La verità su Gariba...
 
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La verità su Garibaldi


Tao
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Da meridionale e amante della verità non posso che essere in disaccordo con le celebrazioni ufficiali che si stanno tenendo nel corrente anno 2007 in occasione del bicentenario della morte di Garibaldi.
Sono stato, sabato scorso 24 febbraio, a Napoli (a 372 km dal mio paese di residenza) per la presentazione del libro di Gennaro De Crescenzo: Contro Garibaldi – Appunti per demolire il mito di un nemico del sud. Tra i presentatori del libro vi era lo storico e giornalista Lorenzo Del Boca, presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti.

Non sono un neoborbonico, né un antiunitario. L’unità d’Italia andava fatta, ma non con un atto di annessione, tout court, da parte del regno sabaudo.
Su Garibaldi ci hanno raccontato, e continuano a raccontarci, un sacco di menzogne. Sarebbe ora che si cominciasse a ripristinare la verità. Scrive De Crescenzo: «Non è più il tempo dei Garibaldi “alti, belli, biondi, con gli occhi azzurri” e intoccabili delle figurine o degli sceneggiati televisivi. A circa un secolo e mezzo dall’unificazione italiana, è più che necessario parlare di saccheggi, di popoli massacrati, di paesi devastati, di milioni e milioni di Meridionali deportati verso i paesi più sperduti del mondo».
Nei fatti l’”eroe dei due mondi” fu pirata e corsaro, mercenario e negriero, artefice di saccheggi omicidi e ruberie varie, probabile complice dell’assassinio di sua moglie Anita, amministratore incapace, massone e ateo. Solo una propaganda interessata e gigantesca ha potuto trasformarlo in eroe nazionale.

Per capire chi era e come veniva considerato ai suoi tempi Garibaldi, sentite cosa scriveva il 13 settembre 1860 il giornale torinese Piemonte in un articolo intitolato “Il creduto prodigio di Garibaldi”.
«Le imprese di Garibaldi nelle Due Sicilie parve­ro sinora così strane che i suoi ammiratori han potuto chiamarle pro­digiose. Un pugno di giovani guidati da un audacissimo sconfigge eserciti, piglia d'assalto le città in poche settimane, si fa padrone di un reame di nove milioni di abitanti. E ciò senza navigli e senz'armi... Altro che Veni, Vedi, Vici! Non havvi Cesare che tenga a petto di Garibaldi. I miracoli però non li ha fatti lui ma il generale Nunziante e li altri ufficiali dell'esercito che, con infinito onore dell'armata napo­letana, disertarono la loro bandiera per correre sotto quella del nemi­co; i miracoli li ha fatti il Conte di Siracusa colla sua onorevolissima lettera al nipote; li ha fatti la Guardia Nazionale che, secondo il solito, voltò le armi contro il re che gliele avea date poche ore prima; li ha fatti il Gabinetto di Liborio Romano il quale, dopo aver genuflesso fino al giorno di ieri appié del trono di Francesco II, si prostra ai piedi di Garibaldi. Con questi miracoli ancor io sarei capace di far la con­quista, non dico della Sicilia e del Reame di Napoli, ma dell'universo mondo. Dunque non state a contare le prodezze di Sua Maestà Garibaldi I. Egli non è che il comodino della rivoluzione. Le società segrete che hanno le loro reti in tutto il paese delle Due Sicilie, hanno di lunga mano preparato ogni cosa per la rivoluzione. E quando fu tutto apparecchiato si chiamò Garibaldi ad eseguire i piani [...]. Se non era Garibaldi sarebbe stato Mazzini, Kossuth, Orsini o Lucio della Venaria: faceva lo stesso. Appiccare il fuoco ad una mina an­che un bimbo può farlo. Di fatto vedete che dappertutto dove giunge Garibaldi la rivoluzione è organizzata issofatto, i proclami sono belli e fatti, anzi stampati. In questo modo credo che Garibaldi può tranquil­lamente fare il giro del mondo a piantare le bandiere tricolori del Piemonte. Dopo Napoli Roma, dopo Roma Venezia, dopo Venezia la Dalmazia, dopo la Dalmazia l'Austria, caduta l'Austria il mondo è di Garibaldi, cioé del Piemonte! Oh che cuccagna! Torino capitale del­l'Europa, anzi dell'orbe terracqueo. E noi torinesi padroni del mondo!».

Il libro di De Crescenzo, pubblicato nel dicembre 2006, è molto snello, di sole 86 pagine, e si legge d’un fiato.
Lo stesso 24 febbraio, sempre a Napoli, veniva presentato un altro libro su Garibaldi, anch’esso pubblicato nel dicembre 2006, di Luciano Salera: Garibaldi, Fauché e i Predatori del Regno del Sud – La vera storia dei piroscafi Piemonte e Lombardo nella spedizione dei Mille. Questo più corposo, di 518 pagine. E’ una contro-storia documentata sul mito risorgimentale di Garibaldi.

Nell’aprile 2006 era stato pubblicato di Gilberto Oneto: L’iperitaliano, Eroe o cialtrone? Biografia senza censure di Giuseppe Garibaldi. L’autore appartiene all’area leghista del profondo nord. Anche in questo libro, di 316 pagine, si parla male di Garibaldi.
Tutti e tre questi libri sono militanti, contro Garibaldi. Ma non meno militanti sono le celebrazioni che si stanno tenendo in tutta Italia, con larga profusione di mezzi e soldi pubblici.

- Gennaro De Crescenzo: Contro Garibaldi – Appunti per demolire il mito di un nemico del sud, Editoriale il giglio, Napoli 2006, pp. 103
- Luciano Salera: Garibaldi, Fauché e i Predatori del Regno del Sud – La vera storia dei piroscafi Piemonte e Lombardo nella spedizione dei Mille, Controcorrente edizioni, Napoli 2006, pp. 542
- Gilberto Oneto: L’iperitaliano, Eroe o cialtrone? Biografia senza censure di Giuseppe Garibaldi, il Cerchio, Rimini 2006, pp. 324

Fonte: http://roccobiondi.blogspot.com
Link: http://roccobiondi.blogspot.com/2007/02/la-verit-su-garibaldi.html
27.02.07


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Tao
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È permesso insinuare che il Risorgimento fu nel suo insieme un’impresa non priva di aspetti non solo «illegali» ma violenti, terroristici e persino criminali in senso stretto? La parola agli storici del nostro passato prossimo. I quali, tuttavia, anche quando sono uniti dalla stessa fede laica, democratica e progressista, su questo punto sono divisi. Lo dimostra fra l’altro l’asprezza della controversia esplosa proprio ieri sul Corriere della Sera, dove Giuseppe Galasso ha severamente bacchettato Ernesto Galli Della Loggia, che venerdì scorso, discorrendo in un editoriale deglio umori terroristici della nostra sinistra, aveva osato osservare che essi hanno le loro prime radici, appunto, nello spirito del nostro Risorgimento.

Si può infatti facilmente prevedere che l’appetitosa querelle attirerà presto altri autorevoli interlocutori. A rinfocolarla potrebbe inoltre contribuire un’imminente allettantissima occorrenza celebrativa. Si dà infatti il caso che la disputa si sia accesa proprio alla vigilia delll’anniversario di un evento nel quale persino i più appassionati assertori della vocazione non-violenta dei padri del Risorgimento potrebbero scorgere la prova più abbagliante dell’importanza del fattore criminale nella sua storia. E qual è mai questo evento?

È la famosa, sventuratissima «spedizione» di Carlo Pisacane. Quella che fu immortalata dai celebri versi di Luigi Mercantini («Eran trecento, eran giovani e forti / e sono morti»). Che centocinquant’anni fa, esattamente il 28 giugno 1857, trovò il suo tragico epilogo a Sapri: Pisacane e i suoi compagni – una manciata di «patrioti», alla quale si erano aggiunti due o trecento ergastolani liberati dal penitenziario di Ponza la mattina prima dello sbarco a Sapri – furono massacrati dalla popolazione locale: contadini e pescatori assolutamente sordi all’appello della Libertà. Ma che conobbe forse il suo momento più leggendario proprio nell’avventura ponzese, che risulta fondamentale per comprendere i veri motivi del fallimento politico di quell’impresa e le vere cause della violenta risposta della popolazione saprese all’arrivo di quei guerriglieri.

Ruggero Guarini
Fonte: www.ilgiornale.it
Link: http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=174597
30.04.07


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Pietro Ancona
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----garibaldi........ e ateo scritto come si dicesse stupratore, assassino o altro. L'autore è vittima della superstiziosa aurea negativa che i preti hanno messo attorno all'ateismo!!Lo pronunzia come una depravazione dell'animo.

E' inaccettabile!!!!

Pietro


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psy
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"Garibaldi..... fu pirata e corsaro" - detto come se fosse uno stupratore o un assassino. E' inaccettabile!
Jack Sparrow

"Garibaldi..... fu mercenario" - detto come se fosse uno stupratore o un assassino. E' inaccettabile!
Antonio Marrapese

"Garibaldi..... fu negriero" - detto come se fosse uno stupratore o un assassino. E' inaccettabile!
Joe lo Scafista

"Garibaldi..... fu artefice di saccheggi omicidi e ruberie varie" - detto come se fosse uno stupratore o un pedofilo. E' inaccettabile!
Attila

"Garibaldi..... fu amministratore incapace" - detto come se fosse uno stupratore o un assassino. E' inaccettabile!
Marco Tronchetti Provera

"Garibaldi..... fu massone" - detto come se fosse uno stupratore o un pedofilo. E' inaccettabile!
Gustavo Raffi


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marko
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Concordo in gran parte, ma sollevo due questioni:

-Da quando è grave essere atei?

-Che il risorgimento fosse frutto della massoneria... ragazzi, ma a "squola" non ci siete mai andati? Non mi pare un gran segreto.


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ippweb
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A parlar male della gente si fa presto, a dire qualunque cosa anche.
Io credo che prima di parlare di Garibaldi in questo modo bisognerebbe indagare meglio. Non credo proprio che Mazzini avrebbe potuto fare quello che ha fatto Garibaldi (Men che meno l'autore del libro). Infatti Mazzini ci ha provato mille volte ma non aveva il carisma necessario, non era amato dal popolo come invece era Graibaldi.
Garibaldi ebbe molti difetti, ma gli manco' quello dell'insincerita' e la sua passione, la sua quasi infantile sincerita' e desiderio di giustizia, venivano riconosciuti dal popolo che di conseguenza lo amava. Lo amava anche perche' era un vincitore, e lo era non per doti straordinarie, ma per il profondo desiderio di combattere per vincere, in un mondo nel quale tutti gli altri generali combattevano per salvarsi il culo o meglio non lo facevano per quella ragione.
Comuque la storia va letta un po' meglio prima di spare commenti, questo non mi pare nemmeno il luogo per raccontarla, ma andatevi a vedere qualche altra fonte.


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roccobiondi
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Non sono stato io ad inserire questo mia recensione nel forum. Ma il fatto che in tre giorni sia stata vista (e spero letta) da 1800 (milleottocento) visitatori mi fa essere molto soddisfatto. L'obiettivo che io e l'associazione che presiedo, denominata "Settimana dei Briganti - l'altra storia" http://www.settimanadeibriganti.it/ , ci prefiggiamo è la rivalutazione storico-politica del fenomeno delle insorgenze e del brigantaggio nell'Italia meridionale, attraverso studi e ricerche. Vogliamo far nascere dei dubbi su quanto gli storici ufficiali del Risorgimento italiano ci hanno fatto credere. Vogliamo far conoscere la storia anche dalla parte dei vinti.
La questione dell'ateismo, come quella della religione, mi lascia indifferente; sono agnostico. Che abbia messo l'accento sul fatto che Garibaldi sia stato ateo, l'ho semplicemente fatto per far nascere qualche dubbio anche nei tanti che si dicono cattolici. Se proprio devo schierarmi dico che ho più simpatia per gli atei che non per i chierici.
Rocco Biondi
http://roccobiondi.blogspot.com/


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psy
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Il mio intervento precedente era un paradosso (che credo nessuno abbia capito) per far notare che in fondo quando si da un giudizio, tutto può essere opinabile (entro certi limiti, ovviamente). Anche un massone potrebbe dire: essere massoni non è un delitto. E in effetti non avrebbe torto. Poi è normale che per un cattolico essere atei non è certamente un merito; anche viceversa, comunque.

In ogni caso, secondo i miei studi, Garibaldi non era propriamente ateo. Anche perchè in "gioventù" aveva offerto i propri servigi persino a Pio IX; solo dopo il suo rifiuto, e la delusione conseguente, si ebbe un Garibaldi sempre più anticlericale. Risulta anche a lei, sig. Biondi?

Per quanto riguarda quel che ha scritto ippweb, guardi, non so che studi specifici abbia fatto lei sul Nizzardo, ma credo che forse lei dovrebbe indagare meglio. Garibaldi fu sicuramente un buon condottiero, ma bisogna anche inquadrare storicamente quel che ha fatto. Mazzini predicava tanto l'azione, ma poi lui l'azione vera e propria la lasciava fare agli altri. Lui dava più che altro le basi morali e teoriche, ma poi se ne stava ben bello seduto alla sua scrivania all'estero a spese della massoneria inglese. Se poi Garibaldi ci è riuscito, è anche grazie all'azione di Francesco Crispi, che prima dello sbarco ha riallacciato tutti i fili spezzati della massoneria siciliana, facendo trovare ai mille un terreno fertile per la sollevazione. E non è un caso se una volta entrati a Palermo, la prima cosa che fece Garibaldi fu cooptare in loggia gran parte del proprio stato maggiore.

Ancora: "desiderio di giustizia"? "il popolo lo amava"? Ma sa quanti eccidi, quante stragi Garibaldi ha compiuto al sud solo per il cosiddetto "ideale unitario"? Quante esecuzioni sommarie, quanti "piazzali Loreto" ci furono nei paesi, con i corpi dei briganti appesi e vilipesi solo per fungere da monito? E poi che il popolo lo amasse è tutto da dimostrare. Lo sa per quanti anni il brigantaggio ha tenuto in scacco le forze regie nel sud? Ancora anni dopo l'Unità d'Italia, i parlamentari chiedevano forze speciali per contrastare il fenomeno.

Quella di Garibaldi è una storia controversa e che spesso ha subito un ricordo a senso unico fatto dai vincitori. La storia la fanno i vincitori, questo lo sanno tutti. E Garibaldi non ha certo perso.


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roccobiondi
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Su "La Gazzetta del Mezzogiorno" di oggi (11 luglio 2007 - Edizione nazionale pag. 15) è uscito un articolo di Valentino Romano, dal titolo "Garibaldi, vera gloria?". E' molto istruttivo ed interessante. Lo riporto di seguito.

La torta con duecento can­deline per il compleanno di Ga­ribaldi, che doveva essere l'oc­casione di uno spolvero degli en­tusiasmi popolari intorno alla figura del nizzardo, si è rivelata piuttosto un colpo basso al mito costruito e alimentato dalla re­torica risorgimentale. Già la fiction della Rai che aveva dato il via alle celebrazioni aveva suscitato più critiche che consensi, sospesa com'era tra la soap opera e l'agiografia acritica.
Il colpo di grazia per l'affossamento dell'iniziativa (sulla cui utilità sono in molti a discutere) è venuto dalle celebrazioni in Parlamento, con dissensi fragorosi e polemiche a non finire. La Lega si è addirittura dichiarata «in lutto», assumendo che la conquista del Sud ha fatto più male che bene alla Padania: una tesi ardita, alla quale sarebbe facile replicare che, semmai, è il Meridione - spogliato delle sue ricchezze e impedito in ogni modo nel suo sviluppo - a doversi dolere della «piemontesizzazione» del Sud.
Il dato rilevante è però un altro: per la prima volta la granitica consistenza del mito italiano più intangibile di quello della mamma è stata pesantemente messa in discussione e ha sopportato a fatica i colpi di maglio dell'impietosa critica di chi guarda a Garibaldi come ad un patrigno piuttosto a un «padre della patria».
Proviamo allora a mettere a confronto le due tesi contrapposte, l'agiografica e la revisionista: i fedelissimi esaltano le virtù ideali dei mille eroi di Garibaldi? Dall'altra parte cala subito l'accusa di essere più realisti del re, dal momento che fu proprio il generale in Parlamento a Torino ( 5 dicembre 1861) a definire ì suoi «tutti generalmente di origine pessima e per lo più ladra; e tranne poche eccezioni con radici genealogiche nel letamaio della violenza e del delitto».
Come è possibile, non sono i Mille l'archetipo del rivoluzionario moderno, del guerriero senza macchia e senza paura?
Valla a raccontare altrove, replicano i revisionisti: era un'armata brancaleone che a malapena sapeva reggere un fucile in mano, tanto ben addestrata da far sbattere contro il molo, all'arrivo in Sicilia, il «Piemonte» e da far incagliare nella sabbia il «Lombardo».
E allora le fulgide imprese, prima fra tutte la vittoria di Calatifimi? Se non ci fossero stati mafia, camorra e ufficiali felloni e venduti... ringraziate piuttosto quel traditore del generale Landi - è l'affondo - che dette alle sue truppe l'ordine di ripiegare quando stavano ricacciando in mare i garibaldini.
Da Marsala a Napoli, affermano poi gli agiografi, sarebbe stata un'apoteosi di folla inneggiante al liberatore atteso da secoli. Sarà pure vero - si replica - tutti possono sbagliare, anche le fin troppo ospitali popolazioni del Sud. Però è lo stesso don Peppino che, nel 1868, confessò ad Adelaide Cairoli che non lo avrebbe rifatto «temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio».
Benedetti meridionali, chi li accontanta! Prima sbavano per essere liberati dalla tirannide borbonica, poi si ribellarono in massa. Se proprio la vogliamo raccontare tutta - sostengono i detrattori del generalissimo - i contadini volevano solamente la terra e pensavano che il generalissimo fosse arrivato al Sud per dargliela, finalmente. Quando se la videro sfilare sotto il naso reagirono come sappiamo, alimentando quella rivolta che fu bollata come «brigantaggio».
Garibaldi esempio di tolleranza e difensore della libertà di pensiero? Mica tanto, è la risposta: guai a chi non la pensava come lui; rispettò tanto gli avversari da arrivare al punto di definire Pio IX «un metro cubo di letame».
Nemmeno l'aspetto fisico del Generale esce indenne dallo scavo revisionista: cavallerizzo provetto che entra in Napoli, facendosi largo a fatica tra ali di folla festante? Manco a parlarne: soffriva di artrosi e non si reggeva più a cavallo; arrivò a Napoli usando il treno prima e una comoda carrozza poi, con la popolazione addomesticata dalla camorra e dagli sgherri di Liborio Romano.
Che dire poi delle fluenti chiome offerte al vento in tante battaglie? Quello che una volta veniva considerato un vezzo estetico da imitare, oggi ci viene presentato come dettato dalla necessità di coprire l'orecchio sinistro, in parte tranciato in Sud America dal morso di una fanciulla violentata o - qui le versioni non concordano -come pena comminatagli per abigeato e traffico di schiavi.
Garibaldi eroe motivato solamente da ideali romantici e rivoluzionari? E come la mettiamo con i finanziamenti occulti della spedizione? Forse ascoltò pure il «grido di dolore» del Sud, ma non fu nemmeno insensibile ai richiami di potenti lobbies economiche, decise a far fuori i Borbone che con il loro protezionismo doganale contrastavano i commerci inglesi ed europei.
Eroe dei due mondi? Veramente i mondi di Garibaldi sono più d'uno: tanto per citarne qualcuno c'è quello dell'avventura per l'avventura, quello della pirateria, quello del traffico di schiavi, quello dei furti di cavallo, quello dello sperpero del denaro pubblico del Regno delle due Sicilie e quello degli appalti truccati e delle munifiche prebende agli amici.
Così, in un gioco senza esclusioni di colpi tra accusa e difesa, la torta di don Peppino si è trasformata in una... frittata. E pure costosa, se per cuocerla - come pare - è stato stanziato un milione di euro. Ma ce n'era veramente bisogno? Lo si poteva lasciare riposare a Caprera vicino alla sua amata cavalla. Meglio sarebbe stato ripensare serenamente alle storture di un processo - ormai da tutti accettato - di unificazione che ancora oggi condiziona e penalizza il Sud.
La migliore risposta alle smanie celebrative l'ha data un gruppo studentesco palermitano, il Focus Trinakia, che il 4 luglio ha preferito festeggiare gli ottanta anni di Gina Lollobrigida. La «bersagliera» sì che mette tutti d'accordo.


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