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Prego Dio che mi liberi da Dio


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Prego Dio che mi liberi da Dio. La religione come verità e come menzogna.

Il dibattito tra credenti e non credenti, atei e cristiani, laici e laicisti infiamma tutti i settori della società. Eppure esso si svolge per lo più a un livello di superficie, tanto che si ha l'impressione che i ruoli si confondano: che i veri credenti siano gli atei, che i laici portino avanti ragioni che i chierici dimenticano e che le motivazioni dei laicisti combacino, per una strana alchimia, con quelle dei cattolici più ortodossi. Questi paradossi, come mostra Marco Vannini in questa riflessione, hanno radici profonde e non sono per nulla casuali: consistono nella dimenticanza di una serie di categorie che hanno attraversato la tradizione più alta dell'Occidente, a partire dalla filosofia greca, attraverso i mistici e i filosofi della modernità, sino a personalità come Simone Weil. Che Dio sia Spirito; che la religione sia essenzialmente un rapporto nello Spirito in cui Dio e uomo si muovono l'uno verso l'altro, l'uno nell'altro; che la vera religione sia uno spogliarsi della propria volontà, liberarsi dalla costrizione delle cose del mondo per entrare in una dimensione di libertà, di grazia. Questi concetti si sono via via eclissati a favore di rappresentazioni più comode di Dio e della religione, spesso ridotta a una dottrina morale, a una serie di precetti fisici, addirittura sessuali. E di questo oblio colpevoli non sono tanto i laici o gli atei ma, piuttosto, chi di questa tradizione doveva farsi depositario e custode: la Chiesa.

http://www.ibs.it/code/9788845264139/vannini-marco/prego-dio-che-mi.html


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Anonymous
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Con un grande sfoggio di erudizione e con un’abilità considerevole nel destreggiarsi continuamente tra filosofia, teologia e storia delle religioni, confondendone talvolta gli ambiti e i metodi, Marco Vannini ci consegna questo testo volutamente provocatorio, il cui principio fondamentale si può rintracciare nelle espressioni di p. 43: «La verità della religione sta nel distacco e nella conversione verso l’uomo interiore, ovvero verso il profondo di noi stessi, la luce, il Bene, in un sapere tutto interiore – esperienza, sapienza.
La menzogna della religione sta nel legame all’uomo esteriore – corpo, denaro, prestigio sociale – e nella costruzione di un presunto sapere tutto esteriore, mitologico, pseudoscientifico».

Una simile impostazione non può non cedere il passo a una costruzione quasi di stampo platonico, aprendo la porta a un dualismo pericoloso nelle sue conseguenze e a una sorta di utopismo idilliaco che non tiene conto né dell’unità della persona, né della sua storicità. Non a caso, l’Autore – familiarizzato per formazione e frequentazione con le mistiche dell’essenza del Nord – giudica negativamente la stessa ispirazione delle Scritture giudaico-cristiane. Giunge così ad affermare che delle due anime del cristianesimo, che si sono intrecciate lungo i secoli (quella platonica e quella biblica), solo la prima è verità perché ha a che fare con l’interiorità, mentre la seconda dà «un Dio esteriore» (cf pp. 61-62). Ci si chiede con quale chiave di lettura Vannini abbia accostato le Scritture ebraiche.

Il suo lavoro consiste nell’affermare e tentare di dimostrare che la vera sequela di Gesù risiede in una sorta di amicizia personale con lui, liberata da ogni forma di “esteriorità”. Il percorso prosegue pertanto con una pur pregevole analisi di tre figure ai margini, che confermerebbero il teorema: una medievale, Meister Eckhart; una moderna, Sebastian Franck; una contemporanea, Simone Weil. Da quest’ultima si mutua la tesi finale del libro, la convinzione, cioì, che «occorre comunque una nuova religione. Oppure un cristianesimo mutato al punto di essere diventato altro, o altra cosa».

Si può essere d’accordo con Vannini su alcune salutari provocazioni, come quest’ultima (intesa nel senso di un’esigenza di conversione radicale), ma non nel senso della ricerca di un sincretismo generico o di rinunciare alla verità dell’Incarnazione, o ancora peggio di costruire un Gesù a propria misura, senza Chiesa e senza conseguenze sociali. Questa, sì, sarebbe una pericolosa menzogna.

Tratto dalla Rivista di Vita Spirituale n. 4-5/2010
( http://www.vitaspirituale.it/)


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Affus
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La religione cristiana , anzi cattolica , ha due componenti .
La componente politica ,anzi moralistica , basata sulla legge .
E la componente salvifica , basata sulla carità, che non è roba politica -
Una volta venivano chiamati il trono e l altare che erano le due colonne che reggevano la società .


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Affus
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La componente moralistica ,poi, è fatta di precisi divieti che è inutile ammorbidire con discorsi filosofici atti a negare questi divieti presentandoli come roba positiva per dimostrare che Dio non vieta nulla .
Che se c'è il bene e il male , Dio sarebbe stato colpevole se non ci avesse indicato di evitare il male e avesse evitato di farci conoscere il bene , che poi è Lui stesso .


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La componente moralistica ,poi, è fatta di precisi divieti che è inutile ammorbidire con discorsi filosofici atti a negare questi divieti presentandoli come roba positiva per dimostrare che Dio non vieta nulla .
Che se c'è il bene è il male , Dio sarebbe stato colpevole se non ci avesse indicato di evitare il male e avesse evitato di farci conoscere il bene , che poi è Lui stesso .

Nella lotta tra il bene e il male, ricordo sempre il grande dono fatto da Dio, il libero arbitrio.


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Affus
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La componente moralistica ,poi, è fatta di precisi divieti che è inutile ammorbidire con discorsi filosofici atti a negare questi divieti presentandoli come roba positiva per dimostrare che Dio non vieta nulla .
Che se c'è il bene è il male , Dio sarebbe stato colpevole se non ci avesse indicato di evitare il male e avesse evitato di farci conoscere il bene , che poi è Lui stesso .

Nella lotta tra il bene e il male, ricordo sempre il grande dono fatto da Dio, il libero arbitrio.

il libero arbitrio, poi, diciamocelo cammina su un autostrada già tracciata , non una strada che si crea lui, quindi ha l' obbligo di andare o dritto o contromano su questa strada già tracciata .


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