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Il senso dell’onnipotenza


Tao
 Tao
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Dagli Usa a Fermo. Il governatore del Minnesota scappa, i governanti dell’Italia accorrono a Fermo a far vedere quanto sono solidali. Chissà dov’erano quando quattro bombe sono scoppiate, nella stessa città di Fermo, davanti a chiese colpevoli di ospitare migranti e rifugiati. Da noi è meno marcato il senso dell’onnipotenza, ma coltiviamo accuratamente la pianta della paura e siamo maestri nella pietà parolaia intrisa di indifferenza

Chissà se in uno dei prossimi concerti Bruce Springsteen canterà “Devils and Dust”: “ho il dito sul grilletto, non so di chi fidarmi, ho Dio dalla mia parte e sto solo cercando di sopravvivere – la paura è una cosa potente, prende la tua anima piena di Dio e la riempie di diavoli e polvere….”E’ la metafora di un’America che da un quarto di secolo sta collocata alle crossoads fra onnipotenza e paura, con Dio dalla sua parte ma un mondo ostile e sconosciuto tutto intorno… E’ l’America che fra onnipotenza e terrore ha ucciso Calipari, e che fra onnipotenza e terrore continua gli omicidi quotidiani di polizia (580 nel 2016 finora, cui almeno 100 afroamericani disarmati).

Era “visibilmente nervoso” e spaventato il poliziotto del Minnesota che ha sparato a Philando Castile: gli hanno insegnato che i neri sono tutti pericolosi, criminali e drogati, e che i criminali drogati sono tutti armati. Perciò quando Castile ha ripetuto il gesto che costò la vita ad Amadou Diallo (allungare la mano per prendere il documento che gli aveva chiesto), ha dato per scontato che stesse invece per prendere un’arma: come si può immaginare che un negro abbia un portafoglio? Il poliziotto aveva paura; ma era anche armato e quindi onnipotente: non capisco, ho paura, ma posso uccidere quello di cui ho paura, e lo faccio. Per un portafoglio scambiato per una pistola, Amadou Diallo fu crivellato da 41 colpi, per Philando Castile ne sono bastati quattro.

Del senso di onnipotenza fa parte anche la quasi certezza dell’immunità. Finora nessuno dei poliziotti responsabili di uccisioni nel 2016 è stato punito. Dietro questa impunità c’è il senso – condonato, se non sotterraneamente condiviso, nella cultura delle istituzioni – che le persone di colore sono meno umane degli altri, ucciderle è meno grave. Questo è il gesto che ha sancito la morte di Allen Sterling in a Baton Rouge in Louisiana: un essere pensato come subumano per la sua identità è reso ancora più degno di essere schiacciato proprio dalla sua impotenza, lì a terra indifeso come un insetto che ti invita a schiacciarlo (abbiamo visto una scena identica, e finora identica impunità, anche a Hebron lo scorso marzo).

E infine. Noi siamo governati da un parlamento che ha votato allegramente (Partito “democratico” compreso) che chiamare “orango” una donna nera (l’ex ministro Cécile Kyenge) “fa parte del discorso politico” e non è un insulto. Anche qui, insomma, sono le istituzioni le prime a designare i bersagli di violenza etichettandoli come subumani, meno meritevoli di esistere.

Perciò se un fascista di Fermo chiama scimmia una donna africana sopravvissuta a Boko Haram, si tratta tutt’altro che di un pazzo e di un isolato, di uno che fa parte di una deviante e minoritaria cultura ultrà, ma del portatore estremo di un senso comune che non sfigurerebbe nel parlamento della Repubblica.

E se il marito della donna offesa reagisce, allora l’aggressore è lui: i neri devono stare al loro posto, prendersi ingiurie e insulti e stare zitti. Anche qui, quando la vittima è a terra, l’assassino non si ferma, non è soddisfatto, deve andare fino in fondo, deve schiacciare questo insetto che da un lato ha la sfrontatezza di protestare e ti fa sentire minacciato (ma senti come minaccia la sua mera presenza), e dall’altro non ha la possibilità di colpire e ti fa sentire onnipotente.

Il governatore del Minnesota scappa, i governanti dell’Italia accorrono a Fermo a far vedere quanto sono solidali. Chissà dov’erano quando quattro bombe sono scoppiate, nella stessa città di Fermo, davanti a chiese colpevoli di ospitare migranti e rifugiati. Da noi è meno marcato il senso dell’onnipotenza, ma coltiviamo accuratamente la pianta della paura e siamo maestri nella pietà parolaia intrisa di indifferenza.

In Louisiana e in Minnesota, gli afroamericani scendono in strada, gridano, protestano, cercano di ricordarci che “Black lives matter”, le vita nere contano negli Stati Uniti come nelle Marche. Ma fino a quando continueremo a pensare che le vite dei neri contano solo per i neri, che la Shoah sia un’offesa che riguarda solo gli ebrei, che la strage di Orlando è una questione dei gay, che gli assassini di polizia e gli assassini razzisti siano offese a una “razza” e non offese all’umanità – fin quando la sollevazione contro queste schifezze non sarà universale, anche la nostra rabbia non sarà che parole e polvere.

Alessandro Portelli
Fonte: www.ilmanifesto.info
7.07.2016


Citazione
makkia
Prominent Member
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Post: 755
 

E vai coi frullati di idee.

In USA c'è una strategia messa in atto dalla polizia. Un trend deciso e inequivocabile. Gli sta scoppiando il problema afro-americano in mano. E quelli sono cittadini americani, da quasi tre secoli. Che gli dici: vi espello tutti?
Se vuoi fare confronti parla di Aldrovandi e Cucchi, non del caso di Fermo.
Ma non lo fai, perché non sono "compatibili" con la tesi dell'accoglienza.

Il voto sulla Kyenge e l'episodio fermano hanno probabilmente qualcosa in comune: il razzismo.
Si vedrà (sembra assai probabile).
Comunque non è il fascismo, che li accomuna. E' il razzismo.
E, fra parentesi, che la donne fosse sopravvissuta a Boko Haram è una fallacia: se gli aggressori (erano due italiani, anche se uno è misteriosamente sparito) lo avessero saputo è possibile che si sarebbero comportati in modo diverso. Ma non sapendolo è calcolo emotivo del giornalista: il fatto rimane ed è che non ha (hanno) insultato una "scampata da Boko Haram".

Comunque il razzismo è connaturato a una presenza al di sopra di un tot degli "alieni". I testi di sociologia parlano del 6%. Puoi chiudere gli occhi davanti a questo fatto e ti troverai fra le mani un problema di razzismo.
Negalo, limitandoti alle chiacchere (cioé senza progettualità politica, culturale e sociale) e si incancrenisce.
In Italia e in Europa ci troviamo di fronte a una enorme crisi di immigrazione. Il razzismo è fisiologico. Non è con un coperchio di political correctness che lo puoi soffocare.
L'impotenza o la incapacità delle istituzioni ad affrontarla (la crisi) scaveranno nella coscienza collettiva la sensazione che tutto ciò che i loro governanti hanno da dire in materia è: "ti ci devi rassegnare".
Come se fosse normale e non avesse conseguenze dire agli italiani che "potrebbero" sparire come etnia, cultura, tradizioni.
Se volevi che il razzismo dilagasse, questo era il modo giusto. Complimenti.

Il nocciolo dell'articolo è totalmente fuori bersaglio.
L'onnipotenza di cui parla è diversissima tra USA e Italia/Europa.

Lì è una precisa strategia, con precise radici (il solo indiano buono è un indiano morto). Ce l'hanno nel DNA.
Qui c'è il (purtroppo) inevitabile esito del senso di impotenza e di abbandono istituzionale. Altro che onnipotenza.

Lì sono le istituzioni che pensano (a torto) di risolvere qualcosa.
Qui le istituzioni non pensano. Hanno gettato la spugna.

La shoah poi, non c'entra una minkia. Dopo sessant'anni di propaganda martellante, volta a far pesare sulle coscienze di tutti la shoah, dire che è un problema "solo degli ebrei" è semplicemente grottesco.
Almeno, nel senso di indifferenza alle sorti altrui in cui lo intende l'articolo.

Perché in ben altri sensi è effettivamente un problema "solo degli ebrei".

In primis perché gli ebrei non tollerano che qualcun altro abbia un problema simile (provate a dirgli che sono 20, i milioni di civili morti "da nazismo", in stragrande maggioranza slavi, di cui 5 nei lager).
E poi è "roba loro" perché non tollerano che alcuno, tranne loro, parli dell'olocausto, se non da posizioni di suddidanza psicologica nei loro confronti.
(e non parlo solo delle recenti orrende leggi contro la libertà di parola, ma gli episodi di "fastidio" quando un goyim o un "self-hating jew" si permettono di parlare di olocausto sono troppi per contarli).
Il senso di onnipotenza (e per giunta permalosetti) ce l'hanno solo le "vittime".

Sorvolo su Orlando. Era praticamente un obbligo metterlo. Le leggi dell'inclusività sono più ferree di quelle della termodinamica.


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