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L'inutilità della negazione storica


GioCo
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https://www.youtube.com/watch?v=SD5y3LmULUA&feature=youtu.be&t=5343

Quante cose mi vengono a mente guardano e riguardando la fata confanetto, dello schiaccianoci di Tchaikovsky, un esempio non solo di cultura multipolare e autenticamente europea, ma parte di quella robusta radice che è autenticamente nostra: italiana.

Tutto parte con E. T. A. Hoffmann (Königsberg, 24 gennaio 1776 – Berlino, 25 giugno 1822) uno scrittore, compositore, pittore e giurista tedesco, esponente forse più importante di quel Romanticismo ottocentensco di cui oggi si scrive e parla così poco, che pubblica intorno al 1816 una fiaba: "Lo schiaccianoci e il Re dei Topi". Ho letto di recente (e me ne sento profondamente colpevole) di questa fiaba. La nostra istituzione scolastica nella mia formazione non è stata generosa con il romanticismo e con questo straordinario autore e se non avessi scoperto da solo quanto lo riguarda, sarebbe rimasto a me ignoto.

Il balletto della fata confanetto, fu commissionato dal direttore dei Teatri Imperiali Russi, Ivan Aleksandrovič Vsevoložskij, prendendo il materiale direttamente dal racconto di E. T. A. Hoffmann. Pëtr Il'ič Čajkovskij compose le musiche del balletto tra il 1891 e il 1892. La prima rappresentazione, che ebbe luogo il 18 dicembre 1892 presso il Teatro Mariinskij di San Pietroburgo fu diretta interamente dal compositore italiano Riccardo Drigo. La parte di balletto della fata confanetto dello schiaccianoci che ho messo in link all'inizio, è tratto proprio dal Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, in una rappresentazione del 1994 (qui è nel minuto della versione integrale in testa all'articolo).

Per l'Italia è senza alcun dubbio un onore avere un legame stretto tra queste opere, terre e culture, e la nostra si conferma come parte inscindibile e protagonista assoluta di una pagina storica recente di spessore e valore inestimabile.

Putroppo la Germania oggi è come l'Italia, presa in un sonno culturalmente mortale simile a quello di un altra fiaba, confusa per i soliti pasticci americani e in particolare Disney quando tenta di riprodurre la nostra sofisticata struttura mitologica spacciandola per propria. La fiaba è nota come "La bella addormentata nel bosco", per un tentativo di Perrault (1697) di edulcorare una storia popolare più "sanguigna" (com'era tradizione, le fiabe erano di solito piuttosto crude) poi ripresa dai fratelli Grimm (1812) con titolo "Rosaspina" per indicare il roveto che cresce attorno al castello dopo che la principessa viene addormentata. Questo soprannome, Rosaspina, sarà utilizzato nel film Disney, ma nella parte del film (del tutto inesistente nelle fiaba tradizionale) in cui Aurora viene nascosta nel bosco dalle fate. Di versioni di questa seconda fiaba, come d'altronde gli adattamenti dello schiaccianoci, ce ne sono tante e persino Calvino se ne è occupato, ma nessuna è bruttina come quelle americane. Come ho detto e ripetuto tante e tante volte, gli anglofoni sono insuperabili nel gestire scenografie, ad esempio con la propaganda, ma piuttosto scarsi nel racconto che è inscindibile con il mito.

Eppure ci sono delle questioni mitolotiche e simboliche di tale forza e impatto nelle fiabe che non è possibile per me accettare che siano messe sullo stesso piano di altre opere di fantasia simili (sul piano narrativo) come ad esempio i fumetti Marvel e DC Comic, certamente ricchi di un loro contenuto interessante, ma così assurdamente distanti in tutta la loro impronta simbolica, che ogni paragone è semplicemente mefistofelico. Se la fata confetto è la ricerca quasi ossessiva della grazia e della tenerezza che emerge dall'ombra della fantasia (vi prego di leggere la fiaba di Hoffmann per capire le mie parole), come una lucciola in una notte nebbiosa, un eroe marvel emerge come materia della Gehenna, la valle dell'Hinnom dove i re di Giuda Acaz e Manasse avrebbero praticato il culto del dio Moloch, al quale, dopo essere stati sgozzati, venivano bruciati in olocausto i bambini (2 Cronache 28,1-3; 33,1-6; Geremia 7,31-32; 32,35).

In altre parole è la Magia della Grazia che si confronta con la Magia del Caos. Nulla di incredibile, date le abissali distanze tra i due tipi di creatività, ma ciò che mi continua a lasciare perplesso è il come e il perché nel tempo contemporaneo e moderno abbia prevalso in modo prepotente la seconda versione del mito. Mito del caos indissolubilmente intrecciato con la fede mercantile: il forte è forte se spazza via la massa debole (etica econocentrica di Malthus). Il mito della grazia era invece innestata nella fede del messaggio cristiano: la forza è nel sacrificio individuale per la massa debole.

Che vi sia un contributo della tecnologia per rendere l'etica mercantile più attraente non ho alcun dubbio. Ma le cose non sono iniziate con la tecnologia, quanto con il rinnegare il lato romantico della creatività umana per quello puramente meccanico ("Close to You") economico. Lato romantico inestricabilmente abbracciato stretto con la cultura etica cristiana, senza alcun dubbio. Quindi il sonno culturale corrisponde a uno strano quanto sospetto allontanamento dalla cultura cristiana che ci circonda, allontanamento che è proprio dell'importanza della semplice saggezza e della tenerezza-sessualità-amore, separati per essere mercificati come suggerisce Silvano Agosti. Strano, non tanto per il lato che rinnega la fede nella religione, quanto per quello che rinnega una fede (qualsiasi) e insieme la storia e la spettacolare profondità umana che la religione cristiana ha prodotto nel suo lato positivo, cioè tenendo insieme il corpo emotivo con quello fisico. Non è semplicemente un buttare via l'acqua con il bambino, ma il nostro futuro cognitivo e umano: se è possibile rinnegare fino a questo punto le proprie radici storiche e antropologiche, quale difesa pensiamo di opporre all'assalto tecno-militare che stiamo subendo?

Come suggerisce Vincenzo Vinciguerra (da cui dovremmo tutti prendere lezioni di resistenza, determinazione e incrollabile fiducia in noi, anche se non condividiamo la sua battaglia) quando gli viene ricordato che è del tutto solo a combattere QUI in questa intervista, comunicando la forza di cui abbiamo disperatamente bisogno: "... non è una buona ragione per smettere". Da guardare cento, mille volte quella determinazione e stamparsela bene in testa ...

Ecco, anche la prospettiva che tutto sia finito, anche l'idea che tutto sia inutile, persino l'evidenza che siamo rimasti completamente soli nella lotta, che abbiamo sbagliato tutto, che siamo stati traditi o abbiamo inconsapevolmente tradito i nostri valori e tradizioni, persino lo stato di assoluta prendominanza della totale oscurità e del totale caos che ci circonda così trionfante per colpa nostra e solo per colpa nostra, della nostra ignoranza, debolezza e inettitudine, persino questo "non è una buona ragione per rinunciare a combattere e difendere il più debole". Perchè non c'è una alternativa etica, non c'è scelta morale difendibile se non quella di crepare come degli stronzi qualsiasi tra le feci della valle dell'Hinnom, quella Gora dell'Eterno Fetore dove venne fatto quello che facevano i re di Giuda, che sono riusciti a fare schifo persino agli occhi dell'ISH MILCHAMA (Es 15,3), cioè “l'uomo di guerra” (rif. QUI) che non si faceva scrupolo a bruciare bambini, vecchi e donne, se erano quelli degli avversari o dei traditori.

Non c'è alternativa a crepare come bestie sacrificali consenzienti sull'altare del Dio Moloch. Il Dio tiranno della tecnofrenia econocentrica, dell'eugenetica e del darwinismo sociale vittoriano. Abiurare il Dio interiore di una fede che è romantica, culturalmente e nel mito per ciò corrisponde all'abbriaccio ributtante della fede occulta per il Dio del Caos Moloch, anche se lo chiamiamo "ateismo" per un fattore "PolCor". Per ciò ognuno sia consapevole che non si può rinunciare ad avere una fede, perchè non si può rinunciare al mito e alla cultura, si può solo dimenticare cos'è una religione e il mito, per fare finta d'essere senza-fede è ignorare il proprio credo, rinunciando così ad essere responsabili della propria scelta di vita.


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fuffolo
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Molto chiaro, lucido.
Se stanno vincendo però la loro puzza di bruciato per fortuna ancora qualcuno la sente. E può aiutare il ritorno della fede
Ma entrambe sono forme di creatività?


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GioCo
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fuffolo;236856 wrote: Molto chiaro, lucido.
... Ma entrambe sono forme di creatività?

Lo dico con un peso al cuore che vorrei davvero non avere. Si, per quanto ci appaia assurdo, lo sono. L'oscurità non è meno creativa (non è forse la pancia della mamma o la nuda terra, cioè l'oscurità, ad essere luogo di "fertilità"?) non può non esserlo, perchè altrimenti è neutra. Cioè sterile. Si può essere però positivi-ingenui (tipo il candido di Voltaire) e la pochezza della propria critica diventa allora un rischio, per noi e per chi ha fiducia in noi, e in questo caso la bontà fa più danno che la stupidità malvagia, perché manca in consapevolezza circa le conseguenze delle azioni: i malvagi stupidi sono quasi sempre bloccati dalla paura. Se poi si associa alla presunzione (tipo quella di innocenza) il danno dello stupido-positivo oltre che tendente all'infinito diventa quasi inevitabile. La malvagità di una persona intelligente per ciò cerca attivamente sempre l'ombra dello stupido-positivo. Nel senso che se non c'è, lo fabbrica: ne ha tutto l'interesse. In quest'arte, l'arte della fabbricazione della stupidità, non c'è artista più grande di uno oscuro e caotico.

Per ciò, in un certo senso, ne abbiamo bisogno. Non possiamo farne a meno. Ma questo non significa che debbano essere le intelligenze oscure padrone del nostro destino.

Anche la luce è creativa. L'albero nasce e cresce perché innondato dalla luce del sole. Si tratta di una creatività differente, dal punto di vista simbolico e mitologico. Non meno necessaria, non meno utile, non meno importante e (soprattutto) non meno inquietante o crudele. La questione è un altra: ce la siamo dimenticata per strada. Come fosse possibile tralasciarla, mentre è nell'equilbrio tra le due che si ricava l'essenza umana. Non nell'esclusività di una a danno dell'altra!

Quindi il punto, probabilmente, non è tanto la supremazia della creatività oscura, ma l'abdicazione di tutto ciò che gli si oppone, esattamente perché gli si oppone.


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Teopratico
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Per ciò, in un certo senso, ne abbiamo bisogno. Non possiamo farne a meno. Ma questo non significa che debbano essere le intelligenze oscure padrone del nostro destino.

Anche la luce è creativa. L'albero nasce e cresce perché innondato dalla luce del sole. Si tratta di una creatività differente, dal punto di vista simbolico e mitologico. Non meno necessaria, non meno utile, non meno importante e (soprattutto) non meno inquietante o crudele. La questione è un altra: ce la siamo dimenticata per strada. Come fosse possibile tralasciarla, mentre è nell'equilbrio tra le due che si ricava l'essenza umana. Non nell'esclusività di una a danno dell'altra!

Quindi il punto, probabilmente, non è tanto la supremazia della creatività oscura, ma l'abdicazione di tutto ciò che gli si oppone, esattamente perché gli si oppone.

A tali ragionamenti, sulle forze contrapposte dell'universo, arriva anche il taoismo mi pare. Lo stesso simbolo del Tao, il cerchio suddiviso esattamente a metà da una linea sinuosa dove la parte oscura comprende un punto di luce così come nella metà chiara abbiamo un "buco nero", rappresenta bene questo discorso della necessità della ricerca di un equilibrio tra le forze.


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fuffolo
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Ma una metà accetta e l

GioCo;236857 wrote:

Lo dico con un peso al cuore che vorrei davvero non avere. Si, per quanto ci appaia assurdo, lo sono. L'oscurità non è meno creativa (non è forse la pancia della mamma o la nuda terra, cioè l'oscurità, ad essere luogo di "fertilità"?) non può non esserlo, perchè altrimenti è neutra. Cioè sterile.

Mi sembrava che il loro atteggiamento nei confronti del tempo fosse contrastante con la creazione.


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GioCo
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fuffolo;236862 wrote:
...
Mi sembrava che il loro atteggiamento nei confronti del tempo fosse contrastante con la creazione.

In un certo senso lo è: l'oscurità si oppone alla luce e quindi alla creazione che è nella luce. Fuori di metafora: la tirannia della tecnofrenia econocentrica, dell'eugenetica e del darwinismo sociale vittoriano non ha come obbiettivo "contrastare la creazione", ma preservare e migliorare l'uomo e l'ambiente secondo un disegno che è unilateralmente stabilito da lei: sopprimendo il debole.

Questo ha una sua funzione necessaria nel disegno complessivo, quando e se esistono dei contrappesi: pensiamo a cosa succederebbe se -in generale- le malattie non fossero più deboli della risposta immunitaria dei corpi viventi. La loro presenza preserva il sistema immunitario, ma allo stesso tempo la malattia preserva se stessa riducendo il suo potenziale distruttivo. Però questo aspetto "oscuro" smette di essere organico nel momento in cui domina al di fuori del suo spazio di competenza, del suo relativo ordine rispetto al contesto dove opera. Ad esempio quando il privato per tramite del mercato pretende di gestire istanze pubbliche con l'esclusivo suo interesse privato e unilaterale. Sarebbe come se una malattia dovesse decidere del destino dei corpi viventi di cui si nutre: non penso possa finire bene per nessuno, nemmeno per la malattia, no?!

Il privato tramite il mercato dovrebbe occuparsi esclusivamente di accordi tra privati, non di gestire la politica e l'economia collettiva, men che meno senza un confronto con una controparte equamente forte che rappresenti le giuste istanze della collettività. Ma così adesso non è ... ed è un male per tutti, anche per quella parte oscura che rappresenta gli interessi privati plutocratici.

Tuttavia noi non possiamo pretendere che una malattia (o il lato oscuro) faccia qualcosa di diverso da quello che fa ed è ridicolo accusare una malattia di essere una malattia o il lato oscuro di essere oscuro, no?!


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GioCo
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Teopratico;236860 wrote:
A tali ragionamenti, sulle forze contrapposte dell'universo, arriva anche il taoismo mi pare. Lo stesso simbolo del Tao, il cerchio suddiviso esattamente a metà da una linea sinuosa dove la parte oscura comprende un punto di luce così come nella metà chiara abbiamo un "buco nero", rappresenta bene questo discorso della necessità della ricerca di un equilibrio tra le forze.

Mentre scrivevo avevo il sentore che qualcuno avrebbe finito per citare il Tao. Grazie @Teopratico per averlo fatto così mi dai l'occasione per rispondere. Nella nostra tradizione ha più influenza lo Zoroastrismo che è più esplicito, ma la sostanza è la stessa. In questi miti le forze non sono esattamente "in equilibrio magico" (come ci viene venduto) ma in continuo contrasto (questo è ciò che va sottolineato) sempre nel tentativo di prevalere una sull'altra. Ora, lo scontro è tipico del rapporto parassitario tra organismi, cioè si tratta di "predazione", altrimenti è un rapporto di simbiosi cioè di mutuo vantaggio dove la differenze si stemperano a vicenda. Tutti i simboli dualistici, tao compreso, ci parlano sempre di un male e di un bene in contrasto e il bene è sempre la forza domesticatrice: noi saremmo quelli da domesticare (tipo dettami del buon padre o pastore). Il male quindi è la parte riservata al poliziotto cattivo, cioè sempre in una relazione di domesticazione, è quello che ti succede se non ubbidisci. A ben guardare la cultura cinese, non credo sia confutabile che funzioni con quella filosofia "taoista" di fondo. Poi ovviamente la pillola viene edulcorata come dualità necessaria, in un discorso quasi sovrapposto al mio.

Come capisci quindi da questa replica, non è proprio così per me. Di certo indico un dualismo ma di qualità differente. Quando cito l'oscurità non sto indicando il poliziotto cattivo, cioè "il male" o "ciò che non va fatto". Indico solo un lato dell'esperienza cognitivo comportamentale umana che è in relazione simbiotica con il nostro ambiente per questioni sistemiche, strutturali e organiche. Il resto lo ignoro volutamente.

Circa la relazione di domesticazione, la reputo problematica dal momento che è confusa con la relazione simbiotica obbligatoria che dovrebbe esserci verso l'ambiente. Cioè noi cerchiamo di applicare all'ambiente lo stesso principio di domesticazione che guida un certo rapporto sociale tra esseri umani. Lo vogliamo sottomesso, come spesso vogliamo sottomesso il nostro prossimo. Per ciò la nostra è una relazione parassita e il Tao è il frutto simbolico di quella relazione. Altrimenti è l'infinito a rappresentare la simbiosi, oppure una variante forse potrebbe essere il triskelion (non a caso oggi dal significato oscuro).

Comunque, inutili dotte confutazioni simboliche non tolgono un fatto: che noi conosciamo meglio la simbologia orientale della nostra. Ma che senso ha preservare la cultura di un altro paese senza conoscere la propria? Che senso ha sapere tutto del Tao e quasi nulla della trinacria siciliana?


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fuffolo
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GioCo;236867 wrote:

Questo ha una sua funzione necessaria nel disegno complessivo, quando e se esistono dei contrappesi:

Una differenziazione funzionale non implica la gerarchizzazione dei fattori, il dato naturale è da conoscere non necessitando di giudizi.
Sorprendente in questo senso
OTTO WEININGER
http://www.lintellettualedissidente.it/homines/otto-weininger/


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GioCo
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fuffolo;236869 wrote:
Una differenziazione funzionale non implica la gerarchizzazione dei fattori, il dato naturale è da conoscere non necessitando di giudizi.
Sorprendente in questo senso
OTTO WEININGER
http://www.lintellettualedissidente.it/homines/otto-weininger/

Buffo che tu citi WEININGER perchè più volte sono stato indicato come maschilista e non temo di essere stato indicato altre volte come antisemita, questo nonostante adoro la componente femminile e ho molti sinceri amici semiti a cui tengo che non sono affatto in contrasto con me negli scambi di opinioni anche su questioni delicate, persino se ebrei e sionisti.

Credo che ciò dipenda dalla differenza tra giudizio e osservazione. Otto osservava e per ciò subiva il suo tempo e i suoi luoghi d'origine, un'Austria che era passata rapidamente dall'essere parte di un impero florido a una nazione decadente, per effetto di un disegno politico preciso e di pruriti di molti interessi privati (soprattutto stranieri) che sono riusciti a spezzare l'unità politica di quel regno. Lui aveva individuato nel simbolico femminile e semita il problema. Allo stesso modo (per quanto mi riguarda) quando parlo dei movimenti femministi non ne parlo bene. Questo mi ha fatto spesso guadagnare feroci e aggressive repliche da parte di femministe agguerrite (ma del tutto fuori strada nel giudicarmi). Tuttavia non me la prendo con la componente simbolica, men che meno con la componente femminile fisica che ci abita: non le odio, al contrario le adoro. Proprio per questo me la prendo con lo sconfinamento verso pretese cretine che sono controproducenti per tutte le parti in contrasto a prescindere. Per il femminismo, trovo molto cretina la pretesa di uguaglianza se si parte dall'evidenza che i corpi hanno funzioni differenti: dentro di me non ci crescono i bambini e credo non ci cresceranno nemmeno con tutte le cure di ormoni del mondo. Ma questo (come giustamente fai notare) non significa in alcun modo che vi sia una gerarchia di qualche tipo tra femminile e maschile. Non significa che il maschile o il femminile siano "peggio" o "meglio", così come il pesce pagliaccio non è migliore o peggiore di un anemone solo perchè differente.


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Teopratico
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@Gi co- Non so molto di taoismo, ho imparato solo a praticare il thai chi grazie a un grande maestro cinese, ma non ho mai colto alcun significato moralistico nella differenziazione tra luce e oscurità come si può leggere su Wikipedia: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Yin_e_yang


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GioCo
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Teopratico;236871 wrote: @Gi co- Non so molto di taoismo, ho imparato solo a praticare il thai chi grazie a un grande maestro cinese, ma non ho mai colto alcun significato moralistico nella differenziazione tra luce e oscurità come si può leggere su Wikipedia: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Yin_e_yang

Vorrei non essere frainteso @Teopratico, nonostante le apparenze non era il mio in alcun modo un tentativo di sminuire il simbolo del Tao ne tanto meno una cultura così affascinante e antica come quella cinese. La precisazione era per la lettura più complessa del simbolo con strumenti "meta-simbolici". Che sia un simbolo di movimento e di alternanza non c'è dubbio, come il significato della dualità dell'esistenza non è in dubbio. Ma ogni simbolo ha più aspetti "stratificati", il primo e più superficiale, di solito quello "pubblico", gli altri sono via via più "raffinati"; di solito è inteso siano trovati per un lavoro ulteriore di approfondimento e ricerca personale.

La mappa dei significati dice che ogni strato è speculare a quello superiore. Per ciò lo strato sottostante, se il primo ci sembra positivo, non ci apparirà positivo e quello ancora sottostante tornerà positivo e via così. Teoricamente non c'è limite ai significati recuperabili da un simbolo. Il significato sottostante al Tao è che la dualità e netta. Ciò significa che il simbolo non rappresenta l'alternanza sfumata tipica dei fenomeni (dalla notte al giorno non c'è un interruttore!) ma dei contrasti "circolari" che sono tipici della mente umana, nel senso che senza contrasto la mente non "rispecchia" i segni, come quelli che lascia il gesso bianco sulla lavagna che deve essere nera. Più il contrasto è netto più è evidente il segno.
La caratteristica di un simbolo di contrasto netto è che richiede la classifica di fenomeni entro i suoi opposti. Ad esempio il fuoco diventa yang (bianco).

Ma non è la realtà che si classifica per via del simbolo "in automatico" è il simbolo che fornisce alla realtà una griglia che si adatta secondo convenzione, come i meridiani e i paralleli per una mappa. Per esempio posso osservare che il fuoco brucia e consuma, se no non esiste e ciò è negativo (sottrae). Posso osservare che il fuoco trasforma il legno in carbone nero. Posso osservare che il ghiaccio brucia e da qui capire che il fuoco è normalmente passivo e contenuto nelle cose, non è necessariamente fiamma, calore e luce, se non quando manifesto a certe condizioni che lo fanno diventare "attivo" per un breve istante (l'occhio dei due pesci del simbolo).

In altre parole, una cultura differente da quella cinese potrebbe classificare il fuoco yin e questo non ci cambierebbe la sostanza ma solo l'allineamento della griglia. Accade lo stesso nel classificare secondo i generi le cose che ci circondano: il sole maschio, la luna femmina, etc.

Quando un simbolo non ci racconta di un contrasto, di una divisione netta tra opposti propria del cognitivo umano? Quando c'è continuità nel segno o è rotta la dualità (e i suoi multipli). Ad esempio la croce non rompe questo principio di contrasto. Quindi ti stavo solo indicando altri simboli che seguivano il ragionamento: l'infinito (che segue la sinusoide del Tao e divide senza contrasto) o il triskelion (che rompe la dualità con una trinità di elementi simili).


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fuffolo
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GioCo;236870 wrote:

Buffo che

Come si diverte il caso, ridendo ci massacra con la sua ironia.
Per dire quello che ha pensato, il WEININGER si è caricato di un peso niente male, se dopo oltre cento anni c'è tutto questo timore solo nel citarlo.
Ebrei e femmine sono due interlocutori che qualche problema te lo possono creare, certo.
Ma tutto questo solo per un'idea, per l'originalità di un pensiero... che male deve aver fatto.
Senza giudicare
"Weininger ipotizza che tutte le persone siano composte di un insieme di sostanze maschili e femminili... Il lato maschile sostiene che sia attivo, produttivo, cosciente e logico, mentre il lato femminile sia passivo, improduttivo, inconsapevole e illogico o amorale".


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