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Senza serio compromesso, l'Euro è a continuo ris


jamesly
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Siamo sinceri: in questi ultimi anni (parliamo ormai di un arco temporale lungo, ormai oscillante tra i 5 e i 7 anni) la parola “crisi” è stata accostata così tante volte all’euro e all’Ue in generale da diventare un rassicurante sottofondo tra la cena e il caffè. Si assiste alle ultime evoluzioni attorno alla crisi greca con la stessa rassegnazione con cui si osserva l’ennesimo servizio sul caso di cronaca nera familiare. In alcuni paesi europei chi ha meno di vent’anni non immagina nemmeno che possa esistere un’Europa senza crisi, a meno che non abbia viaggiato molto o non si sia documentato a sufficienza su carta stampata o tv.

Bisogna fare una cosa a cui i “mandarini” di Bruxelles, abituati a lauti pranzi ed autisti in livrea (si sa che l’austerity per i ricchi è sempre relativa), non sono più abituati ad immaginare: un bagno di realtà. Molti funzionari europei, in queste ore, temono come la peste l’avanzata nelle imminente elezioni greche di Alexis Tsipras, un socialista che fino a qualche anno fa sarebbe stato considerato poco più a sinistra di Prodi, e guardano con malcelata apprensione al primo posto nei sondaggi di Podemos in Spagna, così come all’inusitato revival del Sinn Fein in Irlanda.

Piccoli smottamenti che nei prossimi mesi potrebbero diventare slavine, ma non nel senso di un’accelerazione verso la paventata uscita dall’Euro (nessuno di questi partiti l’ha in programma e, soprattutto, nessuno di questi partiti avrebbe la maggioranza assoluta dei voti) quanto di un radicale ripensamento della struttura e della governance dell’Unione Europea.

Gran parte dei greci, degli spagnoli e degli italiani non vuole (ancora) uscire dalla moneta unica: chi perché ha un bel gruzzolo e di certo non gradirebbe una conversione forzata in dracme o pesetas, chi perché è avverso al rischio e non si fida dei politici del suo Paese, chi perché considera l’euro come un simbolo vivente dell’integrazione europea post-1945, chi perché vuole viaggiare senza avere la scocciatura di dover cambiare i soldi. Sopra tutte queste ragioni “banali”, svetta ovviamente l’interesse delle imprese e della finanza: la scomparsa dell’euro sarebbe per il mondo imprenditoriale un colpo durissimo, dato che l’euro è stato fortissimamente voluto proprio dal mondo del business. In verità, non è affatto detto che la rottura del sistema valutario unico e una massiccia svalutazione dell’eventuale nuova Lira (facciamo l’esempio sulla nostra Italia) sarebbe una Caporetto a livello economico, ma certamente il break-up dell’Eurozona sarebbe un secondo esempio – dopo la grande crisi americana del 2007 – di fallimento clamoroso della capacità dei governi di prevedere i fallimenti del mercato. Si badi: il fatto che tutte vi siano tante ragioni a favore della permanenza dell’euro non vuol dire ovviamente che sia la scelta giusta ed inevitabile. La desiderabilità dell’euro è direttamente proporzionale alla capacità del “governo europeo” (chiamiamolo così, seppur impropriamente) di tirare fuori il continente dal disastro della deflazione e della disoccupazione.

Non ha alcun senso ripetere, come spesso fa il presidente Bce Mario Draghi, che l’euro sia irreversibile in un contesto di disoccupazione media all’ 11% e con punte del 27-28%. Ed ecco che torniamo al punto precedente: il bagno di realtà che chi guida l’Eurozona fatica a concepire. Dovrebbe ormai essere chiaro anche ai più cocciuti che vi è un conflitto palese tra la tenuta dell’assetto rigorista impostato dalla Germania e dai suoi paesi-vassalli, e l’esigenza liberatrice sempre più pressante delle popolazioni dei paesi “periferici” colpiti da una crisi occupazionale e sociale senza precedenti dalla Seconda guerra mondiale.

Questo conflitto deve risolversi per via politica e in maniera definitiva, con quel compromesso che ci permetta di passare dall’Europa tedesca all’Europa degli europei. Una conferenza sul debito in stile Bretton Woods, suggerita da Tsipras, potrebbe sancire la cancellazione di almeno il 50% dei debiti pubblici cumulati da Irlanda, Grecia e Portogallo. Certo, ci sarebbe un costo da sostenere per le istituzioni internazionali che detengono il debito di tali paesi: ma forse la stagnazione e la disoccupazione sono costi sostenibili per la società? Senza concreti passi politici e senza la volontà tedesca di ammettere i propri errori, la crisi prima o poi tracimerà sul piano valutario e a farne le spese sarà ovviamente l’Euro.

Fonte: http://www.sinistraineuropa.it/approfondimenti/senza-un-serio-compromesso-leuro-e-rischio-continuo/


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lanzo
Honorable Member
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Post: 744
 

Intanto l'euro, nel mercato dei cambi sta affondando... e il dollaro va su, co' tutto che avemo fatto le sanzioni alla Russaccia cattiva, bel ringraziamento !


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lanzo
Honorable Member
Registrato: 3 anni fa
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Intanto l'euro, nel mercato dei cambi sta affondando... e il dollaro va su, co' tutto che avemo fatto le sanzioni alla Russaccia cattiva, bel ringraziamento !


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spadaccinonero
Illustrious Member Guest
Registrato: 3 anni fa
Post: 10314
 

chi ha scritto l'articolo "dimentica" che l'euro sta facendo egregiamente il suo compito :
IMPOVERIRE

illeggibile come da tradizione sinistrata


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