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Psico-Tarantino (“Django Unchained”)


Tao
 Tao
Illustrious Member
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“Django Unchained” conferma lo stile di un genio che si nasconde dietro le citazioni

Harold Bloom sostiene che gli scrittori soffrono di “angoscia dell’influenza”. Quindi per diventare grandi combattono strenuamente con chi è venuto prima di loro e li ha nutriti con romanzi o poesie mentre facevano l’apprendistato. Quentin Tarantino soffre del malanno contrario: ha un modo di scrivere e uno stile tutto suo, splendenti e più che riconoscibili. Eppure fa di tutto per ripararsi sotto l’ombrello del cinema di serie B: quello che gli piaceva alla follia da ragazzino e lo ha spinto a diventare regista. Poi uno guarda “Django Unchained”, l’ultimo film che sta alla schiavitù come “Bastardi senza gloria” stava all’Olocausto, e non capisce il perché di tanta ostinazione (nelle sale italiane, esce il 17 gennaio).

C’è lo spaghetti western, ma senza esagerare. Ci sono soprattutto certi dialoghi che fanno restare secchi per la sfrontatezza delle situazioni, per la conoscenza del cinema di serie A, per l’originalità nel trattamento, per il riferimento a teorie poco o niente frequentate da chi fa il suo mestiere. Per esempio, l’uso della frenologia che ritroviamo in una delle scene chiave del film. Quando Leonardo DiCaprio (nei panni di uno schiavista che trova diletto nei combattimenti all’ultimo sangue, organizzati per pochi ospiti scelti) tira fuori il martelletto e indica le fossette del cranio: nei geni si colloca lì l’istinto creativo, nei negri l’istinto alla sottomissione. Per questo Spike Lee non andrà a vedere il film, che offende i suoi antenati e fa risuonare troppe volte la parola “nigger”: come se un film ambientato a metà dell’Ottocento potesse sensatamente usare la parola “afroamericano”.

Un dentista tedesco diventato cacciatore di taglie (però ancora gira con un carrettino che ha sul tetto un enorme dente, usato come cassaforte) e uno schiavo liberato in cerca della moglie ancora prigioniera dopo frustate che lasciano cicatrici sulla schiena già sono una strana coppia. Lo sono di più quando lo schiavo Jamie Foxx appare a cavallo con un completo di seta azzurra e uno jabot da piccolo Lord, e il dentista Christoph Waltz racconta durante un bivacco il mito di Sigfrido e Brunilde. “Vuoi dire che mi pagheranno per ammazzare i bianchi?”, chiede lo schiavo per essere sicuro di aver capito bene (con l’inglese arzigogolato del dentista, meglio accertarsi).

Lo spaghetti western arriva dopo un bel po’. La sparatoria finale – magnifica, da applaudire, ma appunto una sparatoria in cui sappiamo chi vincerà – è l’unico prevedibile coniglio che esce dal cappello. Per due ore abbondanti, il mago ha tirato fuori ben altre meraviglie: come gli incappucciati bianchi a caccia di neri, quando il Ku Klux Klan ancora non esisteva, ma già c’era l’idea di spedizioni punitive con teste nascoste nei lenzuoli (solo che i buchi per gli occhi sono fatti male, nessuno vede un accidente). Tanti registi invocano l’originalità e miseramente scopiazzano. Mai ne avevamo visto uno come Tarantino: tanto geniale quanto cocciuto nel nascondersi dentro una selva di citazioni.

Mariarosa Mancuso
Fonte: www.ilfoglio.it
5.01.2013


Citazione
yakoviev
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A me "Bastardi senza gloria" è il film di Tarantino in assoluto che è piaciuto meno, l'ho trovato malriuscito e troppo freddo, nonostante le battute e le situazioni grottesche. Speriamo che questo sia meglio.


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Anonymous
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 30947
 

A me "Bastardi senza gloria" è il film di Tarantino in assoluto che è piaciuto meno, l'ho trovato malriuscito e troppo freddo, nonostante le battute e le situazioni grottesche. Speriamo che questo sia meglio.

Tarantino ha fatto Pulp Fiction che è molto bello, Le Iene che è molto bello ma in buona parte copiato da City on Fire di Ringo Lamm del 1987, i 2 Kill Bill che sono carucci e poi solo boiate.


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