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Pd - lo zampino di baffino


Tao
 Tao
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Le elezioni europee sono state segnate da una serie di debacle della sinistra in quasi tutta Europa. Francia, Regno Unito, Germania, Spagna, Portogallo, Olanda, Finlandia, Repubblica Ceca, Ungheria, Bulgaria ed Estonia, con lievi progressi in Grecia, Cipro, Malta, Polonia, Romania e Lituania. Anche in Italia c'e' stata la netta sconfitta del centro sinistra, pur nella perdita di credibilita' del presidente del Consiglio per i gravi scandali in cui e' stato coinvolto, le bugie propalate a Porta a Porta, la implicazione nel processo per corruzione contro David Mills. E nonostante i legami con politici come Luigi Cesaro, imprenditore che, secondo il pentito Vassallo, avrebbe operato in Campania nel traffico dei rifiuti con i casalesi. Gli attacchi del Times, di Liberation, del Guardian, del Pais e la brutta figura del premier sul piano internazionale sono serviti a poco: il Pdl ha vinto e il PD ha subito una notevole flessione che alcuni leader, fra cui il redivivo Romano Prodi (ma non aveva abbandonato la politica?), hanno tentato di far passare per un successo del progetto politico del partito.
Intanto si accentuano le divisioni interne al PD, dopo la sua collocazione in Europa nell'alleanza dei socialisti e dei democratici (Asde). Marc Lazar, uno dei maggiori politologi europei, riconosce in una intervista all'Espresso che la destra e la Lega hanno vinto; una vittoria che resta, nonostante l'esito dei ballottaggi. Ai comuni di Bologna, Bari, Firenze e Padova c'e' stata una semplice conferma, e con maggiore incertezza, della sinistra. Silvio Berlusconi sopravvive al disdoro e alle critiche aspre che gli sono piovute addosso anche dalla Chiesa, oltre che dalla pubblica opinione. Di questo successo deve prendere atto Dario Franceschini, che sbaglia a parlare di inversione di tendenza.
La prima cosa da fare e' abbandonare la condivisione delle riforme costituzionali con il centro destra: sarebbe il colpo di grazia alla democrazia.

ASTENUTI DI SINISTRA

Il primo, inequivocabile segnale della sconfitta e' stato il livello di astensioni: 7 milioni di votanti in meno rispetto al 2008, con un aumento sensibile degli astenuti al ballottaggio del 21 giugno: molti elettori scontenti del centro destra, non si riconoscono nel PD, nell'Italia dei Valori e nei partiti della sinistra. L'astensionismo non e' neutro. E' un preciso segnale di protesta per la lontananza della gente dalla politica non solo del governo, ma anche dell'opposizione. Per l'Italia del Valori era una occasione eccezionale l'ondata di scandali sessuali che ha travolto il premier. In qualunque paese normale Berlusconi sarebbe stato costretto alle dimissioni, invece ha vinto, conquistando 34 Province, rispetto alle 9 che aveva, e tre comuni capoluogo.
Ma anche per Antonio Di Pietro, che piu' di tutti aveva attaccato il Presidente del Consiglio, si e' trattato di una mezza sconfitta: la speranza di catalizzare il voto dei milioni di delusi e' fallita. Idv, secondo una stima della Swg riportata dall'Unita', e' riuscita a catturare 939.000 elettori del PD, ma ben poco dalla destra. Di Pietro ha accentuato le divisioni nel centrosinistra senza indebolire la maggioranza.
Secondo la Swg, l'emorragia del PD si e' manifestata sia verso l'Idv che verso la sinistra radicale; hanno votato per i comunisti 294.000 ex elettori del PD, altri 342.000 a favore di Sinistra e Liberta', mentre 224.000 hanno scelto i radicali. Nel complesso gli elettori del PD passati ad altre formazioni di centrosinistra e di sinistra ammontano alla bella somma di 1.855.000 persone. Il passaggio di elettori del PD a formazioni del centrodestra e del centro e' stato altrettanto consistente: 265.000 dei democratici del 2008 hanno votato per il Pdl e per la Lega Nord. E altri 198.000 sono passati all'Udc. A lasciare il PD per il centrodestra sono stati 487.000 elettori, mentre a compiere il percorso inverso sono stati 319.000.
Il PD ha perso una parte consistente dei suoi voti a favore delle formazioni che hanno sostenuto le posizioni piu' radicali.
Ma il dato piu' significativo e' che il 23,2% dei votanti del 2008 sono rimasti a casa. Un numero enorme, che ha due precisi significati: il nuovo leader del partito ha deluso per assenza di un progetto politico chiaro; inoltre c'e' il mancato ricambio generazionale al centro e in periferia. Il secondo messaggio e' che Di Pietro non e' e non sara' il nuovo messia del centrosinistra.

PARTITO DEI VELENI

Fin qui la diagnosi. Vediamo la prognosi: il futuro e' incerto. Per via della maggior forza del centro destra e della flessione del PD, per via della discordia che avvelena il centrosinistra, ma soprattutto a causa della resistenza e dell'ostinazione a restare alla guida del partito da parte di coloro che hanno consegnato il Paese nelle mani del centro destra. Anziche' ritrovare l'armonia e lasciare il posto alle nuove generazioni, gli ex Ds e Margherita affilano le armi e fanno fuori dalla competizione per il congresso i vari Ignazio Marino, Debora Serracchiani e Davide Sassoli. D'Alema, dopo aver concorso alla frana del 6 e 7 giugno, si illude che le vittorie al sud possano bilanciare l'esito negativo delle europee, le sconfitte alle provinciali di Milano e Venezia e la perdita di comuni storici come Prato. E trascura che il Pdl ha conquistato le province di Milano e di Venezia, portando altra acqua al mulino della Lega, che ora rilancia le sue pretese riformatrici contro la Costituzione.
Nel frattempo, dopo aver cagionato il crollo del PD, Veltroni vede «un partito in cui i giovani sono la spina dorsale». Eppure, proprio lui sembra negato per scegliere nuovi talenti politici: il figlio di Roberto Colaninno e' inesistente, mentre Sergio Zavoli, presidente della Commissione di Vigilanza Rai, si distingue per il suo totale asservimento al Pdl.
Il problema principale e' il rifiuto del rinnovamento radicale del gruppo dirigente, a partire da coloro che hanno subito sconfitte ripetute ad opera di Berlusconi. E invece la nomenklatura del PD reagisce con disappunto alla vittoria della Serracchiani, temendo di perdere posizioni di potere dentro il partito. Massimo D'Alema - ricorda Massimo Giannini su Repubblica - minaccia: «attenti, cosi' scorrera' il sangue». Traduzione: «da qui guai a mandarmi via: non me ne andro' nemmeno morto». Non gli sono bastate le clamorose e sonore sconfitte inflittegli dal premier. D'Alema ha trasformato le elezioni in un referendum personale e ora si sente «confortato dal risultato». «A Piombino, Orvieto, Firenze, con me piazze piene», esulta. Ma dimentica un particolare: sono rimaste semivuote le urne del PD. La perdita di quasi 4 milioni di voti - di cui parla l'Unita' del 10 giugno - non gli basta. D'Alema pretende di dare un programma al partito. Finge di non capire che la crisi del PD e' dovuta alla presenza sua, di Veltroni e di Francesco Rutelli.

LE COLPE DI BAFFINO

Dopo avere distrutto la sinistra storica, cui ha preferito alleanze con Toto' Cuffaro “vasa vasa” e con Gianfranco Fini, D'Alema ora evoca una smarrita «identita' di sinistra». Non pago delle devastazioni prodotte nel PD, ci fa sapere attraverso Repubblica che «ha una tentazione, scendere in campo in prima persona». Giocare in campo aperto la partita e candidarsi alla segreteria. «Un azzardo - dice Giannini- che sembra fuori della logica e fuori della storia». Intanto Enrico Letta si fa avanti per sostenere Pierluigi Bersani, bravo politico con il solo punto debole di essere un uomo fantoccio nelle mani di D'Alema, che attraverso lui troverebbe ancora spazi nel partito e nel Governo.
Non si puo' accettare come soluzione ad un'eventuale crisi di Governo per la (improbabile) caduta di Berlusconi, l'idea - vagheggiata alla vigilia dello scandalo degli squallidi festini di Palazzo Grazioli - di un esecutivo istituzionale di transizione nel quale lo stesso D'Alema dovrebbe avere un ruolo di governo accanto ad esponenti della destra. Lo scenario evocato dall'Espresso (18 giugno 2009, Marco Damilano), dopo le an
ticipazioni di D'Alema circa “scosse” che avrebbero cagionato la caduta del premier, riguarda la «possibile intesa del Presidente della Camera con il Ministro Tremonti, in asse con Massimo D'Alema».

LA CONNECTION DE NOANTRI

La semplice ipotesi di un accordo consociativo tra PD e Pdl costituisce il colpo di grazia alle residue speranze di un riscatto del centrosinistra. La stessa ipotesi dimostra come D'Alema, con l'avallo del vertice PD, continua a mantenere rapporti politici e di puro potere con esponenti della destra. Come ai tempi della sciagurata bicamerale che porto' all'infausta riforma del titolo V della Costituzione.
Si perpetua il desolante spettacolo del primo partito di opposizione che, il giorno successivo alle elezioni, dopo aver condiviso con il presidente del Consiglio la scelta del si' al referendum contro la democrazia, esulta per aver perso solo 4 milioni di voti rispetto alle politiche, e sogna di continuare a colludere con spezzoni di quella maggioranza guidata da Silvio Berlusconi.
Dimenticando che milioni di elettori hanno abbandonato la casa, aspettando che qualcuno, a sinistra, li riconcili con la politica.

Ferdinando Imposimato
Fonte: www.lavocedellevoci.it
Link: http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=218
Luglio 2009


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