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Museo: vero vs virtuale


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Da: www.cdt.ch/commenti-cdt/editoriale/40969/il-museo-meglio-di-google.html

Il Museo meglio di Google

di Rudy Chiappini - 16 marzo 2011

Con l’avvicinarsi della primavera nei musei sbocciano come gemme numerose esposizioni. Palazzo Reale a Milano ospita l’evento Arcimboldo, la Fondazione Beyeler a Riehen attira numerosi visitatori con gli incantati paesaggi alpini di Giovanni Segantini, il Kunsthaus di Zurigo punta sul fascino sempre vivo delle filiformi sculture di Alberto Giacometti. Alle nostre latitudini la Pinacoteca di Casa Rusca a Locarno si affida al richiamo delle inconfondibili forme di Fernando Botero mentre Villa Malpensata a Lugano propone l’enigmatica ricerca di Man Ray.
Esposizioni appena inaugurate o che si apprestano ad aprire i battenti come avviene ogni anno in tutta Europa in questo periodo.

Eppure, per i più pessimisti il futuro delle mostre come anche quello dei musei potrebbe essere in pericolo. Da poche settimane infatti Google ha messo in rete, in altissima definizione, più di mille immagini di capolavori dell’arte appartenenti alle più prestigiose collezioni mondiali.
Ben 17 istituzioni, tra i quali il Museum of Modern Art e il Metropolitan Museum di New York, la National Gallery di Londra, il Museo Reina Sofia di Madrid, l’Ermitage di San Pietroburgo, il van Gogh Museum di Amsterdam, la Galleria degli Uffizi di Firenze hanno aderito all’ambizioso progetto. E offerto la propria consulenza: dalla scelta di dipinti e sculture alle indicazioni sulla luce più appropriata per le fotografie, alla ricerca delle informazioni a corredo di ogni singolo lavoro.

Il sito www.googleartproject.com consente inoltre di entrare virtualmente in questi musei, di visitare le loro sale, di ammirare la produzione di 500 artisti, di soffermarsi di fronte al quadro preferito e di ingrandirlo, scoprendo dettagli spesso preclusi all’occhio umano. Non da ultimo ognuno di noi potrà creare una propria collezione ideale, selezionando il meglio da ogni museo. E questo è solo l’inizio. Nuovi e più ampi orizzonti sembrano infatti sul punto di svelarsi per appassionati d’arte, studenti e semplici curiosi. L’auspicio dei vertici di Google è che la tecnologia favorisca una democratizzazione del sapere e «persone di tutto il mondo possano avvicinarsi alle opere d’arte per esplorarle».

Anche nell’ambito della pittura e della scultura si va quindi verso il prevalere della visione virtuale? Non credo il timore sia giustificato. Nessuna tecnologia può sostituire il piacere di entrare in un museo, con la sua storia e il suo fascino; l’appagamento di muoversi dentro sale circondati da capolavori; la pienezza dell’emozione che si prova nell’intimo confronto con l’opera d’arte.

Possiamo osservare sullo schermo ogni cretto, ogni lieve tocco del pennello, il sovrapporsi o lo sfilacciarsi della materia di un famoso dipinto ma lo starci fisicamente davanti è sostanzialmente diverso. Ad appassionare non è l’esaltazione del particolare ma la visione d’insieme che l’artista ha voluto trasmetterci, la trasposizione sulla tela della sua concezione del mondo, il suo pensiero, la sua emozione.
Per una misteriosa alchimia solo il confronto diretto con l’opera, al di là del suo valore intrinseco e della sua compiutezza, decreta il piacere della fruizione. Nulla a che vedere con la Sindrome di Stendhal semplicemente la constatazione, da noi tutti sperimentata, che nessuna riproduzione, nemmemo la più perfetta, può sostituirsi alla conoscenza diretta. Un’esperienza che può deludere o stupire, a seconda dei casi, ma che dell’opera rivela sempre il carattere vero, più profondo, quell’aura unica e irripetibile. Lo aveva capito molti anni fa Albert Barnes, il più grande collezionista americano del XX secolo. In vita, non concesse mai il prestito dei suoi capolavori per nessuna esposizione e addirittura vietò che venissero riprodotti in qualsiasi libro, se non in bianco e nero. Chi li amava doveva recarsi di persona nel suo museo a Philadelphia. Oggi Google, invertendo la rotta, porta i più famosi dipinti di tutto il mondo dentro le notre case.

Certo i tempi sono cambiati ma, a ben pensarci, Mr. Barnes non aveva forse tutti i torti...


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