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Grillo non molla (intervista)


Tao
 Tao
Illustrious Member
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«L'Italia è il primo paese d'Europa dove non c'è né una sinistra comunista né socialdemocratica»

«Per me è l'ultimo tentativo. Se anche questa volta le forze di sinistra si dimostrano incapaci di realizzare almeno una federazione in senso compiuto, per parte mia rinuncio». E Gianpaolo Patta, leader dell'area "lavoro e società" della Cgil, certo non è il solo che a sinistra la vede in modo così disincantato: «Non mi manca molto alla pensione - chiosa - vuole dire che mi rimetto a studiare e il mio contributo si limiterà a quello».

A vedere il bicchiere mezzo vuoto la federazione ripropone un'ipotesi precedentemente scartata come insufficiente, a vederlo mezzo pieno si può dire meglio tardi che mai. Ma le forze che ci arrivano non rischiano di essere fuori tempo massimo, sia per densità organizzativa che programmatica?
Sicuramente ci sarebbe bisogno di un partito nuovo, rinnovato, che sappia costruire legami di massa a partire mondo lavoro. Purtroppo, però, la storia della sinistra italiana è fatta di divisioni più che di unità; e non solo dal punto di vista programmatico, ma culturale. Il Prc era nato per rifondare un pensiero comunista degli anni Duemila; in vero non è riuscito a rappresentare che una sommatoria di elementi, che non si sono rinnovati ma hanno fatto una quantità di correnti, finché alcuni non hanno anche abbandonato il partito. Questo è lo stato delle cose: una sinistra più piccola di prima e attaccata a connotati ideologici. Quindi, realisticamente oggi potremmo anche accontentarci di una federazione.

Detto così, c'è dello sconforto oltre al disincanto…

Io sono ancora scettico sulla possibilità di farcela. Negli ultimi anni ho partecipato a vari tentativi di costruzione unitaria e so che sono andati male. Anzi, proprio nell'ultimo anno ho visto le scissioni più dolorose. Perciò non so se i gruppi dirigenti saranno capaci di arrivare almeno a federazione nel senso forte e pieno del termine: cioè con poteri e processi condivisi che permettano di durare più di qualche mese. Credo che anche Vendola dovrebbe ripensarci. Anche loro sono in questa impasse: i socialisti guardano ai radicali, i verdi sulla soglia di una scissione, il Pd è indigeribile. Gli chiedo: ma vale la pena?

E' vero che in politica fanno testo gli atti soggettivi, ma non dipenderà da se e quanto la federazione saprà essere il luogo che dove si riallaccia quel rapporto tra politico e popolo che si è rotto almeno dalla battaglia contro la guerra?

I partiti nascono appunto da un atto soggettivo, quindi non si può prescindere dall'esistente. Ma in effetti ho paura che la sinistra faccia fine del Psi. Con la federazione abbiamo l'ultima occasione di evitarlo, ma è chiaro che se nasce solo dal ceto politico non va da nessun parte.

Perciò dipende dal come, della democrazia. Chi è, per esempio, che decide se fare un'intesa, su quali basi e su quale candidatura? Lo fanno i leader sulla base di un pregiudizio unitario oppure di un opposto pregiudizio separatista?

Per una cosa come la federazione le primarie possono essere un valido aiuto: possono rappresentare una spinta a andare oltre e non rinchiudersi nella logica dei gruppi che in rappresentanza tizio caio decidono tutto. Nello stesso tempo dobbiamo costruire strutture, non solo strumenti mediatici. In questo siamo stati anche noi intaccati dal modello berlusconiano, dallo svuotamento della democrazia, sempre meno rappresentativa e trasmessa dall'alto in basso. Come sinistra non lo accettiamo in teoria, ma nei fatti siamo contaminati. Perciò dico che bisogna ripartire dalla centralità del lavoro.

Ma in un mondo e un tempo in cui il lavoro non è più lo stesso dove si sono formati i partiti come vengono intesi ancora oggi…

Lo so che non siamo nel 1969, che molti operai votano Lega e destra. Ma il problema non è rappresentare i lavoratori e il lavoro, il problema è organizzare la presenza del lavoro nella politica. Ancora oggi ci sono milioni di lavoratori in aziende con più di 3 o 400 dipendenti, mentre la sinistra non è né nella precarietà né nelle grandi aziende. Alla Iveco c'è la sezione della Lega, non una sezione comunista.

D'altra parte a sinistra la Lega viene vista quasi con invidia per il suo radicamento quando esso è localista, razzista e assolutista, quindi da rifiutare. Ma probabilmente la Lega rientra in fabbrica a partire da quella base di identità totalitaria non dalla condizione del lavoro…

Non dobbiamo scaricare una condizione politica sulla condizione di classe, quindi questo non fa che dimostra la scomparsa della politica dal mondo del lavoro. L'Italia è il primo paese d'Europa dove non c'è né una sinistra comunista né una sinistra socialdemocratica. Eppure non si può dire che non ci siano condizioni di conflitto…

Forse è punto di vista ideologico e declamatorio con cui la sinistra affronta il conflitto che non regge né in fabbrica né altrove…

Infatti al Cgil, che ha un impianto socialdemocratico di tipo nord europeo, è in difficoltà ma fa da argine. La sinistra, invece, da quant'è che non si misura con temi di cui sul lavoro si parla tutti i giorni, tipo il fisco, di cui parla solo la Lega, o l'iniquità del welfare? Si fanno affermazioni con un forte significato etico ma che non diventano lotte su cui si organizzano i lavoratori. Decidere di fare lotte e di starci tutti i giorni è un'altra cosa; se non hai un programma di medio periodo sembra che il cambiamento non ti interessi e anche i movimenti parziali non trovano riferimento in te. Invece bisogna costruire democraticamente un programma che sia un punto di vista anche per organizzare lotte parziali.

Cosimo Rossi
Fonte: www.liberazione.it
15.07.2009


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