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Manuale per il maschio frustrato


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Avete notato? Anche mentre il Natale si fa sotto grandi giornali e i loro rotocalchi settimanali infarciti di pubblicità e depliant propagandistici sono pieni di consigli sugli stili di vita, informazioni sui «consumi equi», suggerimenti a chilometro zero. Con una piccola particolarità: i grandi temi della produzione, del consumo e della difesa dei beni comuni non occupano gli spazi della cronaca politica e si limitano ad occupare le pagine del cosiddetto «lifestyle». Si tratta di un’operazione di ribaltamento comunicativo: i grandi temi dell’ingiustizia sociale e ambientale vengono scaricati sulla condotta individuale, separati radicalmente dal contesto sociale in cui affondano: non esiste nessun riferimento alla dimensione collettiva, all’uscire di casa e non restare da soli contro il mondo. Tutto è legato alle piccole cose delle vite solitarie.

Questa impostazione non manca di una pubblicistica di appoggio. Di recente è uscito un saggio molto interessante per comprendere il fenomeno. Si intitola «Il lavoro manuale come medicina dell'anima» [Mondadori, 252 pagine, 17,50 euro]. Nel bel mezzo della crisi globale, l’autore Matthew Crawford cerca di convincerci del fatto che, come recita il sottotitolo, «tornare a casa a riparare le cose da sè può rendere felici». Il libro è uscito negli Usa in ottima compagnia. Lo scrittore ambientalista Bill McNibben in «Deeo economy» spiega ai suoi lettori perché bisogna condurre una vita più morigerata, semplice, locale. Michael Pollan, invece, importato negli Stati uniti il nostro «Slow food». In libri come «The Omnivore's dilemma» e «In defense of food», Pollan glorifica le piccole fattorie e i «prodotti locali». Queste idee – negli Stati uniti come nella Vecchia Europa - hanno avuto un certo successo nel bel mezzo della crisi economica, e hanno ispirato la nostalgia per il cosiddetto «lavoro vero», concetto ambiguo da contrapporre all'astrattezza dell'economia finanziaria.

Crawford descrive così la sua vita «un po' insolita»: ha trascorso gran parte della sua gioventù in una comune sulla costa occidentale. A quindici anni, ha lavorato come apprendista in una officina Porsche. Poi ha studiato fisica alla University of California di Santa Barbara, ha lavorato come elettricista e conseguito un dottorato filosofia politica a Chicago, sebbene sia stato distratto da un progetto di riparazone di motociclette. Dopo aver lavorato in un think tank, ha mollato tutto per aprire la sua officina, Shockoe Moto. Crawford ritiene che le multinazionali – che lui in effetti deve aver conosciuto molto da vicino quando frequentava gli ambienti della destra repubblicana a Washington - abbiano costretto la gente a compiere lavori inutili e frustranti. Ma qui viene il bello. Questa analisi non scaturisce nella ribellione. Per Crawford, la soluzione ai «grandi affari» sono i «piccoli business». Con questo artificio retorico l’autore reintroduce l'etica del lavoro e lo spirito di competizione Ovviamente, Crawford omette di spiegare come si fa a essere fedeli all'artigianato senza sottomettersi al mercato. Crawford prende in giro gli hippy e qualsiasi forma di sistema di valori che ricordi anche vagamente la «sinistra». E poi ce l’ha con le donne.

Il suo libro è stracolmo di maschi che fanno cose da maschi e le donne sono raffigurate come vaghe e inconcludenti. Nell'introduzione al saggio, Crawford esprime la speranza, sebbene recondita, che «anche le donne, oltre agli uomini, comprendano il messaggio che il lavoro materiale è più utile». Da questo punto di vista, il libro è soprattutto un trattato sulle frustrazioni degli uomini in un'era post-maschile, l’epoca cioè – aggiungiamo noi - della «femminilizzazione del lavoro» in termini di coinvolgimento degli affetti e della cura nella produzione materiale. Ma per Crawford, la femminilizzazione del lavoro è una scusa per rimpiangere i modelli maschili. Secondo lui gli uffici sono posti femminili. Leggendo uno studio sul modo di mantenere l'autorità dei manager, compara la vita dell'impiegato allo «essere parte di una cricca di donne», con una gerarchia brutale nascosta dietro «la parvenze e i modi della fratellanza». Si rinforzano stereotipi maschilisti quando si passa a elogiare la vita quotidiana nelle officine, dove gli scherzi da caserma non solo sono tollerati ma sno incoraggiati e uno si sente «come un uomo e non come un ingranaggio in una macchina». «Il luogo di lavoro moderno riflette l'evoluzione del rapporto tra i generi, e con tutta evidenza per Crawford questo è un problema», ha giustamente scritto Kelefa Sanneh, un critico di origine africana, sul Newyorker stroncando il volume.

Ben presto, l’ideologia de «Il lavoro manuale come medicina dell'anima» viene allo scoperto. Crawford descrive il sentimento profondo, molto simile alla narrazione dei Tea-party e anche alla rozza costruzione del consenso leghista. Si parla di una nazione sotto assedio, accerchiata da lavoratori stranieri pronti a svolgere qualsiasi mansione, solo che più rapidamente e più economicamente [cosa che con tutta evidenza frustra ancora di più i machissimi lavoratori manuali bianchi. La xenofobia si palesa quando si descrivono con ribrezzo i pezzi di ricambio per la moto dal Messico, le analisi a raggi x dall'India, i manuali d'istruzione scritti da – scrive l’autore - «alcuni studenti giapponesi sfigati che studiano inglese come seconda lingua». In Italia come negli Usa, quando si dice che alcuni lavori «stanno sparendo» si intende che adesso li fanno i migranti. Crawford rievoca con nostalgia la classica «epoca che non è mai esistita» che sta alla base dell’America reazionaria. Parla di quando i banchieri decidevano se farti credito chiedendo al pizzicagnolo se avevi debiti]. Ma Crawford coltiva alleanze con istituzioni di destra». Sanneh porta ad esempio questo paragrafo che compare alla fine del libro di Crawford e che non nasconde posizioni xenofobe, mascherate da anti-conformismo: «Adesso i capitalisti dicono: 'Lavoratori del mondo, unitevi!' per affrontare meglio le 'inefficienze' del mercato frutto dei confini politici. Questo slogan, una volta esprimeva l'ambizione di organizzare i lavoratori che erano divisi e quindi più facilmente sfruttabili, ma adesso indica il desiderio di una massa di 'risorse umane' sfruttabili perché indifferenziate. Questa intenzione si accompagna sovente dal facile prestigio morale del multiculturalismo, così trova appoggi nei reduci della sinistra. Quelli al vertice della catena alimentare trovano una nuova identità da cui trarre orgoglio, quella cosmopolitani mangiatori di sushi accoppiati con una brasiliana». Sanneh cita altri esempi di reazionari di questo tipo. Rod Dreher scrive per National Review. È autore di «Crunchy cons» in cui si schiera con uguale passione a favore del biologico e contro il matrimonio gay. Victor Davis Hanson è autore di «Fields without dreams: defending the agrarian ideas», ma anche di «Mexifornia», un libro sul «pericolo» costituito dalla immigrazione. E uno degli eroi di «The Omnivore's dilemma» si presenta come un «contadino-cristiano-conservatore-libertario-ambientalista-lunatico». L’autore di quest’ultimo saggio, Michael Pollan, si presenta allo stesso tempo come un gourmet e un idealista. «Il che significa che degusta l’intera economia alimentare ogni volta che si siede a tavola – scrive polemico Sanneh - Quando vede i lavoratori migranti, non è detto che pensi al loro salario. Ma di sicuro pensa alla sua cena».

Giuliano Santoro
Fonte: www.facebook.com
21.12.2010

[da Carta Clandestina, n. 44]


Citazione
Boero
Honorable Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 540
 

Dicensi proletario,ma cade il muro di Berlino e la lotta di classe diventa lotta di genere,rigorosamente politicamente corretta,e così mistero della neolingua si scopre che il proletario malpagato e licenziato dalle multinazionali è un maschio frustrato...dovrebbe essere contento,o luminosi cervelli del web,voi che lo vorreste spingere un giorno sì e l'altro pure allla revolucion?
E chi la fa la revolucion,le impiegate delle poste o le vigilesse del comune?
E questa la luminosa autocoscienza di classe che proponete?
Maschi frustrati del mondo,unitevi,direbbe allora un Marx esanime,che si rivolta nella tomba.Ah,ah,ah...


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