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Responsabilità Emotiva


GioCo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
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Credo che in futuro, spero non troppo lontano ma comunque in proiezione, si parlerà sempre di più di Responsabilità Emotiva.

Personalmente non sono un fans di Erica Poli e nemmeno del suo approccio, di cui condivido volentieri le "scoperte" (dell'acqua calda, perché siamo in un periodo in cui non pare sia possibile farne a meno) ma non la "terapeutica" associata.

Il motivo è semplice: il bilanciamento vale in entrambi i sensi. La positività non è buona perché positiva. Così come la connettività (già che la Poli ci introduce il termine un po' pomposo a mio avviso "connettoma") o "colla emotiva" (come preferisco intenderla) non è per forza positiva perché la sua azione è positiva.

Come i poli della corrente, non è che un catione è meglio di un anione perché dotato di carica positiva e per ciò è bene fare incetta di anioni, semplicemente è l'uso dei termini che confonde e in questo caso l'uso (sbagliato) della parola "amore". La carica è una carica e nel caso di un campo emozionale, se positiva attira gli elementi e tende a unirli, se negativa fa l'opposto, separa.

Ciò non toglie che la biologia ci stia donando studi impagabili che riguardano l'epigenetica e che avranno certamente un impatto decisivo nel nostro futuro. Per esempio, l'idea che un semplice sguardo o una carezza possa cambiare in modo decisivo la risposta biofisica o chimica, psicologica e biologica insieme con effetti concreti e misurabili sul corpo, ci induce a ripensare completamente il rapporto tra noi e i nostri pensieri.

Certo, la scienza è ancora lontana dal dimostrare che il semplice pensiero ha effetti nel campo (cioè l'ambiente circoscritto alla zona in cui ci troviamo) che si propagano anche a distanza e che questi effetti dipendono dal tipo e dall'intensità dello stato emotivo soggettivo e modificano con ciò anche la qualità dell'ambiente in cui ci troviamo, ma alcuni studi in tal senso sono stati fatti e suggeriscono esattamente quello che ho scritto.

Ma torniamo al problema del termine "amore". In un Mondo in cui mancano i fondamentali, che poi sono dati da equilibri consapevoli e da un uso coerente e responsabile delle nostre emozioni e dei nostri pensieri che ci portano a unire ciò che ha senso unire e a dividere ciò che ha senso dividere per il bene più generale, perché vi è un abuso delle emozioni distruttive che dividono, come la paura, è normale intendere come profondamente posivito questo "amore" e sentirne il richiamo potente.

Richiamo che fatalmente poi porta verso l'abuso opposto. Come essere stati nel deserto e avere poi a disposizione improvvisamente tutta l'acqua che vogliamo: lasciarsi andare uccide. Ma fuori di metafora cosa significa che questo benefico "amore" che unisce può uccidere?

Se la madre "ama" il suo bambino, rifiuta di certo ogni emozione negativa. Ma questo è Emotivamente Responsabile? La rabbia e il timore, sono esempi di emozioni che fanno parte del Mondo e della nostra dotazione biologica. Essi esistono per ragioni di equilibrio ambientale e anche se sono intesi da utilizzarsi con attenzione e parsimonia (per l'effetto che hanno su di noi e nel Mondo) per pura logica, dal momento che esistono significa che rispondono a una necessità imprescindibile e non possono essere semplicemente "sbagliati".

In più, non esiste nessun altro veicolo di apprendimento migliore di un genitore per capire come gestire le proprie dinamiche emotive negative. Quindi il rifiuto di queste emozioni è pericoloso quando il loro abuso. Una madre troppo amorevole diventa facilmente iperprotettiva, quindi oppressiva e soffocante o come preferisco chiamarla, una madre aracnide. T'avvolge nel bozzolo morbido di seta e ti avvelena l'esistenza, perché tutto fuori dal quel bozzolo non farà che ucciderti. Quante madri aracnidi abbiamo visto ultimamente mettersi in mostra esagerando le loro apprensioni verso i pargoli loro e degli altri?

Quindi si, l'amore uccide come e più della paura. Se è un amore terreno e la Poli ci parla di questo amore, di cui dobbiamo però avere lucida consapevolezza e con essa anche la necessità che si debba iniziare a immaginare un equilibrio.

Eravamo nelle lande del pensiero mercatile, ove l'amore era assente quanto l'acqua, ora vediamo l'oasi e non è un miraggio. Essa è certamente un bene ed è certamente la salvezza, eppure a un tempo nasconde insidie persino più pericolose.


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