Quanto tempo è passato dal buon vecchio Freud e dalla sua psicoanalisi, da cui oggi deriva la moderna psicodinamica?
Lungi da me farne critica, anche se ne avrei come al solito a sacchi, non è mio intento in nessuno dei miei post attirarmi le ire di chicchesia, non per quel generico "volemese bbene", baci e abbracci, vino e tarallucci chissà come mai sconfinato presso gli aglofili nello stile PolCor, ma banalmente perché il mio obbiettivo non è mai fare critica alle verità di fede delle persone, indipendentemente dalla bontà di quelle fedi. La mia critica è rivolta al comportamento umano al di fuori del tempo, ad esempio ai modelli sociali storici che emergono nei confronti antropologici, oppure a quel pensiero "banale" che diamo per scontato e che invece a un esame più attento non ha proprio nulla di scontato.
Se preferite, mi occupo di un aspetto della realtà sottile ed equidistante dalla logica e dall'emozione. Per quelli che amano la scienza, mi occupo per ciò della materia bianca che divide i due emisferi, recentemete assurta da luogo inerte a molto "-ertis" (dalla radice latina "arte, attività"). Tanto per ribadire come sia precisa e affidabile la scienza. Per me è semplicemente "il ponte", cioè il luogo che unisce regioni distanti e tra loro ignote, costruendo in questo modo significati, per mezzo del principio antico del confronto, ovviamente per noi e in quest'ambito "di concetti". Quindi "ponti tra concetti distanti". In un certo senso diremmo che questo preambolo ci serve a dare peso particolare alla frase: "la diversità è una ricchezza".
Il che ci dice anche che "l'uguaglianza è una povertà" ed anche se facciamo un brutto generalismo che dovremmo evitare per serietà espositiva, mai come oggi questi due aforismi ci raccontano di verità "in ombra" del nostro tempo. Per ciò a prenderle come indicazioni non abbiamo a temere l'errore.
Ma che indicazioni! Intanto ci mettono sulla buona strada nel confronto con quella che oggi viene pomposamente chiamata "intelligenza artificiale" e che in futuro putroppo sarà una costante con cui dovremmo confrontarci, volenti o meno. Se infatti l'industria, cuore pulsante del mercato, nasce per essere riproducibile e per mettere in atto processi che generano copie virtualmente infinite di comportamenti (=servizi) e oggetti (=beni) e di ciò si vanta perchè è il suo mantra di potenza, ecco che con magia mirabolante si rovesciano le carte in tavola e l'avvento della nuova novità tecnofrenica "intelligenza artificiale" si presenta come "potente perché ha una volontà autonoma che impara e diventa personalità unica". Ai nostri teneri sensi, quelli non abituati alle fregature anche cosmiche, soprattutto se tecnofreniche, ma al dono incondizionato della fiducia al mercato, nel senso di "consegna gratuita della vita umana presente e futura al primo criminale senza morale che ce la chiede", l'intelligenza artificiale appare come una rassicurante conquista della scienza e almeno pubblicamente non c'è dubbio che le agenzie incaricate della propaganda facciano in tal senso un lavoro encomiabile per farcelo credere. Tuttavia non mi ripeterò sulla già detta risibile infallibilità scientifica e nemmeno voglio cavalcare qui l'ormai pubblicamente compreso (a sommi capi) ruolo militare della tecnofrenia (Dio benedica Snowden) in ambito civile. Non perchè siano argomenti secondari, ma perchè c'è un aspetto non meno importante su cui è obbligatorio spostare l'attenzione perché rischiamo di lasciarcelo indietro e sarebbe un vero peccato.
Mi permetto solo una minuscola divagazione: c'è ancora qualcuno qui fuori che pensa circa l'aspetto militare tecnofrenico: "ma tanto cosa se ne fanno dei miei dati?". Tenero, mi pare quasi uno di quegli inutili tamagotchi pucciosi, regolarmente tutti morti per incuria del proprietario ... morti elettronicamente, si intende. Quindi morti per finta o risorgibili o non morti benché immortali, insomma tutto tranne che quello che sembra. Mi viene quasi da lanciare una delle infinite quanto vuote iniziative "salviamo i tamagotchi pucciosi dall'estinzione e dal destino tragico della non morte". Forse chissà, diverrei ricco. Peccato non me ne freghi un tubo, ma se qualcuno volesse raccogliere ... prego! Gli regalo l'idea.
Intanto però inziamo con queste poche righe a sottolineare due aspetti che mettono l'Uomo direttamente a confronto concorrenziale con gli equivalenti digitali: la sagezza (derivata dall'intelligenza e dalla sapienza ben gestiti) e la vita. Poi facciamo un piccolo @GioCo. Prendiamo uno particolarmente forte, il classico palestrato che fa sollevamento pesi ed è abituato a sollevare masse che se fosse per la maggior parte delle persone rimarrebbero incollate a terra. Poi mettiamolo in gara con una Gru di un cantiere edile: chi vince? Bravi, ma come avete fatto a indovinare!? Manco l'ho scritto!
Quello che voglio dire è che se prendo un singolo aspetto della vita (o dell'intelligenza) e lo scorporo dal contesto, poi costruisco un qualcosa specializzato nel riprodurre quell'aspetto, cioè progetto con l'obbiettivo di ottenere il massimo dell'efficacia simigliante a scapito di qualunque efficienza equivalente, ottenengo di sicuro (ma va?!) una performance migliore, non fosse altro perché il metro di misura di partenza era proprio il limite d'efficacia che per confronto volevo superare. Quindi se confronto la velocità di una qualunque automobile con l'equivalente animale terrestre più veloce (un ghepardo) noto che la velocità dell'animale ha una punta di 110-120 Km/h e non mi pare così eccezionale. Senza contare che il ghepardo la può sostenere per pochi secondi, non certo per ore come invece può un automobile. Per ciò è evidente che la macchina, qualunque macchina, sarà sempre superiore in quell'aspetto alla vita. Qui entra in gioco il mago Silvan. Non lui ovviamente, intendo la pratica del mago illusionista che è quella della "misdirection". Se tutti siamo concentrati a vedere le fantastiche performace della tecnofrenia, ci perdiamo di vista i mille e mille particolari estremamente limitanti che ci raccontano tutt'altro rispetto le apparenze di superiorità della tecnica e della scienza sottostante. La fregatura è che alla fine corriamo il rischio di cascarci tutti, pure l'illusionista per un effetto che qui non sto ad approfondire ma che riguarda "il male del ventriloquo", quando scinde la sua identità in quella del bambolotto che così prende vita separatamente dall'artista. Ma di nuovo, noi (che non siamo ventriloqui) capiamo che non è vita quella del bambolotto, al più è un riflesso di aspetti del vivente che rendono verosimile l'attività vitale "finta", cioè artisticamente replicata e che inevitabilemente (e lo sottolineo) inevitabilemente, prende una piega estremamente sinistra, non a caso poi capace di alimentare la fantasia horror di chiunque.
Ecco, con l'intelligenza artificiale la storia è così ... ma un attimo, vi vedo già annaspare dentro lo stretto quadro cognitivo entro cui siamo tutti confinati "dai maghi" dell'informazione. Niente paura, torniamo un attimo alla Gru che così ci capiamo al volo, che non sono discorsi complicati e possiamo uscirne con elenganza. Per sollevare, diciamo "100 Kg" quanto consuma un uomo palestrato? Un panino con gli spinaci? Due? Dai su, esageriamo, facciamo un intera scatoletta, come il buon vecchio braccio di ferro. Ma se converto l'equivalente in "benzina verde" ce la faccio a sollevare 100 Kg con una Gru? Non credo proprio. La Gru non è progettata per ottenere il massimo con il consumo minimo. Qualunque struttura vitale è nata, cresciuta e adattata nei milioni di anni evolutivi che si sono visti sulla terra, per essere efficiente, cioè ottenere il massimo con il minimo del consumo energetico: è per questo che la vita ha abitato per milioni di anni la terra senza mai estinguersi del tutto. Solo per ricordare alcuni paragoni noti con la tecnofrenia: un pannello solare molto efficiente (e costoso) arriva a sfruttare circa il 30% della luce solare che lo colpisce. In previsione ci sono pannelli allo studio che dovrebbero portare l'efficienza vicina al 50%. Un qualunque vegetale supera senza problemi il 90% e non solo, il vegetale non si limita a fornire l'energia dalla luce solare e viverci, ma converte quell'energia IN MATERIA, cosa che per ora possiamo soltanto sognare "scientificamente".
Ora, prendiamo Sophia, l'androide che ci dispensa saggezza digitale e che ha un "io" virtuale per fare lo show del ventriloquo e iniziamo a chiederci: quanto ci è costato inventarlo? Quanto ci costa produrlo? Quanto ci costa mantenerlo? Quando ci costa buttarlo via quando sarà "esaurito"? Quanto costa all'umanità intera entrare in competizione con questo "giocattolo"? Un uomo, possiamo già dirlo adesso senza temere di fallire, costa il minimo. Cioè produce saggezza al massimo dell'efficienza: la macchina?
Sfortunatamente non vedremo mai Sophia o chi per essa misurarsi con noi in termini di efficienza, la vedremo sempre apparire più efficace, perché questo tipo di concorrenza tra la macchina e l'Uomo non è mai stata leale e non lo sarà di certo nemmeno in futuro. Perché non serve che sia leale, serve che ci convinca d'essere inutili.
Questo è l'aspetto di cui tutti dovremmo parlare, se non altro perché (tecnicismi a parte) è uno dei pochi argomenti accessibili a chiunque.
Sono sempre stato convinto di questi concetti ma avrei mai saputo né organizzarli nella mia testa, né esprimerli in maniera così comprensibile, grazie.
A proposito, non è detto che una Ferrari sia sempre più veloce di un ghepardo, in una partenza da fermo da zero a cinquanta metri ( o anche meno, non so) potrebbe vincere il felino!
Teopratico;237180 wrote: Sono sempre stato convinto di questi concetti ma avrei mai saputo né organizzarli nella mia testa, né esprimerli in maniera così comprensibile, grazie.
A proposito, non è detto che una Ferrari sia sempre più veloce di un ghepardo, in una partenza da fermo da zero a cinquanta metri ( o anche meno, non so) potrebbe vincere il felino!
Ti ringrazio @Teopratico, il tuo è un commento prezioso per me. Lo sarebbe anche se avessi criticato negativamente, nel senso che non ti sto ringraziando perché è un commento positivo, ma perché è un feedback importante. Sono vent'anni che cerco di mettere insieme pensieri che ritengo non essere solo miei e anzi, probabilmente "non sono mai stati miei", ma a prescindere da come stanno le cose, questo non mi ha impedito di vivere fin da bambino l'esigenza pressante di provare a comunicare. Quindi di capire che il linguaggio è una limite prepotente nel tradurre qualsiasi pensiero, prima che un mezzo potente per la comunicazione, ancora di più quando poi da più grandicelli pensiamo di avere qualcosa da dire, qualcosa con un significato umanamente importante. In effetti, credo che una umanità intelligente e stimolata al pensiero intelligente, userebbe il linguaggio per il minimo indispensabile o per opere di fantasia (come il mito o le fiabe) mentre elaborerebbe forme di comunicazione corporee ed emotive per la comunicazione essenziale e più complessa di tutti i giorni, come i gatti o i cani. In un mondo di questo tipo la maggioranza delle relazioni umane si baserebbero sulla gestione della prossemica (vicinanza tra i corpi) mentre la ricerca del silenzio diverrebbe una ricerca del valore della relazione umana, non un mezzo per tenere a distanza i corpi (isolare).
Non so se ci sarà mai una società di questo tipo. Quello che so è che questa in cui ci troviamo è una "società della parola", dipendente quanto mai dalla parola, scritta e orale. Ma la parola è infida, melliflua, sfuggente, come la nebbia, come l'ombra: appare definita e corporea da lontano ma da vicino ha la consistenza dell'aria. Ogni cosa che definisce, ne cancella, crea, distorce mille altre e infila la mente in labirinti da cui è estremamente difficile poi uscire. Labirinti non necessariamente progettati da qualcuno o da qualcosa, ma comunque labirinti che a noi appaiono caotici come nella tempesta. A volte mi sento un po' come il filo di Arianna nel noto mito di Teseo e il Minotauro, qualcosa che non disconosce, ne combatte l'accadere, ma prova a connettere con niente tra mille difficoltà punti molto distanti tra loro, con poche risposte e sempre tante domande.