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Il sistema politico italiano esploderà presto


Rosanna
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La pazzia dell'euro #fuoridalleuro

articolo di Joseph Stiglitz pubblicato sul Guardian

http://www.theguardian.com/business/2015/jan/09/europe-economic-madness-cannot-continue-greece-elections

"Finalmente, l’America sta mostrando segni di ripresa dalla crisi che esplose alla fine della amministrazione del Presidente George W. Bush, quando la quasi implosione del suo sistema finanziario inviò onde d’urto in tutto il mondo. Ma non si tratta di una forte ripresa; al massimo, il divario tra dove l’economia dovrebbe essere e dove si trova oggi non si sta allargando. Se si sta chiudendo, lo sta facendo molto lentamente; il danno provocato dalla crisi sembra essere a lungo termine.

La rovina dell'Europa
D’altronde, potrebbe andar peggio. Dall’altra parte dell’Atlantico, ci sono pochi segni persino di una ripresa modesta del genere di quella statunitense: la differenza tra dove l’Europa è e dove avrebbe dovuto essere in assenza della crisi, continua a crescere. In gran parte dei paesi dell’Unione Europea, il PIL procapite è inferiore a quello che era prima della crisi. Un mezzo decennio perduto si avvia rapidamente a diventare un decennio intero. Dietro le fredde statistiche, ci sono vite rovinate, sogni infranti e famiglie che vanno in pezzi (o che non si formano) mentre la stagnazione – in alcuni luoghi la depressione – prosegue un anno dietro l’altro. L’Unione Europea ha persone di talento, con elevata istruzione. I suoi paesi membri hanno sistemi giuridici forti e società ben funzionanti. Prima della crisi, aveva persino economie ben funzionanti. In alcuni posti, la produttività oraria – oppure il tasso di crescita – era tra i più alti al mondo.

La follia dell'austerità
Ma l’Europa non è una vittima. E’ vero, l’America ha mal condotto la sua economia; ma non si può dire che gli Stati Uniti abbiano agito in modo da far pesare la ricaduta globale della crisi sull’Europa. Il malessere l’Europa se l’è provocato da sola, a seguito di una sequenza decisioni economiche negative senza precedenti, a cominciare dalla creazione dell’euro. Per quanto concepito per unire l’Europa, alla fine l’euro l’ha divisa; e, in assenza della volontà politica di creare le istituzioni che avrebbero consentito alla valuta unica di funzionare, il danno non viene sbrogliato. L’attuale disordine in parte deriva dall’aver aderito alla fiducia da tempo mal riposta in mercati ben funzionanti, senza imperfezioni di informazioni e di competizione. Anche l’arroganza ha giocato un ruolo. Come altrimenti si spiega il fatto che, anno dopo anno, le previsioni delle conseguenze delle loro politiche da parte dei dirigenti europei siano state costantemente sbagliate?

Quelle previsioni erano sbagliate non perché i paesi dell’Unione Europea non sono stati capaici di attuare le politiche prescritte, ma perché i modelli sui quali quelle politiche si basavano erano a tal punto pieni di difetti. In Grecia, ad esempio, le misure intese ad abbassare il peso del debito hanno di fatto lasciato il paese più appesantito di quello che era nel 2010: il rapporto debito-PIL è cresciuto, a seguito dell’impatto brutale della austerità della finanza pubblica sulla produzione. Il Fondo Monetario Internazionale ha, almeno, ammesso questi fallimenti intellettuali e politici.

La scomparsa della democrazia
I dirigenti europei restano convinti che una riforma strutturale deve stare in cima alle loro priorità. Ma i problemi che essi indicano erano visibili negli anni precedenti alla crisi, ed allora non impedivano di crescere. Quello di cui l’Europa ha bisogno, più che di una riforma strutturale all’interno dei singoli paesi, è una riforma della struttura stessa dell’eurozona, ed una inversione delle politiche di austerità, che più di una volta non sono riuscite a riavviare la crescita economica. Coloro che pensavano che l’euro non avrebbe potuto sopravvivere hanno ripetutamente avuto torto. Ma su una cosa i critici hanno avuto ragione: senza un riforma della struttura dell’eurozona, e senza una inversione dell’austerità, l’Europa non si riprenderà.
Il dramma dell’Europa è lungi dall’essere superato.

Uno dei punti di forza dell’Unione Europea è la vitalità delle sue democrazie. Ma l’euro ha tolto ai cittadini – specialmente nei paesi in crisi – la possibilità di pronunciarsi sui loro destini economici. Ripetutamente gli elettori si sono liberati di coloro che erano in carica, insoddisfatti per l’indirizzo dell’economia – con il risultato di ritrovarsi con nuovi governi che hanno proseguito sullo stesso indirizzo imposto da Bruxelles, Francoforte e Berlino. Ma quanto a lungo si può continuare in questo modo? E come reagiranno gli elettori? Dappertutto in Europa abbiamo constatato l’allarmante crescita dei partiti estremisti e nazionalisti, che si contrappongono ai valori dell’Illuminismo che hanno consentito all’Europa di avere successo. In alcuni luoghi stanno avanzando ampi movimenti separatisti.

La questione greca
Ora la Grecia sta mettendo sul tavolo un’altra prova per l’Europa. Il declino del PIL in Grecia a partire dal 2010 è di gran lunga peggiore di quello con il quale si misurò l’America durante la Grande Depressione degli anni ’30. La disoccupazione giovanile è superiore al 50 per cento. Il Governo del Primo Ministro Samaras ha fallito e adesso, a seguito dell’incapacità del Parlamento a individuare il nuovo Presidente greco, il 25 gennaio saranno tenute elezioni generali anticipate. Il partito di opposizione di sinistra Syriza, che è impegnato a rinegoziare i termini del salvataggio della Grecia da parte dell’Unione Europea, è in testa nei sondaggi. Se Syriza vince ma non prende il potere, una ragione principale sarà la paura della risposta dell’Unione Europea. La paura non è la più nobile delle emozioni, e non fa crescere quel genere di consenso nazionale del quale la Grecia ha bisogno per andare avanti.

Fermare la follia economica europea
Il tema non è la Grecia. E’ l’Europa. Se l’Europa non cambia le sue procedure – se non riforma l’eurozona e non revoca l’austerità – un contraccolpo popolare diventerà inevitabile. La Grecia, in questa occasione, può mantenere la rotta. Ma questa follia economica non può proseguire all’infinito. La democrazia non lo permetterà. Ma quanta sofferenza ancora l’Europa dovrà sopportare prima che sia ripristinata la ragione?" Joseph Stiglitz, economista e saggista statunitense, premio Nobel per l'economia nel 2001, insegna alla "Graduate School of Business" presso la "Columbia University"

http://www.beppegrillo.it/

L'Euro e la dittatura tecnocratica #fuoridalleuro

dall'editoriale di Ambrose Evans-Pritchard sul Telegraph

"Senza cambiamenti urgenti, il sistema politico italiano esploderà presto. Il tasso di disoccupazione giovanile ha addirittura raggiunto il 43.9%. Il Mezzogiorno sta portando la depressione al collasso sociale. In contrasto, la Germania ha generato 27 mila lavori a dicembre con la disoccupazione scesa al record negativo del 5%. Le cose non sono mai state così buone dalla riunificazione ed è l'esempio più emblematico dell'insostenibilità dell'unione monetaria. Per l'Italia è una "lenta tortura". Le politiche contrattive hanno già portato il debito dal 116% al 133% del Pil in tre anni. Ogni unità di percentuale in meno di inflazione per il Paese significa dover aumentare il surplus primario dell'1,4% del Pil per rispettare le regole della zona euro. Ma per agire su questo imperativo sarebbe necessario rivitalizzare l'economia e bloccare la spirale negativo debito-deflazione in corso.
La zona euro non è in grado di rispondere a tutto questo perché è una costruzione disfunzionale. Non c'è da
incolpare chi è oggi a prendere le decisioni ma è la cornice che è fallata. Il Telegraph ha argomentato sin dai tempi di Maastricht che un'unione valutaria di culture disparate senza un Tesoro Europeo e un'autorità politica in grado di guidare una crisi sarebbe finita nella paralisi. Draghi ha fatto il suo personale cri de coeur in un intervento a Helsinki sei settimane fa, elencando i "requisiti minimi per un'unione monetaria", vale a dire un super Stato europeo, con una sovranità economica esercitata congiuntamente. E' un'utopia. Non c'è nessuno spazio per un tale balzo in avanti e in più, qualora dovesse essere attuato, implicherebbe una dittatura tecnocratica senza più nessun controllo democratico. I creditori del Nord hanno passato gli ultimi quattro anni ad evitare che venissero messi in comune i rischi o ogni passaggio necessario per la creazione di un'unione fiscale. Nel lanciare questi passaggi, Draghi ci sta dicendo in realtà che, anche lui non pensa più che la zona euro possa funzionare."

http://www.telegraph.co.uk/finance/comment/ambroseevans_pritchard/11331694/EMU-deflation-is-the-final-betrayal-of-southern-Europe.html

http://www.beppegrillo.it/2015/01/_leuro_e_la_dittatura_tecnocratica_fuoridalleuro.html


Citazione
Anonymous
Illustrious Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 30947
 

Cit: Finalmente, l'america ecc" quel finalmente dice tutto dell'autore.
Intanto le crisi non sono un incidente di percorso o colpa di qualche malandrino o ancora di qualche logarittimo poco compreso.
Le crisi sono il normale funzionamento del capitalismo servono perché la società possiede troppa civiltà, troppi mezzi di sussistenza, troppa industria, troppo commercio, troppa speculazione, in breve il mercato non assorbe, non ci sono abbastanza compratori.

Per dirla con Marx:I rapporti borghesi sono diventati troppo angusti per contenere le ricchezze da essa prodotte. Con quale mezzo riesce la borghesia a superare le crisi? Per un verso, distruggendo forzatamente una grande quantità di forze produttive ( come le guerre locali...); per un'altro verso, conquistando nuovi mercati e sfruttando più intensamente i mercati già esistenti. Con quale mezzo dunque? Preparando crisi più estese e più violente e riducendo i mezzi per prevenire le crisi. (Manifesto del partito comunista)

Cosa centra la democrazia con tutto ciò è chiaro solo a Lui.


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Rasna
Honorable Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 634
 

l’America ha mal condotto la sua economia;

...

Per quanto concepito per unire l’Europa, alla fine l’euro l’ha divisa;

Ma ci rendiamo conto delle cazzate. Se queste sono le premesse degli articoli riportati possiamo anche buttarli nel cesso e tirare la catena.

L'america non ha mal condotto la sua economia, l'ha stirata fino all'eccesso ed il risultato, com'era ovvio, è che ora vedono i margini oltre i quali non possono più allargarla. Per farlo hanno bisogno di nuovi mercati, quindi nuove guerre, e di nessun antagonista.
Per contro (e vengo al secondo quote) l'euro non è mai stato pensato per unire ma per dividere e creare scompiglio economico, proprio per i programmi americani di sopravvivenza della loro economia.

L'economia e la finanza sono strumenti di morte e di schiavitù, fanculo agli americani che la propugnano come unico e più giusto sistema sociale.

Questi articoli sono propaganda pura.


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