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Mutati dalla vita più lunga


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 33516
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Il limite della nostra esistenza, la morte, ci dà il senso dell’infinito e dell’eterno, essenziali per una visione religiosa della vita. Era Kierkegard, un filosofo cristiano, ma esistenzialista, che diceva: «L’infinito e l’eterno? Le due uniche certezze». Però ora si progetta una vita che potrebbe durare più di cinquecento anni, e quindi - psicologicamente parlando - senza limiti. Ma se la nostra visione della vita cambia, se la presenza della morte diventa evanescente, che ne sarà della religione? Della politica? Dell’amore «eterno»? Quale sarà il significato, appunto, di parole come «eterno», «per sempre», e simili? Che accade dunque?

Si parla spesso della nascita di una nuova civiltà, ma il fatto più sconvolgente, che trasforma anche la nostra maniera di pensare, è che il cambiamento avviene entro di noi. Ricordo le parole di un giornalista che mi intervistò quando si cominciò a capire che la durata della vita sarebbe diventata così lunga da far sì che la morte diventasse la grande assente. Mi disse: «Ma allora, che ne sarà della specie umana?». Risposta: «La specie umana? Non esisterà più, quella sarà un’altra specie, priva della morte». Infatti, noi abbiamo costruito civiltà e religioni sempre pensando alla morte. Ma senza la morte, o quasi? Un’altra civiltà, appunto, ma una civiltà diversa nel profondo, in cui la vita (almeno psicologicamente) eterna sarà una presenza essenziale.

Qualcuno parla ancora di rivoluzioni in maniera antica, ma il grande cambiamento sta già avvenendo: il mondo è mutato di più negli ultimi dieci anni che nei precedenti diecimila. Le scoperte tecniche e scientifiche hanno trasformato la nostra visione dell’universo, si pensi all’elettroencefalogramma che ci dice quando un individuo comincia a pensare, ma ci annuncia anche la fine della sua esistenza. Altri elementi modificano la nostra immagine del mondo: la decadenza del culto dei morti, la cremazione, la vita media che in poco tempo si è allungata di trent’anni e si avvia verso una durata di novanta e, già domani, di centoventi anni.

Ma le mie sicurezze sui destini del mondo e di questa nostra civiltà quando cominciarono a vacillare? In occasione di una trasmissione televisiva. Un famoso biologo americano mi disse fuori campo, prima di andare in onda su tutt’altro argomento: «Molto probabilmente alcuni degli individui oggi viventi saranno ancora vivi fra quattrocento anni». Le mie sicurezze psicologiche, così legate a una visione tradizionale del rapporto fra morte e vita, venivano messe in discussione da questa semplice frase. Mi rendevo conto che stavo assistendo alla nascita di una civiltà in cui morte e vita cambiavano di senso. Certamente, noi abbiamo il privilegio e la fortuna di vivere in un periodo eccezionale della storia dell’umanità, e questo anche perché la morte si allontana. Confesso che ho grande nostalgia del mondo in cui sono cresciuto e vissuto. Un mondo in cui Dio era soltanto Dio, i valori erano semplici e facilmente comprensibili. Ma desidero anche cercare di capire come sarà quel mondo senza la presenza (almeno psicologica) della morte di cui parlano scienziati che, soltanto parlandone, già modificano la mia immagine del mondo.

Sabino Acquaviva
Fonte: www.lastampa.it
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31.01.07


Citazione
kiteni
Active Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 16
 

Cher Sabino, non so chi sia il famoso biologo che menzioni nel tuo articolo ma per raccontare balle del genere deve essere un delirante pagato per esserlo. In ogni caso il tema é molto interessante e vale la pena di essere dibattuto. Non credo che la nascita di una nuova "specie"avverrá tramite il prolungamento del numero degli anni ma piuttosto tramite la metamorfosi di come usiamo gli anni a disposizione. Oltretutto ritengo alquanto improbabile che una persona sana di mente sopporti per secoli le noiose mediocritá che copiose farciscono la vita moderna di questo mondo.


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