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Chavez mangia altro petrolio


Tao
 Tao
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Nuova legge, l'esercito presidia barche e moli. Li pagherà in bond

«Domani cominciamo. Signori della Luna tappatevi le orecchie, perché i lamenti della borghesia arriveranno fin lassù. Ora firmo, per favore la telecamera qui, questa è costruzione del socialismo. Che sia fatto!» E' in televisione, come spesso gli accade, che il presidente del Venezuela Hugo Chavez firma platealmente la legge che nazionalizza un'altra bella porzione di industria petrolifera del paese. Ma questa volta non è il Venezuela saudita che approfitta del caro-greggio. E' un Venezuela più terrestre, che il calo dei prezzi ha trascinato nella crisi globale, che ha fatto dei debiti e ha trovato un peculiare modo di pagarli.

Due anni fa, col petrolio alle stelle, il governo di Chavez aveva costretto una ventina di multinazionali a rinegoziare i contratti e entrare in società a maggioranza pubblica. L'anno dopo aveva fatto lo stesso con le concessionarie della fascia dell'Orinoco, petro-paradiso da miliardi di dollari. Tutte avevano accettato il cambiamento, solo Exxon-Mobil e Conoco-Philips avevano fatto ricorso a tribunali internazionali. Oggi, col prezzo del greggio precipitato a 57 dollari al barile dopo esere scivolato anche a 40 (meno 70% rispetto al suo picco massimo), Chavez passa la seconda mano di nazionalizzazioni e rafforza il controllo dello stato sul petrolio. La nuova legge permette allo stato di assumere il controllo di compagnie di servizi all'estrazione (le condutture di acqua e vapore che servono a cavare petrolio dal sottosuolo o comprimere i gas, le società di porti e imbarcazioni che trasportano uomini e barili) e assegna alla Pdvsa il diritto di gestirle, e il dovere di riassumere i loro 8.000 lavoratori. Questa volta non tocca quindi alle multinazionali che sfruttano i giacimenti ma ai fornitori di servizi, compagnie più piccole ma ugualmente centrali nel processo produttivo del petrolio venezuelano. Quasi tutte vantano crediti nei confronti della compagna petrolifera pubblica Pdvsa. A volte grandissimi crediti. Lo scorso anno, Pdvsa doveva alle compagnie di servizi 8 miliardi di dollari.

Dopo l'approvazione parlamentare della nuova legge, militari venezuelani hanno preso il controllo di centinaia di imbarcazioni e di moli a Ciudad Ojeda, sulla costa est del Lago di Maracaibo. La più grossa installazione «riconquistata» è il molo della società Williams Companies Inc, che gestisce un sistema di trasporti e una stazione di pompaggio del gas che aumenta la portata di uno dei pozzi più redditizi del paese. Williams Companies vantava un credito con Pdvsa di 241 milioni di dollari, denaro che la petroliera pubblica non pagava da tempo. Nei mesi scorsi il trasporto di petrolio sul Lago di Maracaibo si è spesso fermato a causa degli scioperi promossi da lavoratori rimasti senza salario per mesi. Le società davano la colpa a Pdvsa che non pagava, Pdvsa dava la colpa al crollo del greggio e accusava i fornitori di servizi di non collaborare. L'aquisizione pubblica scommette sulla capacità di Pdvsa di gestire i servizi all'estrazione, e di poter fare utili (quantomeno non perdere) anche col petrolio a 40 dollari al barile, che è la quota su cui è stato ridisegnato il bilancio del Venezuela dopo un'iniziale previsione di 60. Alla fine di marzo infatti, di fronte al dimezzamento dei proventi del petrolio rispetto alle previsioni di bilancio, il governo del Venezuela aveva spedito l'esercito a prendere il controllo di porti e aeroporti e aveva proposto un consistente taglio delle spese pubbliche, taglio che non toccava - anzi aumentava - il salario minimo.

Nel mirino della nuova raffica di nazionalizzazioni ci sono giganti americani come Halliburton e Schlumberger, pesi più leggeri come Baker Hughes e Bj Services, società britanniche come la Wood Group, presidiata ieri dai soldati. Per il ministro dell'energia Rafael Ramirez il governo renderà presto pubblica la lista delle compagnie che saranno assoggettate al controllo dello stato, che saranno compensate «calcolando il valore sui libri contabili» (se qualcuno ha ritoccato i conti per pagare meno tasse ora è nei guai) e detraendo i debiti con i lavoratori. Il colpo più duro la nuova legge chavista lo assegna proprio sulle compensazioni: le acquisizioni dello stato potranno essere pagate in bond.

Non tarderanno ad arrivare le proteste degli investitori, i quali non tollerano che i petrodollari finanzino i popolari programmi sociali del governo invece di essere incassati o reinvestiti nell'industria. E questo nonostante una crescita media del Pil del 13,5% da dieci anni, il dimezzamento del tasso di povertà, la triplicazione delle spese sociali pro-capite, il raddoppio delle iscrizioni alle scuole superiori... Ma la stretta nazionalizzatrice arriva in un momento in cui Hugo Chavez è meno detestato e persino il segretario di stato americano Hillary Clinton ha di recente ammesso che la strategia della vecchia Casa Bianca, isolare i «nemici» latinoamericani, «non ha funzionato» ed è servita solo a spianare la strada a paesi come la Cina. A puntare il fucile su Chavez resta l'Europa, con il parlamento europeo che l'altro giorno ha votato un documento che «esprime enorme preoccupazione per il deterioramento della democrazia in Venezuela» causato «dall'autoritarismo crescente del presidente Hugo Chavez». A votarlo solo 27 europarlamentari, su 785. Ma è un dettaglio.

Roberto Zanini
Fonte: www.ilmanifesto.it/
Link: http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20090509/pagina/08/pezzo/249490/
9.05.2009


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