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Spagna, Portogallo e Inghilterra è il gran valzer dei debiti


Tao
 Tao
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Ballano Spagna, Portogallo e Inghilterra è il gran valzer dei debiti insostenibili

Unicredit stima in uno studio i costi di un possibile allargamento della crisi

Il contagio, forse, non ci sarà, ma la paura è altissima e, sui mercati, spesso la paura basta. La alimenta, più che l´analisi delle possibilità effettive che la crisi greca si allarghi ad altri paesi, la consapevolezza che un tracollo a catena dei paesi deboli dell´area euro sarebbe, puramente e semplicemente, ingestibile. Se Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia non fossero più in grado di pagare i loro titoli e l´Europa dovesse intervenire, via via, a tamponare il loro debito, il costo sarebbe "insostenibile". I numeri di Armageddon sono sul tavolo: li hanno calcolati gli economisti di una grande banca italiana ed europea, Unicredit. Bloccare la bancarotta dei quattro paesi costerebbe fra 1.125 e 1300 miliardi di euro, oltre dieci volte il costo del salvataggio della piccola Grecia. Una cifra non lontana dall´intero Prodotto interno lordo italiano. Del resto, metà dell´intervento servirebbe a salvare proprio l´Italia. Unicredit considera due scenari. Nel primo, i quattro paesi non riescono a migliorare il deficit pubblico del 2009 e continuano a scivolare. In tre anni, far fronte al debito del Portogallo costerebbe 70,2 miliardi di euro, per l´Irlanda 80,2 miliardi, per la Spagna 459,8 miliardi, per l´Italia 693 miliardi. Totale, 1.300 miliardi di euro. Nel secondo scenario, i quattro paesi riescono a fermare al livello 2009 lo scivolamento del deficit, a ridurlo di un quarto nel 2011 e di metà nel 2012. Di ottimistico, lo scenario ha, però, solo l´apparenza. Il costo totale, nei tre anni, sarebbe ancora di 1.125 miliardi di euro: 58 per il Portogallo, 62 per l´Irlanda, 371,6 per la Spagna, 632,8 per l´Italia.

Quella di Unicredit è solo una esercitazione aritmetica e non una previsione. Serve ad illustrare la posta in gioco. Molto dipenderà dalla capacità di governi, istituzioni europee e banca centrale di rassicurare i mercati. La paura del contagio è, in larga misura, figlia, infatti, delle esitazioni e delle lungaggini con cui è stato affrontato il problema Grecia. «Portogallo e Spagna - assicurava ieri il segretario dell´Ocse, Angel Gurrìa - non possono essere paragonate alla Grecia: è una situazione completamente diversa». In effetti, per i due maggiori paesi esaminati da Unicredit - Spagna e Italia, i due che, per dimensioni, possono far saltare il tavolo - il problema, più che una crisi immediata di liquidità che porti alla bancarotta pubblica, sembrano le prospettive a media scadenza, in particolare la capacità di recuperare competitività e sviluppo. Ma la loro situazione resta estremamente fragile. La Spagna, ad esempio, ha un debito pubblico relativamente basso (il 53 per cento del Pil), che, però, sta aumentando molto rapidamente: solo due anni fa era al 36 per cento. Questo avvitamento si incrocia con il bubbone più grosso della finanza spagnola: l´indebitamento delle famiglie, vicino al 180 per cento del Pil. Il rischio è il collasso di un sistema bancario vulnerabile. La speculazione non perderebbe tempo ad affossare i titoli pubblici spagnoli. Se Zapatero dovesse impiegare i 100 miliardi di euro, conservati nel fondo per far fronte ad eventuali dissesti bancari, il debito pubblico schizzerebbe di colpo, hanno calcolato gli analisti di Credit Suisse, di dieci punti. L´Italia ha una situazione opposta a quello spagnola: un debito pubblico a livelli greci e un debito privato assai contenuto. Sommandoli, si ottiene un debito complessivo non diverso da quello di altri paesi europei più virtuosi. Secondo Credit Suisse, la situazione italiana, in materia di deficit e debito, appare, infatti, relativamente stabile. Il rischio è nei mercati: un´ondata di panico che portasse ad un rialzo brusco e improvviso dei tassi di interesse avrebbe un impatto pesante, viste le dimensioni del debito, anche se, nota ancora la banca svizzera, le scadenze sono abbastanza rallentate nel tempo da permettere di distribuire il maggior onere per interessi.

Visto dagli economisti, insomma, il contagio non è scontato. Il panico, tuttavia, può travolgere ogni analisi. E non è detto che l´innesco venga dai paesi mediterranei. Un´analisi di Etf Securities mostra che, fra i paesi più a rischio, c´è, oggi, la Gran Bretagna. Il deficit pubblico inglese è (all´11,4 per cento del Pil) a livelli greci e la spirale del debito (oggi al 60 per cento del Pil) sembra destinata ad accelerare. Il governo che uscirà dalle elezioni di domani dovrà rinunciare, per frenare il deficit, alle misure di stimolo dell´economia, messe in atto nei mesi scorsi, ma questo rischia di rallentare una crescita già anemica. Il risultato, nota Etf Securities, è che, agli attuali tassi di interesse, il costo del debito salirà più in fretta delle entrate della finanza pubblica. Le agenzie di rating lo hanno già notato e Moody´s ha fatto capire di essere pronta a declassare il debito britannico. Il risultato sarebbe un aumento dei tassi sui titoli inglesi e una ulteriore spinta all´indebitamento.

Maurizio Ricci
Fonte: www.repubblica.it
5.04.2010


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