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Fini - La guerra afghana vista con gli occhi dei talebani


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Ecco la guerra afghana vista con gli occhi dei giovani talebani
 

Prima della grande offensiva nell’Helmand, roccaforte talebana nel sud dell’Afghanistan, iniziata il 13 febbraio, il generale americano Stanley McChristal aveva annunciato in pompa magna la nuova strategia della Nato: "clear, hold, build", vale a dire ripulire il territorio cioè ammazzare più guerriglieri possibile, occuparlo stabilmente, ricostruire, facendovi un po’ di sano business, ciò che nell’offensiva era stato distrutto. La strategia, chiamata "surge", aveva alcuni corollari: non fare vittime civili, proteggere la popolazione (non si capisce bene da chi), coinvolgerla nel "progetto di costruzione del futuro Afghanistan".

Bene, in una sola settimana, i bombardieri e i missili americani hanno ucciso, il 14 febbraio a Mariah, 12 civili, tutti membri della stessa famiglia, e pochi giorni dopo altri ventisette, cioè alcune famiglie che con tre minibus cercavano di fuggire dalla regione messa a ferro e fuoco dalla Nato. Gli americani li avevano scambiati per talebani. Come ciò sia stato possibile è difficile da capire: non si sono mai visti guerriglieri talebani viaggiare in minibus come delle tranquille famigliole afghane in gita di piacere. Questo è il "proteggere la popolazione" secondo il generale McChristal e i suoi alleati, fra cui ci siamo anche noi italiani, sia pur trincerati in una zona relativamente più sicura perché abitata da hazara e non da pashtun. Nel frattempo, in un’altra regione, nei pressi di Kunduz, i missili americani avevano centrato un convoglio che trasportava del militari afghani loro alleati, uccidendone sette, notizia che non è passata sui media occidentali come mille altre che riguardano le nefandezze che gli occupanti stanno perpetrando in quel Paese.

Qualche giorno fa una piccola rete televisiva americana ha mandato in onda un servizio in cui, per la prima volta, si è guardata questa tragedia "con gli occhi dell’altra parte". Un giornalista afghano è stato per due settimane con i Talebani. Ciò che si vede, si sente e si ricava è che si tratta di ragazzi giovanissimi (ma essere giovani e rivoltosi a quanto pare non è un titolo di merito in Afghanistan, a differenza, poniamo, dell’Iran), che si muovono tranquillamente fra la popolazione, che evidentemente li conosce, li protegge e li condivide, che non sono, come sempre vengono descritti, delle bestie feroci, ma dei ragazzi che sognano per il loro Paese un futuro diverso da quello progettato per loro, e in nome loro, dall’Occidente. Non vogliono fare nessuna "guerra santa", wahabita, terrorista, al mondo occidentale,vogliono solo reimpadronirsi del proprio Paese e del proprio destino.
Sono tutte cose che, isolati, abbiamo scritto tante volte, ma che non possono non essere note a chi abbia seguito con un minimo di attenzione le vicende afghane e, naturalmente, agli inviati occidentali. Ma nei nostri media non se ne parla. Deve prevalere la vulgata che noi siamo là solo per aiutare amorevolmente gli afghani e che i Talebani sono solo dei criminali.

Col Vietnam era diverso. Allora esisteva l’Unione Sovietica e, di conseguenza, un’intellighenzia europea di sinistra (all’epoca l’intellighenzia era solo di sinistra) che protestava contro quella guerra. Ma gli afghani non appartengono nè alla sinistra nè alla destra, sono un antico popolo tradizionale, come i curdi, e hanno il torto di non essere nè cristiani, nè ebrei e nemmeno arabi. E così si può fare di loro carne di porco, in una guerra vigliacca come poche, macchina contro uomini, che non ha alcuna ragion d’essere se non nella nostra arrogante e sanguinaria pretesa di omologare l’intero esistente a noi stessi.

Massimo Fini
Fonte: www.massimofini.it

Uscito su "Il gazzettino" il 26/02/2010 26/02/2010


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mendi
Reputable Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 300
 

Stavolta sono al 100% d'accordo con Fini.
La mia solidarietà con i combattenti talebani è totale, senza se senza ma.


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