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Cosa bisognerebbe fare per evitare il circo umanitario


Tao
 Tao
Illustrious Member
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La tragedia del terremoto di Haiti ci spinge ad un grande moto di solidarietà. Bisogna fare l'impossibile, e più in fretta possibile. La solidarietà è la naturale molla alla quale bisogna dare seguito con un'iniziativa efficace e prolungata nel tempo. Ed è qui un primo punto di riflessione: il «qui e ora» della tragedia ci assorbe completamente, ma rischia di farci perdere di vista due considerazioni necessarie.

Il terremoto ha avuto un impatto così devastante proprio perchè - come sempre - questo si è verificato in un paese poverissimo, a partire dalle sue case fatiscenti e le palazzine costruite con materiali scadenti. E questo non è certamente un problema recente. In secondo luogo ai bambini morti per il terremoto bisogna aggiungere i bambini morti in gran quantità - prima del terremoto - per le condizioni di quel paese: malattie, denutrizione e altro ancora. Haiti è uno dei paesi con la mortalità infantile più alta al mondo. Eppure ad Haiti i governi occidentali in questi anni hanno ridotto gli aiuti. Le catastrofi sono naturali, ma l'impatto delle loro devastazioni non lo è mai: dipende dallo stato sociale ed economico in cui si trova quel paese, dalle condizioni materali di vita e delle sue infrastrutture, dalla sua collocazione nel mondo.

Tutto questo non sminuisce l'emozione e la gravità per il terremoto ad Haiti, ma ci invita ad emozionarci di più e a fare qualcosa (che però non si fa) anche quando in questi paesi non ci sono i terremoti. Tra qualche giorno di Haiti ci saremo dimenticati (come prima del terremoto). E noi, occidentali, non siamo (come sembra ora) e non saremo parte della soluzione, bensì parte del problema. La logica dell'aiuto - che è assolutamente necessario, non scordiamocelo mai- è sempre scivolosa. Anche ad Haiti. Gli Usa mandano migliaia di soldati e anche noi mandiamo un centinaio di carabinieri e una portaerei: da tempo la rilegittimazione delle forze armate passa attraverso gli aiuti umanitari. Così in Somalia nel 1993, di fronte ad una grande emergenza, la comunità internazionale capitanata da Bush senior lanciò la grande missione militar-umanitaria Restore Hope, che finì pochi mesi dopo lasciando sul campo molti morti e pochi risultati. E in Somalia è esattamente come prima. E negli anni '50 gli Stati uniti lanciarono la legge «alimenti per la pace»: volevano in un grande afflato umanitario sfamare l'Africa con la loro sovrapproduzione di grano e nel contempo far abbassare i prezzi dei mercati locali e così penetrare commercialmente qualche paese. Questo per dire che l'aiuto (quello degli Stati e degli eserciti) non è mai stato innocente, né totalmente disinteressato: un tornaconto c'è sempre e ormai, da tempo, l'aiuto è un grande business economico oltre che uno strumento politico e militare. E dietro l'aiuto c'è spesso anche la realpolitik. Anche ad Haiti. Lo è stato negli anni '90 e lo sarà oggi.

Si potrebbe fare diversamente? Ad esempio, invece di mandare più di diecimila marines americani (che magari dopo l'emergenza, lì ci rimarranno) sarebbe meglio avere una missione di polizia internazionale (serve quella, non un battaglione di guerra) e invece di tutti questi soldati un corpo di dottori ed infermieri, ben più numeroso di quello fino ad oggi preventivato. E invece di andare ognuno (in primo luogo gli Stati uniti) per conto suo e contro gli altri, sarebbe meglio affidarsi al ruolo di coordinamento delle Nazioni unite, che con le proprie agenzie umanitarie sono tra i pochi a fare qualcosa di concreto in quei luoghi. E poi stanziare soldi: solo le Nazioni unite l'hanno fatto seriamente. Ad Haiti, anche con l'aiuto umanitario, bisognerebbe ripartire non dai marines o dalla portaerei Cavour (chissà, poi, quando ci arriverà), ma dalla società e dalle comunità, sostenendo persone, gruppi, realtà locali che già lavorano per una prospettiva diversa da quella «dall'alto» che impongono i governi.

Cosa complicatissima da fare, mentre si salvano vite e si cerca di dare un futuro a quel paese, ma è l'insegnamento che tante emergenze degli anni '90 ci hanno lasciato per evitare le ipocrisie del circo umanitario e stare sul serio dalla parte delle vittime.

Giulio Marcon
Fonte: www.ilmanifesto.it/
Link: http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20100122/pagina/09/pezzo/269631/
22.01.2010


Citazione
vic
 vic
Illustrious Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 6373
 

Invece della portaerei (ce lo diranno mai quando costa spedire una portaerei laggiu' e poi tenercela funzionante?) farebbero meglio a spedire una portapanettieri.

Coi soldi del costo spedizione portaerei sicuramente possono far funzionare un gran numero di panetterie, dove il panettiere e' locale, il garzone pure e la venditrice anche.

Oh per carita', sulle portaerei il panettiere e' sempre presente. Quanti di voi ci e' mai stato a comprare il pane su una portaerei? A parte la noia di trovare una barchetta per andarci, poi la fatica di salire su quel muro d'acciaio. Anche i bambini dell'asilo capiscono che e' molto complicato come sistema per sfamare tanta gente.

Invece della portaerei portateci delle barche da pesca, cavolo! Non sanno cosa farsene di tutto quell'acciaio! Per caso non e' che, magari, volete fargli soggezione? Gia' Colombo usava metodi di tal ispirazione: gentile davanti e spietato dietro.

Italia, sei con le pezze al culo e mandi in giro portaerei! Mi ricordi vagamente quando mandavi i tuoi soldati a combattere nell'inverno Russio con le suole di cartone.

Pensa ai terremotati di casa tua va'! E pensa anche a quelli che vivono beati seduti attorno ad un posticino esplosivo come il Vesuvio. Per tacere del magma che sobbolle nel Tirreno.

Mandaci dei mastri panettieri ad Haiti, che insegnino a fare tanti pani diversi, magari in concorrenza alle baguette francesi. il pane troppo bianco non fa' troppo bene, e' risaputo. Semmai c'e' sempre la pizza, giusto per non morir di fame ed avere un lavoretto dignitoso.

Lasciala perdere la portaerei, o patria di navigatori. Fosse stata almeno l'Americo Vespucci, avresti fatto una bella figura, esteticamente parlando. Oltre al risparmio in gasolio ed acciaio.


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