipola, manipola, manipola, finché non ottiene una pianta che fa quei frutti tutto l'anno. Poi dice "sai cos'è? questi frutti hanno troppi semi, sarebbe bello non ne avessero affatto!", allora manipola, manipola, manipola, finché non ottiene un frutto senza semi. Non si preoccupa delle conseguenze che quell'intervento avrà sull'ambiente, per esempio della vita che era legata al ciclo stagionale di quei frutti o all'abbondanza di quei semi. Ma nemmeno se poi quel frutto rimarrà altrettanto buono al gusto o anche solo altrettanto compatibile con il suo organismo. Oppure quale orrore alieno di pianta ne verrà fuori. Non pago, l'uomo è pure orgoglioso dei risultati che ottiene, che sono esclusivamente volti alla glorificazione del suo vizio. Ogni intervento, non fa che cementare un vizio e con ciò spingere perché sia più feroce e aggressiva la manipolazione successiva.

Di recente l'Uomo ne ha tirata fuori un altra delle sue. Si chiama web, che significa "rete", ma non una rete qualsiasi, come quella probabile degli affetti che lega i componenti di una famiglia, ma esattamente quella del Ragno. Quindi una trappola per insetti. Cioè per gente come me che non conta nulla.

Il futuro, gentile Umanità, mi fa orrore, infinitamente più che un racconto di Lovecraft, perchè almeno quello era per stessa ammissione dell'autore, niente più che un racconto "meraviglioso", cioè di fantasia. Anche se a volte penso "ridendo" che le sue divinità tentacolari avessero come intento quello di descrivere l'Impero britannico di cui era già un suddito. Questo nostro prossimo futuro sta prendendo invece corpo "vero" in tutta la sua viva repellenza, come un invasione di Borg. Come non bastasse, nessuno sta opponendo seria resistenza critica, ne c'è di conseguenza nessuna alternativa spendibile, più desiderabile. Non potremo quindi sperare di rimanere "Umani", finché si guarderà senza "vedere".

Dal web che ci ha dato tanti successi, troviamo che la principale componente che lo alimenta sia l'ormai famosa invenzione GSM. Ma se i più attenti critici pensano a un banale "pericolo al patrimonio informativo" a me preme invece una dimensione infinitamente più ampia, che comprende l'idea strategica di una rivoluzione così radicalmente profonda.

La tecnologia web crea dipendenza integrale e trasforma obbligatoriamente il rapporto tra l'uomo e il suo ambiente in senso alienante. Non è solo una questione di rifugi, di luoghi dove proteggersi dall'invasività fagocitante di questi affamati ragni tecnologici che avvolgono il mondo con le loro tele, iniettando nelle vittime il veleno delle condiscendenza, che serve succhiare dall'interno "consenso liquido", si tratta di un processo conservativo autogeno parassitario rispetto l'essere Umano che non credo sia (per ora) "reversibile", ma nemmeno "contenibile". Si tratta di una infezione in piena esplosione: finché non esaurisce la carica espansiva non c'è molto che si possa fare. Più questa "cosa" cresce in forza, più la nostra umanità si indebolisce, meno ce ne accorgiamo. Viaggiare, mangiare, curarsi, vestirsi, avere una casa, dei figli, degli affetti, ogni aspetto della nostra vita è sempre più pregno di quel veleno e se pure qualche merito si può trovare a cercarlo, non è che un dettaglio di copertura rispetto il più vasto orrore che sta oltre. Come usare un dito per nascondere l'Inferno. Pensiamo solo al futuro in cui gli individui saranno rintracciati da droni militari simili a umani: vi piace il simpatico cagnetto elettronico che gioca con i nostri figli? Vi piace il moderno elicotterino da regalare a Natale? Beh, con poco si monta un programma diverso, si aggiungono armi e l'aspetto simpatico sparirà all'istante. Senza nemmeno interferenza emotiva. Bello, eh?

Se si unisce l'incapacità tutta nostra di non vedere le vere conseguenze delle nostre manipolazioni, ecco che otteniamo un cocktail che sa di Armagedōn.

Ho tanta paura per i nostri figli, gentile Umanità. Come potranno affrontare la sterminata miseria cadaverica dell'Uomo che c'è in noi, se nemmeno abbiamo iniziato ad accorgerci della profondità di questo orrore, noi che ancora possiamo raccontarlo? Noi che abbiamo ancora ricordo di un tempo con meno veleno? Sarà inutile adesso, già lo so, allontanare i nostri figli dalla smania di tecnologia, anche se in tanti, colti dal sospetto, ci provano. Il veleno è penetrato troppo profondamente nel corpo Umano, tanto che vietare il credo del Dio Ragno a chicchessia, sembra già ora ridicolo oltre che vano. Anche se noi non vediamo, perchè i nostri occhi sono ormai velati e il nostro corpo non fa che attendere impaziente la prossima iniezione di tecnofrenia, questo non rende le cose migliori o più gradevoli.

Gentile Umanità, non so quanto mi rimane da vivere. Nessuno lo sa con certezza. Forse qualche decina di anni, di sicuro non tanto quanto i nostri figli, ma nemmeno tanto da temere che sia domani. Eppure mi chiedo già adesso: qual'è sarà il mio progetto per dare significato alla mia morte? Soddisfare i bisogni come è giusto che sia e come ci occorre, ad esempio un lavoro, una famiglia, il cibo e il tetto sulla testa, non basta. Rinunciare a molti di quei bisogni, non basta. Pensare a me stesso o alle persone a me vicine, non basta. Dovrò poter dire alla fine per me stesso di aver lasciato qualcosa oltre i necessari disastri che ha procurato la mia permanenza in questo luogo. Allora? La buona notizia è che abbiamo solo l'imbarazzo della scelta. Possiamo iniziare ad esempio ad aprire gli occhi e vedere oltre il velo della morbida seta che ci avvolge. Sarebbe già qualcosa e ... in preparazione di un altro futuro, potrebbe persino essere la chiave per andare oltre questa specie di apocalisse umana.

@GioCo


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ignorans
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Non scrivo nulla perché è sua abitudine, GioCo, da lasciar cadere il discorso. :#


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conseguenze devastanti per l'ambiente. Bè sono contento di guidare una volkswagen


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PietroGE
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Era probabilmente la stessa paura che provavano coloro che, abituati a i cavalli, vedevano sfrecciare le prime machine e pensavano ad una rivoluzione tecnologica che avrebbe distrutto il carattere umano della società.
Invece di pensare al senso della morte uno dovrebbe pensare a dare più senso possibile alla sua vita, in modo da morire poi sodisfatto di quello che ha ottenuto con il suo vivere e, se credente, affrontare serenamente il giudizio del suo Creatore.


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GioCo
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Intanto vi ringrazio,
al dì la del merito (contenuto) dei commenti, già averne cumulati dopo il post è significativo. Per quanto riguarda @PietroGE la paura non riguarda un seducente abbandono di un mondo bucolico e romanzato da "la casa nella prateria", oltre al problema strutturale del mantenimento economico di questa realtà sociale, c'è l'evidenza evidente che una parte della società moderna lucra con lo stesso modello di quando nel far west c'erano "cavalli di ferro" (sulla scia di "C'era una volta il west") e la disamina non ha nel mirino tanto la tecnologia ma il filo che lega l'Uomo a questa tecnologia (dipendenza) frutto esclusivo del vizio. Poi mi deve spiegare, capito questo, come può tale tecnologia portare un qualunque bene quando rimessa nel mondo (=dipendenza tecnofreica). Infine a specchio: invece di pensare al senso di una vita che già di per sé "per nulla ha senso", perché fuori da ogni equilibrio sostenibile, magari l'invito è di smettere di pensare a godere qualcosa che ha come primo pregio "svuotarti da dentro"? Il suo commento comunque parla da sé.
@busdriver sono doppiamente contento per lei, finché dura.
@ga950 ha scritto qualcosa e credo che la mia abitudine sia più sua, dato che l'ha scritto
@ottavino non ho letto nello specifico questo libro, ma altri sullo ZEN, che poi è una interessantissima forma di sincretismo originale tra buddismo e lo shintoismo nativo dell'isola nipponica. Dei tanti e preziosi insegnamenti mi rimane in testa quello di Hoshi: Conosci l'espressione «non avere nulla»? È un insegnamento zen. "Se incontri un Buddha, uccidilo. Se incontri un tuo antenato, uccidilo. Non avere legami, non essere schiavo di nessuno. Vivi semplicemente per la tua vita." È l'unico insegnamento che mi è stato trasmesso dal mio predecessore. Ecco perché continuerò ad uccidere senza alcuna pietà... CHIUNQUE MI SI PARERÀ DI FRONTE! Che si tratti del nemico o di qualcun altro, non fa differenza.".
Aggiungo che è forse il miglior sunto per rendere schiavo della società l'animo nipponico, tipicamente paradossale. A me però viene in mente che la nostra cultura non è mai stata seconda a nessun'altra: l'abbiamo buttata via troppo di fretta, ammaliati da culture tanto diverse e distanti dalla nostra, come le lucette per le falene. Grosso errore.
Così adesso quando qualcuno ti fa notare dove vivi, la risposta più tranquilla è "fa silenzio dentro di te" oppure "medita" sempre per silenziare. Chissà perchè è un invito che riguarda esclusivamente la dissidenza e la critica alla presente civiltà: sarà che c'entra qualcosa Crowley, grande importatore di tecniche induiste "ripulite"? (Yoga).

Aggiungo una provocazione per tutti: recentemente mi è capitato di chiacchierare con un simpatico ghanese (originario del Ghana), che era in Italia da 18 anni, felicemente sposato con tre figli e bene inserito nella ridente cittadina di Parma. Aveva splendide parole di ammirazione per la fetta di Italia che aveva conosciuto e mi raccontava di come litigasse spesso con i suoi parenti rimasti in patria che "non volevano nemmeno organizzarsi per lavorare". Non so se cogliete il continuo paradosso: un immigrato bene inserito con una famiglia felice mi parla bene di un Italia che pure lui sa perfettamente non essere amata dai suoi concittadini, che hanno smesso di sposarsi e fare figli, ed è pure profondamente critico verso le sue radici. Ecco, questo è un esempio che so già non capirà nessuno, di quello che siamo. Uno specchio perfetto di dove ci troviamo. Tanto per rigirare il coltello, esposto al discorso che è al centro di questo post, lui ASCOLTAVA con grande interesse e comprendendo il succo, pur essendo partito da posizioni molto distanti ... e per sua stessa ammissione "aveva studiato poco" (forse giusto quello che occorre per leggere e scrivere?).
Il mio in sostanza, non è un discorso complicato, può capirlo chiunque, solo che per i miei concittadini è diventato quasi del tutto irraggiungibile.


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ignorans
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Gioco,
la "nostra cultura" non ha una spiegazione "razionale" di noi, del mondo. Perciò siamo tutti orfani. E come orfani andiamo in cerca.
Abbiamo ereditato solo un mucchio di conoscenze senza verificare veramente. Bisogna mettersi lì e rivedere tutto. È un lavoraccio.


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PietroGE
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Il problema della relazione tra uomo e tecnologia è risolto se si riesce ad usare la tecnologia come si usa un cacciavite. Se uno non sa cosa fare, è a corto di ideologie, di morale e in poche parole non sa dove sta andando, allora la tecnologia diventa un tiranno e il rapporto uomo tecnologia diventa passivo. Non è quindi colpa della tecnologia o del progresso scientifico se il mondo ideale dell'uomo si è inaridito.


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