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Siamo capaci di pensare pensieri nostri?

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Primadellesabbie
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...Ma e' il momento della cucina...

Sono solo per qualche giorno e mi do alla pazza gioia: rape in padella e caldarroste (é venuto freddo) e al diavolo gli chef con la puzza sotto il naso ed i loro impiastri.


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Rosanna
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...la storia è stata cambiata sempre da "élite di pensiero illuminate"...

Uno dei nostri "vizi" é che dobbiamo assolutamente e sempre trovare il "colpevole", per quello hanno successo i libri gialli, servono da allenamento.

Copernico e Galileo hanno avuto un ruolo molto strano, hanno "scoperto" e ristabilito conoscenze che non erano state perse, ma abbandonate perché non armonizzavano con una certa cosmogonia che si era imposta, e perciò era stata adottata la visione tolemaica. Anche per non dispiacere i domenicani che accendevano certe pire per i dubbiosi.
Per la terra tonda (e misurata, Plinio ti spiega anche come hanno fatto i romani) il sole e tutto il resto non occorre ricorrere a Sitchin.

(adesso noto il commento di Giovina)

Copernico e Galileo, non hanno solo "scoperto", ma anche "inventato" un nuovo "Metodo sperimentale", metodo induttivo/deduttivo che ha permesso loro di fare le prime sperimetazioni della Nuova Scienza Moderna.

Se non ci fossero stati loro ci sarebbero stati altri? D'accordo ... ma comunque dotati di sapere e pensiero critico.

Il pensiero critico nasce spontaneamente e in maniera intuitiva? E' possibile, ma allora è solo un pensiero "passivo", che non incide sul reale.

Il vero pensiero critico "attivo", lo si costruisce "in solitudine e fatica", e solo quello sarà in grado di agire.


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Primadellesabbie
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...Il vero pensiero critico "attivo", lo si costruisce "in solitudine e fatica"...

Va bene per la solitudine, ma uno che ha il dono di saper pensare lo esercita come una cosa naturale, irrinunciabile, della quale non saprebbe privarsi. Se fa fatica sta occupandosi di cose che per le quali non é tagliato. Che poi la vita o il destino complichino le cose si verifica di sovente, la letteratura é generosa di esempi, e ci sono condizioni in cui pensare é difficile.

Potrei sbagliarmi sul piano di distinzione di cosa intendi per pensiero attivo e passivo. Il pensiero, anche nella sua veste più elementare é comunque un'azione. O forse intendi distinguere il pensiero utilizzabile da quello che non lo sarebbe..., o qualcosa d'altro?


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Rosanna
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...Il vero pensiero critico "attivo", lo si costruisce "in solitudine e fatica"...

Va bene per la solitudine, ma uno che ha il dono di saper pensare lo esercita come una cosa naturale, irrinunciabile, della quale non saprebbe privarsi. Se fa fatica sta occupandosi di cose che per le quali non é tagliato. Che poi la vita o il destino complichino le cose si verifica di sovente, la letteratura é generosa di esempi, e ci sono condizioni in cui pensare é difficile.

Potrei sbagliarmi sul piano di distinzione di cosa intendi per pensiero attivo e passivo. Il pensiero, anche nella sua veste più elementare é comunque un'azione. O forse intendi distinguere il pensiero utilizzabile da quello che non lo sarebbe..., o qualcosa d'altro?

Con "pensiero critico attivo" intendo un pensiero che sia in grado di cambiare la storia, come è accaduto appunto a Galileo, che è stato il primo intellettuale moderno in questo senso, perché l'ha cambiata "consapevolmente", con la volontà di volerla cambiare, "inventando anche un nuovo metodo di "comunicare la scienza".

Quindi solo un uomo dotato di sapienza e intelletto come lui è riuscito nell'intento, se fosse mancato anche uno solo dei due attributi, non ci sarebbe riuscito.

Il "pensiero critico passivo" invece può essere quello dei bambini, come dicevi tu, delle persone semplici, che "intuiscono" la verità, ma non ne sanno comprendere le cause e nemmeno le possibili risoluzioni.

Un esempio potrebbe essere questa crisi, molte persone "semplici" hanno capito benissimo cosa sta succedendo, forse perché abituate ad essere imbrogliate e sfruttate da sempre, ma non saprebbero spiegarti le cause economico/finanziarie, oppure individuare le possibili risoluzioni.

Con "solitudine e fatica" intendo la solitudine della lettura, dello studio e la fatica anche dello studio e della lettura, però solo attraverso queste pratiche si può arrivare ad acquisire la capacità di un pensiero critico "attivo", che incida sulla realtà.


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Primadellesabbie
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@ Rosanna

Questa faccenda del pensiero "critico attivo" e "critico passivo" mi lascia non poco perplesso. Poi si possono adottare le formule che si ritengono utili per dimostrare qualcosa.

Aggiungo che, per quanto ne capisco io, ma é molto marginale rispetto al tema relativo alla capacità di pensiero, il genio non ha altra scelta, appena ne abbia la possibilità, che di usare il suo dono.

La solitudine sarà, caso mai, la conseguenza della genialità (come ebbe chiarire proprio Einstein).

...persone semplici, che "intuiscono" la verità, ma non ne sanno comprendere le cause e nemmeno le possibili risoluzioni. ...

Qui, forse, ti sei lasciata prendere la mano dal desiderio di spiegare.

Naturalmente, su alcune cose la pensiamo diversamente. A me sembra conseguente che una persona, colta in un certo modo, individui nell'ambito economico/finanziario le cause di questa crisi, e trovo utile ci lavori sopra. Da parte mia, penso che strumenti economico/finanziari la abbiano provocata assieme ad altre azioni più rilevanti in ambito politico, influenze sul piano sociale e persino (senti, senti!) sul piano, impalpabile ma molto concreto per quanto riguarda le conseguenze pratiche, che chiamiamo spirituale, fino a far configurare una situazione in cui quasi niente é rimasto uguale a prima.

Ragionevolmente si può affermare che con accorgimenti economico/finanziari non si affronta seriamente e tantomeno si risolve questa crisi.

Inoltre, per quanto si cerchi di far combaciare gli attuali indici con tratti di figures del vasto archivio di cui disponiamo, sappiamo benissimo di essere di fronte a qualcosa di nuovo, o di abbastanza nuovo da non poter essere trattato con medicine testate.

Si dà proprio che sia il caso in cui sarebbero indispensabili quelli che sappiano ancora pensare, e sarebbe utile altresì che coloro che hanno accumulato cultura e conoscenza le mettessero a disposizione con intelligenza, se i primi accettassero di occuparsi della cosa. Naturalmente mi rendo conto di quante barriere un discorso del genere dovrebbe superare per essere anche solo preso in considerazione da un occidentale contemporaneo.

E allora continuiamo così, non abbiamo scelta e lo percepiamo da sempre perché, nonostante tutto, dentro di noi sappiamo come stanno le cose.


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Rosanna
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@ Rosanna

Questa faccenda del pensiero "critico attivo" e "critico passivo" mi lascia non poco perplesso. Poi si possono adottare le formule che si ritengono utili per dimostrare qualcosa.

Aggiungo che, per quanto ne capisco io, ma é molto marginale rispetto al tema relativo alla capacità di pensiero, il genio non ha altra scelta, appena ne abbia la possibilità, che di usare il suo dono.

La solitudine sarà, caso mai, la conseguenza della genialità (come ebbe chiarire proprio Einstein).

Con "solitudine e fatica" intendevo certo la solitudine e la fatica del genio che studia, lavora, suda, si affanna, incontra ostacoli, incomprensioni, ma poi riesce finalmente nel suo intento.

Ma la "solitudine e la fatica" accompagneranno tutto il processo della ricerca, anche il momento successivo, quando il genio incontrerà appunto forse (Galileo) le maggiori resistenze.

Questa crisi invece che è, giustamente come dici tu, sistemica, economico/finanziaria, ma anche politico/istituzionale, e anche psicologico/sociale, da chi potrebbe essere risolta: dagli economisti, dai politici, dai banchieri, dai cittadini, dai sindacati ...

Insomma da chi? Capisco che è una domanda dalle cento pistole (la pistola era una moneta del tempo dei 4 moschettieri), ma visto che siamo in tema:

Chi ha capito le cause della crisi, e quindi ha espresso un giudizio critico valido ed efficace, e chi potrà risolvere il problema?


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Primadellesabbie
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@ Rosanna

Non mi schivo, la prendo alla larga e richiamo un quadretto.
Dove vivevo c'erano le lattaie in ogni quartiere, erano negozi veramente minuscoli, vi vendevano latte, qualche latticino e qualche scatola di biscotti, stop. Delle signore non giovani ne ricavavano l'equivalente di un magro stipendio ed erano indipendenti, qualche volta si vestivano bene e andavano a passeggio. Non so se frodavano il fisco, ne' mi interessa. La gente del quartiere era abituata a comprare da loro il latte, nonostante accanto ci fosse il supermercato. Sono arrivati i registratori di cassa ed hanno smesso tutte, hanno chiuso nel giro di settimane. Una mi ha spiegato che non avrebbe potuto sostenere la spesa dell'acquisto e l'abbonamento alla manutenzione della macchina, e le ho creduto.

Se non si riescono a tenere queste cose (sopra é solo un esempio) assieme ai grandi numeri e a trovare il nesso che le lega é inutile provarci.

La generazione che é subentrata, in coincidenza di una serie di sostanziali cambiamenti, li ha accettati con troppo entusiasmo e leggerezza, nessuno la ha messa in guardia (dov'erano quelli che adesso starnazzano dando la colpa agli altri ?), sembrava una trasformazione naturale, che rendeva inutili le prudenze che tutti avevano avuto prima di loro, fin dalla notte dei tempi (attenzione ad imparare le cose, nozioni di come funziona la vita, guardarsi attorno, studiare il prossimo). Adesso sono adulti e non sanno da che parte cominciare, aprono un bar con i soldi della zia e ragionano come un tredicenne.

Chi non abbia la percezione e la dimensione dei problemi conseguenti a questo stato di cose, e non sia capace di metterlo, con la giusta dimensione, assieme ai grandi numeri é inutile che ci provi.

É una serie infinita di problemi di questo genere che ci mettono di fronte ad un agglomerato senza caratteristiche note, da affrontare, in tutti i sensi, a cui si aggiungono i problemi che reputiamo più grossi e che crediamo di conoscere, che rende dilettantesco intervenire con degli schemi.

Ci vorrebbe una specie di Marchionne, disinteressato, ancorato e responsabile della sopravvivenza della complessità di un Paese o di quanto ne rimane, più che dei suoi conti, almeno come primo intervento.

Un Marchionne al contrario, insomma.


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Rosanna
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Le cause della crisi ci sono e sono bene individuabili, certo sono moteplici e cumulabili in categorie diverse, attraverso gli anni si è passati dall'economia keynesiana, a quella dei Chicago Boys (sembra un complesso musicale), invece era un gruppo di economisti guidati da Milton Friedman che cominciarono a demolire il benessere delle economie del sudamerica e poi si orientarono verso l'occidente.

Poi naturalmente c'è tutto un background yankee, il dollarocentrismo, la crisi della moneta di riserva, che è il vero potere degli Usa ...

Vedi ognuno affronta il discorso da ambiti diversi: tu provieni dalle sabbie del pensiero filosofico puro (sabbie che talvolta assomigliano un po' alle sabbie mobili, tanto sono profonde),

io invece mi sono innamorata dell'economia da qualche anno e cerco di capirne le dinamiche, ho guardato meglio la monetina da un euro e ne ho visto un mostro, naturalmente non perdendo di vista anche la filosofia del sociale (Bauman, Baudrillard),

qualche nostro amico si diverte da alcuni giorni cumulando pagine su pagine, in un pianerottolo appena sopra di noi, per rispondere alla domana: "Chi non sa la matematica non può capire economia?"

Dunque ognuno di noi cerca di dare la propria risposta: chi ha rsgione, chi ha torto?

Naturalmente ciascuno di noi ha una propria ragione (relativismo della conoscenza e del giudizio), ma qualcuno forse avrà più ragione degli altri.

Io provo ad azzardare una possibile risoluzione di un aspetto, anche importante, della crisi:

secondo me la crisi non verrà risolta dagli uomini, che appartengono al tempo del "pensiero polverizzato", ma sarà il capitale, naturalmente più attrezzato dei miseri mortali, che per sopravvivere, si prenderà un attimo di riposo, andrà in vacanza, insomma il "superuomo", l'ubermensch andrà per un breve periodo in vacanza, permetterà all'euro di saltare, noi potremo tornare a respirare, a riprendere fiato anche per un po', ma non ci potremo illudere,

prima o poi ritornerà ...


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Primadellesabbie
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@ Rosanna

Messaggio dalle paludi.

Non c'é nessun super uomo dietro il capitale. Gli Dei ti ascoltino ma il capitale funziona da solo e non smetterà la sua natura di idra.

Per rimetterci in carreggiata bisogna salvare la complessità, lasciare che riappaia e che si affermi. La complessità é l'equilibrio stesso di un popolo, e qualsiasi scienza, qualsiasi teoria mira a uniformare, che significa distruggere. Nessun organismo sociale sopravvive all'unificazione.

E noi siamo la prova.

Che poi la band di Friedman ci abbia rotto i timpani, e che abbia suggerito strane idee a chi ne aveva già di abbastanza bizzarre per conto suo, é risaputo. Ma non é spegnendo la musica che risolvi, puoi provarci, ma quando la desertificazione é incominciata...


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Rosanna
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@ Rosanna

Messaggio dalle paludi.

Non c'é nessun super uomo dietro il capitale. Gli Dei ti ascoltino ma il capitale funziona da solo e non smetterà la sua natura di idra.

Per rimetterci in carreggiata bisogna salvare la complessità, lasciare che riappaia e che si affermi. La complessità é l'equilibrio stesso di un popolo, e qualsiasi scienza, qualsiasi teoria mira a uniformare, che significa distruggere. Nessun organismo sociale sopravvive all'unificazione.

E noi siamo la prova.

Che poi la band di Friedman ci abbia rotto i timpani, e che abbia suggerito strane idee a chi ne aveva già di abbastanza bizzarre per conto suo, é risaputo. Ma non é spegnendo la musica che risolvi, puoi provarci, ma quando la desertificazione é incominciata...

Nelle profondità delle sabbie mobili mi sono persa, mi sembra che tu abbia detto più o meno quello che ho detto io, tu però sei più ispirato dal demone dell'Idra,

io invece ho sempre odiato profondamente D'annunzio, quindi non credo nel recupero sensibile del mito greco, che ritengo assolutamente morto per noi, uomini e donne privi di immaginazione, ma soprattutto carichi della sofferenza dei millenni della storia che abbiamo sulle spalle, e di cui non potremo disfarci facilmente.

Per te il capitale dunque è l'Idra, per me è un ubermensch, sono convinta però anch'io che non sia facile disfarsene, ma almeno spedirlo un po' in vacanza , per riuscire a ritrovare un po' di quiete, questo sì ...

E come quei che con lena affannata uscito fuor del pelago a la riva si volge a l'acqua perigliosa e guata, così l'animo mio, ch'ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo che non lasciò giammai persona viva ...

A domani, buona notte ...


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vic
 vic
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Amo ricondurre cose complicate ad esempi semplici sottomano.

L'esempio della latteria sparita mi sembra assai illuminante dell'effetto globalizzazione. Che e' un effetto dovuto non solo all'organizzazione commerciale, quindi all'economia, ma anche al modo di vivere e di pensare anche a livello famigliare, che s'e' lasciato modificare. Un fenomeno sociale bello e buono.

Qui le latterie erano onnipresenti. Ogni villaggio aveva la propria. Veniva gestita in forma di minuscola cooperativa. Rimaneva aperta poche ore al giorno: tipicamente la mattina presto un'oretta e la sera un paio di orette. Chi gestiva la latteria non ci guadagnava un gran che. Era una specie di hobby. Pero' la latteria faceva parte di un circuito microeconomico.
Talvolta bisognava aspettare, mancava la materia prima, il latte. E' in ritardo il Pin, ti dicevano. Dopo un quarto d'ora arrivava il Pin trafelato con la brenta del latte, e tutti tiravano un sospiro di sollievo. Insomma la materia prima era prodotta in loco, praticamente sul momento, nel villaggio stesso. Il cantone ci metteva il naso solo per i minuscoli prelievi di campioni per le analisi di routine.

Un altro aspetto non indifferente, oltre all'idea inconscia del km zero, era quella de''involucro zero.
Il Pin arrivava con la brenta e le massaie o i ragazzini arrivavano col secchiello, sempre quello, che durava una vita. Solo a carnevale lo si usava con scopi diversi: per metterci il risotto.

Per venir fuori dalla crisi occorre riscoprire questo tipo di economia minuscola, zeppa di saggezza anche ambientale. Riscoprire la calma, il bello del perder tempo per andare a comprare il latte e solo quello. Che poi per i ragazzini era una scusa, dopo la latteria si infilavano per un'oretta, con secchiello a latere, in casa del prete, che aveva una saletta con la Tv dei ragazzi con dentro topo Gigio, supercar, cose cosi'. S'affacciava la modernita' in modo subdolo. Nessuno se ne rendeva veramente conto di come sarebbe diventata devastante piu' avanti. Le latterie chiusero perche' i clienti cambiavano abitudini, e pure i contadini. Certi villaggi cominciavano a non avere sufficiente materia prima per la latteria. La latteria tiro' la' qualche anno con uno spunto modernista: il latte pastorizzato. Uno svedese aveva inventato il sistema tetrapack, un cartoncino a forma piramidale che conteneva del latte pastorizzato. Aggettivo subdolo, perche' nasconde il fatto che quel latte non e' piu' proprio fresco di mungitura. Costava un occhio ma si vendeva. E fu cosi' che la latteria comincio' a svendersi alla globalizzazione. I clienti, cioe' le massaie, si accorsero che le piramidi tetrapack si trovavano pure in cooperativa, negozio pure quello di paese che pero' stava aperto tutto il giorno. Pian piano cambiarono abitudini: le famiglie si adeguarono a consumare latte meno fresco e molto piu' caro. Piu' in la' il signor inventore del tetrapack ebbe un'altra genialata: sempre di cartone escogito' un contenitore dalle forme meno egizie, quello in voga tutt'oggi. Fu la fine definitiva delle latterie. Ma era gia' finito il sottobosco cultural-famigliare: in famiglia lavoravano ormai ambo i genitori, i figli rientravano tardi perche' le scuole erano piu' lontane, non c'era piu' tempo ne' voglia per andare alla latteria.

Qui sta il nocciolo del problema ed il nocciolo della soluzione: la riscoperta del micromondo locale, con suoi microfunzionamenti economici, che possano funzionare per conto loro, non perche' sussidiati. Ma gli economisti stanno sul loro alto e lontano Olimpo e delle latterie se ne strafottono. Bravi. Meno contadini di montagna, meno latte di qualita', meno pascoli curati, meno gioventu' che fa una vita dura ma sana. Se un contadino parla del suo lavoro sa di cosa parla. Un economista parla di tabelle sul lavoro (lavoro?) altrui.

Lo so, non e' una gran pensata, ma tant'e'.

Magari torno su questa faccenda del pensiero, lasciando perdere le latterie perse.

Prima voglio osservare il gatto qui sotto per indovinare cosa stia pensando mentre e' in agguato di qualche animaletto. Il gatto, da buon felino ha una sua strategia d'agguato. E non c'e' strategia senza pensiero. Non riesco ad immaginarmi un pensiero nella lingua dei gatti. Come pensera' un gatto? Fortuna che almeno i pappagalli si esprimono in linguaggio umanoide. E loro pensano, anzi hanno perfino il senso dell'humour. E altre particolarita' di psicologia spiccia, che presuppongono un pensiero retrostante. Non sono mica tanto convinto che il pensiero risieda del tutto nel cervello. Ci sono animali quasi senza cervello, qualche neurone qui, qualche altro li', eppure escogitano strategie sul momento: i polipi. Condannati pure dalla natura ad imparare in fretta.

Secondo me il polipo pensa per conto suo, e' un pensatore originale, seppur senza cervello.


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