Sto leggiucchiando qui e lì e mi è capitato questo saggio di un individuo assai bizzarro ma che parrebbe interessante ai miei occhi di profano:
L'approccio è eretico, le conclusioni impensabili 'normalmente' in quanto lo zero 'esiste' ... ma vale la pena di leggerselo con calma. Unisce problemi differenti in un approccio innovativo.
Naturalmente, essendo fermatomi con difficoltà alle tabelline, chiedo pareri ai più eruditi di me...!
Una cosa mi sembra notevole sotto l'aspetto metafisico: ritornare a Spinoza, ovvero ai fondamenti del pensero che pensa l'Assoluto e lo rinviene...nella Materia: Deus Sive Natura. La Natura è Divina, anzi è Dio stesso nella sua 'ratio generativa' ( termine mio: chiedo venia ! ) che si esplicita nella 'causalità immanente': scoprirne le leggi è dunque possibile proprio per questa Divina 'ratio' insita nelle cose stesse. E la matematica ne è il tracciato spirituale eminente, tracciato da emendare ripestto alle formulazioni 'classiche' attribuendo allo zero caratteristiche non-negative ( così mi è parso di poter sunteggiare ) ma generative.
A voi continuare il certame intellettuale. Io non ne sono capace: ero veramente uno zero in matematica !
Che bello, grazie @oriundo2006. Sono giorni di fine quadrimestre che mi lasciano davvero poco tempo per me, però ho una gran voglia di leggerlo. Mi ha incuriosita, come ormai fa tutto ciò che "osa" approcciarsi al sapere con presupposti meno scontati. Ce n'è un gran bisogno. Mi prometto di leggerlo con la dovuta calma che favorisce la riflessione, quella vera e che arricchisce.
Non esiste solo Dio, esiste Dio e il creato, separati e distinti. Il Deus sive natura era concepibile solo assumendo come eterno (prerogativa di Dio) il creato. Da quello che si sa, tutto ciò che si vede materialmente prima o poi finisce e quindi non può essere Dio.
La matematica discende dall'ordine che esiste sin dall'inizio nell'universo, un ordine che non può essere nato dal nulla. Se l'universo fosse nato dal nulla sarebbe nella configurazione più probabile, che è quella caotica, non in quella ordinata. In questa configurazione l'Entropia sarebbe massima e le condizioni per l'esistenza della vita, in qualunque forma, non sussisterebbero. Secondo me il Deus sive natura nasce dalla impossibilità di comprendere la ragione dell'esistenza dell'universo che vediamo. La scorciatoia è di dire che quest'ultimo è Dio stesso e quindi non c'è bisogno di rispondere al come e perché esiste qualcosa invece del nulla eterno. La domanda invece rimane e non ha risposta se si esclude l'intervento divino.
La straordinaria efficacia della Matematica, invenzione dell'uomo, nel descrivere l'universo visibile, che invenzione umana, non lo è, è stata notata da diversi fisici, in primis da Eugen Wigner in un articolo citatissimo, vedere : https://en.wikipedia.org/wiki/The_Unreasonable_Effectiveness_of_Mathematics_in_the_Natural_Sciences.
Anche lui però si limita a prendere atto della misteriosa connessione tra la mente umana e i suoi prodotti e l'universo visibile. Una spiegazione non la da. Qualcuno dice genericamente che siccome noi, con la nostra mente, siamo parte di questo universo ordinato, non dovrebbe meravigliare che ci sia una qualche corrispondenza tra loro. Quale sia rimane un mistero.
Quello di Wigner, però, è anche un articolo che ha suscitato molte osservazioni di segno opposto, in particolare a proposito del percorso obbligato di "riduzione alla matematica" di tutti quei campi di conoscenza ancora definiti "scienze non esatte". Secondo più di un autore, questa definizione (scienze non esatte) sarebbe approssimativa in quanto, con il tempo, l'uomo arriverà sempre a poter descrivere un fenomeno con il linguaggio dei numeri. Dal mio modestissimo punto di vista, mi sono spesso chiesta se questo modo di procedere non abbia in realtà creato - letteralmente - alcune forzature, anche in relazione alla modalità di osservazione dei fenomeni. La difficoltà a creare nuove categorie, ad esempio, oppure all'opposto la creazione di categorie forzose per evitare la crisi gravissima che deriverebbe da una deviazione rispetto alla modalità di astrazione tipica e canonica del metodo scientifico. Curiosamente, è proprio dalle scienze della vita che sono sorte le maggiori difficoltà: esistono tentativi goffi di modellizzazione delle dinamiche evolutive, oppure enormi difficoltà statistiche nella predizione delle dinamiche di popolazione in sistemi aperti e altri esempi che sono stati oggetto di numerose pubblicazioni. La scienza aborrisce i contributi dei saperi umanistici e rivendica la paternità di studi che, molto probabilmente, sono e resteranno estranei: per esempio le cosiddette "scienze sociali", anche se questo è un discorso che mi porta fuori tema.
Nel tentativo plurisecolare, ormai, di conciliare fede e scienza si inserisce poi quello di indagare il fenomeno religioso con gli strumenti del metodo scientifico, alla ricerca di risposte "definitive". Lei dice, @PietroGE, "l'impossibilità di comprendere la ragione dell'esistenza dell'universo che vediamo". "Che vediamo", appunto, che noi osservatori vediamo. Utilizziamo i nostri sensi e a questi attribuiamo carattere assoluto e di infallibilità. Banale ipotizzare che proprio da ciò possano scaturire le difficoltà e le limitazioni eppure qualche spunto ce lo dà la scienza stessa. Ragionando non in termini classici e newtoniani ma di probabilità - l'approccio quantistico è spesso usato, magari a volte a sproposito, in queste riflessioni - allora alcuni concetti cardine come quello del tempo (e che sono alla base dell'esigenza di misurazione "matematica") potrebbero assumere significato diverso. Il concetto di eternità o meno (del "creato" visibile) fondamentalmente ci sfugge, anche in termini matematici, ma lo dobbiamo presupporre come variabile del discorso. Forse è proprio la nostra attività di "osservazione" che "fissa" l'esistente in un'entità misurabile e la rende "finita" in un lasso di tempo. Come ci suggeriva Bohr, l'osservazione consente il passaggio da onda a particella, dal punto di vista dell'osservatore. L'unica realtà "tangibile" che soccorre il concetto di finitezza della realtà visibile è l'aumento dell'entropia termodinamica, peraltro in una modalità diversa rispetto alla misurazione convenzionale del tempo stesso. Il secondo principio della termodinamica, considerato da più di un filosofo moderno come il più grande esercizio di pessimismo dell'intelletto umano...
Sarah, il compito di fisici teorici e matematici è di produrre idee nuove con il solo criterio della consistenza logica interna, cioè prive di contraddizioni logiche, poi nelle Scienze esatte sperimentali, l'ultima parola è il test sperimentale della teoria. Molte teorie sono state scartate, anche recentemente perché non supportate dai dati sperimentali. Un esempio sono le scienze della vita e in particolare la Biologia. Quando ho fatto il corso di Biofisica, il programma per l'esame era l'origine della vita sulla Terra e ricordo ancora quanto ho dovuto studiare per passare l'esame. Conclusione? Nessuno sa come è nata la vita sulla Terra, oggi come molti anni fa quando ho fatto l'esame. Teorie più o meno fantasiose c'erano allora e ci sono anche oggi. Mancano i dati sperimentali per supportarle.
È impossibile, come dici tu, indagare il fenomeno religioso con il metodo scientifico. La verità scientifica è ristretta e limitata all'ambito dove vige il metodo scientifico e non permette di indagare fenomeni come la creazione dell'universo che sono esclusi dal metodo sperimentale. Siamo, con la religione, su un altro piano di verità dove la componente fideistica, ovviamente esclusa dalla Scienza, diventa importante.
La Fisica quantistica che citi, è un buon esempio di teoria nata originariamente come necessità di spiegare dati sperimentali altrimenti inspiegabili ma poi arricchita da teorie e idee venute dalla mente umana che non solo spiegavano i dati ma aprivano nuovi orizzonti : la teoria di Dirac dell'elettrone, quella dei campi quantizzati che ancora oggi è alla base del Modello Standard delle particelle elementari di Pascual Jordan, unico del gruppo a non ricevere il premio Nobel perché convinto nazista. E poi c'è soprattutto la teoria della Relatività Generale di Einstein. Questo aveva stimolato Wigner a riflettere sulla corrispondenza misteriosa tra prodotti della mente umana e realtà fisica.
"Da quello che si sa, tutto ciò che si vede materialmente prima o poi finisce e quindi non può essere Dio." Però caro Pietro, volendo sottilizzare, ciò che vediamo decadere è l'architettura esterna della materia, eretta a partire da un processo fisico o biologico/riproduttivo; che dire dei costituenti ultimi? Parrebbero possedere anche essi una sorta di qualità eterna....Aggiungo che non sono un sostenitore a oltranza del Deus sive natura, come mi capita con quasi tutti i grandi temi speculativi oscillo fra le varie posizioni