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Quelli che ... il complotto.


GioCo
Noble Member
Registrato: 3 anni fa
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Quelli che (come cantava Jannacci - QUI - 😉) mi seguono da tempo ricorderanno come ho iniziato a intervenire dicendo che "internet non è la soluzione ma IL problema".

Ora sta emergendo la manovra a tegnaglia della comunicazione per prendere nella rete del tecnoragno la popolazione: meno sono le "fonti indipendenti attendibili" fuori dalla rete, meno sono le possibilità che rimangono di sfruttare la rete per ragionamenti fuori dal coro. Prima l'assembramento in presenza consentiva ovviamente alla popolazione di disporre di una "rete" alternativa molto più efficace e potente di internet: il passaparola. Rete che nessuno nota come fosse già debole in paesi scandinavi, tanto da rendere perfettamente inutile la stessa narrativa emergenziale. Questo perché la parola, il verbo, soprattutto la chiacchiera dove se ne fa abuso (in terre calde dove è favorito l'assembramento) sfrutta un mezzo (la trasmissione orale) che ha lo scopo principale di persuadere agendo meglio di qualunque propaganda. Per ciò va ridotta la sua efficaca per riuscire a portare le persone a dipendere maggiormente dal mediatore digitale. In altre parole: che se ne parli pure male (di internet) basta sia fatto "online".

Il motivo di nuovo è semplice: oltre all'ovvio cortocircuito cognitivo (se sputi sul piatto in cui mangi quantomeno risulti un ipocrita) la rete è vero che da una parte consente a chiunque di esprimere la propria opinione e quindi in un certo senso è uno spazio democratico e pluralista per definizione, nel senso che a tutti è data la medesima possibilità di accesso (per esempio gli adolescenti possono tranquillamente accedere ad abbondante contenuto pedo-pornografico) tuttavia ciò non corrisponde necessariamente a una redistribuzione omogenea, non corrisponde necessariamente a una selezione delle informazioni utili alla società, non corrisponde al reperimento di quelle utili ad ognuno di noi quando necessario e non corrisponde neppure a un guadagno nel bilancio tra i vantaggi e gli svantaggi che porta avere quell'infrastruttura. In poche parole è un po' come i vantaggi che potrebbe dare l'aspirina per curare il tifo mentre una propaganda martellante e univoca ce la vende come panacea per il tifo. Fuori di metafora: l'irraggiungibilità del nostro prossimo è "curata" da internet che però di fatto è la barriera più efficace che si possa concepire per filtrare il contatto.

Peggio ancora se ciò poi accade per tramite di un profilo che ci identifica.

Il flusso delle informazioni infatti non è gestito da tutti e nemmeno in modo democratico, ma dall'infrastruttura in via indipendente dalla volontà più generale, infrastruttura che ragiona secondo logiche che riguardano la spinta al suo abuso, non a "formare una coscienza collettiva" (qualsiasi cosa sta cagata voglia dire) ne tantomeno a diffondere saperi. In altre parole in questo momento storico internet trae vantaggio unicamente dalla sua propria riconferma e da ciò che ne esalta i pregi: più se ne abusa più risulterà per noi vincolante e necessario abusarne. Finché non si potrà più andare al cesso se internet non ce lo permetterà.

Se lo considerate un eccesso fuori luogo, iniziate a immaginare cosa può accadere se vi sarà concesso di esistere legalmente solo per tramite di un profilo digitale "ufficiale" in un qualsiasi posto di lavoro, in una nuova era in cui non sarete più padroni del corpo, perché avete rinunciato a rivendicare la proprietà privata.

Sotto molti punti di vista è già così (*) ed è per questo che insistevo a tempo debito (non sospetto) nel dire che avremmo iniziato a vivere in un mondo surreale e grottesco dove la realtà e la fantasia si sarebbero mescolati sempre più e il buon senso comune, anche quello più basilare, avrebbe ricoperto la parte della cenerentola di turno. Ovviamente lo dicevo prima che Elon Musk ci svelasse i propositi di neuralink, l'azienda da lui fondata, cioé la pietra d'angolo che mescolerà definitivamente la realtà digitale con quella sensoriale, di fatto imprigionando per sempre la coscienza in un limbo di incertezza assoluta circa la verità.

Qualsiasi verità.

Il processo della dipendenza dalle nuove tecnologie senza l'emergenza sanitaria si sarebbe naturalmente aggiustato su un uso più parco e quindi abitudinario, diciamo una sorta di equlibrio che avrebbe interrotto il "progresso" tecnofrenico del mediatore (lo smarphone) così come accaduto per i media tradizionali, anche in vista dei tremendi svantaggi che man mano avremmo avuto modo di valutare, come ogni nuovo farmaco (e tecnologia) sperimentato sulla nostra pelle. Pensiamo alla TV, al fumo, all'amianto ma anche a questo vaccino che è tanto sicuro da aver indotto il CEO della Pfizer a vendere il 60% delle sue azioni (QUI) lo stesso giorno in cui la sua azienda ha annunciato i risultati "confortanti" dei test trial, risultato che ne accellera ovviamente l'uso (e abuso) in campo medico e civile.

 

(*) a questo proposito ricordo la testimonianza di un mio caro amico che ha lavorato fino almeno a una decina di anni fa in un call center della Andersen Consulting e che nel suo ultimo periodo, dipendendo da un software che gestiva le chiamate, mi raccontava come per andare al cesso doveva mettere in pausa in modo che gli venivano contati i secondi che ci metteva per pisciare e di come più di una volta è stato ripreso perché "ci metteva qualche minuto di troppo". Se da una parte andiamo verso una società dove il lavoro sarà governato dalle macchine, pochi si soffermano sul concetto che non conviene che lavorino le macchine per produrre qualcosa che nessuno potrà permettersi ma che la concorrenza data dalla minaccia che rappresenta la macchiana non può che portare a due derive: ridurre il lavoratore alla condizione dello schiavo tecnologico, se vuole sopravvivere, eliminando tutti i "dissidenti".


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