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democrazia: questa sconosciuta


paolodegregorio
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-democrazia: questa sconosciuta -
di Paolo De Gregorio, 27 febbraio 2010

Uscendo dalla stretta attualità e rivolgendomi alle persone in buona fede che, come me, cercano una strada possibile e percorribile per superare le logiche distruttive e alienanti di un capitalismo in crisi, che ci considera solo come produttori e consumatori, sento il bisogno di avere con le persone che mi leggono un alfabeto in comune, affinché il discorso, qualunque discorso, parta da una base avanzata e condivisa e non si perda in mille rivoli.
Non sono tesi, ma un metodo di ragionare che propongo a chiunque, se non si vuole restare sempre nel limbo della ininfluenza o del mugugno

Mi vorrei limitare alla parola democrazia, che quasi tutti usano dandole un significato diverso a seconda delle convenienze personali.
La democrazia, nel suo significato etimologico, non è mai esistita, non è mai stata applicata in alcun regime politico. Essa rappresenta il sistema politico più gradito ai capitalisti e ai poteri forti (Chiesa, media, massoneria, Confindustria, mafie), che possiedono, fisicamente, tutta la filiera del consenso, essendo proprietari degli strumenti di produzione, di distribuzione (negozi, supermercati), di pubblicità mediatica (Tv, giornali, riviste), per indurre bisogni e consumi.
E’ un regime che si fa le sue leggi e non si fa imporre regole da nessuno.
La politica, di ogni colore, è subalterna a questo “sistema” che ha prodotto ideologie e convinzioni profonde, visto il regime di quasi monopolio in cui esso opera, anche per l’assenza di una opposizione capace di proporre un modello diverso di produrre e consumare..
Quelle che vengono definite le cooperative rosse, guidate dalla Lega delle Coop, invece di rappresentare una alternativa al capitalismo, sono sul mercato esattamente come gli imprenditori privati, vincono appalti per costruire la base militare americana di Vicenza, e creano personaggi come Consorte, che di rosso ha solo la vergogna del malfattore.
In questi ultimi anni si è anche creata, in Italia, una situazione di mancanza di opposizione, di crisi di identità, che ha portato verso la destra quelle masse lavoratrici che tradizionalmente erano rappresentate dalla sinistra, deluse dalla mancanza di qualunque progetto e dall’abbandono del territorio da parte di una Casta di sinistra ormai comoda nel Palazzo e negli studi della RAI.

La situazione sul campo è questa: vi è di fatto una minoranza di italiani, dal 35% al 40% degli elettori che, per interessi materiali ma anche ideologici, fa strutturalmente parte della classe dominante e niente potrebbe convincerla a rinunciare ai suoi privilegi e al suo ruolo dirigente. Parlo naturalmente di imprenditori, professionisti, commercianti, dirigenti statali e privati di ogni livello, latifondisti, gente che vive di rendita, speculatori di borsa, banchieri, ecc,).
Pensionati, operai, stipendiati, precari, disoccupati, piccoli contadini, casalinghe, sono la maggioranza del popolo italiano e, avendo interessi materiali esattamene opposti a quelli della classe dominante, sono in una brutta situazione, non hanno un partito che li rappresenti con concretezza, non hanno una strategia, sono divisi tra di loro, non leggono giornali nè libri, e a connettersi con molti di essi ci sono solo il “grande fratello” televisivo e le parrocchie.
Le elezioni si vincono grazie al potere della televisione ed alla grande rete di parrocchie e di opere sociali che la Chiesa possiede, e ha sempre offerto alla destra il frutto del suo capillare lavoro: ossia l’indicazione di voto alle sue pecorelle.
Oggi vi sono decine di migliaia di persone che lavorano ogni giorno per tenere a cuccia, nel fatalismo e nella rassegnazione, quello che una volta si chiamava sottoproletariato, con l’aiuto di volontari e il decisivo peso economico delle opere di religione e dell’8 per mille.
Se volete un riscontro sicuro a quello che sostengo, il linguaggio rozzo e greve usato in TV da Berlusconi e da Emilio Fede, contro la magistratura e la sinistra, è un mantra ripetitivo, diretto a lavare il cervello di quel segmento di popolo di cui parlo, quella strategia che fa diventare qualunque bugia, ripetuta all’infinito, una verità popolare.

L’obiettivo politico di chiunque voglia cambiare qualcosa in Italia è quello di raggiungere quell’elettorato, quantificabile al 25-30%, che vota contro i propri interessi di classe, a favore dei suoi padroni, plagiato da TV e preti, e la prima cosa da copiare è che queste persone hanno un linguaggio elementare, non leggono, sono scettici in quanto sempre usati ed ingannati, si possono smuovere solo se si parla di salario sociale per tutti i disoccupati, una casa decente, condizioni di lavoro più sicure, sanità e scuola di buon livello.
Se si vuole vincere bisogna mettere in campo una strategia di intervento speculare a quella dei capitalisti e preti: ossia la sottrazione della RAI ai partiti e alla egemonia del cavaliere (lo scandalo Minzolini è senza precedenti), attraverso lo sciopero del canone e pretendere che essa svolga servizio pubblico, con il presidente eletto direttamente dai cittadini abbonati, e una presenza capillare sul territorio per rappresentare i problemi veri che vivono le classi subalterne, chiedendo partecipazione e mobilitazione.

Inutile farsi illusione o pensare a facili scorciatoie. La borghesia e i preti hanno costruito il consenso di cospicue masse popolari con quotidiano impegno e grandi mezzi, hanno esperienza e gente preparata, hanno strategia e se, di fronte a questa situazione, continuerà ad esserci il nulla, nulla cambierà.
Mi piacerebbe che quando si discute di politica o del sociale si tenesse conto di questa realtà.
Cari Grillo, Travaglio, Luca Telese, popolo viola, con Internet, Facebook, You Tube, Twitter e le manifestazioni di piazza, si può raggiungere solo gente già informata e attiva, ma non si arriva a quel popolo decisivo per vincere le elezioni che bisogna coinvolgere con l’impegno militante e un programma politico.
Paolo De Gregorio


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