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Fukushima: la tecnologia dell’inganno


levred
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Fukushima: la tecnologia dell’inganno

marzo 15, 2011 dal sitoaurora ( http://aurorasito.wordpress.com/)

Victor Kovalev Strategic Culture Foundation 15.03.2011

Una tipica tecnologia dell’inganno è quello di dire la verità, ma non tutta la verità. La copertura mediatica delle recenti catastrofi nelle due centrali nucleari Fukushima 1 e Fukushima 2 giapponesi sembra essere costruita secondo il principio di cui sopra.
Secondo i media, il terremoto di 8,9 magnitudo del 11 marzo 2011 in Giappone, ha provocato un arresto automatico dei reattori nucleari degli impianti di Fukushima 1 e Fukushima 2. I generatori diesel di riserva sono stati avviati subito dopo per alimentare l’energia del sistema di raffreddamento dei reattori, ma ulteriori problemi si sono presentati quando lo tsunami ha distrutto i generatori e la temperatura nel sistema di contenimento è aumentata. I tentativi di ridurre la pressione e la temperatura nei reattori hanno incontrato un successo limitato.
L’idrogeno è esploso a Fukushima 1 il 12 marzo. I principali canali TV hanno trasmesso i filmati dell’esplosione, mentre i funzionari giapponesi dichiaravano che nessun rilascio di radiazioni era seguito e che il reattore non è stato distrutto. Le agenzie della Russia responsabili per la protezione dalle radiazioni – Rosatom e Rosgidromet – hanno trasmesso che le regioni orientali del paese non saranno esposte a rischi, anche nel caso peggiore. L’agenzia stampa ufficiale russa RIAN, citando un funzionario dell’AIEA, secondo cui l’Agenzia ritiene di assegnare il quarto livello dell’INES (International Nuclear and Radiological Event Scale), all’incidente nucleare in Giappone. L’INES comprende sette livelli, il quarto non conteggiata una grave emergenza, ma corrisponde ad un incidente con conseguenze locali.
In altre parole, al pubblico in generale, cui si ritiene assorba le informazioni acriticamente, viene offerta una versione rassicurante degli eventi. Presumibilmente, i venti che soffiano a est e a sud-est disperdono le emissioni radioattive nel Pacifico, e non vi è nulla, nel resto del mondo, per cui doversi preoccupare.
Si ha l’impressione che tutte le informazioni attualmente riguardino la dinamica delle emissioni radioattive. Si afferma ufficialmente che il centro crisi della Rosatom sta monitorando la situazione in modo permanente, ma non è chiaro perché deve, se le cose sono così semplici come descritte.
Eppure, i media, compresa l’ITAR-TASS che ha citato esperti giapponesi, hanno continuato a dire il 13 marzo che, al momento, i sistemi di raffreddamento dei 6 reattori di Fukushima 1 e Fukushima 2 sono stati spenti. A partire dal 14 marzo, i sistemi di raffreddamento del 1°, 2° e 3° reattori di Fukushima 1 e del 1°, 2° e 4° reattori di Fukushima 2, non sono in funzione.
Al momento, ha senso valutare la situazione in modo indipendente e misurare la probabilità di più ampie conseguenze degli incidenti nucleari. In condizioni di emergenza, la sicurezza dei reattori nucleari è garantita con l’aiuto di una serie di circuiti tecnologici, i principali servono a raffreddare il nocciolo del reattore, ed ad alimentare l’impianto, a spegnere il reattore, e a fornire energia elettrica prodotta con generatori diesel di emergenza. Complessivamente, i sistemi sono destinati a garantire la sicurezza nucleare anche in condizioni estreme, come bombardamenti diretta sulla centrale elettro-nucleare. Sotto una corretta disposizione, l’energia nucleare è assolutamente sicura e affidabile, ma evidentemente questo non era il caso del Giappone. Gli impianti nucleari del paese sono stati costruiti in zone di intensa attività sismica e, inoltre, proprio sulla costa, anche se uno tsunami nella regione era un evento senza precedenti. E’ stato lo tsunami che ha reso inutilizzabili i sistemi di sicurezza che erano sopravvissuti al terremoto, causando la perdita del liquido refrigerante, e creando la minaccia di fusione del reattore. Finora possiamo solo indovinare se gli effetti termici innescati dalla continuazione della reazione, ma è già chiaro che le barre di combustibile, o almeno alcuni di esse, sono stati probabilmente distrutte o esposte. L’esplosione dell’idrogeno è l’indicazione che l’ossido di uranio è venuto a diretto contatto con l’acqua, con conseguente produzione di idrogeno.
Cosa sarà successo dopo? Il quadro offerto dai media riflette un ottimista scenario, ma non l’unico possibile. Eventuali pareri in merito al funzionamento del sistema di raffreddamento del nocciolo del reattore, in condizioni di emergenza, sono puramente ipotetici. Essi si basano su modelli matematici in combinazione con un numero limitato di test e, ovviamente, non sono mai stati confermati sperimentalmente. Potenzialmente, delle condizioni possono nascere dal fatto che il sistema di raffreddamento del nocciolo del reattore, neutralizzato dalla marea, non sia in grado di prevenire la fusione del reattore. In questo caso, la temperatura nella zona del disastro, contenente biossido di uranio, può raggiungere il livello in cui crolla la camera di contenimento e le sostanze radioattive fuse proliferano sul terreno. Mescolandosi con l’acqua al suolo, ci si può aspettare che inneschi un’esplosione che, a causa delle sostanze radioattive, farebbe volatilizzare nuovamente ciò che resta nella camera di contenimento. In altre parole, una contaminazione più grave di quello attualmente segnalati sembra probabile, in base ai dati disponibili. Il fenomeno e le sue conseguenze a lungo termine, rimangono in gran parte inesplorati, a causa della estrema complessità delle simulazioni matematiche, che avrebbe dovuto essere effettuate per predire esattamente come il dramma si svolgerebbe.
La conclusione generale è che una situazione intorno a Fukushima 1 e Fukushima 2 è abbastanza oscura e conseguenze molto più severe rispetto a quelle attualmente previste, non possono essere escluse.
Va notato, insieme a quanto sopra detto, che finora non abbiamo sentito nulla sulla condizione degli impressionanti depositi di combustibile nucleare esaurito del Giappone, a seguito della catastrofe. Gli esperti stimano che nel 2020 il Giappone sarebbe emerso quale titolare di plutonio numero uno del mondo, e la mancanza di attenzione al tema, nelle attuali circostanze, è inspiegabile.
In ogni caso, è già fuor di dubbio che il piano del Giappone di raggiungere l’indipendenza energetica, basandosi sull’energia nucleare, abbia subito un fallimento totale. Costruire reattori nucleari su isole in zone di elevato rischio sismico, è stata una strategia concepita male, che non mette in pericolo solo il Giappone, ma anche i suoi vicini.
Per quanto riguarda il settore energetico, la migliore opzione del Giappone deve essere la dipendenza da GNL importato dalla Russia, ma per passare a ciò, il Giappone, insieme ad altri passi, deve abbassare i toni della sua retorica anti-russa riguardo le isole Curili.
Infine, il dramma in corso porta alla ribalta il concetto per cui le tecnologie avanzate, accoppiate a fattori antropici destabilizzanti, possono svolgere il ruolo di una particolare forma di arma di distruzione di massa. Questo, tuttavia, è un tema del tutto distinto, che spero di affrontare altrove.

Copyright 2010 © Strategic Culture Foundation
La ripubblicazione è gradita con riferimento alla rivista on line Strategic Culture Foundation.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – Aurora03.da.ru[/url]


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