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i salti delle quaglie


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Da: http://affaritaliani.libero.it/politica/libia_scende_in_campo_obama_piano_usa_per250211.html

Sabato 26.02.2011 14:16

LA RUSSA, "SOSPESO TRATTATO ITALIA-LIBIA"
Il ministro della Difesa ha detto che il trattato di amicizia Italia-Libia è "di fatto sospeso" (il testo del trattato di amicizia, partenariato e cooperazione, firmato a Bengasi il 30 agosto 2008). Ha anche spiegato che l'Italia non deve essere lasciata sola a causa dell'egoismo dell'Europa del nord:
"La nostra volontà è di coinvolgere l'Europa. Va bene le sanzioni, va bene la condanna, ma poi si deve fare carico dell'emergenza. Di fatto il trattato Italia-Libia non c'è già più, è inoperante, è sospeso. Per esempio gli uomini della Guardia di Finanza, che erano sulle motovedette per fare da controllo a quello che facevano i libici, sono nella nostra ambasciata. Consideriamo probabile che siano moltissimi gli extracomunitari che possano via Libia arrivare in Italia, molto più di quanto avveniva prima del trattato".

BERLUSCONI, "GHEDDAFI NON CONTROLLA SITUAZIONE. RISCHIO DERIVA ISLAMICA" - "Le vicende internazionali che infiammano il Nordafrica - ha aggiunto Berlusconi - ci pongono di fronte a scenari nuovi ed imprevedibili. L'Italia e' coivolta piu' di ogni altro Paese. Nessuno aveva previsto quanto e' accaduto in Tunisia ed Egitto. Nessuno e' in grado di prevedere cosa puo' accadere, da qui in avanti, in Libia e a noi tutti". Il presidente del Consiglio ha poi avvertito: "per noi il futuro e' pieno di incognite gravi: potremo trovarci davanti alle nostre forze degli Stati democratici. Ma potremo anche trovarci non lontano da noi degli Stati fondamentalisti islamici". Di fronte a tutto questo, e' il monito di Berlusconi, "l'Europa e l'Occidente non possono rimanere spettatori perche'" da quanto sta accadendo "dipendono gli assetti economici futuri e gli approvvigionamenti energetici". Infine, Berlusconi si sofferma su quanto arrivato dall'opposizione in termini di polemiche circa i rapporti tra Italia e Libia negli ultimi anni: "e' desolante dover assistere alle polemiche di questi giorni. Una classe politica seria dovrebbe cercare e trovare gli elementi che uniscano, di fronte ad una situazione simile".

OBAMA FIRMA LE SANZIONI - Barack Obama ha firmato una serie di sanzioni contro la Libia, tra cui il congelamento dei beni di Muammar Gheddafi, dei suoi familiari e di membri del regime. Sono almeno quattro i membri della famiglia del colonnello colpiti dalle sanzioni americane: Ayesha, generale dell'esercito, Khamis, Mutassim, consigliere per la sicurezza nazionale e Sai al Islam. In un comunicato, il presidente americano ha affermato che le violazioni continue dei diritti umani, il trattamento brutale riservato ai libici e le scandalose minacce hanno causato un'ampia condanna della comunita' internazionale.

GB A UOMINI GHEDDAFI, ABBANDONATELO SENNO'CADRETE CON LUI - Alti funzionari del governo britannico stanno usando tutto il loro peso per convincere la classe dirigente libica ad abbandonare al suo destino Muammar Gheddafi. L'alternativa, scrive il Guardian, e' che anche loro saranno portati dalla alla Corte Penale Internazionale dell'Aja per essere giudicati per crimini l'umanita', l'accusa che all'Onu si sta preparando per il colonnello.

GHEDDAFI, "LOTTEREMO FINO ALLA MORTE" - "Lotteremo fino alla morte per la Libia, La rivoluzione ha reso la Libia il leader del terzo mondo, vi chiedo di cantare ballare e gioire". Lo ha detto il leader libico Muammar Gheddafi in un discorso dalla Piazza verde cuore della capitale.

Inaspettatamente Muammar Gheddafi ha arringato la folla riunita alla piazza Verde di Tripoli esortandoli a prepararsi a combattere per difendere la Libia e le sue risorse petrolifere. Per questo il leader libico ha annunciato che saranno aperti i depositi di armi che saranno a disposizione del popolo. Gheddafi parlava dall'alto della piazza Verde, da una sorta di fortino, inneggiando: "Il popolo che mi ama". Il Colonnello ha promesso che "combatteremo i nemici se loro lo vorranno" perche' "siamo pronti a trionfare sul nemico.

Mentre continua la battaglia a Tripoli, il mondo si interroga su come fermare le stragi in Libia. In una girandola di incontri ai quattro lati del globo, la diplomazia internazionale cerca le misure per fermare la brutale repressione di Muammar Gheddafi, per lanciare un'operazione umanitaria e per portare via dalla Libia gli stranieri ancora presenti (5/6mila gli europei). In serata si riunisce il Consiglio di sicurezza dell'Onu che lavora ad un progetto che prevede l'embargo alle forniture di armi, il congelamento dei beni e il ricorso alla corte penale internazionale per chi si sara' macchiato di crimini di guerra. Posizioni verso cui sta convergendo anche l'Ue, che e' pronta ad imporre una zona di esclusione aerea in modo da impedire ulteriori bombardamenti sui manifestanti. Il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha detto che l'Alleanza e' pronta a coordinare una missione per il recupero degli stranieri e per consegnare aiuti umanitari; e ha convocato per il pomeriggio una riunione urgente del Consiglio Atlantico, a Bruxelles. Sono iniziati gli scontri a fuoco a Tripoli, le forze di Gheddafi hanno sparato sui manifestanti, provocando morti e feriti. Secondo la tv Al Jazira Gheddafi controlla soltanto la residenza-caserma di Bab Al-Azizia.

Mentre i ribelli hanno preso l'aeroporto internazionale di Maatiqa. Le milizie anti-governative hanno conquistato la citta' costiera Misurata, situata a meno di 200 km dalla capitale, dopo aver respinto una "violenta" controffensiva. Testimoni hanno riferito poi della presa di Brega, importante porto industriale del Mediterraneo nel Golfo della Sirte. Il Pam teme che si interrompa la catena di distribuzione degli alimenti, gia' "al collasso". La brutale repressione del suo popolo continua a far perdere pezzi al regime. Uno dei figli di Gheddafi sarebbe da due giorni in Venezuela; si sono dimessi il procuratore generale e uno dei piu' stretti collaboratori del colonnello, Ahmed Kadhaf Al Dam; si e' dimesso, dopo un assalto alla missione diplomatica libica in Francia, anche l'ambasciatore a Parigi. L'ambasciatore al Consiglio per i diritti umani dell'Onu Ibrahim A.E. Aldredi, ha deciso di non essere piu' leale a Gheddafi. Aldredi ha parlato nella riunione speciale del Consiglio per annunciare che "da oggi il sottoscritto e tutta la missione libica a Ginevra rappresentiamo il popolo libico". Inoltre, si e' dimesso il rappresentante libico presso l'Organizzazione delle nazioni Unite per l'alimentazione (Fao). Intanto Saif al Islam, il secondogenito di Muammar Gheddafi, ha detto che "il piano A e' di vivere e morire in Libia, il piano B e' di vivere e morire in Libia, il piano C e' di vivere e morire in Libia". Saif ha anche assicurato che non distruggera' le risorse petrolifere del Paese, promessa fatta anche dai ribelli.

VATICANO
La Santa Sede chiede al regime di Gheddafi di "porre fine alle violenze contro i civili". Lo ha affermato il nunzio apostolico Silvano Tomasi intervenendo alla riunione urgente stamani a Ginevra per il Consiglio dei Diritti Umani dell'Onu "Il Consiglio dei Diritti Umani - riferisce l'arcivescovo parlando alla Radio Vaticana - si e' trovato molto concorde nel prendere la decisione di organizzare una sessione speciale per trattare la crisi libica nella quale e' stata decisa una condanna totale dell'uso della violenza da parte delle autorita' contro i civili, l'uso dei militari, di bombe, di mercenari". Per mons. Tomasi, "tutto questo e' chiaramente una violazione dei diritti piu' elementari, tra cui il diritto di riunirsi e di liberta' d'espressione". Infatti, "e' la volonta' popolare che cerca una partecipazion
e diversa nella gestione dello Stato". Da parte sua, spiega mons. Tomasi, "la Santa Sede afferma che bisogna anzitutto porre fine a questa violenza e fare in modo che si ritorni ad un dialogo per vedere se si puo' trovare una soluzione. Queste manifestazioni esprimono la volonta' popolare di una partecipazione attiva e democratica nella gestione del Paese". La Santa Sede esprime inoltre "sgomento e dolore per le tantissime vittime causate da questa crisi libica". "Si cerca inoltre - conclude il presule - di capire come queste decisioni della Comunita' internazionale possano avere efficacia per il beneficio dei cittadini della Libia ed anche per prevenire questi esodi massicci, che potrebbero essere inevitabili se non si trova una soluzione serena e concordata per questa crisi".

Italiani evacuati sono 1.100, meno di 400 ancora in attesa

Nel decimo giorno di rivolta popolare contro il regime di Muammar Gheddafi, numerosi paesi hanno accelerato le procedure di rimpatrio dei propri connazionali rimasti bloccati in Libia. Secondo quanto reso noto dalla Farnesina, fino a ieri sera, erano 1.100 gli italiani che sono stati riportati in Italia con voli operati in collaborazione con Alitalia e il ministero della Difesa. Poco meno di 400 connazionali sono ancora da rimpatriare, ha fatto sapere il capo dell'Unità di crisi, Fabrizio Romano. In serata sono arrivati a Pratica di Mare, due C-130 dell'Aeronautica militare: il primo aveva a bordo 47 passeggeri, circa la metà italiani; il secondo è atterrato con 97 persone a bordo, tra cui 54 italiani, 9 inglesi, 3 francesi, 10 tedeschi, 9 austriaci e 10 sloveni. Migliaia di cinesi, oltre 4.400, che lavorano in Libia hanno raggiunto invece il porto di Heraklion, nell'isola greca di Creta, grazie a una grande operazione marittima lanciata dalla Cina. A bordo di due navi organizzate da Pechino sono giunti sull'isola anche alcuni cittadini tailandesi, cingalesi, italiani, rumeni e greci.

I circa 1.400 sudcoreani ancora presenti in Libia sono in attesa di due velivoli che dovrebbero arrivare oggi: un Boeing 747 della Korean Air con una capacità di 330 passeggeri, e un Boeing 777 della Egypt Air che può imbarcare 260 persone. Verso le coste libiche si sta dirigendo, inoltre, una nave da guerra sudcoreana fino ad oggi impegnata in una missione anti-pirateria al largo della Somalia. Nel decimo giorno di rivolta popolare contro il regime di Muammar Gheddafi, numerosi paesi hanno accelerato le procedure di rimpatrio dei propri connazionali rimasti bloccati in Libia. L'Unione europea ha chiesto ai paesi membri un appoggio navale per l'evacuazione di circa 6.000 cittadini. La Grecia si è detta disposta ad intervenire, la Cina si è offerta di evacuare circa 500 europei, mentre la Gran Bretagna ha preferito inviare un C-130 Hercules della Royal Air Force a Tripoli, che è poi arrivato a Malta dopo avere caricato 51 britannici. Ma in totale, nella giornata di ieri, sono stati 250 i britannici evacuati dalla Libia per via aerea e 200 quelli imbarcati su una fregata partita da Bengasi.

La Germania ha inviato due fregate e una nave d'appoggio tattico per evacuare i suoi cittadini. La compagnia aerea Lufthansa, che ha sospeso i suoi voli regolari verso Tripoli, ha annunciato di avere trasportato negli ultimi giorni "da 600 a 700 persone" dalla Libia verso la Germania. Un aereo militare francese con 165 turisti, di cui 152 francesi, è atterrato a Parigi ieri sera dopo essere partito dal sud-est del paese nordafricano. In totale, la Francia in due giorni ha evacuato 556 persone, di cui 487 francesi. Un aereo militare inviato a Tripoli dai Paesi Bassi ha evacuato ieri 42 cittadini stranieri, di cui nove olandesi, secondo il ministero olandese degli Affari esteri. La Turchia ha annunciato invece di avere rimpatriato più di 7.000 persone fra cui cittadini di paesi terzi che hanno richiesto il suo aiuto. In Libia, prima della crisi, erano presenti 25.000 turchi. La Russia ha rimpatriato 339 dei suoi cittadini di Tripoli, arrivati a Mosca a bordo di tre aerei. Circa 20.000 persone sono fuggite dalle violenze in Libia attraverso la Tunisia dal 20 febbraio, principalmente tunisini, egiziani, cinesi e libici, secondo un responsabile della protezione civile tunisina. L'Organizzazione internazionale per le migrazioni ritiene che in totale più di 30.000 persone sono fuggite dalla Libia da lunedì scorso.

Una nave inviata dagli Stati Uniti per evacuare i cittadini americani (ce ne sarebbero circa 650 attualmente in Libia) è ferma a Tripoli da oltre 24 ore a causa del maltempo che le impedisce di salpare per Malta, secondo il dipartimento di Stato. Un po' meno di 300 persone, di cui 118 non americani si trovano a bordo. Quasi 200 canadesi, invece, sono stati rimpatriati giovedì sera della Libia, grazie agli aiuti di paesi terzi (Regno Unito, Spagna e Stati Uniti) e dopo un'operazione di sgombero del governo di Ottawa. La società edile brasiliana Odebrecht ha iniziato ad evacuare più di 3.000 dipendenti di diverse nazionalità, di cui quasi 200 brasiliani, ha annunciato ieri la direzione a Brasilia. Circa 440 dipendenti e con le loro famiglie sono già arrivati a Malta con un aereo. Nelle prossime ore saranno operati altri due voli per l'evacuazione di altre 900 persone, mentre una nave è attesa a Tripoli per lo sgombero di altri 2.000 cittadini.


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