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I colpevoli della crisi? I vostri depositi in banca


Stodler
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LA NOTA DEL FMI CHE HA APERTO LA STRADA ALLA RIVOLUZIONE DEL BAIL-IN

L’analista finanziario Daniel Amerman analizza una “Nota di discussione” del FMI del 2012, intitolata “Dal Bail-Out al Bail-In”, in cui forse per la prima volta si prospetta l’audace piano per risolvere il problema delle crisi finanziarie sistemiche: considerare i depositanti e gli investitori come degli “assicuratori” delle banche, e far loro assorbire le perdite, senza dover mettere in gioco salvataggi pubblici, aumenti di pressione fiscale o di debito pubblico. Naturalmente il ritorno a una sana repressione finanziaria e a una banca centrale prestatrice di ultima istanza non è nemmeno contemplato.

di Daniel Amerman

La buona notizia è che il colpevole è stato trovato, il problema risolto, e grazie agli sforzi eroici di politici e regolatori di tutto il mondo, non avremo mai più bisogno di preoccuparci di nuovo che il fallimento delle grandi banche possa distruggere l’economia mondiale.

La cattiva notizia è che il colpevole globale si è scoperto essere… tu. Tu e il tuo rapporto vergognosamente egoista con i tuoi depositi bancari, gli investimenti, le polizze assicurative e le pensioni.

Sembra che il vero cuore del problema non siano mai state le banche che fanno cattivi investimenti, o piani pensionistici sottofinanziati.

Oh no, la questione di fondo sin dall’inizio era la tua aspettativa egoista di avere il diritto di riavere indietro tutti i tuoi soldi. O il tuo piano assicurativo pagato. O di ricevere tutti i pagamenti della pensione contrattualmente previsti.

Quindi, se una grande banca, un fondo pensione o una società finanziaria si mette nei guai e in tal modo mette in pericolo la stabilità del sistema finanziario, la terapia non richiede un costoso salvataggio governativo (bail-out). Piuttosto, la soluzione davvero molto moderna e molto meno costosa per governi e aziende è semplicemente quella di decidere che non hai più diritto ai soldi che pensavi di avere.

E poiché non devono più pagarti tutto il dovuto, il fondo pensione o la banca ora possono rimanere solvibili, non viene attivata nessuna bancarotta o crisi finanziaria, il governo non deve pagare nulla, e il problema è risolto.

Anche se ho usato un po’ di humor nero, non vi sbagliate: c’è in corso un cambiamento fondamentale che riguarda la natura stessa del risparmio, degli investimenti e della sicurezza della pensione, ed è abbastanza reale.

L’ordine finanziario globale è quasi crollato nel 2008 ─ e, successivamente, il G20 ha ordinato che andavano trovate nuove soluzioni. Questi cambiamenti fondamentali nelle norme finanziarie sono stati in corso di sviluppo a livello internazionale per alcuni anni, e alcuni sono stati ufficialmente adottati come politica finanziaria globale ad un vertice del G20 nel novembre del 2014.

I rating delle grandi banche sono già stati modificati negli Stati Uniti e in Europa a causa di questi cambiamenti normativi. I primi casi di applicazione di queste norme alle crisi del mondo reale si sono già verificati, con il sistema bancario cipriota e il sistema pensionistico polacco.

Secondo una delle applicazioni di questo nuovo approccio alla soluzione delle crisi finanziarie di banche e società (anche se non è un risultato diretto del vertice G20), gli obblighi previdenziali delle società negli USA potrebbero presto essere cambiati per legge, con una riduzione dei pagamenti ad alcuni pensionati.

Se, e in che modo, tutto questo potrebbe influenzarvi personalmente è una questione aperta – molte questioni specifiche sono ancora in evoluzione mentre i negoziati vanno avanti, le versioni differiscono da paese a paese, e, in definitiva, tutto è legato al tipo e alla gravità della crisi che potrebbe verificarsi in futuro.

Detto questo, si tratta di una faccenda rivoluzionaria. Non vi è mai stata insegnata a scuola – anzi contraddice alcuni dei fondamenti dell’istruzione finanziaria tradizionale. E mentre è possibile che possa anche non toccarvi personalmente – c’è anche la possibilità che possa cambiare ogni aspetto della vostra vita quotidiana e del vostro tenore di vita, in particolare nell’età della pensione. Perciò vale la pena di esplorare quello che cambia in questo nuovo approccio globale, e qual’è il rischio.

La rivoluzione del bail-in

Quando le rivoluzioni cominciano, non è raro che quasi nessuno le noti. Potrebbero volerci anni o addirittura decenni prima che gli storici possano guardare indietro, puntare il dito e dire “ecco dove realmente è cominciato tutto”.

Come risultato della direttiva del G20 di trovare nuove soluzioni finanziarie, un’oscura “Nota di Discussione interna” del Fondo Monetario Internazionale potrebbe avere dato inizio alla rivoluzione del “bail in”, che potrebbe trasformare il mondo degli investimenti globali.

In questo significativo documento, lo staff discute di un mondo in cui i rischi per il sistema finanziario globale non sono scomparsi – anzi sono peggiori che mai. Come candidamente ammesso, il problema “SIFI” (Sistemically Important Financial Institution [istituzione finanziaria di importanza sistemica, NdT]) non è migliorato, è invece andato peggiorando come non mai – e non sembra esserci alcuna soluzione sotto il diritto contrattuale e il diritto fallimentare vigenti.

Un rischio enorme è concentrato in poche istituzioni finanziarie, e non vi è modo, sotto il diritto esistente, di gestire il fallimento di una di queste istituzioni senza rischiare di innescare un caos finanziario globale. Inoltre, vi è un circolo vizioso letale tra queste istituzioni “troppo grandi per fallire” e i governi sovrani. Cioè, secondo lo staff del FMI, il salvataggio di queste enormi istituzioni può far fallire i governi sovrani e i governi sovrani andando in bancarotta possono spazzare via le istituzioni “troppo grandi per fallire”.

Così lo staff del FMI ha messo a punto un audace piano per far uscire il mondo da questa situazione apparentemente impossibile. La parola chiave è “assicurazione”.

La proposta è di prendere classi selezionate di investimenti, e decidere con effetto retroattivo che queste attività non sono affatto attività. Infatti, i proprietari di queste attività hanno accettato – senza rendersi conto di averlo fatto – di fornire un’assicurazione al sistema finanziario globale. Quindi, se si presenta una grave crisi, il sistema finanziario globale semplicemente va da questi ignari “assicuratori” e si serve efficacemente dei loro attivi, e la crisi è risolta. E’ una soluzione miracolosa!

Ora, c’è il problema che alcuni investitori potrebbero effettivamente opporsi a un tale prelievo dei loro beni di investimento a vantaggio del bene più grande della società. Questo è esattamente il motivo per cui il FMI raccomanda che ciò avvenga per mezzo di una legge, in modo che sia scavalcato il diritto contrattuale – e che sia indipendente dalla volontà, senza che sia necessario il permesso dell’investitore. Dovrebbe essere anche retroattivo, se necessario, per applicarlo così alle persone che già possiedono queste categorie di investimenti.

Dopo i bail-in delle banche cipriote e del sistema pensionistico polacco, lo sviluppo di procedure di bail-in si sta diffondendo rapidamente in tutto il mondo, compresa l’Unione Europea, il Canada e gli Stati Uniti. La cosa affascinante e inquietante – anche se forse non sorprendente – è come i politici a livello globale stiano in pratica completamente cambiando il concetto di “bail-in”, lasciando da parte le modifiche proposte dal FMI che avrebbero potuto costringere a genuine riforme bancarie e aumentare potenzialmente la stabilità finanziaria globale, e invece stanno creando una minaccia ancora ma
ggiore per gli investitori.

Un mondo a rischio

La nota di discussione per lo staff del FMI è intitolata “Dal Bail-Out al Bail-In: la ristrutturazione obbligatoria dei debiti delle istituzioni finanziarie sistemiche“. Originariamente pubblicata nel 2012, potrebbe essere considerata una delle fonti documentali del movimento globale per i bail-in. La nota è disponibile sul sito web del Fondo Monetario Internazionale, e questo è il link per il download del PDF.

(Vale la pena leggere la discussione originale, e questa analisi si riferisce a particolari pagine all’interno del documento. Notare che le pagine del documento reale hanno una numerazione diversa da quella del documento in formato PDF)

Una delle principali questioni affrontate nel documento è proprio il motivo per cui il FMI ritiene che il mondo abbia bisogno di questi grandi cambiamenti nelle leggi e nel modo in cui sono trattati gli investimenti.

Mentre nei media abbondano i titoli che inneggiano all’aumento dei mercati azionari e al miglioramento delle condizioni, a quanto pare invece, lo staff del Fondo Monetario Internazionale vede un quadro ben diverso. Quello che vede sono seri rischi per l’ordine finanziario globale, causati dalle maggiori istituzioni finanziarie di tutto il mondo – alle quali si riferiscono come SIFI, altrimenti note come istituzioni “troppo-grandi-per-fallire”.

Come documentato a pagina 4 (pagina 5 del PDF), ​​ci sono tre modi diversi in cui il fallimento anche di un solo SIFI può mettere in pericolo l’intero ordine finanziario globale.

Il primo grande rischio è il “rischio diretto di controparte”; le SIFI hanno una rete straordinariamente complessa di centinaia di migliaia di miliardi di dollari di contratti e obbligazioni intrecciate tra di loro. Il fallimento di una singola SIFI potrebbe innescare una reazione a catena di perdite che si diffonderebbero come un domino, abbattendo una SIFI dopo l’altra – come anche altre banche e investitori di tutto il mondo.

Il secondo grande rischio è quello della “liquidità”. Poiché le SIFI fanno molto affidamento sui prestiti, se le fonti dei loro finanziamenti in caso di problemi fuggono via, questo lascerebbe le SIFI potenzialmente insolventi, a meno che non possano vendere rapidamente le loro attività per rimborsare i creditori, cosa che farebbe crollare rapidamente i prezzi, e con tutti che mettono in vendita contemporaneamente le loro attività si potrebbe creare una “svendita” globale degli investimenti sufficiente a mandare in crash il sistema finanziario mondiale nel giro di pochi giorni.

Il terzo grande rischio è quello del “contagio”, dove il fallimento – o addirittura il possibile fallimento – di un istituto importante provoca il panico nei mercati, cosa che di per sé è più che sufficiente a far crollare l’ordine finanziario globale. Dopo tutto, la percezione può creare e crea la realtà, quando si tratta di mercati finanziari.

Ora, tutti questi rischi hanno ricevuto una grande attenzione, dopo che il sistema bancario globale è quasi andato a rotoli nel 2008, e in teoria avrebbero dovuto prendersene cura limitando la capacità delle SIFI di correre rischi, e anche riducendo la percentuale delle attività finanziarie globali detenute dalle SIFI.

Tuttavia, come documentato in fondo a pagina 4 (pagina 5 PDF) – questo in pratica non è stato fatto.

Al contrario, si è registrato una concentrazione ancora maggiore delle attività detenute in queste banche “troppo-grandi-per-fallire” e nelle istituzioni finanziarie, più di quanto sia mai stato prima che la crisi iniziasse. Di conseguenza, ciò ha creato un problema di “finanze pubbliche insostenibili”, laddove il costo straordinario dei salvataggi convenzionali potenzialmente minaccia la solvibilità delle nazioni stesse. E una tale insolvenza sovrana potrebbe a sua volta innescare l’insolvenza delle SIFI. Così ancora una volta abbiamo un circolo vizioso tossico tra le SIFI e le nazioni che devono intervenire in loro aiuto nel tentativo di evitare il collasso finanziario globale.

Il FMI identifica anche il relativo problema di un “sistema bancario ombra”, che crea anch’esso il rischio sistemico, ma non è soggetto alle stesse regole, come il sistema bancario formale.

Come discusso a pagina 8 del documento (pagina 9 PDF), ci sono altri due problemi importanti per il sistema finanziario globale che alimentano questi tre grandi rischi e che li rendono molto più pericolosi.

Il primo è che poiché queste grandi istituzioni finanziarie sono in genere esposte a una enorme quantità di rischi sui loro derivati – che su base globale minimizzano il capitale che essi hanno – questi derivati ​​in una situazione di insolvenza potrebbero portare ad uno “svolgimento disordinato” che potrebbe perturbare i mercati finanziari. In altre parole, potrebbero portare a una crisi finanziaria globale – anche se il FMI usa un vocabolario scelto con un po’ più di cura.

L’altro problema centrale, come analizzato dal FMI, è che, quando si tratta del fallimento di una SIFI, la procedura generale di insolvenza aziendale non fornisce strumenti sufficienti a gestire i rischi per la stabilità finanziaria. Il che significa che, in base al diritto vigente, semplicemente non c’è la capacità di gestire questo scenario – se non mettendo mano a enormi quantità di fondi pubblici di Stati sovrani già finanziariamente stressati, che a quel punto poi rischiano di innescare la propria insolvenza, che poi è anche il rischio di innescare l’insolvenza di altre SIFI, in questo circolo vizioso tossico.

In poche parole, le leggi esistenti non sono in grado di gestire i problemi che sono stati creati da questo mondo intrecciato di istituzioni “troppo-grandi-per-fallire” che continuano ad assumersi enormi rischi finanziari per il profitto privato, apparentemente al di là del controllo delle nazioni sovrane, anche se le nazioni sovrane che devono fronteggiare i propri problemi finanziari sempre più mancano di risorse finanziarie credibili per un bail-out massiccio di queste istituzioni, e rischiano la propria solvibilità. Così non ci si possono permettere salvataggi, tuttavia un mancato salvataggio porterebbe rapidamente al caos finanziario globale.

La scappatoia dell’assicurazione

Per un investitore esterno ma razionale, la soluzione potrebbe sembrare ovvia. Non avevamo questo problema prima delle SIFI – quindi sbarazzatevi di queste istituzioni finanziarie “troppo-grandi-per-fallire”. Smembratele. Limitate la loro capacità di assumersi dei rischi, se è necessaria la garanzia pubblica sui rischi che si assumono. Rischi illimitati e non regolamentati vanno anche bene, ma solo quelli che i loro investitori/proprietari privati ​​possono realmente permettersi di assumere. In modo che, in caso di decisioni sbagliate che portano al fallimento, gli investitori privati ​​possono essere spazzati via, senza che sia necessaria alcuna garanzia pubblica.

E in tal modo, la necessità per il pubblico di salvare queste istituzioni non ci sarebbe più, e allo stesso modo cesserebbe il circolo vizioso tossico tra le SIFI e le nazioni sovrane.

Ora il FMI è a conoscenza di questa soluzione ovvia, ma è molto attento a non menzionarla, tranne forse quando implicitamente afferma solo che non funziona così.

Questo succede perché il cuoro del problema è politico. Le SIFI sono semplicemente troppo potenti politicamente per poter essere spezzate via dai politici delle nazioni sovrane sviluppate. Semplicemente non è politicamente praticabile per i governi modificare il comportamento di queste istituzioni – anche se hanno messo a rischio la stabilità dell’intero sistema finanziario mondiale giorno dopo giorno.

Così, da una prospettiva politica pratica, deve
essere trovata un’altra soluzione.

La soluzione alternativa che il documento FMI propone è quella di utilizzare il “bail-in” al posto del “bail-out”. Il mio articolo intitolato “Bail-ins & Taking Private Wealth” (qui), spiega in dettaglio il concetto di bail-in, e il modo in cui è attualmente utilizzato nel mondo reale.

Un modo di guardare ad un bail-in è di considerarlo come l’opposto di un bail-out. Nel caso di un bail-out, quando c’è un problema con una banca (o un governo, o un sistema pensionistico pubblico) che non ha abbastanza risorse disponibili per soddisfare le pretese dei creditori, i fondi sono forniti dal pubblico, presumibilmente per le finalità di interesse pubblico generale.

Con un bail-in, non c’è fallimento, ma le attività sono prese da classi di investitori selezionati, riducendo in tal modo i crediti nei confronti dell’azienda. Si ottiene così la solvibilità e le esigenze del grande pubblico sono soddisfatte, ma senza che il grande pubblico in generale debba pagare.

Ora, mentre il documento del FMI utilizza il termine “bail-in”, offre anche un modo completamente diverso di spiegare il processo, come mostrato a pagina 7 (pagina 8 PDF). Come detto, “il capitale per il bail in potrebbe essere visto come una forma di assicurazione (fornita dai creditori) contro l’insolvenza della banca”.

Ora, se pensiamo a questo approccio – questo modo di trovare soluzioni completamente nuove per un sistema che manca altrimenti di soluzioni – le implicazioni sono globali, e sono straordinarie.

Il modo in cui funziona è che nel caso di una potenziale crisi finanziaria, il governo – o un’organizzazione internazionale – individua particolari tipi di investimento e classi di investitori. Questi investitori detengono attività, e in alcuni casi tali attività sono le passività (come obbligazioni o depositi) della istituzione in difficoltà.

Il governo dice di fatto a questi investitori, “potreste pensare di possedere un’attività, ma quello che avete veramente fatto è che avete sottoscritto una polizza di assicurazione. E se questo istituto in cui avete investito il vostro patrimonio dovesse incorrere in difficoltà finanziarie, avete di fatto impegnato le vostre risorse per evitare l’insolvenza della società, per il bene superiore dell’ordine finanziario globale “.

Ora, i proprietari dei beni d’investimento non avevano idea del fatto che quando avevano investito avevano sottoscritto un’assicurazione. Non hanno mai ricevuto un premio di assicurazione per l’assunzione di questo rischio. Ma, ciò nonostante, una categoria di beni di investimento è stata retroattivamente dichiarata essere un’assicurazione, e in questo modo possono effettivamente assorbire tutte le perdite e mantenere la SIFI – o il governo, o il sistema pensionistico pubblico – solvente per il bene di tutti.

Utilizzare la forza della legge per scavalcare l’obbligatorietà del contratto

Ora, poiché gli investitori – le cui attività sono essenzialmente il finanziamento dell’assicurazione che preserva le maggiori istituzioni finanziarie – in realtà non si erano resi conto che quello che stavano facendo era di impegnare i loro beni per garantire il pagamento dei crediti, c’è da osservare che questo potrebbe essere un po’ problematico dal punto di vista del diritto contrattuale. Dato che questo non appariva da nessuna parte nel prospetto.

Il che ci riporta alla nostra discussione precedente di pagina 8. Una delle ragioni per il bail-in, in primo luogo, è che utilizzare le leggi vigenti, scritte per una procedura fallimentare tradizionale, semplicemente non funziona quando si tratta di risolvere una di queste banche “troppo-grandi-per-fallire”. Per lo staff del FMI, non si può fare, in quanto c’è semplicemente troppo rischio e danni globali.

Quindi ci sono tre paragrafi fondamentali a pagina 12 (PDF pagina 13) che affrontano questo punto. Il primo è che “ci sono argomenti convincenti a favore di un approccio che minimizza il ruolo dei tribunali“. In altre parole, bisogna tenere i giudici fuori da questa storia, in quanto potrebbero non fare quello che dovrebbero fare. In effetti, il FMI raccomanda esplicitamente di non lasciare alla magistratura il potere di rovesciare questa risoluzione, anche se in alcuni casi potrebbe essere consentito il risarcimento dei danni.

Invece, è più appropriato che “le decisioni siano prese dalle autorità bancarie“. In altre parole, le stesse autorità di sorveglianza che non sono riuscite a regolare adeguatamente le banche e hanno permesso la situazione disastrosa che si è creata, sono i migliori esperti possibili per risolvere la crisi.

C’è anche il problema di ottenere l’approvazione del creditore che potrebbe essere richiesta in un fallimento. Il documento del FMI affronta anche questo, affermando che “la necessità di un’azione rapida e decisiva nell’interesse della stabilità finanziaria sconsiglia di prevedere una procedura di approvazione da parte del creditore”. Ottenere l’approvazione del creditore può essere una faccenda molto difficile quando si affronta una procedura di fallimento – quindi nella struttura del bail-in è semplicemente eliminata.

Forse la parte più importante di tutte è il paragrafo a pagina 12, in cui si afferma che i “bail-in devono essere applicati sia ai debiti esistenti che ai debiti emessi dopo l’introduzione del bail-in“.

In altre parole, quando si tratta di decisioni di investimento, è retroattiva. In teoria, le proposte del FMI sono basate sulle nazioni che hanno attuato la legislazione del bail-in in anticipo, per cui gli investitori sono avvertiti, e i rendimenti dei titoli che sono oggetto di bail-in dovrebbero aumentare proporzionalmente, in quanto il mercato valuta il premio assicurativo che dovrebbe ricevere per fornire questa protezione ad altri investitori.

Tuttavia, nel mondo reale, come riconosce il Fondo monetario internazionale, quando si ha bisogno delle attività – se ne ha bisogno. Quindi il governo le prende, indipendentemente dal fatto che l’investitore avesse qualche idea, al momento in cui aveva fatto l’investimento, che sarebbero potuti diventare una “assicurazione” e che i loro attivi effettivamente avrebbero potuto essere presi e convertiti in azioni potenzialmente inutili.

La fonte della “libera” assicurazione

Ora esaminiamo più da vicino le potenziale fonti di questa cura miracolosa per le crisi finanziarie, che consente salvataggi senza limiti, e che non richiede l’aumento delle tasse o del deficit.

Lo faremo prendendo in considerazione qualcosa che si considera raramente, e cioè cosa sono realmente i risparmi.

Quando facciamo un deposito presso una banca, stiamo prendendo le nostre risorse e le consegnamo alla banca perché ne faccia uso.

Ciò che la maggior parte di noi di solito non pensa è che nel momento in cui si verifica il deposito, si crea una nuova passività – per la banca. E’ una passività semplicemente perché dovrà restituircelo. Così è la loro promessa di restituircelo – la loro passività – che è la nostra attività, cioè i nostri risparmi, ed è la nostra fonte di sicurezza.

E tradizionalmente – in assenza di un salvataggio – se la banca ne fa un pessimo impiego e gli investimenti valgono meno delle passività, allora l’istituto finanziario diventa insolvente, tutti quelli che ci lavorano perdono il posto di lavoro, gli investimenti azionari vengono spazzati via, e i depositanti e gli altri finanziatori (o il fondo di assicurazione dei depositi bancari) subiscono un brutto colpo.

Ora, con bail-in, il cambiamento drastico rispetto alla prospettiva tradizionale è che sono le nostre attività che sono riconosciute come una minaccia per le banche troppo-grandi-per-fallire.

Con i
l vecchio paradigma del bail-out, i fallimenti sono provocati dalle attività che diminuiscono di valore. Con il nuovo paradigma del bail-in, non è il crollo dei prezzi delle attività che causano il fallimento – ma è invece l’avere troppi debiti che provoca il fallimento.

E a causa della importanza di queste istituzioni finanziarie e delle loro connessioni politiche estremamente potenti, ciò che ne è venuto fuori è che i governi possono affrontare la minaccia delle banche insolventi gestendo la minaccia posta dalle loro passività.

Una volta accettato che le passività che minacciano l’ordine finanziario globale coincidono con le nostre attività e i nostri depositi – allora dobbiamo accettare che, con il nuovo paradigma del bail-in, in caso di una grave crisi finanziaria le cose non funzioneranno affatto come una volta, e potrebbero essere i nostri risparmi a pagare il prezzo.

http://vocidallestero.it/2015/12/20/la-nota-del-fmi-che-ha-aperto-la-strada-alla-rivoluzione-del-bail-in/


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mincuo
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L’analista finanziario Daniel Amerman analizza una “Nota di discussione” del FMI del 2012, intitolata “Dal Bail-Out al Bail-In”, in cui forse per la prima volta si prospetta l’audace piano per risolvere il problema delle crisi finanziarie sistemiche: considerare i depositanti e gli investitori come degli “assicuratori” delle banche, e far loro assorbire le perdite, senza dover mettere in gioco salvataggi pubblici, aumenti di pressione fiscale o di debito pubblico. Naturalmente il ritorno a una sana repressione finanziaria e a una banca centrale prestatrice di ultima istanza non è nemmeno contemplato.

-La repressione finanziaria non significa "repressione della finanza". Significa tassi reali negativi. E c'è già dal 2010.
E' una tosatura dei risparmiatori. Non è ampia come un tempo per via che l'inflazione è vicina a zero e i tassi nominali più che a zero (dove già sono) o appena sotto, quelli a breve (dove già sono), non possono andare.

-La Banca Centrale è già prestatrice di ultima istanza. Tutte le nuove emissioni del 2015 le hanno monetizzate. I QE sono anche quello.
Non è che poi risolva granchè.
E' un trasferimento di debiti dai Governi alla Banca Centrale, i cui azionisti sono le Banche Centrali Nazionali, che a loro volta sono detenute dal Tesoro (Governo) nella stragrande maggioranza dei casi, o sono enti di diritto pubblico (Italia) negli altri, con vincoli verso il Tesoro (Governo).
E' un trasferimento settoriale dei debiti. Tutto lì.

-L'illiquidità e poi l'insolvenza sia di una banca, che di un'impresa qualunque, è quando gli asset non fanno fronte alle richieste di pagamento prima e al rimborso di debiti contratti poi.

-Sempre da che mondo è mondo quando un'impresa fallisce o è illiquida oltre ai suoi azionisti ne fanno le spese clienti e fornitori.

-In particolari casi invece non ne fanno le spese, per ragioni cosiddette sociali. Per cui non le fanno fallire e chiamano invece a pagare i contribuenti. E' una procedura distorta ma giustificata da ragioni sociali. Non sempre vere. Ad esempio Alitalia che perdeva un miliardo all'anno, di sociale non aveva granchè, e così tanti altri baracconi tenuti in vita.
Va detto, per via del sociale, che quando pigli i soldi dei contribuenti e li dai, per dire, ad Alitalia, non è che sia gratis. Li stai togliendo dal loro impiego ad altre destinazioni di spesa (sanità, pensioni, investimenti...).
E così anche quando li dai alle banche.
Quindi semmai si tratta di vedere cosa è più sociale.

-Questa procedura si chiama bail-out, o salvataggio in Italiano. Significa che chi non ha asset sufficienti per pagare, anzichè fallire come è normale, quegli asset mancanti gli vengono forniti dallo Stato con le tasse dei cittadini.
Questo crea delle classi di cittadini di seria A (privilegiati) e di cittadini di serie B (normali).
L'impresa normale (di serie B) fallisce, il fornitore normale (di serie B) non vede pagato il suo credito, ecc...
L'impresa o banca di serie A (privilegiata) chiama invece a pagare la collettività la sua mala gestione o il suo business che non funziona.

Questa procedura è stata usata per il salvataggio delle banche con la giustificazione sociale che un fallimento avrebbe coinvolto altrimenti i risparmiatori, correntisti ecc..
Questo però ha creato la condizione per cui la banca (e non solo le banche) diventa un'attività in cui se guadagna va tutto bene, se invece perde addossa le perdite alla collettività. E non fallisce mai.
Quindi, nel caso della banca, può assumere rischi anche eccessivi tanto poi alla peggio paga Pantalone.

-Il bail-in invece chiama a pagare in un certo grado i risparmiatori, sopra una certa soglia, che sono come i clienti o i fornitori di un'impresa.
Il punto centrale però è che in generale non sono sufficienti e siccome la banca non fallisce (too big to fall) resta il bail-out come prima.

-Il fatto vero è che non ci dovrebbe essere nessuno "too big to fall."
E l'altro fatto è che i risparmiatori non sono dei cittadini diversi.
Se la banca fallisce ci rimettono anche loro.
Questo spingerebbe ad avere molto più controllo e trasparenza sull'attività delle banche stesse da parte degli stessi risparmiatori.
Che avrebbero molto interesse a quel controllo per la maggior paura di rimetterci quattrini.
E vorrebbero avere e pretenderebbero di avere voce in capitolo negli organismi di controllo delle banche.

E quello del controllo è il vero problema.

Invece la solita ipocrisia e il solito finto sociale andavano bene a tutti.
Oggi però il bail-out e cioè Pantalone non funziona più molto bene.
Perchè lo Stato ha finito i soldi e pure la capacità precedente di indebitarsi.
A Pantalone (il contribuente) allora gli ha sempre aumentato le tasse ma Pantalone non guadagna più. Se non fanno guadagnare Pantalone e cioè attuano delle politiche perchè riprenda a guadagnare la giostra si ferma.

E quello è l'altro vero problema.

I bambini invece preferiscono sempre le favole. Prima era la favola del GRANDE PAPA', lo Stato. Quello aveva tutti i soldi che servivano e anche di più, e naturalmente allo Stato i soldi piovevano dal cielo.
Poi siccome anche al bambino è venuto qualche dubbio che non ne avesse poi così tanti e che non piovessero dal cielo allora gli hanno dato in sostituzione quella del GRANDE NONNO, la BCE.
E così è a posto, come prima.


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polm
 polm
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Il fatto vero è che non ci dovrebbe essere nessuno "too big to fall."

@mincuo, al di là della mancanza di controllo, che come dici tu è il vero problema, in questa frase cosa intendi di preciso:

1) che si dovrebbe limitare la concentrazione (e dunque la grandezza) in modo che non si ponga più il problema di troppo grande per fallire?

2) che non importa quanto una società sia grande, se deve fallire che fallisca.


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Ossimoro
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Oltre al Common Equity Tier 1 quali sono i parametri che un depositante dovrebbe costantemente tenere sotto controllo, per cercare di salvarsi dal Bail In?
oggi è posto a 100.000 euro il limite salvaguardato, ma in Germania se non erro è a 30.000... Se la UE lavora per le armonìzzazioni non credo si alzerà il limite tedesco, ma penso scenderà il nostro!

Dato che si ritengono i depositanti in un certo senso corresponsabili della gestione della banca (visto che saranno chiamati a pagare i suoi debiti), gli stessi dovrebbero essere dotati di un adeguato sistema di monitoraggio sul proprio gestore dei risparmi/investimenti...

Esiste un sito (ad es. bancaditalia o MEF) sul quale siano costantemente pubblicati i dati di monitoraggio dei vari istituti di credito?


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mincuo
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Il fatto vero è che non ci dovrebbe essere nessuno "too big to fall."

@mincuo, al di là della mancanza di controllo, che come dici tu è il vero problema, in questa frase cosa intendi di preciso:

1) che si dovrebbe limitare la concentrazione (e dunque la grandezza) in modo che non si ponga più il problema di troppo grande per fallire?

2) che non importa quanto una società sia grande, se deve fallire che fallisca.

Intendo 1) che una banca non possa avere un situazione oligopolistica o monopolostica nè di cartello. Quindi le dimensioni intanto, perchè a parte le storie dei bail out o bail in, i grossi istituti sono in grado di condizionare i Governi o per meglio dire passano dalla banca al Governo poi di nuovo alla banca ecc...

Se è troppo grande è logico che poi fai il bail out coi soldi della Stato.
Perchè i clienti sono milioni e il buco che farebbe è destabilizzante per il sistema intero.
Ma se è relativamente piccola basta l'assicurazione sui c/c. E/o che le altre banche del sistema caccino i soldi per ricapitalizzarla.

La cosa fondamentale però è una forma di controllo dei correntisti/obbligazionisti ecc...cioè che abbiano dei loro rappresentanti con dei poteri di ispezione e controllo.
Anche lì altrimenti sono porte girevoli. In BdI (il controllore) controlla le banche (le controllate) che però sono le azioniste di maggioranza della BdI stessa. Quindi il controllore è in palese conflitto di interesse.


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mincuo
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Oltre al Common Equity Tier 1 quali sono i parametri che un depositante dovrebbe costantemente tenere sotto controllo, per cercare di salvarsi dal Bail In?
oggi è posto a 100.000 euro il limite salvaguardato, ma in Germania se non erro è a 30.000... Se la UE lavora per le armonìzzazioni non credo si alzerà il limite tedesco, ma penso scenderà il nostro!

Dato che si ritengono i depositanti in un certo senso corresponsabili della gestione della banca (visto che saranno chiamati a pagare i suoi debiti), gli stessi dovrebbero essere dotati di un adeguato sistema di monitoraggio sul proprio gestore dei risparmi/investimenti...

Esiste un sito (ad es. bancaditalia o MEF) sul quale siano costantemente pubblicati i dati di monitoraggio dei vari istituti di credito?

I tier 1 o 2 o 3 non sono sufficienti. Credimi. Perchè manca chi rappresenta i correntisti e va a vedere in dettaglio le fattispecie dei titoli, i crediti concessi, le NPL ecc...
Ma tu lo sai che alcune banche la stessa garanzia (un titolo) la usavano per 2 o 3 diversi?
Cioè il titolo di valore 100 stava a garanzia mettiamo di un'operazione da 100, per semplicità.
Poi lo stesso titolo stava a garanzia per un'altra operazione da 100. Quando le cose sono andate male c'era 200 di operazioni buche ma la garanzia era sempre la stessa e solo cioè di 100.


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mincuo
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Faccio anche presente che per quanto riguarda l'Italia il QE di 2 anni vale 150 miliardi. Ma di questi 150 la BCE ne acquista 20 e gli altri 130 li acquista Banca d'Italia. Che significa? Che il debito Italiano non è che se lo prende la BCE, perchè ai Francesi, Tedeschi, Olandesi.....mica gli sta bene.
Cioè lo prende sì il sistema delle Banche Centrali, ma la BCE, come soggetto giuridico, ne prende una fettina.
Il grosso della torta di quello Italiano lo prende la Banca d'Italia.
E cioè un debito del Governo ora è stato trasferito a Banca d'Italia.


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sankara
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Faccio anche presente che per quanto riguarda l'Italia il QE di 2 anni vale 150 miliardi. Ma di questi 150 la BCE ne acquista 20 e gli altri 130 li acquista Banca d'Italia. Che significa? Che il debito Italiano non è che se lo prende la BCE, perchè ai Francesi, Tedeschi, Olandesi.....mica gli sta bene.
Cioè lo prende sì il sistema delle Banche Centrali, ma la BCE, come soggetto giuridico, ne prende una fettina.
Il grosso della torta di quello Italiano lo prende la Banca d'Italia.
E cioè un debito del Governo ora è stato trasferito a Banca d'Italia.

In sostanza quella quota di debito verrà monetizzata...come se il "divorzio" tra Banca d'Italia e Tesoro fosse diventato un "riavvicinamento"...


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mincuo
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Faccio anche presente che per quanto riguarda l'Italia il QE di 2 anni vale 150 miliardi. Ma di questi 150 la BCE ne acquista 20 e gli altri 130 li acquista Banca d'Italia. Che significa? Che il debito Italiano non è che se lo prende la BCE, perchè ai Francesi, Tedeschi, Olandesi.....mica gli sta bene.
Cioè lo prende sì il sistema delle Banche Centrali, ma la BCE, come soggetto giuridico, ne prende una fettina.
Il grosso della torta di quello Italiano lo prende la Banca d'Italia.
E cioè un debito del Governo ora è stato trasferito a Banca d'Italia.

In sostanza quella quota di debito verrà monetizzata...come se il "divorzio" tra Banca d'Italia e Tesoro fosse diventato un "riavvicinamento"...

Credo che anche sul "divorzio" si faccia molta semplificazione. E' tutto reso così, e così è reso anche divorzio/matrimonio di BdI.
Sono termini per la gente che ha il suo mondo di riferimento. E li immagina magari anche litigare e poi uno che sbatte la porta e dice "basta, me ne vado".

-La BdI era obbligata ad acquistare sul primario i BOT invenduti
-Aveva poi uno scoperto di c/c [Conto Corrente di Tesoreria] su cui il Tesoro poteva prelevare fino al 14% di spesa.

Di fatto per alcuni anni dopo il "divorzio" del 1981 sul primario acquistò di più titoli di prima fino al 1984 e sul c/c di tesoreria il limite fu nella pratica innalzato.

Dall'85 all'88 cominciò a calare un po' e poi molto dall'89 al 92 fino a Maastricht.

Ma anche lì furono condizioni in gran parte Internazionali. (Shock petroliferi, politica FED prima e Bundesbank poi).
Qui aggravate da un'esplosione di spesa e inflazione, [parte appunto esogena], spesa che poi bloccarono in rapporto al PIL, mentre riprendeva produttività e PIL, portando i rendimenti reali in positivo.


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Stodler
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Con l'aggiunta dello SME e i relativi vincoli.


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sankara
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Credo che anche sul "divorzio" si faccia molta semplificazione. E' tutto reso così, e così è reso anche divorzio/matrimonio di BdI.
Sono termini per la gente che ha il suo mondo di riferimento. E li immagina magari anche litigare e poi uno che sbatte la porta e dice "basta, me ne vado".

-La BdI era obbligata ad acquistare sul primario i BOT invenduti
-Aveva poi uno scoperto di c/c [Conto Corrente di Tesoreria] su cui il Tesoro poteva prelevare fino al 14% di spesa.

Di fatto per alcuni anni dopo il "divorzio" del 1981 sul primario acquistò di più titoli di prima fino al 1984 e sul c/c di tesoreria il limite fu nella pratica innalzato.

Dall'85 all'88 cominciò a calare un po' e poi molto dall'89 al 92 fino a Maastricht.

Ma anche lì furono condizioni in gran parte Internazionali. (Shock petroliferi, politica FED prima e Bundesbank poi).
Qui aggravate da un'esplosione di spesa e inflazione, [parte appunto esogena], spesa che poi bloccarono in rapporto al PIL, mentre riprendeva produttività e PIL, portando i rendimenti reali in positivo.

In effetti lo scoperto del c/c di tesoreria venne abolito anni dopo. Sul Divorzio mi ricordavo che già dall'81 calarono gli acquisti della Banca d'Italia, anche se mai del tutto come la vulgata ha raccontato. Devo ricontrollare. In ogni caso il costo del servizio del debito pubblico italiano aumentò, in parte complice anche i vincoli messi in risalto da Stodler. In primo luogo la politica di alti tassi d'interesse impressa dalla FED, quindi il varo dello SME che costrinse le autorità italiane, per rispettare un cambio artificialmente sopravvalutato e quindi attrarre capitali per compensare gli squiibri di bilancia commerciale, a mantenere tassi d'interesse a livello pari a quelli vigenti internazionali. Se a questo si aggiunge la politica di disinflazione da un alto (che quindi faceva aumentare gli interessi reali sul debito contratto), l'eliminazione di vincoli come il massimale sugli impieghi, il vincolo di portafoglio, ed appunto il "Divorzio" (che comprimevano gli interessi nominali pagati sul debito) dall'altro, ecco i motivi che portarono negli anni 80 alla crescita esponenziale del rapporto debito/PIl italiano. Dico bene Mincuo, o ci sono imprecisioni e/o inesattezze?

Comunque un tuo post specifico sulla monetizzazione sarebbe benvenuto, anche per sgombrare il campo da alcuni miti della "controinformazione"; poi come dice Nat se Bagnai prende ispirazione da CDC chi lo sa, forse ne trarrebbe ispirazione per scrivere qualcosa di più profondo... 🙂 scherzi a parte, sarebbe comunque utile, anche se sul post sulla repressione finanziaria rispondendo a Nat hai detto delle cose per me molto interessanti....un passo in particolare ha attirato la mia attenzione: "La monetizzazione così come intendono i blog cioè la stampa di denaro senza controparte in attivo è di fatto equivalente sotto il profilo moneta immessa, ma comunque quello che non capiscono è che è un debito settoriale. Cioè un debito che passa dal Governo alla BCE. Ma non è che sia il nonno coi soldi che interviene perchè il papà era rimasto a un po' a secco. E tutto si risolve, ci pensa il nonno, che secondo loro viene da Marte o Saturno con la borsa piena di soldi. Questo lo pensano (si fa per dire) i blogger, ma non è così.
A parte che non è gratutito come pensano in genere le persone porta dei problemi notevoli sotto il profilo ad esempio del rischio internazionale e quindi del rating. Tu hai due posizioni possibili: il money-financed-fiscal-expansion (MFFE) e l'usuale debt-financed-fiscal-expansion (DFFE). Al di là delle varie considerazioni di opportunità, nel DFFE hai un calcolo e dei parametri di debito/PIL, mentre nel MFFE questo è molto più difficile da determinare, il che significa un aumento di volatilità e una spinta verso tassi più alti a parità di rischio effettivo".
Parlando da ignorante, la seconda parte di questo commento mi risulta un po' oscura. Se potessi in caso approfondire il discorso...in ogni caso un sentito grazie a te e a Nat per questi importanti spunti che indubbiamente portano la discussione su livelli più alti, proverò a farne tesoro...saluti


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mincuo
Illustrious Member
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@Sankara.
-No, aumentarono gli acquisti, dopo il divorzio, fino al 1984.

-Non è gratis la "stampa", salvo se i tassi sono vicini a zero, perchè l'M2 non aumenta mai, basta guardare, e ciò significa che non aumenta credito, e aumentano invece un po' i depositi, e ciò significa che le banche ridepositano su Banca Centrale, anzichè prelevare, come infatti vedi anche dai bilanci BdI e ciò significa che BdI deve remunerare i loro depositi. Il che costa.
Questo è solo l'effetto più semplice da descrivere.
Se poi il canale comporta implicitamente o se è accompagnato da un rilassamento dei criteri di credito, in mancanza di aspettative su inflazione, e in mancanza di rendimenti, non c'è domanda, e allora la composizione dei portafogli delle banche peggiora perchè, per parlare grezzo, il credito lo domanda chi non ha alcuna intenzione di restituirlo, e perciò aumentano le NPL (crediti inesigibili, sofferenze) come si è puntualmente verificato. Questo comporta poi una successiva restrizione del credito e un danno anche per gli onesti. Oltre ai bail-out o bail-in eventuali.

Queste sono le cose più semplici, ma per Roccacannuccia e dintorni sono già il 4° Segreto di Fatima.
Tra quelle più complicate ci sono gli arbitraggi sulla curva, in differenti condizioni di stress e volatilità, ma lì siamo ai Marziani e alle astronavi, per gli standard di Roccacannuccia. Si può dimostrare comunque che il QE funziona un po' meglio in condizioni di stress, altrimenti i risk-premia, che sono una delle 3 componenti dei tassi reali insieme al tasso overnight e all'inflazione, non li modifica come voluto.
E qui siamo su Saturno....:)

-L'altra cosa è intuitiva. Una determinazione del debito/PIL nel bene o nel male è abbastanza precisa. Quindi permette di valutare il rischio Paese in modo più preciso. Un MFFE non lo permette in quella misura per cui aumenta la volatilità nella valutazione stessa. Il che per un Paese non benissimo messo non è il massimo, perchè in questi casi l'atteggiamento è comunque prudenziale, quindi forse anche peggiorativo rispetto alla realtà.
In Italia non c'è solo il debito pubblico, che peraltro in parte è detenuto da esteri. Solo qui su Cdc, e in parte anche a Roccacannuccia, c'è il debito pubblico e la spesa pubblica e tutto il resto chissenefotte. Ammesso e non concesso che abbiano anche idea che esiste un "resto".
Ma per il resto del mondo ci sono ad esempio, tra le altre cose, anche le imprese Italiane che si finanziano. E come si finanziano dipende dal rating del Paese, oltre che da quello dell'impresa stessa.


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