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Continua la lotta per le balene nessun accordo al vertice


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Ad Agadir in Marocco la Commissione baleniera internazionale con un nulla di fatto. Resta per ora la moratoria

Pur respirando «un settimo, o una domenica» di tutto il loro tempo, come diceva Melville in Moby Dick, i Capodogli di mari e oceani, hanno tirato in queste ore un sospiro di sollievo. Per almeno per un altro anno sono al riparo dalla mattanza selvaggia. La moratoria internazionale sulla caccia alle balene a fini commerciali, introdotta nel 1986, resta in vigore.

Ad Agadir, in Marocco, sono state riunite a porte chiuse fino a tre giorni fa le delegazioni degli 88 paesi che aderiscono alla Commissione baleniera internazionale (Iwc), per discutere, se mantenere, revocare o modificare la moratoria. Alla riunione, conclusasi con un nulla di fatto, è stata proposta l'introduzione di «quote sostenibili» di caccia per ciascun paese, con la contropartita di abbassare leggermente il numero di balene uccise ogni anno da Giappone, Islanda e Norvegia, paesi che aggirano la moratoria, sostenendo di cacciare i cetacei per scopi scientifici. In totale questi paesi uccidono ogni anno circa 1500 balene.
Ad Agadir, paesi favorevoli e contrari alla moratoria sono fondamentalmente rimasti sulle proprie posizioni. Ma tra un anno, quando si riaprirà la discussione chi ne vorrebbe la fine, tornerà alla carica. Per gli ambientalisti si tratta comunque di una vittoria.
Preoccupa comunque che la revisione della moratoria sia anche solo contemplata e che se ne riparli tra dodici mesi. Preoccupa anche un cambio di atteggiamento in paesi che tradizionalmente hanno sostenuto il bando, come gli Usa. Washington starebbe modificando la posizione a favore delle quote per permettere agli Inuit dell'Alaska qualche arpionamento di cetacei. Per fortuna delle balene pare che Obama sia contrario e che sia stato un suo intervento a frenare la lobby americana che spingeva per un accordo sulle quote in accordo col Giappone.

Il paese asiatico cacciatore di balene difende le quote mostrandosi "generosamente" pronto a diminuire le proprie, in vista della sospensione della moratoria. Ma perchè mai uno dei tre paesi che chiaramente ha intenzione di cacciare cetacei e che già aggira il bando in nome di discutibili "scopi scientifici" accetterebbe una limitazione per fare favorire altri? La risposta sta nello scandalo del tentativo giapponese di convincere paesi africani come come Ghana, Tanzania, Nigeria e Guinea, di sostenete la fine della moratoria in cambio aiuti allo sviluppo, come ha denunciato alla Bbc un ex dipendente statale dell'ex Impero del Sol Levante. Una volta introdotte quote per tutti, chi farebbe lo sceriffo dei mari per controllare che tutti quelli che ricominciano a cacciare rispettano le quote? Alla domanda da un milione di dollari non è stata trovata risposta ad Agadir. Dunque tutto resta come prima. La battaglia tra chi vuole abolire definitivamente la caccia alla balena e chi invece la vuole proseguire, continua.

Capofila del paesi contrari alla caccia alle balene, tra cui figura l'Italia, sono Gran Bretagna e Australia.
Londra "si oppone a qualunque forma di caccia alla balena diversa da quella praticata da popolazione indigene per ragioni di sussistenza".
Per Tokyo, che ha, a detta del proprio ministro dell'Agricoltura, pesca e foreste, fatto già tanto, offrendo di "dimezzare le quote di caccia nell'emisfero australe" i Paesi contrari "vogliono solo la fine della caccia nell'Antartico, il che non è realistico".
Secondo ambientalisti e chiunque si senta oltraggiato dalla mattanza di mammiferi dall'intelligenza superiore, come le balene, è osceno che questi animali siano uccisi con arpioni esplosivi.
Anche se la moratoria introdotta 24 anni fa ha probabilmente salvato i cetacei dall'estinzione, Giappone, Islanda e Norvegia hanno fatto fuori nello stesso lasso di tempo almeno 30mila balene. La revisione della moratoria, rappresenterebbe, secondo gli ambientalisti, una sciagura, dato anche l'interesse per accaparrarsi quote già manifestato da paesi in grado di pescare su larga scala come la Corea del Sud. Normalmente, l'impossibilità di trovare un compromesso a livello di diplomazie internazionali, rappresenta un fallimento, un passo indietro o è indice di una crisi. Nel caso del nulla di fatto per la moratoria sulla caccia alla balena è una speranza per il prevalere di scelte di civiltà. Ma tra un anno si potrebbe anche correre il rischio di tornare indietro. Mettere fine alla moratoria equivale a fare un salto nel passato. E non ai tempi di Melville. A fine ‘800 non c'erano ancora gli arpioni con l'esplosivo, indice del progresso della nostra "civiltà".

Francesca Maretta
Fonte: www.liberazione.it
25/06/2010


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