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H1N1.Una riflessione su scienza, pseudoscienza e antiscienza


Tao
 Tao
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Quando l’artiglieria pesante del mainstream media — Repubblica, Corriere, Sole 24 ore — comincia a porre quesiti sulla fornitura del vaccino contro l’H1N1 che proiettano ombre sull’intera strategia di immunizzazione contro il virus, hanno sicuramente una freccia al loro arco: la pandemia si è sostanzialmente esaurita e la possibilità di una terza ondata pare debole. Dunque si fanno discorsi con il senno del poi su questioni di prevenzione su cui altri devono prendere decisioni col senno del prima. Zero rischi e la gradevole prospettiva di salire su un pulpito.

Ma le questioni di deontologia giornalistica sono le meno interessanti. Il problema della scelta dei tempi su un tema come il contratto con la Novartis — che è stato sul tavolo per tutto il tempo, per chi avesse voluto informarsi — è interessante perché la decisione è mossa dal sicuro istinto dei direttori delle testate, che intuiscono umori sensibili dell’opinione pubblica. Ampi settori di questa sono stranamente attratti dalla possibilità che ci sia stata una frode globale, e rimarrebbero forse delusi se scoprissero che non è così.

A partire da ciò vorrei allargare un po’ il campo sul problema della corretta informazione scientifica in un’epoca in cui antiscienza e pseudoscienza — particolarmente su Internet — segnano punti un giorno dopo l’altro. Nel corso della settimana leggo molti articoli e scarico molti podcast di argomento tecnico e scientifico, particolarmente da siti statunitensi. Mi piace particolarmente quel materiale che unisce un brillante taglio divulgativo ai toni polemici contro ciarlatani, fondamentalisti religiosi, astuti imprenditori dello spirito, e così via.

Per lo più le mie fonti sono eccellenti, ma spesso incontro un limite, che connota anche un’organizzazione come il CICAP italiano. Questo limite non è metodologico, dato che nel 110% delle controversie hanno ragione loro. E questo basterebbe a chiuderebbe il discorso, dato che questi autori e questi gruppi fanno — e fanno bene — esattamente ciò che si propongono e dichiarano di fare.

Il limite è piuttosto filosofico, o di storia delle idee. Tutti questi autori e questi gruppi sembrano convinti che il dilagare attuale di pseudoscienza e antiscienza sia dovuto ai tratti peculiari della società post-moderna, in cui cultura pop e New Age che soddisfano tendenze e mode di basso profilo che emergono dal pubblico. In qualche altro caso pseudoscienza e antiscienza verranno addebitate a sopravvivenze dell’antico sapere magico o superstizioso, come nel caso del top manager che si fa fare l’oroscopo prima di decidere una strategia di marketing.

Non si menziona mai la possibilità che, se non il sapere tecnico scientifico, almeno le istituzioni del sapere tecnico-scientifico possano meritare molta della diffidenza che la gente prova verso di esse.

In Italia gli istituti di clinica medica e chirurgica hanno degli organigrammi che sembrano alberi genealogici, con nonni figli e nipoti che lavorano gomito a gomito stipendiati dal contribuente. Il sistema italiano ha permesso l’insediarsi di un tangentocrate come Duilio Poggiolini al vertice del sistema farmaceutico del Ministero della Sanità.

Non dò molta importanza a questi casi, che caratterizzano più che altro un folklore italico-spaghettaro. Ma vi sono esempi più allarmanti in cui la presenza di interessi estranei alla scienza dà forma al discorso scientifico stesso. Un caso esemplare è quello delle numerose — e spesso fondate — accuse mosse al DSM, il manuale di diagnosi psichiatrica statunitense adottato in tutto il mondo. E’ oggi opinione diffusa nella comunità scientifica che la proliferazione di sintomatologie fantasiose e bizzarre contenute nel manuale sia stata spinta dal desiderio di giustificare nuove prescrizioni di psicofarmaci e allargarne così il mercato. Non sono aggiornatissimo sull’argomento, ma l’ultima volta che lessi qualcosa si diceva che era arrivato il momento di una profonda revisione del manuale che riportasse un po’ di serietà e integrità scientifica nella psichiatria.

E andando più indietro nel tempo, è bene ricordare che per molto tempo l’antropologia degli imperi coloniali ha fatto circolare teorie sulle differenze razziali (tutte curiosamente favorevoli alla “razza bianca”) che oggi ci appaiono pseudoscienza della peggior specie, ma che per decenni hanno costituito il senso comune scientifico delle elite intellettuali europee. Vogliamo ricordare anche la lunga accettazione da parte degli psicologi di tutto il mondo delle definizioni di quoziente di intelligenza basate sulle ricerche fraudolente di Cyril Burt (e tese a spiegare con la dotazione genetica le differenze di classe e di status sociale)?

La gente forse non conosce la storia della scienza, ma vede i film in cui gli scienziati appaiono asserviti agli interessi del potere. Si potrà dire che questi film sono sensazionalistici, ma è difficile sostenere che non abbiamo alcuna base nella storia. Ed è pertanto ingiusto anche sostenere che la diffidenza della gente verso la scienza abbia basi solo nelle mode New Age o nelle sopravvivenze del pensiero magico e superstizioso.

Se coloro che difendono la centralità del sapere scientifico nella cultura moderna, e combattono l’epidemia di pseudoscienza e antiscienza che impesta la società, fanno propria un visione semplicistica dei loro avversari e della gente che dà loro ascolto, verranno inevitabilmente identificati con l’establishment politico ed economico. E probabilmente continueranno a perdere le loro battaglie.

Gianluca Bifolchi
Fonte: http://subecumene.wordpress.com
Link: http://subecumene.wordpress.com/2010/01/18/h1n1-una-riflessione-su-scienza-pseudoscienza-e-antiscienza/
18.01.2010


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