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Il petrolio beve l'acqua del Texas


Tao
 Tao
Illustrious Member
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E' la siccità più grave da oltre un secolo, la situazione è classificata «estrema», i raccolti di grano e cotone sono decimati. Stiamo parlando del Texas. Il 94% dello stato usa è in stato di siccità secera o «estrema», che si estende al basso bacino del fiume Colorado. Il comprensorio di Laredo, sulla sponda nord del Rio Grande, dipende da due reservoir e da falde acquifere sotterranee che sono state riempite l'ultima volta dagli uragani tropicali dell'estate scorsa. Lo stesso vale per Sanantonio. Ora le autorità hanno cominciato a razionare l'acqua; agricoltori e rancheros stanno già contando i danni, si parla di perdite per 3 miliardi di dollari. Se l'estate non porterà nuove piogge, le previsioni sono catastrofiche. Ma agricoltura e allevamento potrebbero presto trovarsi in concorrenza con l'industria petrolifera. Leggiamo infatti in un lungo servizio dell'agenzia Bloomberg che la penuria d'acqua «può deprimere il boom di perforazioni ed estrazione di petrolio e gas naturale, via via che le autorità razionano l'acqua cruciale all'industria energetica» (13 giugno: Worst Drought in more than a century threatens Texas oil boom). Il boom in questione è quello permesso da una particolare tecnica di estrazione chiamata «hydraulic fracturing», spesso abbreviato in fracking: il metodo consiste in «sparare» nel sottosuolo getti ad alta pressione di acqua mista a sabbia e sostanze chimiche in modo da spaccare le rocce e liberare depositi di petrolio o gas. E' una tecnologia più costosa: però ha permesso di sfruttare depositi in formazioni geologiche che in passato erano state scartate, appunto perché troppo costoso e complicato estrarne il petrolio (o il gas): ma ora diventano redditizi, con la domanda che aumenta (e i prezzi del greggio anche). Dunque il Texas sta registrando un suo boom di nuove estrazioni on-shore, a terra. Il ricorso al fracking è circondato da polemiche in tutta Europa e nel nord America, che si sono puntate finora sul pericolo, piuttosto reale, che produca una massiccia contaminazione delle falde acquifere. La siccità in Texas aggiunge un altro elemento al dibattito: la competizione tra l'industria degli idrocarburi e l'agricoltura, usare la scarsa acqua disponibile per irrigare i campi o per spararla nei pozzi petroliferi. L'agenzia Bloomberg nel servizio citato, fa l'esempio della zona chiamata Eagle's Ford Shale, un comprensorio di 51mila chilometri quadrati in Texas meridionale, dove la crisi è particolarmente acuta perché - per la particolare conformazione geologica - l'estrazione petrolifera è più water-intensive che in altri distretti vicini, richiede più acqua a parità di risultato. Però il petrolio c'è e gli esperti prevedono un'impennata della domanda di acqua a scopo fracking nei prossimi vent'anni: dieci volte di più entro il 2020, poi ancora un raddoppio per il 2030. Da quando il primo pozzo è stato scavato con questa nuova tecnica nel 2008 da Petrohawk Energy Corp, le maggiori aziende del settore si sono buttate e stanno comprando concessioni - Exxon ha speso quasi 35 miliardi di dollari l'anno scorso per comprare expertise nel fracking, per fare un esempio. Ma aprire mediante fracking un singolo pozzo di Eagle's Ford richiede in media 13 milioni di galloni d'acqua: il consumo di 40 adulti per cucinare, lavare e bere per un intero anno. E in tempi di siccità questo è diventato un problema. Quando le autorità hanno cominciato a imporre ai cittadini limiti al prelievo d'acqua da fiumi, laghi e falde, le compagnie petrolifere hanno cominciato ad andare più lontano e comprare acqua in altri distretti - pur sempre nel bacino del Rio Grande però. E anche se la pagano bene, per i prezzi correnti, di fronte ai raccolti che vanno a secco, gli agricoltori cominciano a rifiutare di vendere la loro acqua.

Marina Forti
Fonte: www.ilmanifesto.it
26.07.2011


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